Tesina di italiano su Pascoli PDF

Title Tesina di italiano su Pascoli
Course Letteratura Italiana quinto anno
Institution Liceo (Italia)
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Tesina di italiano su Giovanni Pascoli...


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GIOVANNI PASCOLI Giovanni Pascoli è un poeta ed accademico italiano vissuto tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. ! Appartenente all’epoca decadente italiana, Pascoli è uno dei maggiori esponenti di tale movimento letterario, insieme a Gabriele D’Annunzio, nonostante la sua formazione prettamente positivista.! Al centro del pensiero di Pascoli è da collocare la teoria della poetica del fanciullino, la quale è presente nella maggior parte di opere dell’autore.

«La nube nel giorno più nera fu quella che vedo più rosa nell’ultima sera» LA VITA Giovanni Pascoli nasce il 31 Dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, ! quarto di dieci figli.! Compì studi classici sin dalla sua fanciullezza. ! Ma la sua vita fu profondamente segnata da alcuni tragici lutti: ! il 10 Agosto del 1867 un tragico avvenimento segna la vita del piccolo ! Giovanni, suo padre viene ucciso con un colpo di fucile.! A questo doloroso episodio seguirono altri lutti tra i quali la morte di sua ! madre e la scomparsa di alcuni tra i suoi fratelli e sorelle.! Concluse infine i suoi studi a Firenze.! Grazie alla vittoria di una borsa di studio nel 1873 si iscrisse alla facoltà di lettere dell’università di Bologna dove fu allievo di Carducci.! Un altro ostacolo, nel corso della vita del giovane Pascoli, si presentò nel 1879 quando, a causa della partecipazione ad alcune manifestazioni con gruppi socialisti ed anarchici, gli fu revocata la borsa di studio. Trascorso un periodo di prigionia durato 3 anni, Pascoli abbandonò la vita politica, si trasferì a Massa dove, insieme alle sorelle Ida e Mariù, ricompose il “nido” distrutto nell’infanzia (l’immagine del nido per Pascoli rappresenta il nucleo familiare che durante la propria infanzia è stato distrutto). Pascoli dimostrò un attaccamento morboso nei confronti delle sorelle infatti visse il matrimonio della sorella Ida come un vero e proprio tradimento. Successivamente si trasferisce a Livorno, dove insegna e dove pubblicò la sua prima raccolta di poesie “Myricae”. Successivamente si trasferisce con Mariù a Castelvecchio di Barga, dove pubblicò la prima edizione dei “Poemetti”. Ai primi del 1900 risalgono le sue raccolte: “Canti di Castelvecchio”, “Poemi conviviali”, “Odi e inni” e l’importantissimo saggio “Il fanciullino”. Favorevole alla l’espansione coloniale dell’Italia in Libia, il poeta aveva ideali nazionalistici che lo portano a tenere molti discorsi ufficiali tra i quali “La grande Proletaria si è mossa “. La vita del poeta fanciullino si spegne a Castelvecchio di Barga il 6 Aprile 1912 colpito da un tumore al fegato. 9

La Cavalla Storna

Tu ch'hai nel cuore la marina brulla, tu dài retta alla sua voce fanciulla". La cavalla volgea la scarna testa verso mia madre, che dicea più mesta: "O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; lo so, lo so, che tu l'amavi forte! Con lui c'eri tu sola e la sua morte. O nata in selve tra l'ondate e il vento, tu tenesti nel cuore il tuo spavento; sentendo lasso nella bocca il morso, nel cuor veloce tu premesti il corso: adagio seguitasti la tua via, perché facesse in pace l'agonia..." La scarna lunga testa era daccanto al dolce viso di mia madre in pianto. "O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; oh! due parole egli dové pur dire! E tu capisci, ma non sai ridire. Tu con le briglie sciolte tra le zampe, con dentro gli occhi il fuoco delle vampe, con negli orecchi l'eco degli scoppi, seguitasti la via tra gli alti pioppi: lo riportavi tra il morir del sole, perché udissimo noi le sue parole".

Stava attenta la lunga testa fiera. Mia madre l'abbracciò su la criniera

Tu che ti senti ai fianchi l'uragano, tu dài retta alla sua piccola mano.

"O cavallina, cavallina storna, portavi a casa sua chi non ritorna!

il primo d'otto tra miei figli e figlie; e la sua mano non toccò mai briglie.

A me, chi non ritornerà più mai! Tu fosti buona... Ma parlar non sai!

tu capivi il suo cenno ed il suo detto! Egli ha lasciato un figlio giovinetto;

Tu non sai, poverina; altri non osa. Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!

"O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna;

Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise: esso t'è qui nelle pupille fise.

Con su la greppia un gomito, da essa era mia madre; e le dicea sommessa:

Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome. E tu fa cenno. Dio t'insegni, come".

che nelle froge avea del mar gli spruzzi ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.

Ora, i cavalli non frangean la biada: dormian sognando il bianco della strada.

Là in fondo la cavalla era, selvaggia, nata tra i pini su la salsa spiaggia;

La paglia non battean con l'unghie vuote: dormian sognando il rullo delle ruote.

I cavalli normanni alle lor poste frangean la biada con rumor di croste.

Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: disse un nome... Sonò alto un nitrito.

Nella Torre il silenzio era già alto. Sussurravano i pioppi del Rio Salto.

LE RACCOLTE POETICHE MIRYCAE

Pubblicata nel 1891, questa opera è la prima raccolta poetica di Pascoli. Mirycae significa Tamerici, questi alberi sono arbusti semplici e modesti che crescono nelle zone sabbiose. Il titolo allude ai temi principali della raccolta, ovvero la sfera familiare, le piccole cose di tutti i giorni e gli affetti più intimi. Oltre a queste tematiche, viste attraverso uno sguardo nuovo e ingenuo che andrà a costituire la base della poetica del fanciullino, si hanno anche i temi del dolore e del “nido”, la presenza di quest’ultimi è dovuta alla travagliata infanzia del poeta caratterizzata da diversi lutti che hanno distrutto il nucleo familiare. È inoltre presente un particolare sperimentalismo volto all’attenzione dell’aspetto fonico, sintattico, e metrico. Pascoli adotterà questi diversi aspetti anche nelle sue opere successive.

I POEMETTI

Nel 1897 viene pubblicata la prima edizione di quest’opera che

successivamente verrà divisa in 2 raccolte, i “Primi Poemetti” ed i “Nuovi Poemetti. In quest’opera si riprendono i motivi già presenti in “Mirycae" ma assumono un andamento più ritmico grazie anche all’utilizzo delle TERZINE DANTESCHE. Nella prima parte il poeta dipinge un mondo contadino e celebra i valori della vita campestre, la seconda parte segue il filone narrativo della prima, ma si ha l’impiego di una costruzione più articolata ed uno stile più alto.

CANTI DI CASTELVECCHIO

Anche in questa raccolta risalente al 1903 i temi trattati

sono quelli campestri e familiari. Dedicata alla madre scomparsa, quest’opera è definita da Pascoli, una “Myricae autunnale” proprio per la maturità artistica della nuova opera e per i temi presi e rielaborati da quella precedente. Le liriche proposte nei “Canti di Castelvecchio” sono ricche di musicalità e giochi fonici ben studiati dal poeta, con una struttura assai più complessa, la metrica si presenta molto elaborata. Da non dimenticare la significativa presenza dei temi come quelli dei cari defunti, il nido e le cose umili e quotidiane, sempre presenti nelle sue opere. La dimensione simbolica del reale si amplia, la natura ed il paesaggio non sono mai descritti oggettivamente, in quest’opera tali elementi diventano il corrispettivo analogico degli stati d’animo del poeta.

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Il giorno fu pieno di lampi;

L Mi S

ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c’è un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera. Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera! Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le allegre ranelle, singhiozza monotono un rivo. Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell’aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell’umida sera. E’, quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro. Dei fulmini fragili restano cirri di porpora e d’oro. O stanco dolore, riposa! La nube nel giorno più nera fu quella che vedo più rosa nell’ultima sera.

Che voli di rondini intorno! Che gridi nell’aria serena! La fame del povero giorno prolunga la garrula cena. La parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l’ebbero intera. Nè io ... che voli, che gridi, mia limpida sera! Don ... Don ... E mi dicono, Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano, Dormi! bisbigliano, Dormi! là, voci di tenebra azzurra ... Mi sembrano canti di culla, che fanno ch’io torni com’era ... sentivo mia madre ... poi nulla ... sul far della sera.

POEMI CONVIVIALI

I 20 poemetti facenti parte di quest’opera hanno come protagonisti i personaggi dell’antichità greca, romana e paleocristiana. L’opera, risalente al 1905, raffigura gli eroi classici non nella loro tradizionale grandezza, ma nelle loro diverse ossessioni e incertezze. Il linguaggio usato da Pascoli, al contrario delle opere precedenti, è ricercato; si ha la presenza di endecasillabi sciolti accompagnati da studiate composizioni.

ODI E INNI

Opera cucita da tessuti intrisi di nazionalismo, “Odi e Inni” risale al 1906 e all’interno di essa il poeta canta la patria proponendo modelli civili. Seguendo le orme di Carducci e D’Annunzio, il poeta romagnolo si ispira alla storia contemporanea esaltando i protagonisti delle campagne coloniali in Africa.

CARMINA

Quest’opera è stata pubblicata postuma, nel 1915.

All’interno sono presenti 30 poemetti e 71 componimenti, scritti tutti in latino.

IL FANCIULLINO In questo saggio, pubblicato per la prima volta nel 1897, Pascoli spiega il suo modo di fare poesia enunciando le linee portanti della sua poetica. Il poeta esalta la libera immaginazione non condizionata da schemi razionali. Ogni uomo, secondo Pascoli, porta dentro di sé un fanciullino che è in diretto contatto con la natura. Il periodo dell’infanzia coincide con il fanciullino fisico, che però va perdendosi via via durante l’avvicinamento all’età adulta, poiché da adulti si perde sia la curiosità sia la sorpresa nel vivere le cose. Il poeta è l’unica figura che riesce, anche in età adulta, a dare ascolto alla voce del fanciullo, la poesia non è altro che la traduzione di tale voce da parte del poeta. La poesia di Pascoli assume un carattere molto intuitivo poiché, il poeta, si spinge nell’ignoto per ascoltare e vedere la natura con gli occhi entusiasti del fanciullo. Il linguaggio pascoliano è volto a evocare e suggerire più che a rappresentare. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderio, ed egli vi tien fissa la sua antica serena meraviglia […] Egli è quello che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi ed alla nostra ragione. Giovanni Pascoli

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LA POETICA Pascoli è un poeta che nella sua gioventù ha maturato dentro di se idee intrise di nazionalismo questo perché, il giovane poeta, ha vissuto il tragico fenomeno dell’emigrazione come una disgregazione del nido familiare. Tale ideologia animò il discorso la grande proletaria si è mossa. Un elemento base delle poesie di Pascoli è la poetica del fanciullino, grazie alla quale nasce sempre la poesia della meraviglia e dello stupore. Così la poesia pascoliana si presenta come intuitiva e spontanea, il poeta fornisce degli elementi reali nelle sue poesie che il lettore deve tradurre ed interpretare, essi infatti rappresentano i diversi stati d’animo del poeta. L’ignoto era possibile da esplorare solo attraverso i tratti alogici della poesie, questa idea del poeta spinge lo stesso a provare sfiducia nei confronti della scienza, incapace di spiegare il mistero dell’ignoto. Il fanciullino, alla luce di una cultura decadente, è anche forma di evasione da una realtà sociale in cui il poeta non si riconosce, non sente di farne parte. Tale procedimento si riscontra in “Myricie” attraverso la ricerca di significati nascosti delle cose e nella percezione di una natura più intima e segreta nei “Canti di Castelvecchio”. Le tematiche che si riscontrano nei componimenti di Pascoli sono il pensiero della morte ed il dolore legato all’assassinio del padre, l’esaltazione del nido a causa della sua infanzia serena perduta, la celebrazione della natura che Pascoli vive come un universo misterioso in cui immergersi ed il mistero del cosmo per il quale il poeta prova angoscia di fronte alla sua grandezza. La novità della poesia di Pascoli è il linguaggio, infatti il poeta usa analogie per unire universi molto distanti che, accostati insieme, creano atmosfere suggestive, inquietanti e misteriose. La potenza allusiva della poesia è data anche dalla presenza delle numerose sinestesie che danno alle parole un significato simbolico. La metrica che ricorre nelle opere di Pascoli sono versi (novenari ed endecasillabi), strofe (terzine dantesche, quartine) e rime (baciate, alternate, interne); con l’inserimento dei punti di sospensione, il poeta, conferisce alla sua poesia un ritmo spezzato. Per quanto riguarda l’aspetto fonico, il procedimento usato dal poeta romagnolo è quello del fonosimbolismo cioè suggestionare il lettore attraverso i suoni delle parole, inoltre è presente anche l’utilizzo ripetuto dell’onomatopea. Il linguaggio usato è molto vario poiché c’è la presenza sia di termini aulici che di linguaggi classici e colloquiali, si può così parlare di plurilinguismo pascoliano. Lo sperimentalismo pascoliano è caratterizzato da combinazioni tra il metro classico e forme ritmiche nuove che conferiscono un vestito singolare alle poesie del poeta.

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Bibliografia Sambugar M., Salà G., Letteratura + 3, La nuova italia, 2011.

Sitografia http://www.fondazionepascoli.it/2014/

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