Gualdo Linguaggi specialistici XXI Secol PDF

Title Gualdo Linguaggi specialistici XXI Secol
Author Ester Esabon
Course LINGUISTICA GENERALE
Institution Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
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materiale didattico di approfondimento...


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Linguaggi specialistici

La definizione di linguaggi specialistici è forse quella oggi più in uso, ma non è certo l’unica e non ancora quella su cui concordano tutti gli studiosi (Gotti 2005, pp. 22-25; un esame delle diverse denominazioni, da lingue speciali a tecnoletti o microlingue, in Cavagnoli 2007, pp. 13-17). Ci sembra tuttavia preferibile per due ordini di ragioni: da un lato, se per lingua intendiamo, tipicamente, il codice comunicativo verbale esclusivo della specie umana, tra i linguaggi possiamo accogliere anche l’espressione di concetti mediante mezzi non verbali: simbolici, come per es. le formule; iconici, come diagrammi e grafici, illustrazioni, animazioni e filmati e così via. In questo modo, in un’ideale rappresentazione del rapporto tra i concetti delle scienze e la loro espressione ‘testuale’ (Gotti 2005, p. 39) possiamo immaginare due filoni: quello verbale, che a sua volta si sfrangia nelle diverse lingue specialistiche (italiana, francese, inglese ecc.) e quello non verbale, nelle sue varie declinazioni; i due filoni comunicativi possono tra loro intrecciarsi creando – soprattutto nella divulgazione – una ridondanza che facilita la comprensione e l’acquisizione dei concetti. Dall’altro, l’aggettivo specialistici permette di fissare subito una linea di confine tra le forme di comunicazione che nascono in ambiti di alta specializzazione (tra specialisti, appunto), e che in quegli ambiti sono usate nella loro interezza, e le forme di comunicazione che, pur essendo dotate di un fondo terminologico specialistico, interagiscono in modo continuo e ineliminabile con la lingua comune e sono dirette a un pubblico largo e indifferenziato; questa interazione porta ad attenuare la complessità dei processi di formazione delle parole, a ridurre il numero complessivo dei termini tecnici e al tempo stesso a rendere meno rigida la connessione tra quei termini e i concetti cui si riferiscono, tendenzialmente biunivoca nei linguaggi più formalizzati. È quello che avviene nei cosiddetti linguaggi settoriali, come per es. il linguaggio politico e quello sportivo (cfr. R.

Tali distinzioni, ovviamente, rispondono sopr tutto a esigenze di praticità: di fatto, tra i linguag specialistici e i linguaggi settoriali, così come tra qu sti e la lingua comune, i confini sono sfumati. Per t motivo, oltre alla nota articolazione in due dime sioni/stratificazioni (orizzontale, che individua sett e sotto-settori disciplinari, e verticale, che disting i diversi livelli nei quali possono essere usati, a secon delle situazioni comunicative e delle tipologie testua cfr. Gotti 2005, p. 21, e Cavagnoli 2007, pp. 65-7 nell’ambito degli stessi linguaggi specialistici è c rente la distinzione tra quelli delle cosiddette scien ‘dure’ (tipicamente, la matematica e la fisica), fond su pochi assiomi, molto coerenti sul piano teoreti bisognose di un ridotto numero di termini specific in grado di pianificare delle procedure – ripetibil dimostrabili – assai più complesse da esporre co mezzi delle lingue naturali; e quelli delle scienze ‘mol costrette a differenziarsi dalla lingua comune per aff mare il loro statuto. Per quanto riguarda le prime sostiene spesso che le loro strutture formali, che co dizionano il modo stesso di ‘pensare’ la realtà e i fen meni (‘evocati’ dalle formulazioni), hanno una fo descrittiva superiore a quella del linguaggio comu (dall’intervento di Carlo Bernardini al convegno int nazionale su Lingua italiana e scienze, Accademia de Crusca, 6-8 febbr. 2003); per quanto riguarda seconde, in genere identificate con le ‘scienze mora o ‘umane’ (diritto, economia ecc.) il rigore termin logico è attenuato dall’importanza dell’uso concr e contingente: è l’uso che una persona fa di un ce termine a determinare il significato che questa p sona gli attribuisce (Gotti 2005, p. 48). Tradizionalmente, gli studiosi si sono rivolti particolar modo al nucleo più caratteristico dei l guaggi specialistici, il lessico e la formazione de parole; la ricerca linguistica dell’inizio del nuovo sec sta valorizzando anche altre peculiarità, come, per e

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come il linguaggio si adegua agli intenti della comunicazione e al rapporto tra emittente e ricevente), producono sui linguaggi specialistici. Tale allargamento di prospettive ha reso correnti le formule di «comunicazione specialistica» (Cavagnoli 2007, p. 17) e di «discorso specialistico» (cfr. Gotti 2005).

Linguaggi specialistici e lingua comune Gian Luigi Beccaria ha osservato acutamente che oggi «tra vocabolario comune e vocabolario tecnicoscientifico si alzano barriere sempre più esili e le scienze immettono con sempre maggiore frequenza neologismi nella lingua corrente» e che se «un tempo la persona di media cultura conosceva poche parole scientifiche, oggi ne conosce un gran numero» (Per difesa e per amore. La lingua italiana oggi, 2006, pp. 55 e 56). La presenza della terminologia specialistica nella lingua comune si avverte soprattutto in quelle discipline o in quei campi del sapere che intrattengono rapporti più intensi con la vita quotidiana. Occasionale, rapido e superficiale è il contatto tra profani e scienze teoriche e sperimentali più o meno ‘dure’, quali la matematica, la fisica delle particelle, la mineralogia, la biologia molecolare; ma analogo discorso vale per quelle scienze umane meno esposte all’attenzione mediatica o all’attrito con la quotidianità, quali la biblioteconomia, la filosofia, la storiografia, la linguistica teorica e applicata. Altre scienze, per es. quelle biomediche, sono notoriamente al primo posto tra gli interessi della collettività; anche il contatto con il linguaggio giuridico, soprattutto nella sua versione burocratica, avviene per necessità, mentre la pervasività delle nuove tecnologie nella vita quotidiana porta grandi masse di parlanti a familiarizzare con le relative terminologie tecniche. Spesso, a far da tramite, sono scritture specialistiche particolari, quali i foglietti illustrativi dei medicinali o i referti degli accertamenti diagnostici; le circolari e i bandi di concorso ovvero le comunicazioni degli enti pubblici e privati con il cittadino; i manuali di istruzioni e d’uso, le etichette. I mezzi di comunicazione di massa agiscono poi da propulsore e da moltiplicatore delle informazioni, funzionando da filtro e da pialla. Con ciò si intende dire che dall’insieme complesso e coerente del lessico specialistico vengono filtrati solo i termini di maggior risonanza occasionale; al tempo stesso, la divulgazione ‘pialla’ i termini smussandone le asperità concettuali (e le ambiguità proprie della speculazione scientifica), proponendoli al pubblico di massa in forme più banali ma più luccicanti, attraenti per il loro prestigio: «Oggi sono i linguaggi specialistici i rappresentanti di una lingua alta, di prestigio, ricca di modelli testuali differenziati e funzionali, che si devono conoscere e saper

eppure immediatamente riconoscibile, in virtù de sue proprietà fonetico-ortografiche (esotismi: mu subprime), formali (morfologia: defibrillatore, carto rizzare «trasformare i crediti di aziende o enti pu blici in titoli che possano essere negoziati sul merca VIT, Vocabolario della lingua italiana Treccani), co testuali (microsintassi: «impostazione di una relazio Bluetooth per file transfer», esempio di costruzio nominale fortemente ellittica, tratto da un testo informatica in Internet). Costituisce, invece, un f tore di dispersione e di appannamento la circolazio della documentazione in rete, che interessa in mo diretto i testi specialistici. Nei tre paragrafi successivi proveremo a forn qualche esempio di come sta evolvendosi il rappo tra i linguaggi specialistici e la lingua comune, fo lizzando l’attenzione sui primi anni del nostro seco e su tre ambiti disciplinari: la medicina, la legge e nuove tecnologie, in particolare l’informatica. Amb non discipline specifiche, in quanto ciascuno di e funziona da catalizzatore di terminologie specialis che di altri domini, che sono attratti nella sua orb pur non entrandovi totalmente: così la medicina, senso ampio, attrae intorno a sé tematiche qual cura del corpo e della mente e quindi lo sport, l’a mentazione e la psicologia; la legge coinvolge l’ sieme dei rapporti tra individui e istituzioni, at rando nel suo ambito discipline quali l’economi l’amministrazione e intrecciandosi con temi di natu etica, ma anche con bisogni immediati dei cittad (burocrazia, difesa dei diritti fondamentali ecc.) nuove tecnologie e i nuovi media formano una gal sia che rappresenta, rispetto alle altre due, l’elemen di maggior novità di questo scorcio di secolo: la ra dità del loro evolversi, la presenza diffusa e palpab fin nei gesti più quotidiani, l’enorme rilievo econ mico che ne accompagna la circolazione ne fanno tramite di vocaboli provenienti sia dall’area spec camente tecnologica (informatica, elettronica, t smissione satellitare ecc.), sia da infiniti altri sett che si servono di strumenti tecnologici per prog dire e consolidarsi. Terremo invece esclusi dall’an lisi, così come dagli esempi, i codici artificiali, pur basati su lingue naturali (come quelli in uso ne comunicazioni aeree o via mare: airspeak e seaspea e i linguaggi di programmazione (FORTRAN-FO mula TRANslator, COBOL-Common Business Ori ted Language-, Java ecc.). Le vie principali per la formazione e il consolid mento dei linguaggi specialistici sono, com’è noto rideterminazione semantica di termini della ling comune (navigare, penna di memoria ecc.), realizz soprattutto attraverso procedimenti metaforici nella quale possiamo far rientrare anche i fenom di conversione grammaticale, cioè di passaggio da u

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net, e cfr. Lanzarone 2007, p. 332; «cavo di collegamento a corto raggio tra PC e [unità] periferiche», esempio tratto da Internet). Il transfert lessicale, ossia il trasferimento di vocaboli ed espressioni da una scienza già consolidata a una scienza o tecnica in via di sviluppo (tali metafore tecniche possono essere d’uso corrente presso gli specialisti o apparire soprattutto nei testi divulgativi). La creazione di neologismi per derivazione o per composizione (si osservi che la percentuale dei composti e la loro lunghezza media sono molto più alte che nella lingua comune, cfr. Gotti 2005, p. 74). La composizione con elementi grecolatini, che combina elementi non liberi, cioè non vitali autonomamente, tratti dalle lingue classiche, ancora molto attiva in quasi tutti i linguaggi specialistici, naturalmente con le debite differenze. L’uso di sigle e acronimi, talora ‘motivati’ cioè esternamente identici a nomi propri o comuni, come ELISA (Enzyme Linked Immunosorbent Assay) o EDIT (Error Deletion by Iterative Transmission). L’accoglimento di forestierismi, in forma integrale o adattata o, ancora, attraverso il calco semantico. Infine, nel lessico dei linguaggi specialistici hanno una parte consistente i cosiddetti tecnicismi collaterali, cioè «particolari espressioni stereotipiche, non necessarie, a rigore, alle esigenze della denotatività scientifica, ma preferite per la loro connotazione tecnica» (un esame dettagliato in Serianni 2005, pp. 12759); in questa categoria possiamo accogliere anche tipi morfologici. Degno di nota è il sintagma ‘nome + prep. a + nome’, per es. «reti a struttura accoppiata», «algoritmi di FFT a decimazione in frequenza», modulo non nuovo, ma in espansione perché adatto a rispondere ai composti nominali molto presenti nell’inglese scientifico; e, allargando un po’ le maglie della definizione, i tratti stilistici tipici di certi generi testuali del discorso specialistico (l’articolo scientifico, la recensione, la nota a sentenza, il referto autoptico, la ricetta, la presentazione di un software) che, pur non rispondendo ad alcuna reale necessità comunicativa, sono altamente formalizzati e si sono consolidati nel tempo, soprattutto nell’uso scritto, così da riprodursi per inerzia nella scrittura degli esperti e da risultare facilmente riconoscibili dall’esterno. Sul piano della sintassi e della testualità, che hanno significative ricadute pragmatiche e comunicative, nei testi specialistici dei primi anni del 21° sec. si confermano alcune tendenze generali, quali quella alla nominalizzazione e al parallelo depotenziamento semantico del verbo, ridotto alle funzioni di ausiliare o di copula (il 44% dei verbi nei testi tecnici contro il 28% nei testi ‘generali’), e all’uso di forme indefinite (participi presenti e passati, gerundi, infiniti, anche allo scopo di eliminare o ridurre i costrutti relativi); alla deagentivizzazione, ossia l’intento – di lontana

queste soluzioni sintattiche, unite a una preferen sempre più spiccata per la coordinazione contro subordinazione, producono effetti di semplificazio e concisione del testo. La nominalizzazione agis anche sulla testualità, poiché conferisce linearità e co sione, e ha interessanti risvolti pragmatici, poic infonde più oggettività alle opinioni dell’autore (Go 2005, p. 39). Tuttavia, se la struttura superficiale periodo si semplifica (anche grazie al ricorso, a p tire da un modello anglosassone favorito dalle mo lità della scrittura elettronica, alla suddivisione testo in blocchi numerati o paragrafi), la nominal zazione e l’ellissi aumentano la complessità conc tuale; così pure, l’alta frequenza di forme indefin (infiniti, participi, gerundi ecc.) accentua i caratt di implicitezza e costringe il ricevente a un notevo sforzo per ricostruire la struttura profonda sogg cente alla frase (Gotti 2005, pp. 83-84).

La medicina Tra i lessici specialistici, quello medico vanta presenza più alta nei dizionari, circa il 5,45% del tot (Serianni 2005, p. 115). Un indice di radicamen nella storia del lessico italiano, ma anche di continu nel tempo che non accenna a rallentare: l’apporto de scienze biomediche alle nuove accessioni dei maggi dizionari dell’uso è secondo, quantitativamente, s a quello della politica. Se ci si sofferma a osserv alcuni vocaboli registrati dalla lessicografia e dai rep tori di neologismi solo dal 2000 in poi (fonti prim rie degli esempi – da qui in avanti – saranno i d maggiori dizionari dell’uso della lingua italiana, V e GRADIT, Grande dizionario italiano dell’uso), risu ancora largamente sfruttato il capiente serbatoio de composizione con elementi greco-latini, quasi se pre poco trasparenti per il parlante comune, ch quando abbia familiarità con le lingue classiche – po al massimo associarli a formati più noti (acroagno «mancata percezione delle sensazioni provenienti un proprio arto e conseguente incapacità di ricon scerne la posizione nello spazio», bigenitalità «l’insiem delle caratteristiche psichiche e fisiche di chi presen ermafroditismo», cistoplegia «paralisi della vescic facosclerosi «sclerosi degenerativa del cristallino») uroperitoneo «presenza di urina nella cavità peri neale» notiamo come, analogamente al già ben ra cato pneumotorace «presenza di gas, per lo più ar nella cavità pleurica» (cfr. l’ottima definizione del p fissoide pneumo-1 in VIT ), il valore del confisso u sia forzato a una semantica più ampia che condizio quella del secondo elemento. Più interessante la crescita di formati ricalcati modelli esogeni, come bondaggio «tecnica per fiss

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dopo un rapporto sessuale a rischio di concepimento» (< fr. contragestif ) o nutraceutico «di sostanza estratta in forma pura da alimenti naturali e associata all’alimentazione in preparati quali pillole, ovuli e sim.» (dall’unione di nutrizione e farmaceutico, sul modello dell’ingl. nutraceutical). Sebbene calmierato dagli organismi di controllo internazionali, è ancora frequente il ricorso a denominazioni eponime, cioè fondate sul nome dello scopritore di una patologia o di una cura. Un settore del lessico medico in forte espansione è quello rappresentato dai tecnicismi collaterali, a conferma di una progressione – accertata anche nelle altre grandi lingue di cultura occidentali – che ha avuto inizio nel 19° sec. e che probabilmente dipende dall’aumento dei testi divulgativi. Nella stratigrafia lessicale il latino è ormai diventato «un relitto inerte [...] che potrebbe persino sfuggire ai medici più giovani che non abbiano studiato la lingua di Cicerone» (Serianni 2005, pp. 171 e sgg.). Molto più evidente è, invece, l’ingresso degli anglicismi, che talora si spingono a scalzare lessemi di altra origine: per es., al francesismo mentoniero «relativo al mento» si accosta, nello stesso significato, l’anglicismo mentale in sintagmi quali spine mentali «piccole apofisi», foro mentale o protuberanza mentale (che Luca Serianni, 2005, p. 180, ritiene inaccettabile per omofonia con il derivato da mente). Oppure vi si aggiungono, formando serie di doppioni lessicali nuove rispetto a quelle già presenti in diacronia (latinismo/grecismo, come tra fegato/epatico ecc.). Il modello dell’inglese intacca anche i formanti: al prefisso latineggiante sessuo- «sessuale» tende a sostituirsi la forma semplificata sesso- (sessodipendente, sessodipendenza, sessomane, sessoterapia ecc.) visibilmente modellata sui composti inglesi con sex. Agli esempi forniti da Serianni (2005, pp. 186-88) ne aggiungiamo qualche altro, con alcune riflessioni di commento: metodiche di imaging (diagnostica per immagini) è confortato dal più recente neuroimaging (tecnica per monitorare il sistema nervoso), che tuttavia ammette anche l’italianizzazione neuroimmagine; ancora nella serie di forme caratterizzate dal suffisso -ing citiamo clapping «sbattimento, sollevamento (del torace)», flushing «diarrea, dolori addominali» (letteralmente «arrossamento»), strapping «fasciatura con bende adesive»; nella ricca serie di sostantivi formati con una preposizione inglese, che sembrano essere particolarmente ostici alla trasposizione in italiano, come follow-up «visita o controllo periodico per seguire il decorso di una malattia e verificare l’efficacia della terapia» (VIT ) o burn-out «tipo di sindrome depressiva», si aggiungono forme ibride (preposizione latina + accorciamento di parola inglese) come pre-op e post-op (pre e postoperatorio). Appare significativo che l’inglese funga da traino anche per formazioni di tipo metaforico, come open window

dentemente per ragioni di prestigio, a equivale altrettanto validi, come nel caso di shunt «raccord (da cui anche il gergale shuntare «fare da raccordo spike «picco» o stroke «ictus». Infine, particolarmen insidiosi per le strutture morfologiche sono gli ang cismi terminanti in vocale, come, per es., bite (app recchio per l’allineamento dei denti formato da s tili mascherine di resina trasparente; letteralmen «morso», da pronunciarsi /bajt/). Sul piano della sintassi, oltre a tratti già not comuni ad altri linguaggi specialistici, quali la nom nalizzazione e la deagentivizzazione, sono signifi tive alcune tendenze, che esemplifichiamo da re referti diagnostici: la soppressione dell’articolo ind terminativo («presenza di # prolungato segmento int calare interposto fra l’apice bulbare ed il ginocch duodenale superiore»), la preferenza per forme verbo non pronominali (originare piuttosto che ori narsi), la scelta di nessi preposizionali diversi da que in uso nella lingua comune, l’uso di non + sostant per indicare l’assenza del relativo fenomeno o pa logia («non alterazioni parietali organiche», dove man un elemento che svolga la funzione predicativa, co richiesto dalla norma). Riguarda il settore della test lità, e deriva dal modello inglese, la violazione de norma secondo la quale il soggetto rematico è posp sto al predicato, violazione assai frequente nei foglie illustrativi presenti nelle confezioni dei medicinali: seguenti effetti indesiderati sono stati...


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