Tesina ESAMI DI STATO PDF

Title Tesina ESAMI DI STATO
Author Francesco Sireno
Course Informatica teorica
Institution Università Telematica Internazionale UniNettuno
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STORIA DELLE OLIMPIADI Le prime olimpiadi si svolsero nel 776 a.C. e la sua ultima celebrazione nel 393 d. C. I giochi olimpici si svolgevano ad Olimpia ed erano essenzialmente una manifestazione locale. Inizialmente veniva disputata solo una gara di corsa chiamata Stadion. Successivamente si aggiunsero come il Pugilato, la Lotta e il Pentathlon. Da quel momento in poi, i Giochi divennero lentamente sempre più importanti in tutta la Grecia antica, raggiungendo l'apice nel VI secolo a.C. e nel V secolo a.C.. Le Olimpiadi avevano anche un'importanza religiosa, in quanto si svolgevano in onore di Zeus, del quale una Statua di Zeus si trovava ad Olimpia. Il numero di gare crebbe a venti, e le celebrazioni si estendevano su più giorni. I vincitori delle gare erano ammirati e immortalati. I Giochi si tenevano ogni quattro anni e il periodo tra le due celebrazioni divenne noto come Olimpiade. Per tutta la durata dei giochi venivano sospese le guerre in tutta la Grecia: questa tregua era chiamata Tregua Olimpica Ekecheiria. Dopo il successo dell'edizione iniziale, le Olimpiadi attraversarono un periodo di crisi. Le due edizioni del 1900 a Parigi e del 1904 a Saint Louis furono organizzate come semplice corollario alle Esposizioni Universali che si tennero in quegli anni nelle due città. La concomitanza con una manifestazione così importante limitò notevolmente la risonanza dell'evento olimpico. Soprattutto nell'edizione del 1904, la partecipazione internazionale fu molto ridotta, al punto che circa l'80% degli atleti era americano. I Giochi del 1916 furono cancellati a causa dello scoppio della prima guerra mondiale, e lo stesso avvenne per i giochi del 1940 e 1944, a causa della seconda guerra mondiale. Inoltre i vincitori della prima guerra mondiale impedirono alle nazioni sconfitte di partecipare alle Olimpiadi del 1920. Dal 1992 il CIO in occasione di ogni Olimpiade chiede ufficialmente alla comunità internazionale (con il supporto dell'ONU) di osservare la tregua olimpica. La Germania nazista utilizzò i Giochi Olimpici del 1936 come strumento di propaganda. I Nazisti promossero l'immagine di una Germania nuova, unita e forte, mascherando allo stesso tempo le politiche antisemite e razziste del regime, così come il suo cresecente militarismo. Per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, in Europa e negli Stati Uniti vi furono appelli al boicottaggio dei Giochi a causa delle violazioni dei diritti umani che avvenivano nel paese organizzatore. Anche se, alla fine, il movimento per il boicotaggio fallì, ebbe il merito di stabilire un precedente importante per le successive campagne, organizzate in epoche più vicine a noi, per attirare l'attenzione internazionale sull'abuso dei diritti umani in paesi organizzatori dei Giochi.

Per due settimane, nell’agosto del 1936, quando la Germania ospitò i Giochi Olimpici, il regime nazista guidato da Adolf Hitler fece del proprio meglio per nascondere la propria natura razzista e militarista. Rallentando il suo programma antisemita e le sue mire espansionistiche, il regime sfruttò i Giochi per abbagliare molti tra gli spettatori e i giornalisti stranieri presenti, proponendo l’immagine di una Germania tollerante e pacifica. Gli atleti ebrei esclusi dai club sportivi tedeschi, entrarono a far parte delle associazioni ebraiche, inclusa quella dei Maccabei e del Gruppo Shield, e si allenarono in impianti sportivi separati; ma sia le associazioni che gli impianti non potevano certo reggere il confronto con quelli, ben finanziati, dei Tedeschi. Anche i Rom (Zingari), incluso il pugile del gruppo Sinti Johann Rukelie Trollmann, furono esclusi dal mondo sportivo tedesco. I PREPARATIVI PER I GIOCHI I Nazisti prepararono meticolosamente i Giochi, che si sarebbero svolti dal primo al sedici agosto. Fu costruito un enorme complesso sportivo e le bandiere olimpiche, insieme a quelle nazionali con la svastica, tappezzarono i monumenti e gli edifici di una Berlino affollata e festante. La maggior parte dei turisti rimase all’oscuro del fatto che il regime nazista avesse temporaneamente rimosso i cartelli anti-Ebrei, o che la polizia avesse effettuato un rastrellamento di tutti i Rom di Berlino, ordinato dal Ministero degli Interni tedesco. Il 16 luglio 1936, circa 800 Rom residenti a Berlino e dintorni furono arrestati e internati in un campo speciale, nel quartiere Marzahn alla periferia di Berlino, sorvegliato dalla polizia. I Nazisti, inoltre, ordinarono che i turisti stranieri non fossero soggetti alle conseguenze penali previste dalle leggi tedesche sull’omosessualità.

COME E' STRUTTURATA? La Costituzione è composta da 139 articoli divisi in 3 parti:  I principi fondamentali : dall'articolo 1 al 12  Diritti e doveri dei cittadini : dall'articolo 13 al 54  Ordinamento della Repubblica: dall'articolo 55 al 139 Per Costituzione si intende l’insieme delle norme fondamentali di un ordinamento giuridico, cioè le regole che disciplinano i trattati dell’organizzazione dello stato e le relazioni dello stesso con i cittadini. La nostra Costituzione è scritta in quanto è contenuta in un documento scritto, votata in quanto è stata approvata dal corpo elettorale, rigida in senso forte in quanto non può essere modificata da leggi ordinarie, ma solo da leggi costituzionali ed inoltre prevedono un sistema di controllo di conformità delle leggi e lunga in quanto riconosce oltre ai diritti civili, e politici, anche i diritti sociali ed economici Come già accennato, la Costituzione Italiana è nata con una serie di precise caratteristiche che la determinano come diversa dalle costituzioni di qualsiasi altro paese. Essa è infatti:  votata, poiché rappresenta un patto tra i rappresentati del popolo italiano e, soprattutto, perché è stato il popolo italiano a votarla in via indiretta;  lunga, poiché sono esplicitati e descritti i principi, i diritti e i doveri dei cittadini dettagliatamente. Oltre a questo sono specificati anche i meccanismi che regolano la vita del paese;  scritta, ovvero tutto ciò che serve è messo per iscritto e non ci sono rimandi a norme accettate per consuetudine o tramandate oralmente;  rigida, in quanto può essere modificata solamente attraverso una complessa procedura formale;  compromissoria, poiché risultato della collaborazione tra tutte le forze politiche uscite dalla seconda guerra mondiale (Partito Comunista, Partito Socialista e Democrazia Cristiana). Si tratta del gesto finale per liberarsi dal Fascismo;  democratica, grazie al fatto che il concetto di sovranità popolare trova ampia espressione nel testo e sia i sindacati che i partiti politici hanno un ruolo importante;  laica, ovvero senza una religione ufficiale;

 programmatica, ovvero rappresenta un programma e i conseguenti obiettivi che qualsiasi forza politica al potere deve impegnarsi a mettere in atto.

Articolo 9 LaRepubbl i capr omuov el os v i l uppoel ar i c er c a s ci ent i fi caet ecni ca. Tut el ai l paes aggi oei l pat r i moni os t or i coear t i s t i codel l a Naz i one.

Checosasi gni fica?Sci enz a,t ec ni ca,paes aggi o,r eper t is t or i c i e oper ed’ ar t es onoi ndi cat i daques t oar t i col ocomebenida t ut el ar e. Pr omuov er el as ci enz ael at ec ni casi gni ficaconceder el al i ber t à di r i c er caedidi v ul gaz i one;ques t apar t edel l ’ ar t i c ol oes pr i me al l or al ’ es i genz adidi f ender es i ac i òc hec ost i t ui s ceunaconqui s t a del l acr eat i vi t àumana,si al al i ber t àdi par ol a.Tut el ar ei l paesaggi oei lpat r i moni os t or i c osi gni ficai nv ecer i conosc er ee di f ender el apar t i col ar er i c chez z aar t i s t i caeambi ent al ei t al i ana. Maper ché. . . ?Gl i scempiambi ent al i c hehannoc ar at t er i z z at o l ’ edi l i z i ai t al i anaperdecenni ,l ’ i ncur i amost r at av er soir eper t i ar t i st i ciel eoper edeimus eis onounc hi ar oes empi odicomeuna par t ediquest oar t i col osi ast at adi sat t esa,ment r ehannopr esoi l s opr avv ent ogl ii nt er essi economi ci ei ldi s i nt er essev er soi beni c ul t ur al ieambi ent al i . Ques t at endenz as ièi nv er t i t amanmanoc hesonosor t iuna maggi or esensi bi l i t àv er sol ’ ambi ent eeuni nt er esseperl ’ ar t enon

s ol oc omebenei ns é,maanchecomeel ement of ondament al e peri lt ur i smo.Èi ni z i at oal l or al ’ abbat t i ment odei cos i ddet t i ecomos t r i ,oss i ac ost r uz i oni–s pess oabusi v e–c hedet ur panoi l paesaggi o,el av al or i z z az i onedel l er i cchezz ear t i st i chei t al i ane. Quandos ipar l adi paes aggi o,per ò,nons ii nt endes ol oun par t i col ar eambi ent ecar at t er i z z at odauneccez i onal egr adodi bel l ezz a,mal ’ ambi ent ei ncuil ’ uomovi v eel av or a.Lapr ot ez i one del l ’ ambi ent enondev eper segui r efi nal i t àas t r at t emadev e espr i mer e,sec ondounasent enz adel l aCor t ecost i t uz i onal e.

Ignazio Silone, “Fontamara”: riassunto della trama e analisi Fontamara è il primo romanzo di Ignazio Silone (pseudonimo di Secondo Tranquilli 1, 1900-1978), scrittore abruzzese e che in Abruzzo ha ambientato le sue opere più significative. Nonostante il provincialismo delle ambientazioni, la sua opera deve considerarsi di livello europeo per le tematiche politiche e religiose affrontate, che riguardano la condizione dell’uomo nei suoi caratteri universali. Di orientamento comunista e antifascista della prima ora, Silone nel 1930 emigrò per ragioni politiche in Svizzera e qui, nel 1933, pubblicò in traduzione tedesca la prima edizione di Fontamara, che fu poi diffuso clandestinamente in italiano; solo nel 1949 verrà pubblicata, per Mondadori, una prima edizione nella lingua originale. Questo romanzo, che denuncia le condizioni di estrema povertà dei “cafoni” della valle abruzzese del Fucino, esclusi dai processi di ammodernamento dei governi

dell’Italia unitaria (dalla monarchia sabauda al fascismo), fu al centro del cosiddetto “caso Silone”, scatenato dalla difficoltà di fornire all’opera un’etichetta critica unanimemente accettata, dal neorealismo alla narrativa regionale, dal verismo all’espressionismo letterario. Più ancora che in Italia, Fontamara fu letto e apprezzato all’estero, dagli Stati Uniti ai paesi del Terzo Mondo, dove diventò il libro simbolo della volontà di riscatto degli “ultimi”. Riassunto Fontamara è il nome immaginario di un piccolissimo paese a mezza costa, tra colline e montagna, sopra la piana del Fucino, terra fertile e adatta a varie tipologie di coltivazione; Fontamara però è collocata su un territorio scosceso e avaro di frutti, che costringe gli abitanti a lavorare a giornata come braccianti negli appezzamenti dei piccoli proprietari locali. Si crea così una netta contrapposizione sociale tra lo strato più basso e povero della popolazione (i contadini “cafoni”, appunto) e i possidenti della classe media (i “galantuomini”), che sono tutelati dal potere fascista e dall’istituzione ecclesiastica. Le vicende sono ambientate verso il 1929. La narrazione comincia però in Svizzera, dove un io narrante identificabile con la figura dell’autore riceve la visita di tre persone, due uomini (padre e figlio) e una donna. Si tratta di tre abitanti di Fontamara, fuggiti clandestinamente dall’Italia e arrivati fino in Svizzera per chiedere asilo e quindi per condividere con l’autore, loro conterraneo, le recenti vicende del loro sciagurato paese. L’autore decide di riportare il loro racconto perché “Fontamara somiglia dunque, per molti lati, a ogni villaggio meridionale il quale sia […] un po’ più arretrato e misero e abbandonato degli altri” 4. Fontamara è un cosmo, un luogo di esperienze

a un tempo locali e universali. In più, chi scrive è spinto a testimoniare dalla speranza che il “cafone”, protagonista con le proprie sofferenze dell’intero racconto, “quando nel mio paese il dolore non sarà più vergogna, esso diventerà nome di rispetto, e forse anche di onore” 5. Il racconto ha quindi una forte componente testimoniale, poiché l’io narrante dell’introduione si assume esplicitamente il compito di “tradurre” in italiano l’esperienza e il punto di vista degli esuli fontamaresi. Fontamara è dunque la successione dei racconti in prima persona dell’uomo, della donna e di loro figlio. La loro è una vicenda di povertà e soprusi, che prosegue sin dai tempi dell’unificazione d’Italia e del passaggio dalla dominazione borbonica a quella sabauda. Nessuno si è mai occupato dei cafoni della Marsica, perché i cafoni da sempre sono considerati una specie inferiore di uomini. Con l’avvento al potere del fascismo, però, la condizione si è aggravata. Lo dimostra emblematicamente l'evento su cui si apre il racconto, ovvero l’interruzione dell’erogazione di elettricità nel paese. Gli abitanti di Fontamara ancora non sanno quale sia questo nuovo governo, né hanno idea di cosa significhi “fascista”: per loro il colore o l’orientamento di chi comanda si misura solo nei termini delle condizioni materiali di vita, che, col nuovo potere, conoscono un significativo peggioramento per la perdita di diritti conquistati nel tempo. Il racconto è scandito infatti da una serie di inganni orditi ai danni della popolazione di Fontamara da parte dei nuovi governanti della comunità locale, rappresentati dal personaggio del podestà, l’autoritario e spietato Impresario, appoggiato dal clero - impersonato dal pavido don Abbacchio (parodia del manzoniano don Abbondio) - e dai piccoli proprietari come don Circostanza, che pur mostrando di rappresentare gli interessi dei fontamaresi finisce per fare gli interessi di chi comanda. Al raggiro dell’elettricità si aggiunge quello connesso al corso del

ruscello, la cui acqua è una risorsa di primaria importanza per l’economia rurale di Fontamara. Con la connivenza delle istituzioni questo è stato incanalato verso le terre dell’Impresario per renderle più fertili e produttive. Gli uomini e le donne di Fontamara, però, non sono disposti ad arrendersi di fronte ai soprusi e tentano con varie proteste spesso ingenue - di far valere i propri diritti. L’ignoranza dei “cafoni”, che hanno firmato una carta in bianco che autorizzava l’esproprio dell’acqua, sono ingannati a causa della loro ignoranza e del loro analfabetismo: di fronte alla loro sommossa, l’avvocato don Circostanza li convince ad accettare un accordo scritto per cui “tre quarti” dell’acqua andrà all’Impresario e “tre quarti” al paese. Non comprendendo la palese incongruenza, i “cafoni” cadono nel tranello. In seguito, i fontamaresi assistono al fallimento di una grande manifestazione per rivendicare i loro diritti elementari e l’espropriazione di alcune terre da sempre destinate al pascolo comune. Al danno materiale si aggiunge la punizione violenta per aver tentato di ribellarsi agli ordini delle autorità: un giorno, mentre tutti gli uomini del villaggio sono nei campi a lavorare, una squadraccia di fascisti si presenta a Fontamara per perquisire le case e violentare le donne; al ritorno degli uomini, questi vengono “schedati” come sovversivi con un’assurda prova di fedeltà al regime. Viene poi promulgato il divieto di emigrare dal paese e quello di discutere di politica in pubblico. Quella dei fontamaresi è la condizione di un popolo abbandonato alle ingiustizie di un sistema fondato su clientelismo e corruzione; nessuno difende la causa dei cafoni, che non possono neanche sperare in un capo carismatico che li guidi alla rivolta. Il giovane Berardo Viola, che è un “cafone” dotato di una “coscienza di classe” assai rara, tenta inizialmente la strada della rivolta, ma poi si convince a cercare un lavoro e un futuro lontano dal misero paese natale per poter tornare e

sposare Elvira. Ma anche Berardo ha il destino di uno sconfitto: giunto a Roma, egli non riesce a trovare lavoro per la fama di sovversivi che accompagna i fontamaresi (e lui in particolare), il giovane è poi arrestato e torturato in carcere, dove si assumerà anche la responsabilità di alcune stampe che inneggiano all’antifascismo. Berardo morirà per le conseguenze delle percosse, convinto che di non morire “per sé, ma per gli altri”. La sua fine verrà mascherata come un suicidio. Privi del loro esponente più carismatico, i fontamaresi provano ad organizzare le loro forze attorno a un giornale clandestino, dal titolo «Che fare?» 7, ma l’esperienza è di breve durata. Mentre nelle campagne abruzzesi hanno luogo una serie di insurrezioni contro lo Stato fascista, le squadre fasciste tornano a colpire ancor più duramente Fontamara, che viene saccheggiata e data alle fiamme, tra morti e feriti. I tre esuli (Giuvà, Matalè e loro figlio) fuggono e vengono salvati dall’anarchico Solito Sconosciuto, già in contatto con Berardo, e condotti in Svizzera. Sono loro il simbolo della speranza per il futuro di Fontamara.

Un narratore tragicomico Quella raccontata in Fontamara è la storia tragica del destino di sofferenza assegnato agli “ultimi” della società italiana. Il romanzo si chiude su un’immagine di disperazione e disorientamento: i tre narratori sfuggono alla rappresaglia intervenuta a punire l’insurrezione di Fontamara e, allontanandosi dal paese, si chiedono “che fare?”. Eppure questo romanzo è stato considerato da molti critici come il manifesto della dignità dei cafoni e della loro volontà di rivalsa rispetto ai lutti e alle ingiustizie inflitte. In effetti, per la prima volta nella letteratura italiana, la plebe meridionale prende direttamente la parola e racconta la Storia dal proprio

punto di vista. E proprio il punto di vista della narrazione è l’elemento che Silone sceglie per contrastare un potere che, per il proprio tornaconto, sfrutta l’ingenuità inerme e l’onestà della povera gente. Chi racconta, infatti, traducendo in italiano il resoconto dialettale dei tre fontamaresi fuggiti, rende comprensibile ed efficace il messaggio etico e di denuncia sociale. Al tempo stesso però viene alla luce anche l’aspetto paradossale, per non dire comico, di alcune vicende. Ad esempio, nel caso di una delle molte truffe perpetrate ai danni dei “cafoni”: Vi fu una piccola pausa, giusto il tempo per permettere a Dio di esaminare il caso. Innocenzo conservò la vista 8. La capacità di alternare, al tono grave con cui in prevalenza viene condotta la narrazione, un tono più leggero e disincantato è sempre funzionale alla denuncia delle contraddizioni e delle storture del potere: la presenza di elementi comici non implica affatto che chi narra si ponga ad un livello superiore o sia in sintonia con le prepotenze dei “galantuomini”. Il narratore decide di limitare al minimo i suoi interventi sul testo e sulle narrazioni dei tre “cafoni”: il suo compito è più quello del traduttore, per far emergere nella maniera meno filtrata possibile la visione del mondo di degli “ultimi”. La narrativa di Silone, anche in altre opere (Pane e vino, 1936; Una manciata di more, 1952; L’avventura di un povero cristiano, 1968), sin dalla sua prima prova conferma quindi un forte ed irrinunciabile retroterra etico, che ha la precedenza sulle questioni stilistiche e formali.

Ignazio Silone (1 maggio 1900 - 22 Agosto 1978), conosciuto con lo pseudonimo di Ignazio Silone, è stato un leader politico italiano, romanziere e scrittore di racconti , famoso in tutto il mondo durante la seconda guerra mondiale per i suoi potenti romanzi antifascisti. È stato nominato per il premio Nobel per la letteratura dieci volte. Silone è nato in una famiglia rurale, nella città di Pescina in Abruzzo . Suo padre, Paolo Tranquilli, morì nel 1911 e nel terremoto di Avezzano del 1915 perse molti membri della sua famiglia, tra cui sua madre, Marianna Delli Quadri. Lasciò la sua città natale e finì il liceo. Nel 1917, Silone si unì al gruppo dei Giovani Socialisti del Partito Socialista Italiano (PSI), diventando il loro leader. [2]

Fu un membro fondatore del Partito comunista separatista d'Italia (PCd'I) nel 1921 e divenne uno dei suoi leader segreti durante il regime fascista . Il fratello di Ignazio, Romolo Tranquilli, fu arrestato nel 1928 per essere stato membro del PCI e morì in prigione nel 1931 a causa delle gravi percosse subite....


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