I contratti aleatori - ALEA PDF

Title I contratti aleatori - ALEA
Author Tina Iovine
Course Diritto civile
Institution Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
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ALEA ...


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I contratti aleatori I contratti aleatori, ad esclusione del contratto di assicurazione, non ricoprono grande importanza pratica. Il contratto è aleatorio, secondo la definizione corrente, quando il valore concreto della prestazione e della controprestazione dipendono da un fattore d’incertezza che può volgere il vantaggio di un contratto verso una sola delle parti. Siamo quindi, in via generale ed astratta, nell’ambito delle categorie dei contratti commutativi, ovvero con prestazioni corrispettive in cui le parti sono a conoscenza sin da subito qual è l’assunzione del rischio, perciò quali saranno le posizioni di vantaggio e conseguente svantaggio; tuttavia tale categoria fa eccezione, poiché come detto, il valore concreto della prestazione e della controprestazione è influenzato dall’alea, la quale comporta un rischio. Trattasi di evento non dedotto in contratto, altrimenti si parlerebbe di condizione. Il tessuto normativo degli artt. 1467, 1468 e 1469 c.c. fissa questi principi: innanzitutto, che le vicende economiche successive di rapporti contrattuali già esauriti non hanno in genere nessun rilievo giuridico; poi, che nei contratti ad efficacia differita può venire in considerazione il rischio economico generale sulle prestazioni sia come rischio economico specifico che come rischio giuridico. In altri termini, si pone la distinzione fra rischio economico che incide sul valore delle prestazioni e alea negoziale che riguarda i contratti aleatori; il rischio economico rileva attraverso la risoluzione quando consegua da eventi straordinari ed imprevedibili ed ecceda un ambito di normalità; quando, invece, l’aggravamento dipende da un’alea giuridica, la risoluzione non è concessa. L’alea giuridica dunque, riguarda l’esistenza stessa oppure la determinazione della prestazione. L’effetto deriva da un «avvenimento», dice l’art. 1467 c.c., e cioè da un evento esterno non governabile dalla volontà delle parti e che sia «straordinario ed imprevedibile». L’avvenimento – evento esterno – deve però considerarsi fatto giuridico per l’alea negoziale, che fa derivare da esso un effetto giuridico

(determinazione delle prestazioni); nel caso della figura affine del rischio economico, è un fatto non giuridico, ma semplicemente naturale. L’alea a cui si è fatto cenno è giuridica, cioè ci si riferisce all’incertezza del rischio assunto che penetra nella causa. Esiste anche l’alea economica, ossia quella denominata dal legislatore ex art. 1467, 2° comma in cui si sancisce che “la risoluzione di un contratto non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’ alea normale del contratto” che è propria di ogni contratto ad esecuzione non immediata. L’incertezza, comporta l’assunzione del rischio e questo rischio denominato alea giuridica, penetra nello schema causale stesso del contratto caratterizzandolo, appunto, come contratto aleatorio. Qualora in concreto, questa manchi, il contratto è nullo per difetto della causa (art.1418, comma 2°). Quella che il legislatore definisce come alea normale del contratto, ovvero l’alea economica ( ex art.1467 2°comma), è propria di ogni contratto ad esecuzione non immediata ed indica quel rischio prevedibile, derivante dalle oscillazioni di mercato, che incide sul valore delle prestazioni senza mutare la causa del contratto e dunque la natura. Il contratto non sarà per questo motivo trasformato da commutativo in aleatorio. Il legislatore ha previsto espressamente la rilevanza della categoria nella rescissione per lesione (art.1448, comma 4°) e nella risoluzione per eccessiva onerosità (art.1469), istituti ritenuti tipici dei soli contratti commutativi, non già per quelli aleatori. Parte della dottrina nega rilevanza alla distinzione tra alea economica ed alea giuridica. Si assume che, non essendo diverse le concrete prestazioni, l’elemento teleologico non incide. Essendo sicuramente simili i risultati pratici delle due pattuizioni, si ritiene che la distinzione tra alea economica ed alea giuridica sia sorta più che altro per evitare la qualificazione dei contratti di borsa e, più in generale, di tutti quei contratti collegati all’andamento dei mercati finanziari e monetari, come contratti aleatori e, segnatamente, per evitare l’assimilazione acritica di tali contratti al gioco ed alla scommessa, sulla scorta delle considerazioni

per cui il gioco e la scommessa sono i contratti aleatori per eccellenza, nei quali la causa può identificarsi esattamente con l’alea. Ma di per sé la funzione aleatoria non ha tutela. Il giudizio viene modificato quando vi sono altri elementi in sé meritevoli (come nel caso dei giochi autorizzati), ovvero quando l’alea non esaurisce la causa e la funzione del negozio. La giurisprudenza rilevante, in svariati casi, ha sostenuto che la segnalata evenienza rientra tra i rischi tipici e, quindi, normali del contratto. Pertanto l’operatore di borsa deve presupporre la variabilità del corso dei titoli anche in base alla variazione di regole. Il principio si è poi consolidato in successive decisioni che hanno ulteriormente precisato che anche l’occasionale operatore di borsa deve presupporre la variabilità delle regole che disciplinano il mercato, ivi comprese quelle dovute a modificazioni normative. Quando le parti pongono in essere un contratto devono essere consapevoli che il tipo scelto comporta l’affrontare necessario di un certo rischio, collegato all’eventuale verificarsi di oscillazioni di valore che normalmente incidono sullo svolgimento di quel singolo tipo di rapporto scelto. Se, ad esempio, si conclude un contratto di appalto per la costruzione di un’abitazione, i singoli contraenti devono essere a conoscenza del fatto che i prezzi dei materiali necessari possono variare. A questo rischio si aggiunge quello derivante dalla funzione concreta che le parti hanno demandato alla pattuizione posta in essere. Se, tenendo presente l’esempio sopra riportato del contratto di appalto, le parti concordano ulteriormente che il rischio dovuto alla eventualità di opere particolarmente complesse dovute alla circostanza che la abitazione da edificare si trova su di un terreno disagiato incomba sul committente (con decurtazione di parte del prezzo rispetto a quello dovuto per l’importo «certo» delle predette opere) ovvero sull’appaltatore (con un aumento del corrispettivo, ma non pari all’intero ammontare delle opere eventualmente necessarie), allora al rischio dovuto al tipo contrattuale scelto (l’appalto) si aggiunge il rischio dovuto alla funzione pratica individuale del contratto attuato (appalto di costruzione su terreno

disagiato). L’insieme di questi due rischi fonda il concetto di alea normale del contratto. Come rilevato da autorevole dottrina il contratto aleatorio è affine all’obbligazione imperfetta: è questo il caso di una scommessa o del gioco che implicano un perseguimento di finalità di lucro da parte dei soggetti coinvolti. Il vincente non ha diritto di chiamare in giudizio la controparte per ottenere la posta convenuta, altresì chi ha ricevuto il pagamento spontaneo di una vincita avutasi senza frode, può tenere e difendere quanto ricevuto mediante soluti retentio (eccezione d’irripetibilità), purché chi ha pagato non sia un incapace. Esempio tipico di contratto aleatorio è la rendita vitalizia. Il codice lo regola subito dopo il contratto di rendita perpetua, che invece non dipende dall’incerta durata di una vita. Nella costituzione di una rendita, viene corrisposto un bene o un capitale; chi lo riceve deve fare delle prestazioni periodiche determinate. Si avrà rendita perpetua quando una parte conferisce all’altra il diritto ad esigere in perpetuo la prestazione periodica di una somma di danaro o altre cose fungibili, quale corrispettivo dell’alienazione di un bene, sia esso immobile o un capitale, per questi motivi le prestazioni da farsi sono dovute nel limite di tempo. È invece una rendita vitalizia e dunque qui l’aleatorietà del vitalizio, quando l’obbligo a pagare le annualità cessa con la morte di una persona; nell’incertezza del limite risiede il carattere aleatorio del vitalizio. In questo contratto, l’alea è fondamentale, infatti sarà nullo il contratto quando questa è mancante (es. la rendita costituita con riferimento ad una persona già defunta). Tuttavia, la giurisprudenza della Cassazione si è più volte espressa affermando la nullità del contratto di rendita vitalizia per mancanza di alea (per esempio perché il vitalizio è in età molto avanzata o versa in precarie condizioni di salute) a meno che le parti l’abbiano espressamente esclusa stipulando in tal caso un vitalizio gratuito atipico che configura una donazione indiretta del tipo “negotium mixtum cum donatione”.

Le principali figure di contratti aleatori sono: il vitalizio oneroso (art. 1872), l’assicurazione (art.1882), il contratto di lotteria (art.1935), la cessione del credito pro soluto (art.1267), i contratti di borsa a premio (art.1533) ed il contratto di gioco e scommessa (art.1933). Non sono contratti aleatori, nonostante vi siano opinioni divergenti: la fideiussione onerosa, il riporto e l’anticresi poiché l’elemento d’incertezza in tutti e tre i casi rientra nella normale alea di contratto. Nel caso ulteriore della vendita di usufrutto invece, è prevalente la tesi dottrinale e giurisprudenziale che vede tale istituto privo di carattere aleatorio poiché il valore dell’usufrutto è determinabile in modo oggettivo secondo i coefficienti di sopravvivenza. È da ritenersi aleatoria invece, secondo dottrina e giurisprudenza, la vendita di eredità perché esiste un’obiettiva incertezza dell’oggetto della prestazione: l’eredità senza specificazione dei suoi singoli elementi. All’art. 1469 il legislatore ha previsto la categoria dei contratti aleatori per volontà delle parti che si hanno quando i contraenti modificano un contratto commutativo aggiungendovi un rischio che sarebbe del tutto estraneo al suo schema tipico purché questo ricada nella causa. Incisiva è l’alea che ricade ed incide sull’oggetto del contratto, modificando la prestazione di una parte in modo che vi sia uno scambio tra una prestazione certa ed una incerta: se la prestazione modificata è essenziale e non semplicemente accessoria, l’alea si configura dall’inizio come un momento del sinallagma e si avrà modifica del contratto commutativo in aleatorio. Esempio tipico è la vendita di speranza (ossia la vendita di cosa futura ex art.1472, comma 2°) in cui abbiamo una prestazione incerta (la cosa futura) correlata da una prestazione certa (il pagamento del prezzo), pur se la cosa non venga ad esistenza qualora le parti abbiano voluto concludere un contratto aleatorio. È vero che il contratto aleatorio è normalmente un contratto a prestazioni corrispettive, ma non si può escludere l’esistenza di contratti gratuiti in cui è possibile individuare l’alea secondo l’art. 1469 in cui sancisce che non si applica l’istituto della eccessiva onerosità ai contratti aleatori e si riferisce

non solo all’ipotesi prevista dall’articolo 1467 riguardante i contratti a prestazioni corrispettive, ma anche all’ipotesi prevista dal 1468 in cui si codificano i contratti con obbligazioni a carico di una sola parte, fra i quali rientrano, i contratti gratuiti. Un esempio può essere dato dalla stessa rendita vitalizia costituita per donazione, la quale non può essere risolta per eccessiva onerosità (ex art. 1879, comma 2°). Tuttavia la distinzione tra alea negoziale e rischio economico sembra affievolirsi in quelle ipotesi in cui ha grande rilievo la sopportazione di alcuni rischi posti a carico delle parti dalla legge secondo un quadro tipico di distribuzione e che, invece, sono distribuiti diversamente dalla volontà delle parti. Ritorna allora il problema di differenziare i casi in cui si ha semplice variazione di rischio economico da quelli in cui ci si trova di fronte a contratti aleatori per volontà delle part. Spesso, infatti, la sopportazione di questi rischi dipende da un evento esterno che dà luogo ad effetto giuridico: l’avaria di una merce determina l’obbligazione di risarcimento. L’effetto pratico dei patti di assunzione del rischio consiste nell’escludere che la sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione dia luogo alla risoluzione ex art. 1467 c.c. Ovviamente l’inapplicabilità delle norme sulla risoluzione per eccessiva onerosità resta limitata al rischio assunto dalle parti e non si estende agli altri eventi. Questa costruzione presenta un evidente limite in quanto assegna tutti i casi in cui la prestazione è determinata successivamente da un evento esterno all’ambito dell’alea negoziale. In coerenza, invece, con l’impostazione data al problema in generale, e riaffermando che, per aversi negozio aleatorio, occorrono sia il dato strutturale che quello funzionale, bisogna dire che in quei casi in cui la prestazione è determinata da un avvenimento esterno, ma nei quali manca il fine di lucro incerto, siamo in presenza di negozi con rischio economico e non già di negozi aleatori. La dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono coincidenti i concetti di onerosità eccessiva e di superamento dell’alea normale, nel senso che il contratto si reputa divenuto eccessivamente

oneroso quando l’equilibrio contrattuale è turbato da avvenimenti che mutano il valore di una prestazione, in rapporto alla controprestazione, tanto da superare quel limite di tollerabilità ritenuto oggettivamente insito in ogni affare i cui effetti si protraggono nel tempo. Così argomentando però il concetto di alea normale verrebbe privato di ogni autonomo contenuto e verrebbe ad attuarsi una arbitraria indifferenziazione di requisiti nettamente distinti della norma. È stato al riguardo osservato che tale impostazione conduce a due necessarie conseguenze: che l’onerosità eccessiva, dipendendo da una variazione del rapporto di valore tra prestazione e controprestazione, conseguirebbe sia all’accrescimento del peso economico della prestazione, sia alla riduzione di valore della controprestazione. In secondo luogo, che il disposto di cui all’art. 1467, c. 2°, c.c. diventerebbe inutile, ritenendosi l’alea normale come sinonimo di eccessiva onerosità. Occorre, al contrario, tenere separati i due concetti e l’onerosità eccessiva va verificata nell’entità del mutamento di valore della prestazione, raffrontandone il valore iniziale con quello del momento dell’adempimento attraverso un metro comune. In questo modo può risolversi anche il problema dell’art. 1468 c.c., fornendosi ad esso un criterio comune al precedente art. 1467 c.c., nonostante la diversità della fattispecie legale, che altrimenti condurrebbe a soluzioni eterogenee. L’autonomia concettuale della nozione di alea normale rispetto a quelle dell’eccessiva onerosità emerge nitidamente dal fatto che mentre la seconda concretizza un criterio oggettivo-quantitativo atto a misurare l’aggravio di costo della prestazione, la prima identifica un criterio relativo-qualitativo idoneo a far percepire il superamento del rischio proprio del tipo contrattuale. L’eccessiva onerosità va individuata nel mutamento di valore della prestazione, mentre l’alea normale riguarda l’equilibrio tra le prestazioni....


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