Guittone d\'Arezzo varie analisi PDF

Title Guittone d\'Arezzo varie analisi
Author Silvia Sanna
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Padova
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Varie analisi relative all'autore guittone d'arezzo...


Description

Guittone d’Arezz o d’Arezzo Guittone d’Arezzo fu il più celebre poeta toscano prima della venuta di Dante Alighieri; la sua presenza è attestata nel Canzoniere ex Palatino, nel Vaticano Latino, nel Laurenziano (in cui è addirittura presente un focus nei suoi confronti), non è presente solo nel canzoniere Chigiano, ma per il semplice fatto che tale codice fotografava già l’esperienza letteraria dello Stilnovismo, del nuovo modo di fare poetica. Scendendo nel dettaglio biografico egli nacque da una famiglia dell’alta borghesia di Arezzo, di qui è possibile notare come il fare letteratura fosse privilegio delle classi più abbienti. Il punto di svolta che segnò profondamente la sua vita fu il momento della sua conversione , avvenuta nel 1265, la quale comportò uno spartiacque a livello della sua produzione letteraria: egli si fece frate ed entrò a far parte dei Gaudenti, un ordine denominato anche “I cavalieri di Maria”, composto da frati di origine nobile e molto spesso attivi politicamente. Guittone tratta temi di natura prettamente morale, politica e religiosa; i primi due non erano trattati, o per lo meno, non in maniera estesa dai poeti della Scuola Siciliana, in quanto si trattava di tematiche strettamente relegate al latino, e oltretutto trattare di argomenti politici in una corte poteva essere fruttuoso solo nella misura in cui nelle proprie opere si dimostrava piena adesione al programma politico-culturale in questo caso dell’imperatore. Per quanto concerne lo stile di Guittone, si parla in termini di trobar clus clus, ovvero di uno stile alquanto oscuro; egli si rifaceva infatti ai poeti occitani più oscuri, come ad esempio Bernart de Ventadorn, per citarne uno. Egli inoltre rivestì un ruolo di rilevante importanza relativamente ai risvolti e allo sviluppo della tradizione letteraria a lui successiva: basti pensare al fatto che Guinizzelli, che Dante considerava come suo maestro sotto un’ottica letteraria, a sua volta considerava proprio Guittone come proprio padre letterario, chiamandolo con questo stesso appellativo in uno dei suoi sonetti rivolti alla sua persona (“o caro padre meo, de vostra laude”). Tra i seguaci di Guittone sono presenti alcune delle voci letterarie più importanti della seconda metà del 1200, per esempio nel canzoniere Laurenziano ritroviamo i nomi di Chiaro Davanzati e di Monte Andrea, i quali però non vengono mai nominati da Dante; da parte di quest’ultimo vi era stata damnatio memoriae nei loro confronti: Dante riteneva Guittone una sorta di damnatio

d’Arezzo e la sua scuola come ormai superati. Nel De Vulgari Eloquentia, quando si ritrova a parlare di Guittone, afferma che egli non diede mai prova di un volgare degno della corte; sostanzialmente lo accusò del fatto che la sua lingua non fosse sufficientemente raffinata ed elegante.

L’importanza della conversione L’evento della conversione è di estrema importanza in quanto segna uno spartiacque a livello della poetica di Guittone; infatti, come ci viene tramandato dal codice Laurenziano, il suo percorso letterario si divide in due fasi: da una parte abbiamo i testi di Guittone, e dall’altra i componimenti di frate Guittone. Egli a inizio carriera abbracciò i canoni dell’amore provenzale promosso dai trovatori, ma una volta entrato a far parte dell’ordine dei Gaudenti, dovette abbandonare la tastiera letteraria relativa all’amore adulterino e alla passione amoroso, e concentrarsi dunque più su testi di natura religiosa e morale.

“gioi”, gioivaa cosa” “Tuttor ch’eo dirò “gi oi”, gioiv Tuttor ch’eo dirò gioi, gioiva cosa, intenderete che di voi favello, che gioia sete di beltá gioiosa e gioia di piacer gioioso e bello: e gioia in cui gioioso avenir posa, gioi d’adornezze e gioi di cor asnello; gioia in cui viso è gioi tant’amorosa ched è gioiosa gioi mirare in ello. Gioi di volere e gioi di pensamento e gioi di dire e gioi di far gioioso e gioi d’onni gioioso movimento. Per ch’eo, gioiosa gioi, sí disioso di voi mi trovo, che mai gioi non sento se ’n vostra gioi il meo cor non riposo.

PARAFRASI Ogni qualvolta dirò gioia, o cosa gioiosa, Capirete che parlo di voi, Che siete gioia di bellezza gioiosa E gioia nata da piacere gioioso e bello, Gioia su cui si fonda un avvenire gioioso, Gioia delle vostre grazie e gioia del vostro corpo snello,

La gioia che io contemplo è una gioia tanto piena d’amore, Che contemplarla è una gioia gioiosa. Gioia di volere e gioia di pensare Gioia di dire e gioia di fare gioioso Gioia di ogni gioioso movimento: Per cui io, gioiosa gioia, mi trovo così desideroso Di voi, che non sento mai gioia, Se nella vostra gioia non placo il mio cuore. ANALISI Tale sonetto è costruito sulla base dell’arte della replicatio, ovvero sulla insistente ripetizione, in questo caso, della parola “gioia”: vi è quasi un’ossessiva insistenza su tutta la costellazione semantica relativa proprio al termine “gioia”. Chiaramente è un componimento scritto dal Guittone preconversione, in quanto è per intero un inno alla donna amata; “gioia” è proprio il senhal, il nome in codice con cui l’autore si riferisce all’amata, in maniera tale da proteggere la rispettabilità e l’onore di quest’ultima. Vi sono chiari riferimenti alla passione carnale, in modo particolare ritroviamo l’uso del gallicismo “cor” al verso 6, che parafrasato non sta per “cuore”, ma per “corpo”; mentre il Guittone frate non potrà mai più avvicinarsi a un uso del linguaggio così vicino alla sfera carnale.

Una volta convertito, abbandonerà la tastiera amorosa per concentrarsi su tematiche di natura politica, religiosa e morale. Lascerà da parte dunque l’amor cortese, per trattare altri temi, che in realtà venivano già trattati nella prima fase, in particolare ricordiamo una canzone, ovvero “Ahi lasso, or è stagione de doler tanto”. Quest’ultima si incentra su un evento storico molto importante, ovvero la battaglia di Montaperti (1260), scontro tra le due fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini; in Guittone la scelta di un focus su tale evento storico diviene in realtà pretesto per una riflessione di carattere estremamente morale.

La canzone che invece segna lo spartiacque tra il primo Guittone e il Guittone frate è “ora parrà s’eo saverò cantare”, la quale segna definitivamente il passaggio ad una nuova poetica, lontana dalla stretta di Amore.

“Ora parrà s’eo saverò cantare” (vv.1-30) Ora parrá s’eo saverò cantare e s’eo varrò quanto valer giá soglio, poiché del tutto Amor fuggo e disvoglio, e piú che cosa mai forte mi spare! Ch’ad om tenuto saggio odo contare che trovare — non sa, né valer punto, omo d’Amor non punto; ma ch’è digiunto — da veritá mi pare, se lo pensare — a lo parlare — assembra; ché ’n tutte parte, ove distringe Amore, regge follore — in loco di savere. Donqua como valere po, né piacere — di guisa alcuna fiore, poi dal fattore — d’ogne valore — dissembra, ed al contraro d’ogne manera sembra? Ma chi cantare vole e valer bene, in suo legno nochier diritto pone, ed orrato saver mette al timone, Dio fa sua stella e ver lausor sua spene; ché grande onor né gran ben non è stato conquistato, — carnal voglia seguendo, ma promente valendo, ed astenendo — a vizi ed a peccato; unde ’l sennato — apparecchiato — ognora de core tutto e di poder dea stare ad avanzare — lo suo stato ad onore, no schifando labore; ché giá riccore — non dona altrui posare, ma ’l fa alungiare; — e ben pugnare — onora: ma tuttavia lo ’ntenda altri a misura

PARAFRASI Ora sarà manifesto se io saprò cantare, E se io varrò quanto solevo valere una volta, Poiché fuggo e ripudio amore completamente, Che mi riesce odioso più di ogni altra cosa!

Infatti sento dire da un uomo ritenuto saggio Che chi non è punto da Amore, Non può saper comporre canzoni, né vale nulla; Però costui mi sembra lontano dal vero, Se i suoi pensieri concordano con quanto dice; Poiché ovunque sia Amore, Regna la follia anziché la saggezza. Dunque come può valere O piacere in qualsivoglia modo, Ciò che diverge dal Creatore di ogni valore, E somiglia in tutto e per tutto al suo contrario (quindi al demonio)? Ma chi vuole ben cantare e ben valere, Porrà come nocchiero della sua nave la rettitudine, E metterà al timone l’onorata sapienza, La sua stella polare sarà Dio e nella lode veritiera riporrà la sua speranza; Infatti nessuno si è mai conquistato grande onore o gran bene Seguendo i desideri carnali, Ma con il prode valore, E astenendosi dai vizi e dal peccato; Quindi l’assennato deve stare sempre pronto Con tutto il suo cuore e potere Ad avanzare il suo stato ad onore, Non schifando il lavoro; Infatti la ricchezza non dà a chi la possiede riposo, Ma lo allontana da esso, e lo fa essere continuamente in attività: Tuttavia si intenda ciò con misura.

ANALISI Il componimento segna lo spartiacque definitivo tra il Guittone preconversione e il Guittone ormai frate, infatti la canzone è riconducibile ormai alla fase in cui Guittone aveva decisamente abbandonato la tastiera amorosa per rivolgere la propria attenzione invece verso sentieri letterari più vicini alla sfera moraleggiante, ma anche politica e ovviamente religiosa. Tutta la prima stanza potremmo dire che ruoti attorno al comprovare, al dimostrare come un determinato concetto letterario sia in realtà lontano dalla verità: egli infatti cerca di indebolire e confutare la teoria di Bernart de Ventadorn (a cui nella prima fase si ispirava per quanto riguarda il trobar clus) secondo cui solo chi è punto da amore può essere in grado di comporre eloquentemente e in maniera valida (“che trovare – non sa, né valer punto, omo d’Amor non punto” vv.6-7). Già dai primi versi pertanto possiamo notare come ruoti tutto intorno alla questione sollevata da tale concetto, tant’è vero che proprio nei primi due versi Guittone afferma “Ora parrà s’eo saverò cantare e s’eo varrò quanto valer già soglio”, ovvero afferma che attraverso queste rime il dubbio stesso verrà risolto: se lui saprà o meno comporre con la stessa eloquenza di una volta, nonostante non sia più “punto da Amore” e sia dunque lontano dalla passio carnale. Dal verso 10 in poi si impegna a dimostrare come in realtà tale passio sia più vicina al demonio che non al Creatore di ogni valore, pertanto una poesia focalizzata sulla tematica amorosa andrebbe totalmente contro il cammino per la retta via. Infatti sostiene che “ove distringe Amore” (v.10, sta citando Giacomo da Lentini), ovvero dove vi è Amore, regna la follia, anziché la saggezza, la sapienza. Tale affermazione ci permette di mettere in chiaro quale sia la nuova coscienza nata in seno alla conversione, si tratta di una visione totalmente lontana dall’oggetto di contemplazione della poesia trobadorica e si trova invece sempre più vicina ad essere una forma di prova dell’amore divino. La coscienza pocanzi menzionata potrebbe riassumersi, in termini contrastivi, nel “ma” di apertura alla seconda stanza; “riassumersi” non in senso stretto, ma lato sensu l’uso di tale congiunzione ci permette di evidenziare l’inconciliabilità della nuova visione guittoniana con la tesi di Ventadorn, ma in linea più generale con la poetica relativa all’amore cortese. La nuova via viene subito estrinsecata tramite immagini metaforiche; Guittone crea una propria tesi in antitesi con quella del provenzale: “ma chi cantare vole e valer bene” (v.16), ovvero egli introduce nuove soluzioni per come far sì che un poeta canti “bene”; colui che ha intenzione di fare ciò deve necessariamente porre come nocchiero della propria nave la rettitudine e

mettere al timone la sapienza, immagini che se vengono estrapolate dal loro mero senso metaforico possono essere tradotte semplicemente con il fatto che la retta via è ciò che permette a un autore di poetare con eloquenza. Potremmo dire che le parole chiave del componimento siano la saggezza e la rettitudine, insieme però anche a Dio, che fa da stella polare, rappresenta la guida. Scendendo ancor più nel dettaglio, potremmo vedere contrapposti Dio da una parte, e dall’altra Amore come incarnazione del demonio, o per lo meno come ciò che gli somiglia in tutto e per tutto (“ed al contrario d’ogne manera sembra” v.15)....


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