GLI Innamorati - Opere goldoni PDF

Title GLI Innamorati - Opere goldoni
Author Roberta Palermo
Course Letteratura italiana: lettura critica di testi
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

Opere goldoni ...


Description

Gl'innamorati Gl'innamorati è una commedia in tre atti scritta da Carlo Goldoni nel 1759. La stesura avvenne nella città di Bologna, durante un viaggio che portò Goldoni da Roma a Venezia.

Mémoires Ebbi appena il tempo di riposarmi, che dovetti mettermi al lavoro. Arrivai il primo settembre, il 4 del mese seguente si doveva aprire il teatro, ed io non avevo scritto ancora nulla (sappiamo che non è così). A Roma avevo trovato troppe piacevoli distrazioni per avere il tempo di occuparmene. Benché sia un gran lavoratore, ho sempre amato il piacere e approfittavo dei momenti di libertà che potevo concedermi. Ero dotato di una grande facilità di scrittura e lavoravo con maggiore energia quando ero sollecitato a concludere in fretta. Devo dire che il tempo, l'esperienza e l'abitudine mi avevano reso talmente familiare l'arte di scrivere commedie che, una volta trovato il soggetto e scelti i caratteri, il resto era per me è solo un lavoro meccanico. Prima di arrivare alla costruzione e alla correzione della commedia, compivo quattro operazioni. Prima operazione: uno schema diviso in tre parti principali: esposizione dell'argomento, intreccio e scioglimento. Seconda operazione: divisione dell'azione in atti e scene. Terza: dialoghi delle scene più interessanti. Quarta: dialogo generale di tutta la commedia. Mi capitava sovente che, arrivato a quest'ultima operazione, avevo cambiato tutto quello che avevo fatto nella seconda è nella terza; perché le idee si susseguono; una scena ne genera un'altra. Da qualche tempo sono riuscito a ridurre le quattro operazioni ad una sola; avendo lo schema e le tre suddivisioni in testa, comincio subito, vado fino alla fine, verso lo scioglimento dell’azione, che è la parte principale. Poche volte mi sono sbagliato nei miei finali; posso dirlo senza pudori perché me l'hanno detto tutti; d'altra parte la cosa non mi sembrava difficile; è molto facile concludere con un lieto fine quando lo si è preparato bene all'inizio della commedia (questo era ciò di cui veniva criticato Chiari). Iniziai e portai a termine in 15 giorni una commedia in tre atti, in prosa, intitolata “Gli innamorati”. Il titolo non prometteva nulla di nuovo, perché sono rare le commedie senza amore; però non ne conosco alcuna in cui gli innamorati siano della stessa tempra di quella ho trattato in questa; e l'amore sarebbe il flagello più tremendo del mondo, se rendesse gli amanti così furiosi e così infelici come i due protagonisti della mia commedia. Io ne conoscevo i modelli, li avevo visti a Roma, ero stato amico e confidente dell'uno e dell'altra, ero stato testimone della loro passione, della loro tenerezza, sovente dei loro accessi d’ira e dei loro ridicoli trasporti. Più di una volta avevo inteso le loro discussioni, le loro grida, la loro disperazione. I miei innamorati sono esagerati, ma non meno autentici. In questa commedia c'è più verità che verosimiglianza, lo confesso. Un soggetto come questo non sarebbe stato accettato in Francia; in Italia lo si trovò un poco esasperato; intesi molte persone di mia conoscenza confessare di essersi trovate in una situazione quasi uguale. Non ebbi perciò torto a dipingere in grande le follie di un amore in un paese in cui il clima riscalda cuori e teste più che in qualsiasi altro (come ne “La vedova scaltra” l’Italiano è geloso). A questa commedia, che aveva ottenuto più successo di quanto non pensassi, ne feci succedere un'altra, che la superò di molto, in veneziano, intitolata “La casa nova”. Goldoni sa che ha presentato dei personaggi esagerati, ma questa esagerazione deriva dall’esasperazione della passione amorosa. L’autore indaga tutti gli aspetti della psiche umana al punto che i protagonisti arrivano quasi a sembrare folli. Sottolinea il fatto di averli conosciuti per non farli sembrare “incredibili” agli occhi degli spettatori. Ammette anche che questi personaggi sono più veri che verosimili (verosimile è qualcosa vicino al vero, ma che sta nella media). Si pronuncia anche sulle finalità educative dell’opera “…povera gioventù sconsigliata! Volersi tormentar per amore! Volere che il balsamo si converta in veleno! Pazzie, pazzie. Specchiatevi, o giovani, in questi innamorati ch’io vi presento; ridete di loro e non fate che si abbia a ridere di voi”.

APPUNTIFinora abbiamo trattato tutti i testi compresi tra il 1748 e la stagione ‘53-54. Con “Gl’innamorati” facciamo un salto di 5 anni. E’ il 1759 e Goldoni è ancora attivo al San Luca (nel frattempo i coniugi Gandini abbandonano il teatro per una proposta estera). Gli anni al San Luca, come abbiamo detto, sono gli anni in cui Goldoni inizia a sperimentare (produzione in versi e ambientazioni esotiche). In questo periodo prevalgono le commedie in versi (30 opere in versi e 13 in prosa). Ma nelle lettere presenti nell’opera “I malcontenti” Goldoni afferma che la gente si è stufata dei martelliani. Dal momento in cui Pietro Chiari passa al Sant’Angelo, propone una sua riforma alternativa del teatro basata sulla verosimiglianza e sulla moralità, non lontano dai cardini della riforma goldoniana. Quando comincia a lavorare con Medebach propone una drammaturgia in martelliani e sostiene che le uniche commedie degne sono proprio quelle in versi (prima scriveva in prosa). Chiari eccelle particolarmente nelle commedie in versi, ma i testi in versi di Goldoni non hanno nulla da invidiargli. La sperimentazione goldoniana non riguarda solo la forma, ma anche i caratteri che vengono portati in scena. Propone sentimenti esasperati con toni molto più forti, come avevamo visto nella “Sposa Persiana”. Abbiamo parlato di questo per sottolineare due temi fondamentali presenti nell’opera e nel progetto in cui l’opera viene inserita: 1) Riflessione sul rapporto tra produzione in versi e produzione in prosa; 2) Forza delle passioni; Goldoni in questo periodo è inquieto, anche dal punto di vista personale. Ha un contratto troppo stretto con Vendramin e cerca delle alternative. Pensa ad un viaggio a Napoli (altro grande polo di produzione teatrale), ma non ci va e decide di andare a Roma negli anni ‘58-59. Passa a Roma parecchio tempo, e prima di tornare a Venezia passa anche qualche mese a Bologna. L’importanza di questo viaggio è testimoniata dalle lettere che scambia con Vendramin. Perché è importante? Da un lato è la “prova generale” del successivo viaggio a Parigi, ma soprattutto per cercare nuove forme contrattuali dal punto di vista lavorativo. Il teatro romano è molto diverso da quello di Venezia, ad esempio le donne non possono recitare e il loro ruolo è interpretato da uomini travestiti. Sappiamo inoltre che a Roma Goldoni riadatta alcuni testi dai versi in prosa. Di questo viaggio abbiamo notizie superficiali nei “Mémoires” (sembra quasi viaggio turistico). Da queste lettere emerge il fatto che Goldoni non vuole assolutamente tornare a Venezia, ma Vendramin è preoccupato perché la compagnia senza Goldoni va male. L’autore invece fa di tutto per non tornare a Venezia, anche sostenere eventuali concorrenti. LE NOVE MUSE Per l’anno successivo propone un progetto unitario chiamato “Le nove muse”. Goldoni si propone di scrivere 9 diverse opere ognuna dedicata ad una musa e caratterizzata da diversi ARGOMENTI, REGISTRI E METRI. Con i nove testi dedicati alle nove muse Goldoni voleva mettere in campo nella stagione 1759-60 una scommessa ben diversa da quella giocata 10 anni prima con le “16 commedie nuove” (aveva dato tutti i titoli trovandosi poi in difficoltà, questa volta ne cita solo alcuni). Quello delle nove muse è un progetto quantitativo, quello delle 16 commedie invece si basa sulla diversità, ogni opera è diversa per argomento e metrica. Vendramin pensa sia un progetto troppo letterario e quindi un fiasco a livello teatrale. L'introduzione alla stagione sostituisce il dialogo in Parnaso tra Apollo e le Muse a quello tra gli attori della compagnia, con un’enunciazione del programma, puntualmente individuato per l'autunno e prospettato a grandi linee per la ripresa di carnevale.

Il senso della scommessa risulta chiaramente nelle parole che Apollo indirizza al pubblico: “Spirito talor di novità inquïeto/ rende il popolo, è ver, ma dolce cosa/ è l’amoroso impegno/ con cui s’applaude il fortunato ingegno”. “Nove in numero siete, e siano tante/ le sceniche azion da voi medesime/ in un sol loco, in vario stil prodotte”. -Clio introduce la tragicommedia “Gli amori di Alessandro Magno”, in martelliani; -Tersicore “La scuola di ballo” in terzine; -Melpomene la tragedia “Artemisia”, in endecasillabi sciolti; -Talia la commedia “Gli innamorati” in prosa; -Urania “Zoroastro re dei Battriani”, un dramma “astrologico” in ottava rima. Poi Clio introduce in luogo delle altre sorelle i titoli destinati alla seconda parte dell'anno comico: -“L’'impresario delle Smirne”, in martelliani, per Euterpe; -Una commedia senza titolo in endecasillabi sdruccioli per Erato (erronea la deduzione dell’Ortolani, che pensava agli “Innamorati” già citata); -“Enea nel Lazio”, progettata in versi eroici, ad imitazione dell'esametro latino, associata a Calliope. -Infine, una sorta di fuoco d'artificio metrico- “or sdruccioli,or rimati, or sciolti e piani,/ ora ottave, or terzetti, or martelliani”- doveva concludere la stagione con una varietà stupefacente degna di Polimnia. L'incerta accoglienza, con un successo notevole solo per “Artemisia” e “Gli Innamorati”, disattende le promesse della stagione d'apertura, rinviando alcuni testi progettati alla stagione successiva, introducendo Goldoni a soluzioni alternative (nel carnevale l’inattesa “Guerra”). Si tratta di un progetto indubbiamente ambizioso, incapace soprattutto di tenere conto della divaricazione tra spettacolo e letteratura di una scommessa conseguentemente perduta nell'incapacità di colmare una tale distanza. Goldoni aveva tuttavia coraggiosamente sperimentato i limiti della propria capacità e quelli del proprio linguaggio, se si vuole del suo universo poetico, conducendosi fino al limite estremo del tracciato. Nei “Mémoires” Goldoni non parla affatto di questo progetto, in quanto esso rappresentava il rilancio della sua carriera, ma non è andata così. Tutto questo serve per introdurre l’opera “Gl’innamorati” che rappresenta una drammaturgia diversa rispetto a quella vista fin ora. Trama Milano, XVIII secolo. Eugenia Ridolfi, erede di una famiglia in rovina, frequenta da un anno il giovane e ricco Fulgenzio. I due ragazzi sono innamoratissimi l'uno dell'altra, ma la relazione è tormentata, a causa dell'impulsività di lui e, soprattutto, della gelosia di lei. Per esempio, Eugenia non sopporta che Fulgenzio frequenti la cognata Clorinda, anche se è obbligato (suo fratello è infatti a Genova per lavoro, perciò deve servirla finché l'uomo non torna). I due così si dividono spesso, ma altrettanto spesso ritornano assieme. Nel frattempo, il conte Roberto d'Otricoli, cliente di un amico di Fabrizio (il padrone di casa con la mania dell'arte), giunge a Milano e fa visita alla famiglia Ridolfi. Fabrizio, che non vuole essere da meno dell'ospite, lo invita a pranzo, a dispetto della disastrosa situazione economica della famiglia. Nel frattempo, Eugenia chiarisce subito la sua situazione con Roberto, innamorato di lei, spiegandogli di essere innamorata di un altro uomo. Ma Fulgenzio, che non sa di questo chiarimento, si ingelosisce, e minaccia di suicidarsi. La fidanzata lo ferma, gli spiega a chiare lettere l'amore che prova per lui, e i due ormai sembrano aver fatto la pace. Ma Fabrizio ha invitato a pranzo anche Clorinda: Eugenia, esasperata e gelosa, la insulta e se ne va. Il pranzo si svolge in maniera drammatica (così dicono i servitori Lisetta e Tognino, che sbirciano dalla serratura). I due giovani si chiariscono, ma quando Fulgenzio chiede se può accompagnare a casa Clorinda, Eugenia si offende: ricominciano a litigare e giungono alla rottura definitiva. La ragazza, per puntiglio e vendetta, accetta la proposta di matrimonio di Roberto: Fabrizio, che pure aveva voluto bene a Fulgenzio, ora che la nipote è fidanzata con un nobile, le proibisce di amarlo e frequentarlo ancora. La giovane acconsente, salvo poi pentirsene amaramente pochi minuti dopo: Fulgenzio infatti ritorna, con buone nuove per lei. Suo fratello è tornato da Genova: Clorinda passa di nuovo sotto la protezione del marito, e il ragazzo ha ottenuto il permesso di sposare la donna che ama. Inoltre Fulgenzio, per far piacere alla ragazza, le promette che non frequenterà mai più Clorinda. Eugenia, disperata, si trova costretta a dirgli che ormai è fidanzata: di fronte ai rimproveri che riceve dall'ex fidanzato, patendo il colpo, sviene. Quando rinviene, la sorella Flaminia le darà una bellissima notizia: ha spiegato la situazione a Roberto e questi, capendo la situazione, ha rotto il fidanzamento con Eugenia. Fabrizio si lascerà convincere dal fatto che Fulgenzio sposerà sua nipote senza chiederne la dote. Subito dopo si celebra il tanto sospirato matrimonio....


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