Gli elementi essenziali del contratto PDF

Title Gli elementi essenziali del contratto
Author Aldo Micoloni
Course Diritto privato
Institution Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli
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Appunti approfonditi sugli elementi essenziali del contratto...


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GLI ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO ! L’art.1325 indica come ‘’requisiti’’ del contratto l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma (vincolata), se quest’ultima è prescritta dalla legge a pena di nullità.! L’art.1418 co. 2, soggiunge che l’assenza di tali elementi rendono il contratto nullo (c.d. nullità strutturale).!

ACCORDO! L’accordo contrattuale può definirsi come la volontà comune delle parti in ordine al contenuto negoziale, cui di regola le parti stesse pervengono a seguito delle trattative.! L’accordo contrattuale stempera e uniforma, la contrapposizione di interessi di cui ciascuna delle parti è portatrice, connotando il contratto in termini di bilateralità.! Il procedimento ordinario di formazione del contratto è regolato dall’art.1326 co. 1, ai sensi del quale il contratto si conclude nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte.!

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LA CAUSA! 1) Si parla di causa come lo ‘’scopo’’ oggettivamente perseguito dai contraenti, al di là dei motivi soggettivi che possono averli animati; di ‘’ragioni dell’affare’’! Secondo una prima definizione, la causa può essere definita come la funzione economico-sociale del contratto, ossia con ‘’ciò che il contratto è idoneo a fare’’.! Intesa in senso oggettivo la causa designa la funzione socialmente utile di ogni contratto; in sintesi la funzione economico-sociale, intesa come espressione di un interesse sociale oggettivo e socialmente controllabile. La definizione della causa come funzione economico-sociale consente il controllo di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, secondo la norma cardine contenuta nell’art. 1322.! Altra dottrina definisce la causa come funzione economico-individuale, ossia come concreta composizione di contrapposti interessi che, attraverso il meccanismo contrattuale, vengono contemporaneamente soddisfatti. Si parla, infatti, anche di sintesi degli effetti (giuridici) essenziali del negozio.! Prendono atto della difficoltà della teoria oggettiva della funzione economico-sociale a trovare applicazione ai contratti atipici, in quanto non sussumibili in astratti schemi legislativi, e a giustificare l’esistenza di contratti tipici con causa illecita, la teoria della funzione economico-individuale sposta l’attenzione dallo sterile schema contrattuale al concreto e dinamico assetto di interessi che le parti programmano come effetto della conclusione del contratto.! Si parla altresì di ragione pratica del contratto, cioè di interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare.! Da ultimo la tesi della causa concreta ha ricevuto l’avvallo della Suprema Corte di Cassazione, la quale, abbandonando ‘’la nozione di causa come funzione economicosociale, in virtù dell’obsolescenza della matrice ideologica che, a tacer d’altro non spiega come un contratto tipico possa avere causa illecita’’, ricostruisce ‘’la causa in termini di sintesi reale degli interessi che è diretto a realizzare anche al di là del modello tipico utilizzato.! 2) Il tipo è lo schema del negozio, ossia la sua architettura strutturale.! Si parla di tipo legale per indicare il caso in cui il negozio è espressamente disciplinato dal c.c. o da una legge speciale; si parla di tipo sociale allorquando è in uso nella prassi, ma non è disciplinato dalla legge, che magari si limita a citarlo senza appunto precederne una disciplina tipica e organica.! Si suole distinguere tra: ! -contratti conformi ai tipi legali disciplinati dalla legge! -contratti solo parzialmente conformi ai tipi legali, in cui la difformità è data dall’inserimento di clausole contrattuali non compatibili con quello legale! -contratti non conformi ai tipi legali, in quanto l’intera operazione economica non è disciplinata dalla legge.! Mentre nella prima ipotesi l’interprete è chiamato ad una mera opera di sussunzione, negli altri due casi è necessario ricorrere ad un processo di qualificazione.! La giurisprudenza individua due tecniche di qualificazione: si deve dapprima accostare il singolo contratto contratto in concreto concluso ai vari tipi previsti a livello legislativo, per Pagina 2 

poi qualificarlo e disciplinarlo secondo il tipo più simile (tecnica dell’assimilazione) ovvero quello prevalente (tecnica della prevalenza)! La dottrina suggerisce invece il metodo tipologico, basato sulla distinzione tra le due categorie logiche del ‘’concetto’’ e del ‘’tipo’’.! Il concetto comporta che rientrino nello schema solamente quei contratti che presentino tutti e solo i caratteri della figura legislativamente tipizzata. Il tipo, invece, prende in considerazione soltanto i tratti caratteristici essenziali, dal momento che ciascun contratto può presentare svariate varianti in deroga o in aggiunta rispetto allo schema base predisposto dal legislatore.! 3) Dalla causa si distinguono i motivi, che sono le ragioni individuali che spingono i contraenti ad addivenire alla conclusione del contratto. Sono, dunque, meri motivi in senso stretto solo gli interessi estranei all’oggetto del negozio e in esso non obiettivati.! La distinzione tra causa e motivi può essere sintetizzata tenendo presente che la causa è il concreto interesse che attraverso il contratto viene soddisfatto, mentre il motivo è l’intima ragione che ha spinto il contraente ad obbligarsi, con la conseguenza che un conto è lo scopo obiettivo del contratto, altro lo scopo individuale perseguito dal contraente.! Fanno eccezione le ‘’tassative’’ ipotesi in cui l’ordinamento attribuisce giuridico rilievo ai motivi (es. motivo illecito previsto dall’art. 626 c.c.)! Le parti, peraltro, possono attribuire rilevanza ai motivi calandoli nel regolamento contrattuale, ad es. mediante il ricorso alla condizione sospensiva o risolutiva.! In altri termini, come detto occorre tenere distino lo scopo obiettivo del contratto (ossia la causa) dallo scopo del contraente (ossia il motivo), il quale diventa causa ove fuoriesca dalla sfera psichica del singolo contraente e assurga a funzione del contratto, obiettivizzandosi in esso.!

4) La definizione di ‘’negozio con causa esterna’’ è evocativa di fattispecie che non sembrano neppure, a stretto rigore logico, possedere tanto una consistenza negoziale, quanto piuttosto quella dell’atto di adempimento.! Si tratta per lo più di pattuizioni che producono effetti traslativi in ordine all’attribuzione di diritti. Dai convenzioni rinvengono la propria giustificazione soltanto per relationem rispetto ad ulteriori atti, i quali si pongono rispetto ad esse come presupposto ed antecedente logico. ! Si tratta dunque di atti di trasferimento la cui ragione giustificative è esterna rispetto ad essi stessi, cioè di atti traslativi che mutuano esternamente la propria causa.! 5) Esistono alcuni schemi negoziali astrattamente idonei a svolgere una funzione solutoria, donativo o corrispettiva, cui dunque, a seconda dei casi, può corrispondere una causa diversa.! A fronte di ciò si domanda se la causa debba essere considerata costante e immutabile, ovvero se sia possibile che un negozio tipico, dal carattere ‘’neutro’’ possa essere connotato da una causa incompleta o variabile.! La teoria della causa concreta (a differenza della causa intesa come funzione economicosociale), consente di affermare che esiste una categoria di negozi che hanno una causa Pagina 3 

‘’incompleta’’ perché ‘’generica’’ la quale va rimpinguata in concreto da una causa specifica, variabile, a seconda dell’assetto di interessi che le parti intendono perseguire.! 6) La dottrina più recente e parte della giurisprudenza, in applicazione della teoria della causa concreta, ammettono la configurabilità nel nostro ordinamento del negozio gratuito atipico, osservando che la giustificazione causale può essere individuata anche in assenza di una controprestazione in senso tecnico o di un intento liberale in ragione del significato pratico dell’operazione e sulla base dell’interesse oggettivamente perseguito dal negozio.! 7) I negozi astratti sono quei negozi che producono effetti giuridici prescindendo dalla causa. Mentre è sicuramente inammissibile la categoria dell’astrazione sostanziale assoluta (che ricorre allorquando la causa non assume rilevanza alcuna), in quanto contrastante con il principio di causalità, l’ordinamento giuridico italiano consce alcuni esempi di astrazione relativa, dettati da esigenze di celerità dei traffici giuridici.! In tali ipotesi, la mancanza di causa non impedisce al negozio la produzione di effetti (anche reali), ma consente la neutralizzazione ex post degli effetti prodottisi, esperendo un’azione personale volta alla ripetizione della prestazione in negozio astratto.! Si ravvisa invece la c.d. ‘’astrazione processuale’’, eccezionalmente ammissibile nel nostro ordinamento, quando si verifichi un’inversione dell’onere della prova, nel senso che con riguardo ad un qualsiasi negozio causale, si presumono la presenza e a liceità della causa, spettando, invece, a chi ne deduce l’inesistenza o l’illiceità l’onere di darne la prova.! 8) Si parla di negozio indiretto quando le parti concludono un negozio giuridico con l’intenzione di realizzare gli scopi tipici di un diverso schema negoziale, Più precisamente, un negozio (avente in astratto una determinata causa) viene utilizzato per realizzare, in concreto, una funzione diversa, tipica di un altro negozio.! Il negozio indiretto non deve essere confuso con il negozio illecito, dal momento che il ricorso al primo ben può essere lecito.! Va peraltro osservato che nell’ipotesi di negozio indiretto, il negozio-mezzo è realmente voluto dalle parti per raggiungere gli scopi del negozio-fine, mentre nella simulazione il negozio posto in essere è destinato a non produrre alcun effetto tra le parti, se si tratta di simulazione assoluta, ovvero a produrre gli effetti un negozio diverso, se la volontà dichiarata è difforme da quella effettiva (simulazione relativa).! Può invece essere considerato all’interno dello schema generale in esame il c.d. negozio in frode di legge, atteso che con esso le parti perseguono uno scopo ulteriore rispetto a quello tipico del negozio adoperato, scopo ulteriore che non è lecito perché contrario alla legge, Pertanto, vi sarà un negozio-mezzo lecito ed un negozio-ife illecito, quindi nullo.! 9) Si parla di negozio fiduciario quando un soggetto (c.d. fiduciante) trasferisce un diritto ad un altro soggetto (c.d. fiduciario), il quale si obbliga a realizzare gli scopi concordati per poi ritrasferire, in un momento successivo, il diritto allo stesso fiduciante o a un terzo.! Se si esaminano gli effetti del negozio fiduciario, è possibile distinguere tra: un effetto obbligatorio, che riguarda le parti e che non è opponibile ai terzi estranei al negozio Pagina 4 

fiduciario, ad un effetto reale, che se portato a conoscenza all’esterno, è opponibile anche ai terzi.! In dottrina è prevalsa la ricostruzione in termini di collegamento negoziale, che ha spinto ad accettare il fenomeno fiduciario come una combinazione tra un negozio giuridico ad efficacia reale (nei confronti dei terzi) ed un altro ad efficacia obbligatoria (circoscritto tra le parti) ! In caso di inadempimento del fiduciario al pactum fiduciae, che si sostanzi nel trasferimento del bene ad un terzo non previsto nel pactum, il terzo acquista da chi è talmente il proprietario e può opporre il suo acquisto al fiduciante, non essendo il pactum assistito da tutela reale; nondimeno, il fiduciante avrà diritto al risarcimento del danno nei confronti del fiduciario inadempiente.! Può anche accadere che il fiduciario si rifiuti di adempiere all’obbligo che discende dal c.d. pactum fiduciae senza però trasferire il bene ad altri, ma mantenendo egli stesso la proprietà, nel quel caso il fiduciante potrà ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., che tenga luogo del trasferimento non avvenuto, in modo da ottenere lo stesso effetto giuridico che sarebbe derivato in caso di adempimento del fiduciario.! Il pactum fiduciae presuppone che vi sia il trasferimento della titolarità del bene dal fiduciante al fiduciario, ma può anche verificarsi l’ipotesi in cui il fiduciario assuma gli impegni fiduciari, senza che vi sia stato prima un formale trasferimento della titolarità del diritto da parte del fiduciante: nella prima ipotesi si parla di fiducia dinamica, nella seconda ipotesi di fiducia statica.!

Si parla di fiduciae cum creditore quando il fiduciario sia creditore del fiduciante, il quale per garantire il proprio debito trasferisco un determinato bene al fiduciario, ferma restando l’intesa che tale bene ritornerà al fiduciante una volta saldato il debito.! Si parla di fiducia cum amico quando viene trasferita la proprietà di un bene dal fiduciante al fiduciario, ma lo scopo non è quello di realizzare un vero e proprio arricchimento del fiduciario, perché quest’ultimo è tenuto ad un successivo ritrasferimento del bene.! Si parla di fiducia romanistica quando il fiduciarie trasferisce pienamente la titolarità al fiduciario, che diventa così il nuovo titolare, ferma restando l’obbligazione assunta con il pactum fiduciae.! Si parla di fiducia germanistica quando al fiduciario non è trasferita la piena titolarità del bene, ma solo la legittimazione ad esercitare in nome proprio, ma nell’interesse del fiduciante, un determinato diritto.! il ricorso a questa figura è incompatibile con il principio di tipicità dei diritti reali previsto dal nostro ordinamento, anche se in via eccezionale tale figura trova applicazione nella c.d. intestazione fiduciaria di azione.! Il trust prevede che un soggetto (c.d. settlor) trasferisca la proprietà di uno o più beni ad un altro soggetto (c.d. trustee), il quale ha l’obbligo di amministrarli e gestirli rispettandogli scopi indicati dal disponente, a favore di un terzo soggetto (c.d. beneficiary); quest’ultimo Pagina 5 

avrà diritto a godere dei frutti e dei vantaggi che discendono dai beni oggetto del trust, ma potrà diventare proprietario soltanto successivamente alla scadenza.! In relazione all’oggetto, bisogna osservare che possono essere trasferiti al trustee il diritto di proprietà di un bene, il diritto di credito e qualunque altro diritto, così da consentire un’ampia applicazione dell’istituto.! Vi sono numerose differenze che impediscono l’accostamento tra il trust e il negozio fiduciario: ! Con il pactum fiduciae, in particolare, non si realizza una spedizione patrimoniale, posto che il bene entra a far parte del patrimonio del fiduciario; nel trust, invece, il vincolo di destinazione impresso al bene non consente che si possa verificare una confusione con il patrimonio del trustee. Quest’ultimo può essere distinto o può coincidere con il settlor, a differenza di quanto accade nel negozio fiduciario, dove fiduciante e fiduciario sono sempre due persone diverse.! Va poi osservato che il trustee si obbliga nei confronti del beneficiario e non del disponente, mentre ciò non accade nel negozio fiduciario.! L’art. 2654-ter c.c., di recente introduzione, consente nel nostro ordinamento la costituzione di un patrimonio separato con vincolo di destinazione per una determinata persona, fisica o giuridica, per la durata massima di 90 anni, al fine di realizzare un interesse meritevole di tutela.! 10) Si parla di contratto o negozio misto allorquando in esso concorrono gli elementi di più negozi tipici che si fondono in un’unica causa; in tal caso si assiste ad una compenetrazione dei singoli elementi causali, tali da realizzare un interesse unitario sul piano pratico-economico (c.d. fusione di cause);! Secondo altra definizione, si parla di negozio misto anche con riferimento al fenomeno in cui vi siano più cause concorrenti nell’unicità del rapporto, le quali però a differenza della precedente ipotesi, mantengono una loro identità (c.d. concorrenza di cause). ! In entrambi i casi, comunque, il contratto misto è inteso come un unico contratto, essendo unica la causa o la prestazione.! Il problema fondamentale sollevato dalla categoria del negozio misto, riguarda l’individuazione della disciplina in concreto ad esso applicabile.! Secondo la teoria dell’analogia, in coerenza con la qualificazione del contratto misto come contratto atipico, al primo andrebbero applicati i medesimi criteri dell’analogia utilizzati per individuare la regolamentazione dei contratti innominati.! La teoria della combinazione, invece, applica al contratto misto le norme che disciplinano i singoli schemi negoziali da cui risulta comporto, in maniera tale da rispettare integralmente - a differenza della teoria dell’analogia - la reale volontà dei contraenti.! Infine, in base alla teoria dell’assorbimento, tradizionalmente seguita in giurisprudenza, andrebbe individuato lo schema tipico che all’interno del contratto misto svolge la funzione prevalente, per poi applicarne la relativa ed unica disciplina normativa, con il rischio, però, di trascurare la reale volontà delle parti.! Per questo motivo, si assiste in giurisprudenza al tentativo di fondere il criterio di assorbimento con quello della combinazione, valorizzando anche gli elementi secondari del contratto misto per dare tutela agli interessi in concreto perseguiti dalle parti, purché sessi non siano incompatibili con la disciplina individuata in base al meccanismo dell’assorbimento. ! Pagina 6 

11) Il collegamento negoziale è ravvisabile ogni qual volta due o più negozi, ciascuno dei quali dotato di una propria autonomia strutturale, siano tra loro connessi in virtù di un legame giuridicamente rilevante, al fine di realizzare uno scopo pratico unitario, altrimenti non perseguibile mediante l’adozione dei singoli schemi contrattuali.! Il collegamento è unilaterale o bilaterale. Unilaterale è quando uno solo dei due contratti è influenzato, per la sua validità e per la sua efficacia, dalle sorti dell’altro, poiché lo presuppone, mentre non accade il contrario.! Altra distinzione è quella tra collegamento genetico e funzionale: nel primo caso un contratto esercita la propria influenza sul processo di formazione di un altro contratto; nel secondo caso il condizionamento tra i due negozi opera in sede di svolgimento del rapporto contrattuale, allorquando cioè se ne producono i relativi effetti.! Il collegamento è inoltre definito necessario (detto anche tipico) quando vi è una fisiologica indefettibili del legame contrattuale imposto dalla legge o dalla natura intrinseca dell’operazione negoziale; è invece volontario (detto anche atipico), quando è il frutto della volontà delle parti in attuazione di un’unità di interesse e di fine che funge da ‘’collante’’.! Al fine di ravvisare la sussistenza di un collegamento negoziale non è sufficiente l’esistenza di un risultato economico complessivo dato dalla combinazione oggettiva di due o più contratti, ma è altresì necessario che le parti abbiano voluto ottenere un risultato che, per effetto dei singoli contratti, non avrebbero potuto avere.! Ciascuno dei singoli contratti collegati mantiene, dunque, inalterata la propria funzione economico-individuale (c.d. causa parziale), mentre l’operazione negoziale complessivamente considerata trova la ragione concreta proprio in quell’interesse globale che ha costituito la spinta determinativa dell’operazione stessa (c.d. causa complessiva)! L’unitarietà sostanziale dell’operazione comporta l’applicabilità anche ai contratti collegati dell’eccezione di inadempimento disciplinata dall’art. 1460 c.c. con la conseguenza che , nel caso in cui una delle parti non adempia all’obbligazione nascente da uno dei contratti collegati, l’altra parte potrà rifiutare l’adempimento dell’obbligazione posta a suo carico dall’altro contratto collegato, sempre naturalmente che sussistano i presupposti di cui all’art.1460 (primo fra tutti, la proporzione tra inadempimento ed eccezione).! 12) Accenni al subcontratto rinviati al capitolo quattro.! 13) La patologia della causa: mancanza ed illiceità ! % 13.1) Si parla di mancanza di causa per sottolineare il fenemeno in cui la causa è assente e il negozio è inidoneo a realizzare una funzione meritevole di tutela.! Si parla di mancanza totale di causa quando il negozio, non può esplicare, nel caso concreto, la sua funzione tipica. In questa ipotesi il negozio è nullo per mancanza di un elemento essenziale .! Si parla di mancanza parziale della causa nell’ipotesi in cui nei contratti a prestazioni corrispettive nei q...


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