Riassunti di Giovanni Pascoli PDF

Title Riassunti di Giovanni Pascoli
Author Alessia Ferraro
Course Letteratura Italiana
Institution Liceo Scientifico e Classico Sassuolo
Pages 15
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Summary

GIOVANNI PASCOLIVITAGiovanni Pascoli nacque il 31 Dicembre 1855, da una famiglia della piccola borghesia di condizione abbastanza agiata e molto numerosa(Pascoli era il quarto di dieci figli). La vita serena di questo nucleo familiare venne sconvolta da una tragedia, destinata a segnare profondament...


Description

GIOVANNI PASCOLI VITA Giovanni Pascoli nacque il 31 Dicembre 1855, da una famiglia della piccola borghesia di condizione abbastanza agiata e molto numerosa(Pascoli era il quarto di dieci figli). La vita serena di questo nucleo familiare venne sconvolta da una tragedia, destinata a segnare profondamente l’esistenza del poeta: il 10 Agosto 1867 il padre Ruggero Pascoli fu ucciso a fucilate. Nel giro di pochi anni seguirono altri lutti: la madre, la sorella maggiore e due fratelli. Dopo molti anni di studio, iniziò subito la carriera di insegnante. La chiusura nel familiare, che rappresenta la protezione da un mondo esterno,quello degli adulti, rivela la fragilità del poeta, dovuta ai numero traumi subiti. Tutto ciò gli impedì di instaurare rapporti con “l’altro” e di creare un nuovo nido in cui esercitare il ruolo di padre, perché troppo legato al suo nido oramai perduto. Ciò spiega la reazione di Pascoli al matrimonio della sorella Ida, il quale fu visto come una tradimento. Dopo il matrimoni, Pascoli si trasferì con la sorella Mariù, in una casa in campagna, che ai suoi occhi costituiva un Eden di serenità e pace, di sentimenti semplici e puri. Il poeta morì nel 1912 a causa di cancro allo stomaco.

LA VISIONE DEL MONDO La formazione di Pascoli fu positivistica, di impianto positivistico, infatti, sono le fonti da cui trae le osservazioni sulla vita degli uccelli e l’uso della nomenclatura ornitologica e botanica. Ma si riflette quella crisi della scienza che porterà alla fine del positivismo, e l’affermazioni di tendenze spiritualistiche e idealistiche: il mondo nella visione pascoliana, appare frantumato, disgregato. Tutti gli oggetti sono filtrati attraverso la peculiare visione soggettiva del poeta e si caricano di valenza allusive e simboliche, rimanendo a qualcosa che è al di là di essi.

LA PORTICA Dalla visione del mondo di Pascoli scaturisce la poetica pascoliana,che trova la sua formulazione più compiuta nel “Il fanciullino”, pubblicato nel 1897, in cui il poeta coincide con fanciullo, che vede tutte le cose per la prima volta, con ingenuo stupore e meraviglia, e scopre quelle corrispondenze misteriose tra le presenze del reale che sfugge alla percezione abituale. Il poeta appare così come un dotato di una vista più acuta di quella degli uomini comuni, e che quindi gli permette di vedere oltre le apparenze sensibili e di esplorare il mistero. Per Pascoli la poesia deve essere “PURA”, assolutamente spontanea e disinteressata, e così può ottenere : il sentimento poetico, dando voce al fanciullino che è in noi, elimina gli odi e gli impulsi proprio degli essere umani e induce alla bontà, all’amore e alla fratellanza.

IL NAZIONALISMO Il fondamento dell’ideologia di Pascoli è la celebrazione del nucleo familiare, costituito dai legami di sangue e dagli affetti; ma questo senso geloso del si allarga ad inglobare l’intera nazione, ponendo le basi del nazionalismo pascoliano. Per questo egli sente con tanta partecipazione il dramma dell’emigrazione: l’italiano che è costretto a lasciare il suolo della patria è come colui, che viene strappato dal nido, dove ci sono le radici più profonde del suo essere. La tragedia dell’emigrazione induce Pascoli a far proprio un corrente del nazionalismo italiano: esistono nazioni ricche e potenti, “capitaliste” e nazioni “proletarie”, povere deboli, oppresse; ebbene le nazioni proletarie hanno il diritto di cercare la soddisfazione di loro bisogni anche con la forza. Pascoli arriva dunque ad ammettere la legittimità delle guerre condotte dalle nazioni proletarie in modo da dar terre e lavoro ai loro figli più poveri. Sulla base di questi principi Pascoli arriva a celebrare la guerra in

Libia come un movimento di riscatto delle nazione italiana che riesce a sfamare i suoi figli e deve esportare manodopera nei paesi stranieri ed essere schiavizzata con brutale violenza. Ù

LA GRANDE PROLETARIA SI È MOSSA (testo) La grande proletarie si è mossa è un discorso pronunciato e scritto il 29 novembre 1911 in onore dei morti e dei feriti in Libia durante la guerra. La grande proletaria è l’Italia che è vista come una grande Nazione con molti figli e gravi problemi economici. Questi figli per lo più devono svolgere lavori umili, faticosi e sono costretti a emigrare, ma anche fuori dall’Italia sono costretti a "Fare tutto ciò che è più difficile e faticoso, più umile e perciò più difficile ancora". Per cercare di superare il problema dell’emigrazione, Pascoli accetta anche la guerra di conquista che permette di ottenere le terre da dare ai contadini più poveri. Pascoli afferma che sia auspicabile la guerra in Libia, perché per lui la Libia è la prosecuzione dell’Italia, quindi la sua conquista è vista dal poeta in modo positivo, perché in questo modo gli italiani potevano recarvisi, trovare lavoro e non dover più emigrare. Quindi la conquista della Libia è vista come un mezzo per combattere la piaga dell’emigrazione, e inoltre, secondo il poeta, gli italiani andando là compirebbero una missione umanitaria e civilizzatrice: infatti, potrebbero coltivare o bonificare i deserti, frutto dell’inerzia dei popoli nomadi e pigri. Gli italiani potrebbero essere accettati benevolmente, perché potranno costruire edifici, case, porti per i libici.

I MITI Il fanciullino, è presente in ognuno di noi, e rappresenta la nostra parte ingenua e buona può garantire la fraternità degli uomini. Il nodo familiare caldo e protettivo, dove si può trovare riparo dagli urti della realtà

esterna minacciosa e paurosa. Con il nido si ricollega al motivo del ritorno dei morti: la tragedia familiare, scaturita dall’assassinio del padre è trasformata da Pascoli in una vicenda da cui poter ricavare l’idea del male che alligna tra gli uomini, lo necessità del perdono e della concordia. Proprio perché crede nel valore pedagogico della poesia, Pascoli oltre a farsi cantore delle modeste idealità borghesi, può allargare la sua predicazione a temi più vasti, che coinvolgono l’intera umanità. Per questo può assumere il ruolo del poeta ufficiale che canta le glorie della patria, che indica gli obbiettivi del suo riscatto nelle terre coloniali. A differenza di D’annunzio, che offriva alle masse piccolo borghesi un sogno evasivo di gloria lusso e di lussuria, Pascoli radicava nel suo pubblico la fede in alcuni valori fondamentali, come la proprietà, la famiglia la devozioni e la fedeltà ai morti, l’accontentarsi del poco.

IL GRANDE PASCOLI DECADENTE Le trasformazioni del clima culturale rendono Pascoli più inquieto e a far crescere la sensazione di mistero e comincia a caricare gli oggetti più comuni di sensi allusivi e simbolici, proiettando nella poesia le sue ossessioni profonde. Comincia a manifestarsi il fascino dell’irrazionale, in un clima visionario che oscilla fra sogno e realtà.

LE ANGOSCE E LE LACERAZIONI DELLA COSCIENZA MODERNO Sia il Pascoli pedagogo e Pascoli irrazionale hanno in comune la celebrazione del “nido”, delle piccole cose e della fraternità umana, ciò rassicura alle forze minacciose che Pascoli avverte. Il poeta ha ben chiari i processi contemporanei della concentrazione monopolistica, i conflitti imperialistici tra le potenze che minacciano una prossima apocalisse bellica, il pericolo dell’instaurarsi dei regimi totalitari, e ne prova orrore Sono queste paura che lacerano la coscienza delle modernità e fanno

affiorare i “mostri” nel profondo, e chiudersi nel nido esorcizza questi timori.

LO STILE La SINTASSI di Pascoli è diversa da quella tradizionale italiana, nei suoi testi la coordinazione prevale sulla subordinazione, in modo che la struttura sintattica si frantumi in serie paratattiche di brevi frasi allineate senza rapporti gerarchiche tra loro, spesso collegate da asindeto. La frantumazione pascoliana rifiuta una sistemazione logica delle esperienze. LESSICO: Pascoli non vuole solo abolire la lotta fra le classi sociali, ma anche fra cose e parole. Nei suoi testi troviamo termini aulici, gergali, dialettali, terminologie botaniche, lingua straniere e parole antiche. ASPETTI FONICIA: Nella poesia pascoliana sono importanti gli aspetti fonetici, suoni che accompagnano le parole (riproduzioni onomatopeiche, come verso di uccelli o campane). Queste onomatopee rimandando subito all’oggetto nella sua essenza segreta. I suoni usati da Pascoli hanno un valore fonosimbolico e tendo ad assumere significato propri senza rimandare alla parola. Tra di essi si crea una trama sotterranea di echi e rimbombi. METRICA: La metrica sembra quella tradizionale, ma viene resa personale con il gioco degli accenti e la frantumazione del verso, interrotto da pause, incisi, punti di sospensione e parentesi. Tale frantumazione è accentuata dal frequente uso di enjambement. FIGURE RETORICHE: Pascoli usa un linguaggio analogico; il meccanismo è quello della metafora, la sostituzione del termine proprio con uno figurato, che ha col

primo un rapporto di somiglianza. Pascoli però accosta due realtà tra di loro remote. Inoltre con la sinestesia da una carica allusiva e soggettiva, fondendo insieme diversi ordini di sensazioni, creando un effetto di indefinito.

PASCOLI E LA POESIA DEL ‘900 Queste innovazioni aprono la strada alla poesia del ‘900. La frantumazione del verso, la ricerca di un valore musicale e fonico. L’uso di un linguaggio analogico conferisce alla parola echi e risonanze. Queste scelte pascoliane influenzeranno i poeti ermetici.

LE RACCOLTE POETICHE I componimenti pascoliani spesso sono comparsi sui periodici o riviste. Nel corso degli ’90 lavora a vari generi poetici. Le poesie nell’arco di 15 anni confluiscono nelle raccolte Myriacae, Poemetti Canti di Castelvecchio e Poemi Conviviali, Odi e Inni.

MYRIACAE Pascoli cominciò a pubblicare le sue poesie su riviste di nozze, la più famosa è Myriacae, un opera dedicata ad alcuni suoi amici e costituita da 22 poesie. Il volume si amplio a 72 e a 116. Il titolo è una citazione virgiliana, tratta dall’inizio della IV Bucolica, in cui il poeta proclama l’intenzione di innalzare il tono del suo canto poiché “non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”. Pascoli assume invece le umili piante proprio come simbolo delle piccole cose che egli vuole porre al centro della poesia. Si tratta di componimenti brevi dal tratto impressionistico, i particolari su cui Il poeta pone l’attenzione sono misteriosi e suggestivi. Pascoli sperimenta una varietà di combinazioni metriche inedite utilizzando in genere versi brevi, spesso novenario.

X AGOSTO (testo) La lirica fa parte della raccolta Myricae del 1897, e il titolo “X Agosto” non vuole rievocare i fenomeni della notte di San Lorenzo, ma piuttosto rievoca la propria tragedia personale, la morte del Padre avvenuta il 10 Agosto 1867. La poesia si apre descrivendo l’ambientazione temporale: è il 10 agosto cioè la notte di San Lorenzo, giornata in cui in genere si manifesta la quantità massima di caduta delle stelle. In questo suggestivo paesaggio c’è una rondine che sta tornando nel suo nido per dare da mangiare ai suoi piccoli; d’un tratto è stata uccisa ed è caduta a terra con ancora il verme in bocca e i suoi figlioli pigoleranno sempre più. Anche un uomo però stava tornando a casa e come la rondine d’un tratto viene ucciso; anche lui portava con sé un regalo per le sue figlie. E’ riverso a terra, e nella loro casa lo stanno aspettando inutilmente. Intanto la caduta delle stelle continua, senza fermarsi davanti a nulla, ad inondare la Terra oscurata dal Male. Metricamente siamo di fronte a sei quartine di decasillabi (10 sillabe per verso) e novenari (9 sillabe per verso) alternati, con rime alternate che seguono lo schema ABAB. Dal punto di vista del significato la struttura collega la prima e l’ultima strofa che risultano legate nel loro senso. La parte centrale di X agosto racconta invece la storia tragica del ritorno a casa della rondine e di un uomo entrambi uccisi prima di poter riabbracciare la propria famiglia. La punteggiatura offre un ritmo molto singhiozzante, i segni di interpunzione sono moltissimi e rendono il senso di struggimento del poeta. La struttura del componimento è circolare, poiché esso si apre e si chiude con l’immagine del cielo inondato di stelle cadenti, simboli del dolore (vocativo “San Lorenzo”, v. 1 – vocativo “E tu, Cielo”, v. 21; “aria tranquilla”, v. 2 – “mondi / sereni”, vv. 21-22; “sì gran pianto”, v. 3 – “pianto di stelle”, v. 23). Di fronte alla malvagità del mondo, l’unico rifugio, dovrebbe essere il “nido”, unico luogo protetto in cui trovare pace, ma la casa è anch’essa “romita”, solitaria, lacerata dalle tragiche vicende del mondo, dunque insufficiente a proteggere l’uomo, a cui non resta che invocare invano il “pianto di stelle” del cielo che lo soccorra e partecipi del suo dolore.. Tante le figure retoriche che si trovano in questa poesia di Pascoli:

• Enjambements : vv 1-2 “tanto / di stelle”; “tende / quel verme” (vv. 9-10); “addita / le bambole” (vv. 19-20); “mondi / sereni” (vv. 2122); “inondi / quest’atomo” (vv. 23-24). • Allitterazioni “Lorenzo, stelle, tranquilla”; “Ritornava una rondine” (v. 5); “pigola sempre più piano” (v. 12); “attonito addita” (v. 19); “atomo opaco” (v. 24); • Anafore: “ora è là, come in croce…/ ora là, nella casa…” (vv. 9 e 17); “che tende…/ che attende… / che pigola”(vv. 9-12); “l’uccisero: cadde tra spini… l’uccisero: disse: Perdono” (vv. 6 e 14); • Apostrofe “San Lorenzo” (v. 1); “E tu, Cielo” (v. 21); • Anastrofi “Ritornava una rondine al tetto” (v. 5); “di un pianto di stelle lo inondi” (v. 23); • Metonimia “nido… / che pigola” (vv. 13-14); • Sineddoche “al tetto” (v. 5); • Sinestesia restò negli aperti occhi un grido” (v. 15); • Similitudine “come in croce” (v. 9); • Metafore “sì gran pianto / nel concavo cielo sfavilla” (vv. 3-4) usata per indicare il fenomeno atmosferico che porta alla caduta delle stelle; “nido” (v.13) figura retorica che sostituisce il termine che andrebbe usato con un altro di significato molto simile. In questo caso a pigolare non è il nido, ma i suoi abitanti e quindi i piccoli della rondine, mentre il padre di Pascoli non stava tornando al nido, ma a casa; “di un pianto di stelle” (v. 23); “atomo opaco del Male” (v. 24); • Personificazione “E tu, Cielo” (v. 21); “Male” (v. 24); • Iperbole “di un pianto di stelle lo inondi…” (v. 23); “atomo” (v. 24);

L’ASSIUOLO Questa lirica, inserita nella sezione "Campagna" della raccolta Myricae, è ambientata in un paesaggio notturno dove si fa fatica a scorgere la luna, nonostante il chiarore del cielo. Nel buio il poeta sente un suono triste e lontano: è il verso dell'Assiuolo, un uccello notturno, che ispira al poeta pensieri legati alla morte. Pascoli si interroga sul mistero che incombe sul nostro universo e sul destino dell'uomo, votato alla morte senza rimedio. La figura retorica più utilizzata è l'onomatopea con cui Pascoli rende il verso dell'assiuolo, il chiù, che chiude ogni strofa con un sinistro presagio di sventura. All'inizio della lirica prevale un sentimento positivo, di meraviglia e stupore: il cielo è chiaro e luminoso e sembra che persino gli alberi cerchino di scorgere la luna, nascosta dalle nubi, mentre in sottofondo si sente il ritmico rumore del mare, il fruscio del vento nella vegetazione e il rumore delle ali delle cavallette. Tutta l'atmosfera di una notte apparentemente pacifica è disturbata da alcuni elementi: le nubi nere che si vedono in lontananza, i lampi e soprattutto il verso dell'assiuolo che evoca pensieri di morte e disgrazia. Il verso del rapace cresce di intensità nel corso della poesia, e da semplice voce, diventa singhiozzo e infine pianto. E, nello stesso modo, cresce l'angoscia del poeta: i suoi sentimenti passano dalla meraviglia ai pensieri sulla morte e sul destino dell'uomo. L'assiuolo rappresenta in qualche modo il punto di contatto fra vivi e morti, fra chi è ancora sulla terra e chi invece non c'è più, ma sembra parlare e comunicare attraverso il verso di questo uccello, come a voler ricordare che la morte attende tutti, inevitabilmente. Il componimento è una lirica costituita da tre strofe, ognuna di otto versi, se si considera il monosillabo onomatopeico "chiù" come un verso, legati da uno schema di rime alternato (ABABCDCD). La sintassi è paratattica. La parola chiave è “chiù”, il verso dell’uccello rapace, perché questo è il suono con cui Pascoli evoca i suoi sentimenti. Si nota come nella descrizione del verso dell’assiuolo c’è una progressione negativa: al verso 8 esso è introdotto dal verbo «veniva» ed è descritto come una «voce»

che giunge dai campi; al verso 16 esso è introdotto dal verbo «sonava» ed è descritto come un «singulto»;al verso 24 esso è introdotto dal verbo «c’era» ed è descritto come un «pianto di morte». Il lessico nell’insieme è comprensibile, il linguaggio poetico è fortemente connotativo, infatti, oltre a trasmetterci informazioni precise, suscita suggestioni e allusioni significative. Dalla lingua utilizzata emerge il senso del mistero, dell’angoscia e dello sgomento che incombe sul nostro poeta e lo tormenta. Come vediamo nella poesia, Pascoli utilizza parole ed espressioni che creano un’atmosfera di mistero e un linguaggio analogico, per rendere l’immagine più intensa e suggestiva, trasformando gli aggettivi in sostantivi. La lirica è caratterizzata dal fonosimbolismo: un procedimento linguistico tipico in Pascoli, il quale ricerca gli effetti sonori nelle parole per trasmettere dei significati ulteriori. Colpisce, in particolare, il ricorso alle onomatopee che, in questa lirica, acquistano una rilevanza particolare. L’onomatopea con la quale si concludono tutte le strofe (chiù) altro non è che il fonosimbolo della morte: rappresenta il suono attraverso il quale i morti comunicano coi vivi. Seguendo il richiamo del chiù l’io del poeta riesce a comunicare coi morti. La voce degli uccelli in Pascoli, infatti, serve spesso per consegnare un messaggio pieno di significati simbolici. Gli uccelli notturni fungono da intermediari fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Sono presenti numerose figure retoriche come: • Enjambements vv. 1-2 “chè il cielo/notava”, 3-4 “ed ergersi il mandorlo e il melo/ parevano a meglio vederla”, 5-6 “Venivano soffi di lampi/da un nero di nubi laggiù;”, 9-10 “Le stelle lucevano rare/tra mezzo alla nebbia di latte”, 17-18 “Su tutte le lucide vette/tremava un sospiro di vento”, 19-20 “squassavano le cavallette/ finissimi sistri d’argento”; • Allitterazioni dei suoni “tr-fr” v. 12: "sentivo un frufru tra le fratte"; v. 20: i ed s: "finissimi sistri d'argento"; v. 21: in: "tintinni a invisibili porte".

• Anafore: vv. 8, 16, 24: "chiù…"; vv. 11-13: "sentivo il cullare del mare, /sentivo un frufru tra le fratte";/ sentivo nel cuore un sussulto"; • Climax vv. 7, 15, 23: "veniva una voce dai campi/ sonava lontano il singulto/ e c’era quel pianto di morte"; • Onomatopee, e parole onomatopeiche vv. 8, 16, 24: "chiù…"; v. 12: "frufru"; v. 19 “squassavano” • Metafore v. 2: "alba di perla"; v. 10: "nebbia di latte"; " v. 18: "sospiro di vento"; vv.19-20: "squassavano le cavallette/ finissimi sistri d’argento"; • Metonimia v. 6: "nero di nubi"; • Parallelismi vv. 11-13: "sentivo il cullare del mare,/ sentivo un frufru tra le fratte;/ sentivo nel cuore un sussulto"; • Personificazioni vv. 3-4: "ed ergersi il mandorlo e il melo/ parevano a meglio vederla"; v. 11: "cullare del mare"; v. 18: "tremava un sospiro di vento"; • Similitudine v. 14: "com’eco d’un grido che fu"; • Sinestesia v. 5: "soffi di lampi" • Antitesi tra “nero e bianco”, infatti, Pascoli parla di “un nero di nubi “ e “nebbia di latte

I CANTI DI CASTELVECCHIO I Canti di Castelvecchio riprendono la prima raccolta e rimandano alle immagini della campagna, ricompare la lirica. Vi è un confronto fra il vecchio e il nuovo paesaggio come per istituire il nuovo “nido” a quello spazzato via dalla tragedia familiare. Non mancano i temi che danno corpo alla segrete ossessioni del poeta, come l’eros, contemplato con il turbamento del fanciullo per il quale il rapporto adulto è ignoto affascinante e ripugnante insieme, e la morte che a volte appare come un dolce rifugio ove sprofondare.

IL GELSOMINO NOTTURNO (testo) La poesia fu ...


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