I conti con la storia. Manfredo Tafuri sul concorso per la Camera dei Deputati a Roma PDF

Title I conti con la storia. Manfredo Tafuri sul concorso per la Camera dei Deputati a Roma
Author Manuela Raitano
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DiAP PRINT / TEORIE 18 Lo storico scellerato Scritti su Manfredo Tafuri a cura di Orazio Carpenzano con Marco Pietrosanto Donatella Scatena Quodlibet DiAP Dipartimento di Architettura e © 2019 Progetto Quodlibet srl Direttore Orazio Carpenzano via Giuseppe e Bartolomeo Mozzi, 23 Macerata Sapienza U...


Description

DiAP PRINT / TEORIE

18

Lo storico scellerato Scritti su Manfredo Tafuri a cura di Orazio Carpenzano con Marco Pietrosanto Donatella Scatena

Quodlibet

DiAP Dipartimento di Architettura e Progetto Direttore Orazio Carpenzano Sapienza Università di Roma

© 2019 Quodlibet srl via Giuseppe e Bartolomeo Mozzi, 23 Macerata www.quodlibet.it PRIMA EDIZIONE

/ TEORIE Collana a cura del Gruppo Comunicazione del DiAP Coordinatore Cristina Imbroglini

D iAP PRINT

marzo 2019 ISBN

978-88-229-0225-2 COPERTINA

COMITATO SCIENTIFICO

Carmen Andriani Roberta Amirante Jordi Bellmunt Renato Bocchi Giovanni Corbellini Giovanni Durbiano Carlo Gasparrini Sara Marini Luca Molinari Alessandra Muntoni Franco Purini Joseph Rykwert Andrea Sciascia Zeila Tesoriere Ilaria Valente Herman van Bergeijk Franco Zagari Ogni volume della collana è sottoposto alla revisione di referees esterni al Dipartimento di Architettura e Progetto scelti tra i componenti del Comitato Scientifico.

Manfredo Tafuri fotografato dalla moglie alla Biblioteca della Facoltà di Storia a Cambridge, 1969. STAMPA

Industria grafica Bieffe, Recanati COURTESY

Vieri Quilici, p. 98 Giusi Maria Letizia Rapisarda, copertina, pp. 12, 23, 32, 36, 54, 118, 132, 138

Indice

9 11

Nota introduttiva Lo storico scellerato Orazio Carpenzano

21

L’uomo, l’intellettuale, l’accademico Giusi Maria Letizia Rapisarda

Letture e testimonianze Il senso di un progetto storico 37

Manfredo Tafuri Paolo Portoghesi

45

Un’amicizia asimmetrica Franco Purini

55

Il più attivo, il più esposto, il più agguerrito Colloquio con Giorgio Piccinato

67

L’architetto e la memoria. Un frammento su Manfredo Tafuri giovane Lucio Valerio Barbera

83

Architettura e metropoli, le seduzioni della critica Alessandra Muntoni

INDICE

99

L’architettura militante Colloquio con Vieri Quilici

107

Austromarxismo e città: dalla “gaia apocalisse” a Vienna Rossa Alfredo Passeri

119

Agli albori delle convenzioni Valerio Paolo Mosco

127

Boschi fatati Cherubino Gambardella

133

La distanza critica dal contemporaneo Colloquio con Antonino Saggio

139

Manfredo Tafuri: from Criticism to History. Breaking the Solid Mandala Herman van Bergeijk

Il giovane Tafuri Sintesi di una ricerca più ampia 149

Manfredo Tafuri, Ludovico Quaroni e Bruno Zevi. Anatomia di una microstoria in margine al verbale di un Consiglio di Facoltà Piero Ostilio Rossi

169

Gli anni della formazione Colloquio con Enrico Fattinnanzi

183

Gli esordi romani di Manfredo Tafuri. Dalla didattica del progetto a un diverso approccio alla Storia dell’architettura Antonio Riondino

6

INDICE

197

Prima che tutto cominciasse Colloquio con Gianni Accasto

211

Progetto e critica della città. I primi anni di attività di Manfredo Tafuri 1959-1968 Federico Rosa

221

L’anticamera tafuriana. Riflessioni sul metodo e sulla città territorio Luca Porqueddu

Frammenti di una ricerca trasversale 235

Il confronto con la scuola di Warburg. Per cambiare l’idea di Rinascimento come età dell’oro Andri Gerber

245

Manfredo Tafuri e la sostenibile debolezza di via Giulia Luca Montuori

257

I conti con la storia. Manfredo Tafuri sul Concorso per i nuovi uffici della Camera dei Deputati a Roma Manuela Raitano

271

Tafuri vs Sacripanti, o della questione ideologica in architettura Alfonso Giancotti

281

Il “progetto” storico oltre confine. Manfredo Tafuri negli Stati Uniti Anna Giovannelli

291

Il disinganno. Manfredo Tafuri e il lavoro immateriale Lina Malfona

7

INDICE

299

Manfredo Tafuri legge Giovan Battista Piranesi Angela Raffaella Bruni

313

Rossi attraverso Tafuri: “Cose che sono solo sé stesse” Cinzia Capalbo

323

Storia e Progetto allo specchio. Il desengaño rossiano negli occhi di Manfredo Tafuri Rocco Murro

335

L’elaborazione della crisi, da “Contropiano” alla Sfera e il labirinto Marco Pietrosanto

349

La de-strutturazione dell’ideologia architettonica. Gli anni di “Contropiano” Donatella Scatena

Documenti 366

La Facoltà di Architettura di Roma nel 1963 Foto di Gabriele Milelli

372

Documenti e foto della mostra Vienna Rossa Foto di Alfredo Passeri

378

Manfredo Tafuri progettista. Attività di sperimentazione progettuale. 1961-1963

402

Attività didattica di Manfredo Tafuri. 1961-1994

408

Manfredo Tafuri. Studi, incontri, opere. 1935-1994

419

Indice dei nomi

8

I conti con la storia. Manfredo Tafuri sul Concorso per i nuovi uffici della Camera dei Deputati a Roma Manuela Raitano

“Allora, dal punto di vista soggettivo io ho risolto il mio destino futuro in una notte – questo mi capita spesso, anche in altri settori –, una notte tragica, in cui sono stato malissimo, perché dovevo decidere. Proprio ricordo sudavo, camminavo, stavo male, avevo la febbre. Alla fine, la mattina, ho deciso e basta: butto qualsiasi compasso eccetera, io adesso mi dedico unicamente alla storia. Quale tipo di storia non lo so…”. Così Tafuri, in una lunga intervista concessa a Luisa Passerini1, ricordava la fatica fisica compiuta nell’allontanarsi dalla pratica della progettazione architettonica. Una fatica che lascia intendere che la scelta di campo per la storia non fu una vocazione; fu, al contrario, il frutto di una scelta consapevole ma difficile a compiersi. Nell’intervista succitata descrive molto bene la condizione di ambiguità derivante dal trovarsi sospeso tra due identità – quella di storico e quella di architetto operante – e fissa egli stesso la data del suo “passaggio alla storia” al 1964, anno in cui si allontana dal collettivo romano aua2 e pubbli1 L’intervista risale al 1993 ma è stata pubblicata soltanto postuma, sette anni più tardi, nel numero di “any” dedicato a Manfredo Tafuri. Riferimenti bibliografici: L. Passerini, History as a Project, An interview with Manfredo Tafuri, in I. de Solà-Morales, C. Davidson (a cura di), Being Manfredo Tafuri: Wickedness, Anxiety, Disenchantment, “any”, 25-26, 2000. Una disamina critica di questa intervista si trova anche in T.R. Hoekstra, Building versus Bildung. Manfredo Tafuri and the construction of a historical discipline, Ph.D. dissertation, Groningen 2005. 2 Erano, quelli, gli anni in cui l’impegno intellettuale e le prese di posizione culturali maturavano già sui banchi della scuola. Si studiava e si continuava insieme l’avventura della professione e spesso ciò avveniva senza traumi, dato il diverso contesto storico e la relativa facilità di allora a entrare nel mondo del lavoro. grau, Metamorph, Labirinto nascono così, da cellule-base di studenti che si mettevano stabilmente insieme per affrontare gli esami cosiddetti di gruppo. Anche l’asea

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ca la sua monografia su Quaroni; ciò nonostante, seppure in modo più sfumato, riteniamo che tale condizione di sospensione tra progetto e scrittura dovette durare oltre e in tutto non fu breve, se consideriamo il tempo intercorso tra la sua laurea (1960) e la sua chiamata a Venezia come Direttore dell’Istituto di Storia (1968). Evento, quest’ultimo, che segnala la vera, definitiva accettazione da parte di Tafuri della dimensione teoricocritica quale finestra letteraria entro la quale esperire il fenomeno architettura; solo da quel momento, infatti, si può dire che egli abbandoni del tutto la dimensione operativa del progetto, cui pure era rimasto contiguo fino al ’67, se non nella pratica professionale almeno nella prassi accademica: basti considerare i moduli di Storia da lui tenuti all’interno dei corsi di Progettazione di Quaroni (anni 1964-65), o l’insegnamento di Restauro a Palermo, che ricoprì nel biennio 1966-673. Ora, la prolungata militanza di Tafuri in territori liminari al progetto di architettura4 è senza dubbio un dato importante per spiegare il particolare registro del testo che qui trattiamo: un testo operativo, di attualità. Il Tafuri architetto, infatti, non è mai messo a tacere del tutto dal Tafuri storico e, anzi, la sua voce militante costituirà il tratto distintivo del suo personalissimo modo di presentare i fatti storici attraverso un progetto narrativo che è vera e propria costruzione (o, secondo molti, distruzione) di una certa visione dell’architettura e della società. Tafuri ha buttato (Associazione Studenti e Architetti) segue lo stesso percorso, trasformandosi poi in aua (Associazione Architetti e Urbanisti): tra i suoi fondatori vi erano, in rigoroso ordine alfabetico, Lucio Barbera, Luigi Piccinato, Vieri Quilici, Bernardo Rossi Doria e lo stesso Manfredo Tafuri. Cfr. Louis Kahn e gli architetti della Scuola di Roma. Considerazioni e memorie di Lucio Valerio Barbera, in E. Barizza, M. Falsetti, Roma e l’eredità di Louis Kahn, FrancoAngeli, Milano 2014. 3 Dopo la chiamata di Tafuri allo iuav la sua cattedra palermitana andò a Roberto Calandra. Tafuri fu il primo docente di ruolo a ricoprire a Palermo questa cattedra, dopo una successione di docenti segnalati direttamente dalle Soprintendenze. Si noti che anche Carlo Aymonino, proveniente da Roma, prima di approdare allo iuav compie un “passaggio” palermitano; di queste staffette PalermoRoma-Venezia, Samonà fu il propiziatore. 4 Non si dimentichino, sempre in campo accademico, negli anni precedenti il 1964, le esperienze di assistentato nei corsi progettuali di Aymonino (1961-62) e di Libera (1962-63), così come la libera docenza in Urbanistica, ottenuta a Roma nel 1964. 258

I CONTI CON LA STORIA

via il compasso, insomma, ma non ha rinunciato a proporre una sua idea di architettura e se ciò non è avvenuto con la stessa dichiarata partigianeria di Zevi è stato solo per una questione di stile o, se si vuole, di scaltrezza. Nei fatti, almeno fino alla seconda metà degli anni ’80, quando effettivamente lascerà prevalere la dimensione storico-documentale sulla dimensione del critico militante, Tafuri sarà attivamente impegnato in un discorso sull’attualità che contribuirà a rafforzare, nel nostro Paese, una narrazione critica dominante, organica a una proposta di architettura che rivendicava la supremazia del legame società/ cultura sulla forma e che muoveva i primi passi sulle pagine della “Casabella-Continuità” rogersiana; una proposta di architettura il cui enunciato, in linea genealogica, precede i suoi primi lavori e va fatto risalire al manifesto per un’architettura “realista” del gruppo cosiddetto dei giovani delle colonne (1955), in cui militavano, tra gli altri, Rossi e Canella5. Questo lungo preambolo per ricordare a chi legge che Tafuri era un uomo intrinsecamente politico. E non ci riferiamo qui solo alla sua militanza nel Partito Comunista6, quanto piuttosto a quella particolare attitudine che rende gli atti di un uomo comunque orientati, quali che essi siano, ad agire e a influire nella società a lui contemporanea7. Tafuri non scrive mai per 5 Con giovani delle colonne si indica un gruppo autocostituitosi in occasione di un dibattito svoltosi nella sede msa nel giugno ’55 e pubblicato appena un mese più tardi su “Casabella” (206). Del gruppo facevano parte Canella (che ne era il portavoce), Achilli, Brigidini, Drugman, Marcialis, Rossi e Tintori. Il gruppo affermava la necessità di un ritorno a una pratica “realista” dell’architettura che non si basasse però su un’esaltazione dei vernacoli architettonici, ma su una comprensione profonda delle tradizioni colte dell’800 illuminista: “Si è resa quindi necessaria, per gli architetti realisti, la presa di coscienza dell’esistenza, in seno alla tradizione, di modelli che già si siano dimostrati capaci di interpretare le società che li esprimevano […]. Si conferma in questa direzione la nostra disponibilità per un’architettura nuova, realista. Tradizionalmente nuova e realista”. 6 Tafuri si iscrive al pci dopo i fatti del 1968, dopo aver militato nel psi di Nenni e dopo il passaggio al psiup (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria). Cfr. Louis Kahn e gli architetti della Scuola di Roma, cit. 7 A conferma di ciò, sta il testo che Marco Biraghi ha scritto per decrittare la “costruzione storica” della vicenda architettonica contemporanea di Manfredo Tafuri. “Perché costruzione anziché ‘ricostruzione’? – si chiede l’autore – perché, come scrive Nietzsche ‘il responso del passato è sempre un responso oracolare: solo come architetti del futuro, come sapienti del presente, voi lo capirete’”, M.

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L. Quaroni, Schizzo per il Concorso per i nuovi uffici della Camera dei Deputati, 19661967.

mera esigenza documentaria: anche quando osserva il ’500 lo studia per la necessità di dire del presente e, almeno fino alla metà degli anni ’70, per la necessità di suggerire una possibilità agli architetti del presente. E difatti, a dispetto del carattere nichilista di alcune delle sue costruzioni teoriche più note – Progetto e utopia (1973) tra tutte –, l’influenza che il suo modo di guardare l’architettura ha avuto su numerose generazioni di architetti italiani è stata tale che oggi possiamo affermare che egli sia stato l’“architetto-costruttore” (e usiamo a ragion veduta questo termine) più influente del secondo ’900 italiano; più di Rossi, più di Grassi, forse anche più di Moretti, da lui sottostimato e per lontananza politica e per differente orizzonte culturale. Era, Tafuri, un uomo capace di rendere l’agire speculativo intrinsecamente militante, un uomo che vedeva nella storia il filtro attraverso cui rivolgersi al suo tempo, perché il suo tempo era il suo interlocutore e il suo antagonista. Solo se teniamo presente quest’aspetto, che ci restituisce la portata operativa del suo lavoro teorico, possiamo capire il perché di un libro atipico, di un’anomalia all’interno del corpus tafuriano qual è Il Concorso per i nuovi uffici della Camera dei Deputati. Un bilancio dell’architettura italiana. Il testo è breve ma densissimo, e viene pubblicato nel 1968, a un anno di distanza dalla data di consegna dei progetti partecipanti allo sfortunato concorso per l’ampliamento del Palazzo di Montecitorio8. Si noti: nello stesso anno in cui Tafuri diventa direttore dell’Istituto di Storia dello iuav, egli scrive il suo libro Biraghi, Progetto di crisi. Manfredo Tafuri e l’architettura contemporanea (2005), Marinotti, Milano 2005, p. 14. 8 La data di consegna degli elaborati, due volte posticipata (la prima a causa dell’emergenza dovuta all’alluvione fiorentina, la seconda a causa delle polemiche sollevate da Italia Nostra), fu infine fissata al 31 gennaio 1967. Il bando di concorso prevedeva di realizzare un ampliamento del palazzo di Montecitorio adiacente all’ala basiliana, sull’area delimitata da via della Missione, piazza del Parlamento, via di Campo Marzio, di proprietà dell’Amministrazione e di terzi. Il complesso era destinato ad integrare la dotazione degli spazi al momento a disposizione della Camera dei Deputati e doveva collegarsi all’espansione basiliana di Palazzo di Montecitorio mediante passaggi sotterranei ed un passaggio aereo, da collocarsi su via della Missione, all’altezza del civico n. 8. 260

I CONTI CON LA STORIA

di maggiore attualità, che trova le sue premesse nelle vicende di un concorso di progettazione svoltosi a Roma, per il centro storico, nel biennio 1966-67. Quando cioè Tafuri, ricoprendo la cattedra di Restauro dei Monumenti a Palermo, è forse indirizzato maggiormente alla riflessione progettuale sul rapporto antico/nuovo e città/monumento. Il suo è, innanzitutto, un libro schierato. È un contributo critico con il quale egli entra a gamba tesa nel dibattito architettonico a lui contemporaneo, trasformando un’occasione contingente nel pretesto per ampliare il discorso all’intera architettura italiana in tema di rapporto con l’antico. Il libro è, quindi, una sorta di colpo di fioretto, un autorevole j’accuse rivolto all’inadeguatezza dei vari attori presenti in scena: i redattori del bando di concorso, autori di un pacchetto di richieste sovradimensionato9; i membri della giuria, che non designano il vincitore10; alcuni tra gli architetti partecipanti, inadatti di fronte all’ar9 Il dato sicuramente più discusso fu la richiesta di realizzare nell’area un parcheggio interrato per circa 800 veicoli. Le perplessità sollevate dal bando furono tali che Insolera decise di partecipare con una proposta polemica, in cui edificava nell’area solo un piccolo centro servizi e dislocava gli uffici nell’intero settore di Campo Marzio. Cosa poi verificatasi davvero in seguito alla mancata realizzazione dell’ampliamento, con le esiziali ricadute sull’aumento di spesa pubblica dovuto all’innalzarsi del valore commerciale delle aree prese in locazione dall’Istituzione. 10 Dai documenti consultabili presso l’Archivio Storico della Camera dei Deputati risulta che la giuria aveva stilato comunque una graduatoria finale che vedeva vincitore il progetto del gruppo Vaccaro-Vitellozzi-Valle con 30 punti, secondo il progetto di Muzio con 25 punti e terzi a pari merito i progetti di Aymonino, Portoghesi, Passarelli e Lemme con 20 punti.

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duo compito di progettare nel cuore della Roma monumentale. Inadatti, in breve, a fare i conti con la storia. Il libro, inoltre, nasce sotto l’impeto dell’urgenza, poiché solo l’urgenza può spiegare, per esempio, la stringatezza del primo capitolo, quello che introduce la ricostruzione delle vicende storiche del Palazzo del Parlamento e dell’area di concorso: un capitolo non privo di palesi omissioni che derivano certamente dai tempi stretti del discorso di attualità, tempi che impediscono allo studioso il lento passaggio attraverso la ricerca della documentazione di archivio11. Lo storico, qui, ha bisogno di dire la sua in un dibattito e di dirla subito, quando ancora l’eco delle vicende concorsuali non si sia spenta del tutto. Il che conferma, se ancora ve ne fosse bisogno, che qui Tafuri abita in quella terra di mezzo che avvicina lo storico al progettista, terra in cui molti di noi abitano nel momento attuale, non trovando naturale sfogo nel progetto di architettura. Partiamo dunque dal sottotitolo: un bilancio dell’architettura italiana. Non si hanno più casi da allora di lavori monografici di questo taglio: oggi si preferisce la più asettica (forse inutile!) presentazione dei risultati di concorso in forma di catalogo. Ma Tafuri sa che un concorso di progettazione dà sempre lo spunto per trarre un bilancio di valore, per mettere un “punto e a capo per l’architettura”. Per questo motivo, come guidato da una particolare intuizione profetica, apre il suo scritto con queste parole: “Quando qualcuno, in un prossimo o lontano futuro, traccerà la storia dei concorsi di architettura italiani, dal ’45 in poi, non avrà, crediamo, molte difficoltà a leggervi una vicenda costante, caratterizzata dal naufragio delle proposte culturalmente preminenti, da risultati che vedono accomunate nei carrozzoni dei premi ex-aequo le più distanti soluzioni, e dallo sfociare, il più delle volte, in un nulla di fatto finale”12. 11 Manca nel testo di Tafuri un riferimento alla sala progettata dall’ing. Comotto, precedente all’attuale aula parlamentare, così come mancano riferimenti ai precedenti progetti elaborati sull’area del concorso e alle precedenti parziali edificazioni della stessa, sempre a servizio della Camera. 12 M. Tafuri, Il concorso ...


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