Tesina Maturità su De Andrè PDF

Title Tesina Maturità su De Andrè
Author Serena Regnani
Course Neuroscienze
Institution Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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Tesina su De Andrè, adatta per un liceo linguistico. unisce insieme chimica, inglese, italiano e filosofia. , Tesina su De Andrè, adatta per un liceo linguistico. unisce insieme chimica, inglese, italiano e filosofia. ...


Description

Anno scolastico 2015/2016

FABRIZIO DE ANDRÉ: POETA O FILOSOFO?

Serena Regnani Liceo linguistico, Matilde di Canossa Classe V A

INTRODUZIONE Da sempre affascinata dalla musica e poetica di Fabrizio De André ho deciso di affrontare alcune tematiche presenti nelle canzoni dell'autore che sono inerenti al programma svolto durante l’anno. I testi che ho esaminato sono: “Un matto”, “Un blasfemo” e “Un chimico” e fanno parte dell’album: “Non al denaro non all’amore né al cielo” del 1971, in cui vengono affrontate alcune tematiche tra cui l’invidia e la scienza assoggettata al potere. La canzone “La guerra di Piero” che ho trattato con il riferimento alla lingua inglese fa parte invece dell’album “Volume III” che l'autore pubblicò nel 1968 in riferimento ai caduti della prima guerra mondiale.

ITALIANO “Un matto”: Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole, e la luce del giorno si divide la piazza tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa, e neppure la notte ti lascia sa solo: gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro (…) Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina; di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia “una morte pietosa lo strappò alla follia”. Il personaggio da cui trae ispirazione De André è tratto dall’antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Frank Drummer/ Un Matto: Il matto è colui che si è fatto prendere dall’invidia di non saper comunicare come gli altri e di non riuscire a farsi capire, impara l’enciclopedia a memoria, fino ad impazzire e a finire in manicomio. L’invidia fa in realtà da sfondo ad un tema ben preciso: la canzone ci parla del disagio di chi porta con sé l’etichetta di “matto” di fronte alla comunità e descrive, con pochi ma attenti versi, il confronto di un uomo “pazzo” contro il mondo “normale/sano”. Non è il matto il centro della canzone, bensì la piazza: è nella popolazione “sana” che si forma l’idea comune che l’uomo sia pazzo, con tutte le implicazioni connesse. Avviene così la costruzione di un significato molto forte che è legato a questa parola; tanto forte da giustificare i comportamenti successivi. Questo etichettare della comunità porta il matto ad essere effettivamente un pazzo, riconoscendosi quindi nell’immagine che la società ha di lui, non riconoscendo più per sé stesso alcuna identità al di fuori di quella finisce tragicamente in manicomio perché ossessionato da come gli altri lo vedono. L'idea di non riuscire più a riconoscersi a causa della moltitudine di identità che la società ci attribuisce venne affrontata diversi anni prima dallo scrittore e drammaturgo Luigi Pirandello. Anch’egli arrivò alla conclusione che, non trovando più alcuna identità, l’uomo sia destinato alla follia; la sua concezione di follia è però ben diversa, come si può notare nel romanzo: “Uno, Nessuno e Centomila”.

ITALIANO: Pirandello “Uno, nessuno e centomila”. Trama: Inizialmente Vitangelo Moscarda (Gengé per gli amici) ci viene presentato come un uomo del tutto comune e normale, senza nessun tipo di angoscia né di tipo esistenziale né materiale: conduce una vita agiata e priva di problemi grazie alla banca (e alla connessa attività di usuraio) ereditata dal padre. Un giorno questa piatta tranquillità viene però turbata: l’elemento disturbatore è un banale e innocente commento pronunciato dalla moglie di Vitangelo riguardo al fatto che il suo naso penda un po’ da una parte. Da questo momento la vita del protagonista cambia completamente, poiché Gengé si rende conto di apparire al prossimo molto diverso da come egli si è sempre percepito. Così decide di cambiare radicalmente il suo stile di vita, nella speranza di scoprire chi sia veramente, e a quale proiezione di sé corrisponda il suo animo. Nel processo di ricerca per trovare sé stesso compie azioni che vanno contro a quella che era stata la sua natura sino a quel momento: sfratta una famiglia di affittuari per poi donare loro una casa, si sbarazza della banca ereditata dal padre (inimicandosi ovviamente familiari e parenti), e inizia ad ossessionare chi gli sta vicino, con discorsi e riflessioni oscure che lo fanno passare per pazzo agli occhi della comunità. La situazione si aggrava al punto che la moglie abbandona la casa coniugale, e, insieme ad alcuni amici, inizia un'azione legale contro Vitangelo col fine d’interdirlo. Gli rimane fedele in un primo momento solo un’amica della moglie, Anna Rosa, che poco dopo però, spaventata dai ragionamenti di Vitangelo, arriva addirittura a sparargli, senza ucciderlo ma ferendolo in modo serio. Vitangelo, il cui "io" è ormai completamente frantumato nei suoi "centomila" alter ego, sembra trovare una tregua ai propri patimenti solo nel confronto con un religioso, Monsignor Partanna, che lo sprona a rinunciare a tutti i suoi beni terreni in favore dei meno fortunati. Il tormentato protagonista pirandelliano, rifugiatosi nell'ospizio ch'egli stesso ha donato alla città, riesce così a trovare un po’ di pace e di serenità solo nella fusione totalizzante (e quasi misticheggiante) con il mondo di Natura, l'unico in cui egli può abbandonare senza timori tutte le "maschere" che la società umana gli ha a mano a mano imposto.

Analisi:

Il tema centrale del romanzo, scritto nel 1926, è la crisi dell’identità individuale: Il protagonista Moscarda scopre infatti che gli altri si fanno un’immagine diversa da quella che egli si è creato di sé stesso. Scopre di non essere “uno” ma di essere “centomila” e quindi “NESSUNO”. La narrazione ha l’andamento di un monologo, a volte beffardo e ironico, in cui spesso il destinatario viene chiamato in causa con appellativi diretti come “signore” o inserito come personaggio nell’azione, accanto all’io narrante. Moscarda però, a differenza degli altri eroi pirandelliani, come Mattia Pascal, è un eroe più consapevole, che non commette errori poiché ha fin dall’inizio la coscienza di non essere nessuno per sé, di esistere solo nella visione degli altri. Deve accettare l’ennesima forma attribuitagli dalla comunità, quella dell’adultero. Da questa sconfitta ora accetta la sua alienazione rifiutando ogni identità, addirittura il proprio nome, è un estraniamento totale dalla vita. Il rifiuto della vita sociale dà luogo alla “FILOSOFIA DEL LONTANO” che consiste nel contemplare la realtà da un’infinita distanza, in modo da vedere in una prospettiva straniata tutto ciò che l’abitudine ci fa considerare normale in modo da coglierne l’assurdità e la totale mancanza di senso.

Commento: Vitangelo Moscarda capisce che la pazzia di cui lo crede affetto la comunità è in realtà la migliore espressione di libertà che gli consente di abbandonare tutte le maschere e le identità imposte dalla società e vivere essendo semplicemente sé stesso, libertà che non riesce a vivere e a comprendere invece il personaggio "matto" di De Andre'.

CHIMICA “Un chimico”: Ma guardate l’idrogeno tacere nel mare, guardate l’ossigeno al suo fianco dormire: soltanto una legge che io riesco a capire ha potuto sposarli senza farli scoppiare (…) Fui chimico, e no, non mi volli sposare. Non sapevo chi e chi avrei generato: son morto

in un esperimento sbagliato proprio come gli idioti che muoiono d’amore e qualcuno dirà che c’è un modo migliore. Trainor, il farmacista/ Un chimico: è la figura dello scienziato che, per paura di ciò che non riesce a conoscere, come l’amore, si rifugia nella legge scientifica, l’unica cosa che può padroneggiare, morendo con il rimpianto di non aver mai conosciuto l’amore. La canzone "Un Chimico" è tratto dall'album: Non al denaro non all'amore né al cielo, ispirato all'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. La canzone narra la storia di Trainor, un farmacista che non riesce a comprendere le unioni tra uomini e donne, come invece capisce quelle tra gli elementi chimici. Viene inoltre descritto come un vero e proprio fanatico perché la sua vera vita è la scienza, la chimica e, in particolar modo, la legge che “ha potuto sposare idrogeno e ossigeno senza farli scoppiare”. Questo carattere ossessivo lo porta, però, ad un clamoroso fallimento: il chimico avendo come unico obbiettivo la ricerca scientifica spende la propria vita a studiare il legame chimico che unisce ossigeno e idrogeno, non riuscendo però mai a trovare una donna che lo conquisti con il suo fascino e “la sua chimica”. All’interno della canzone, De André riesce ad inserire alcune immagini, attinti da reali fenomeni naturali, che contribuiscono ad accrescere il valore artistico e “scientifico” di questo piccolo capolavoro. La prima strofa utilizza un’immagine poetica e affascinante: i fuochi fatui, infatti, sono fiammelle di color blu derivate dalla combustione di METANO (CH4, un idrocarburo semplice che in natura si trova sotto forma di gas) e FOSFANO, o FOSFINA, (PH3 noto anche come fosfuro di idrogeno, un gas incolore e infiammabile). Nella sesta strofa vi è l’immagine dell’amore che corrisponde alla perfetta unione tra ossigeno e idrogeno (metafora dell’unione indissolubile), due elementi chimici perfetti che hanno saputo legarsi insieme senza esplodere che formano la molecola d’acqua. Nella canzone, i due elementi, tacciono e dormono nel mare (metafora della vastità del vivere). È in questa strofa che è celata la vera essenza della canzone: la freccia dell’amore ha colpito il chimico che, innamorato della scienza, si è dedicato per tutta la vita a studiare una legge razionale e deterministica. De André, mediante la figura del chimico, riconoscendo nel legame covalente l’unica legge in grado di unire due elementi (ossigeno e idrogeno), di fatto sottolinea l’inutilità, l’incomprensibilità dell’istituzione del matrimonio, cioè la legge che unisce un uomo e una donna. Il chimico è presentato quindi come un uomo che è troppo razionale, che non sa relazionarsi con gli altri e incapace di comprendere i sentimenti.

CHIMICA: Idrocarburi e legame covalente Gli idrocarburi sono composti chimici formati da due elementi, il carbonio e l’idrogeno. Gli idrocarburi sono distinti in base alle loro proprietà chimiche e fisiche in due categorie fondamentali: AROMATICI E ALIFATICI. Gli idrocarburi aromatici, o areni, hanno la struttura particolare dell’anello benzenico e a loro volta si possono dividere in policiclici e monociclici. Gli idrocarburi alifatici hanno molecole in cui gli atomi di carbonio formano catene lineari o cicliche, ma non presentano anelli benzenici. Essi si dividono a loro volta in idrocarburi aciclici (catena lineare o ramificata, aperta) e aliciclici (catena ciclica, chiusa). Questi tipi di composti sono a loro volta classificati in base ai tipi di legame carbonio-carbonio presenti nella catena: sono idrocarburi saturi quelli che contengono legami semplici come gli alcani e idrocarburi insaturi quelli che presentano legami doppi o tripli chiamati alcheni e alchini. Gli ALCANI rispondono alla formula generale CnH2n+2 dove n indica il numero degli atomi di carbonio. Gli atomi di carbonio degli alcani formano sempre quattro legami semplici di tipo σ sfruttando i loro orbitali ibridi sp3 e originando una struttura tetraedrica con angoli di 109,5°. Tale struttura comporta la perfetta equivalenza dei quattro legami C-H, per cui i quattro orbitali del carbonio eccitato (un orbitale S e i tre orbitali P) si mescolano per formare quattro nuovi orbitali ibridi identici, tutti con legami σ. La molecola del metano ne è un esempio, ed è il più semplice di questi composti, con formula CH4. Esso ha un solo atomo di carbonio a cui sono chimicamente legati 4 atomi di idrogeno, tramite i cosiddetti legami covalenti semplici. Tali legami, citati indirettamente nella canzone di De André, formano la molecola d’acqua H20: essa è costituita da due atomi di idrogeno ed uno di ossigeno tenuti insieme da legami covalenti polari, che formano un angolo di 104,5°. I legami sono covalenti perché ogni atomo di ossigeno e di idrogeno mette in comune un elettrone e sono polari perchè l’ossigeno ha una maggiore elettronegatività (3,5, Pauling) rispetto all’idrogeno (2,1): Il doppietto elettronico di legame infatti è un po’ più spostato sull'ossigeno. La polarità della molecola determina la formazione di legami a idrogeno tra le molecole d’acqua, per cui l’idrogeno agisce “da ponte” tra due atomi di ossigeno. Per quanto riguarda le proprietà fisiche degli alcani, a temperatura ambiente i primi quattro alcani, cioè metano, etano, propano e butano sono gas, gli alcani con un numero di atomi di carbonio compreso tra 5 e 15, sono sostanze liquide come la benzina, il cherosene, il gasolio e la nafta. Al di sopra di 16 atomi di carbonio gli alcani diventano composti solidi, quali la vaselina e la paraffina.

Gli alcani hanno un punto di ebollizione più basso rispetto agli altri composti organici, perché le loro molecole sono apolari. Non si sciolgono in acqua e sono invece solubili in solventi non polari (cloroformio). Per quanto riguarda le proprietà chimiche, gli alcani sono poco reattivi e le uniche reazioni a cui partecipano sono la combustione, l’alogenazione e il cracking. La combustione è un’ossidazione fortemente esotermica e quindi sfruttata per ottenere calore; l’alogenazione è una reazione di sostituzione radicalica, cioè una reazione incontrollabile, che avviene tra alcani e alogeni in presenza di luce e calore. Gli alogeni più utilizzati sono il cloro e il bromo; il cracking comporta la rottura di legami C-C e C-H producendo molecole di minori dimensioni. Il metano è presente in atmosfera come prodotto della decomposizione anaerobica di materiale organico, che avviene per opera di alcuni microrganismi decompositori; a volte questo gas si accumula nelle miniere di carbone dove, mescolato con l’aria, costituisce il GRISOU, una pericolosa miscela esplosiva. una fitta rete di metanodotti distribuisce il gas naturale in grandi container in cui è mantenuto allo stato liquido grazie alla compressione e alla bassa temperatura.

FILOSOFIA “Un blasfemo”: E se furon due guardie a fermarmi la vita, è proprio qui sulla terra la mela proibita, e non dio, ma qualcuno che per noi l’ha inventato, ci costringe a sognare in un giardino incantato.

Wendell P. Bloyd / Un blasfemo: è colui che accusa Dio di aver costretto l’uomo alla Verità “per paura che ormai non avesse padroni”. L’accusa è in realtà rivolta ad un sistema (il potere in generale) che inventatosi la religione, la usa come strumento in grado di addormentare la mente dell’uomo e fargli ignorare “che al mondo c’è il bene e c’è il male”. È proprio questo uno dei temi più cari a Feuerbach, filosofo della sinistra hegeliana che nella sua critica alla religione afferma che non è Dio ad aver creato l’uomo, ma l’uomo ad aver creato Dio.

Feuerbach Critica alla religione: Secondo il filosofo la religione conferisce una visione capovolta della realtà secondo cui prima viene l’astratto e poi il concreto: la realtà è l’esatto opposto. La filosofia di Feuerbach ha come presupposto teorico e metodologico una critica radicale della maniera idealistico-religiosa di rapportarsi al mondo. Maniera che consiste in uno stravolgimento dei rapporti reali tra soggetto e predicato, concreto ed astratto. L’idealismo offre una visione rovesciata delle cose, in cui ciò che viene realmente prima (il concreto, la causa) figura come ciò che viene dopo, e ciò che viene realmente dopo (l’astratto, l’effetto) figura come ciò che viene prima. Feuerbach afferma che non è Dio (l’astratto) ad avere creato l’uomo (il concreto), ma l’uomo ad aver creato Dio. Infatti Dio è nient’altro che la proiezione illusoria di qualità umane, in particolare di quelle “perfezioni” caratteristiche della nostra specie che sono la ragione, la volontà e il cuore. Rimane da vedere in concreto come nasca, nell’uomo, l’idea di Dio: Il filosofo sostiene che non esiste alcun essere divino dotato di esistenza divina: l’IDEA DI DIO deriva dal fatto che l’uomo proietta fuori di sé le sue qualità più elevate e le oggettiva in un essere dotato di perfezione, a cui si sottomette. In questo senso è l’uomo che produce l’idea di dio nella propria immaginazione e rappresentazione. Feuerbach tende a scorgere l’origine dell’idea di Dio nell’opposizione umana tra volere e potere. Opposizione che porta l’individuo a costruirsi una divinità in cui tutti i suoi desideri appaiono realizzati. Altre volte il filosofo ha visto la genesi primordiale dell’idea di Dio nel sentimento di dipendenza che l’uomo prova di fronte alla natura. Qualunque sia l’origine della religione, è certo che essa costituisce una forma di alienazione: comporta la rinuncia della propria essenza a favore di un essere estraneo e trascendente. Questa situazione deve essere superata da una “filosofia dell’avvenire”: l’autore intende sollecitare un recupero, da parte dell’uomo, della propria dignità e del proprio valore.

INGLESE “La guerra di Piero”: Dormi sepolto in un campo di grano non è la rosa, non è il tulipano che ti fan veglia all’ombra dei fossi, ma sono mille papaveri rossi. INTRODUCTION: The protagonist is a soldier, Piero, and in a bright spring day, after a long journey started in the middle of winter, crossed the border that divides the two nations, (in the song the rose

rappresents France, the tulip germany). While he’s reflecting about the uselessness and ferociy of the war, sees on the top of the valley an enemy soldier that will certainly test his own fears. Although aware that only by killing the enemy he can save himself, Piero appears undecided on what to do. That hesitation, the result of an instinctive act of human solidarity, will however be fatal, because the enemy, realizes the danger and does not hesitate to shoot to him. The only fault of Piero is not having killed a man with the uniform of another color, not for cowardice, but for a sense of brotherhood, for the feeling of being (as an enemy) a mere pawn in an inhuman and absurd game, which ranks humble against humble in a meaningless fight. The first and the last stanzas create the imagine of a destroyed field, without flowers except for one thousand red poppies, a metaphor for a war grave. Red poppies are, in fact the symbol for the victims of the World War and their remembrance. The armistice of 11th novembrer 1918 ended the Great War, and many hoped that “all wars” had ended on that day. Two features of that first Remembrance day are central to today’s commemorations: the Cenotaph was the place around which people united, and the activity that united them was the silence, the first minute in memory of a nearly twenty million dead, and the second for the leaving loved ones they left behind. On King George’s initiative everything and everyone stopped: buses, trains and factories, even the ships of the Royal Navy was stopped. In november 1920, the “Unknown Warrior” was burried in Westmister Abbey. The tomb contained the body of an unknown serviceman picked at random and tens of thousand people walked past the grave by the end of the afternoon. Starting in 1921, artificial poppies were sold to support the Earl Haig fund for ex-servicemen. Still today, the poppies remains a symbol of remembrance.

THE WAR POETS When the first world war broke out, thousands of young men volunteered for military service. It was not until the slaughter of thausands of british soldiers at the Battle of the Somme in 1916, that this sense of pride and exilaration was replaced by doubt and disillusionment. For the soldiers life in the trenches was hell because of the rain and the mud, the repeated bombings and the use of poison gas in warfare. There was also a group of poets who

actually experienced the fighting, and in most of the cases lost their conflict, represent the modern warfare in a realistic and unconventional way to awaken the consciene of the readers to the horrors of the war. These poets are known as THE WAR POETS: Rupert Brooke, Wilfred Owen, Siegfried Sassoon and Isaac Rosenberg. RUPERT BROOKE: He wrote five war sonnets in 1914 in which he advanced the idea that war is clean and cleasing. He tried to testify to the safeness of war, in which the only thing that can suffer is the body, and even death is seen as a reward. WILFRED OWEN: His poems are painful with men who have go...


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