I poeti del medio evo- Suitner PDF

Title I poeti del medio evo- Suitner
Course Cultura e testi del medioevo
Institution Università degli Studi di Palermo
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RIASSUNTO DEI QUATTRO CAPITOLI A SCELTA DAL LIBRO UTILI A SOSTENERE L'ESAME...


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I POETI DEL MEDIOEVO – SUITNER (quattro capitoli a scelta) IL DONO DEL GIULLARE La distinzione tra la figura del trovatore e del giullare è stata oggetto di studi specifici nei diversi paesi europei. Il trovatore è il compositore di testi e musica, giullare l’esecutore di questi a corte. Tra le due figure si è infatti creato un contrasto: spesso i trovatori si lamentano dell’esecuzione dei propri testi. Il trovatore Guiraut Riquier , chiede, in un testo, una regolamentazione al re di Castiglia Alfonso x. Egli osserva che in ogni ambito ci sono delle distinzioni (per esempio tra la nobiltà ci sono i conti,marchesi ecc) e quindi vuole che ci sia tra queste figure che lui delinea: 1. L’esecutore non capace, buffone che vuole solo esibirsi, che non hanno nemmeno il diritto di essere chiamati giullari; 2. Gli esecutori capaci di suonare e cantare composizioni altrui esibendosi presso le corti; 3. I compositori trovatori, cioè compositori e creatori , che non eseguono componimenti altrui ; 4. I dottori trovatori (doctor de trobare), cioè coloro che non solo si limitano a curare la composizione ma che sappiano dare insegnamenti morali. Per appartenere a questa categoria, non è sufficiente l’abilità tecnica ma occorrono anche la rettitudine e la capacità di essere una guida; questa sua ambizione è giustificata poiché nel periodo in cui vi era un’alta concorrenza , così facendo egli voleva difendere il proprio prestigio intellettuale; La tensione tra le due figure è ben visibile soprattutto nella poesia galego-portoghese,dove in alcuni testi del XIII sec. Nella maggior parte di queste opere è il trovatore ad accusare il giullare di non essere all’altezza o rozzi oppure gli stessi trovatori sono in contesa tra loro, il trovatore è orgoglioso della propria arte difficile ed esclusiva . Joahn garcia, poeta tenzona con il giullare Lourenço, che non è soddisfatto di cantare le opere da lui scritte e ne vuole comporre di propri ( come poi fece) ;il poeta invece pensa che il giullare non sia all’altezza di cantare le sue opere. La figura del giullare sopravvive grazie alla figura del pubblico borghese o quello che trova, di norma comunque frequenta gli ambienti signorili; questi, sono figure itineranti e spesso chiedono doni. La glorificazione della generosità dei signori è costituito dall’invenzione della mitica figura del re giovane d’Inghilterra che ospitava molti giullari ed era molto generoso , questo viene proposto come il prototipo del principe ospitale . Il dono, mancato o ottenuto, diventa quindi il protagonista della poesia dei giullari . ➔ Il piu antico testo giullaresco è il ritmo laurenziano , dell’XI sec, che dimostra un giullare nell’atto di domandare in dono un cavallo al vescovo presso cui si era esibito; il vescovo qui viene lodato al pari dei signori laici. ➔ Il giullare Colin Muset scrive un testo sul tema del dono al giullare. Nella prima parte egli lamenta di non aver percepito alcun regalo dal signore presso cui si è esibito, nella seconda,dice che se tornasse a casa con la borsa vuota riceverebbe una cattiva accoglienza da parte dei familiari, quindi si aggiunge il tema comico della moglie egoista,contro la donna cortese , attaccata ai beni materiali. Il giullare, non è l’unico ad avere necessità di un compenso per tirare avanti, spesso il trovatore, si trova nella stessa condizione del giullare, tranne quando è aristocratico o borghese, quindi comporre è principalmente un hobby.

Il trovatore, tende in genere a cercare una forma di mantenimento meno occasionali presso le corti signorili, aspira a divenire un dipendente di qualcuno in modo tale da avere un ambiente rilassante per comporre; la necessità di appellarsi alla generosità degli altri, è un problema per tutti. Un esempio è quello di Dante che inizialmente riesce a vivere dei propri mezzi, successivamente, durante l’esilio, lavora presso un uomo, svolgendo varie funzioni, rinunciando all’autonomia materiale. Tra i Minnesänger, Walther Von Der Vogelweide, scrive un componimento rivolgendosi al suo protettore (Federico II ) accennando alla sua vita da cantore errabondo, narra la fatica di uscire al mattino per guadagnare i soldi e tornare tardi la sera, egli ritiene che la sua arte gioverebbe molto della tranquillità di una casa e la richiede al suo sovrano. Egli non è l’unico ad essersi lamentato della fatica dell’andare girovagando, a lui si aggiunse Cerverì de Girona, trovatore catalano che si accomuna, in un suo componimento, ad un giullare per questa condizione di dover andare di corte in corte; egli insiste sulle conseguenze morali di questa insicurezza sul componimento professionale del trovatore, augura al suo re, Jaime I “ el conquistador” di offrirgli una posizione sicura a corte così da sottrarlo all’opportunismo in quando egli affronta il tema del rapporto fra verità e poesia; il giullare che va in varie corti, non è libero poiché la necessità del dono e della protezione, lo obbliga a lodare il malvagio , così facendo la poesia si inquina di necessità.

IN ALTEN MÆREN Il poeta dell’epica è un autore che tende a sparire, a nascondersi, la sua aspirazione è quella di riportare un lungo racconto che gli è stato affidato e di cui egli si presenta come l’ultimo testimone, si pone con un atteggiamento modesto, consapevole di avere una grande responsabilità. Ciò deriva dal fatto che egli non è l’inventore della materia narrativa, questa viene dalla tradizione: può essere storica come nel Cid iberico, da leggende e fatti storici misti come nelle Chanson o di fatti di epoche diverse mescolati a miti e nuclei narrativi antichi come nel Nibelungenlied. Riguardo alle differenze tra il trovatore lirico e il suo collega dell’epica : Egli, si presenta come il primo ad osservare dall’esterno una costruzione stupefacente a differenza dell’io lirico che invece si pone come orgoglioso della sua composizione, delle sue capacità tecnico- formali, inoltre la differenza dei due poeti si vede anche negli spazi di intervento. Analizzando gli incipit di alcuni poemi possiamo infatti vedere come :  L’autore del Nibelungenlied , inizia il suo racconto evocando come fonti le alte maere , ovvero le antiche leggende alle quali dice di aver attinto . scrive intorno al 1200 -ma la sua materia è più antica - di imprese immense sia liete che funeste. La protagonista è Brunilde , la più bella e cortese dama del mondo, i fratelli sono nobili e possenti e questi hanno al loro servizio cavalieri fedeli fino alla morte. Se il poeta dicesse “io” le vicende sovrumane che si accinge a narrare sarebbero sminuite, parlando di imprese immense,guerrieri famosi, l’autore preferisce nascondersi e far parlare direttamente la materia narrativa.  Nella Chans De Roland , risalente alla fine del XI o all’inizio del XII secolo, è un poema che presenta il nome di Turoldus verso la fine. L’azione ha subito inizio riferendoci alla grandezza di Carlo, della sua guerra di Spagna e alle grandi conquiste che ha fatto. La grandezza degli eventi, è accennata attraverso il riferimento alla forza sovrumana del destino, che tutto sovrasta.

Infatti nell’epica, la tragicità degli eventi futuri è già scritta e sovrasta i personaggi. Anche questo elemento in un certo senso sminuisce il ruolo dell’autore ; tutto è già predisposto e mossa da forza superiore, non c’è spazio per l’invenzione davanti a cose tanto grandi. un'altra caratteristica dei proemi è quella di riassumere in pochi cenni gli eventi più notevoli,per esempio nell'Iliade dopo invocazione, c’è la materia principale del poema con pochi cenni,una sorta di riassunto.  La pagina iniziale del Cantar de mio Cid , è andata perduta ma possiamo ricostruirla attraverso alcune prose correlate . Tutto fa pensare che il racconto cominciasse con la narrazione delle circostanze che preludono gli eventi dell’esilio dell’eroe protagonista, secondo altri invece questo iniziava in media res, a trama già iniziata, sfruttando la circostanza che l’uditore, era già a conoscenza della storia narrata. Il mimetizzarsi dell’autore nell’epica, può essere compreso meglio confrontando questi testi fra di loro ma ancor meglio se lo si fa con altri appartenenti a generi diversi -con alcuni testi lirici è scontato- quelli più tardivi. Se prendiamo il romanzo bretone possiamo dedurre questo: Nei romanzi di Chrétien de Troyes, mescola riferimenti a se stesso, alle sue attitudini ad anticipazioni tematiche dell’opera. Nell’opera cliges, offre un curriculum professionale, elencando le opere scritte da lui in precedenza,per noi molto importanti. In altre opere egli fornisce elementi assai importanti per la comprensione del suo mondo e la sua ideologia. Lui non pretende in generale di inventare la sua materia,perché tratta di temi comuni e conosciuti della tradizione ma la novità sta nel ruolo del poeta che aggiunge un valore essenziale cioè il modo in cui riesce a trasmettere una storia che pur dice essere derivata da altri. Questi concetti sono espressi nel prologo dell’erec et enide: qui la rivendicazione del suo lavoro è data dalla perizia di autore (ottima padronanza di livello tecnico),ben diversa da quelli dei giullari che hanno comunque utilizzato la storia . Il caso del poeta,che attraverso uno strenuo impegno di qualità può giungere a conferire una nobile veste alla materia che tratta, rendendola immortale o quasi. Un altro esempio è quello di Maria di Francia che dice di aver avuto in dono da Dio una capacità da applicare. Ci sono anche esempi di autori che riprendono la materia di altri autori: Wolfram von Eschenbach poeta di Parzival, scrive all’inizio del XIII secolo, riprende Chétiene dando però un tocco personale, evitando i cliché della poesia cortese per creare indipendenza della visione . egli interrompe spesso la narrazione con intervento di tipo metaletterario mettendo in evidenza riferimenti a se stesso,alla storia ecc. Nella Divina Commedia di Dante, troviamo delle caratteristiche che rimandano alla tradizione eroica del medio evo, sopratutto nel primo canto dell’inferno, dove egli si perde e lungo il suo cammino fa degli incontri che promuovono lo sviluppo della vicenda. Egli però presenza pochi tratti in comune, è una sorta di rimando anche se è evidente il legame con i romanzi moderni.

FRA LA VITA E LA MORTE Dalla pubblicazione del libro di Johan Huizinga “L’autunno del medioevo” , si è diffuso lo studio del tema della morte nella poesia medievale.

L’attenzione si è concentrata su due motivi caratteristici: quello della danza macabra , diffusosi in Francia e in Germania e quello del trionfo della morte, legato all’Italia. Il presentimento e la preparazione non potevano non avere un ruolo importantissimo in una società cristiana. Non c’è una sola morte, non c’è neppure un solo modo di morire. Anche nella poesia medievale, la scomparsa dell’eroe nella Chanson de geste, è per lo più diversa da quella del chierico o del poeta. Anche la cristianità, ammetteva atteggiamenti diversi di fronte la morte: Gesù, non accetta pacificamente il martirio , c’è in lui un elemento di rivolta , di rifiuto alla fine, che si connette direttamente alla sua natura umana . Lo stesso, avviene con altri protagonisti biblici;Giobbe, è disperato di fronte alla morte, si sente attorniato da gente falsa , avverte che il suo tempo è passato, che sono annientati i suoi progetti futuri; si vede già nella tomba in compagnia dei vermi. Nel Salmo ‘88, morire sembra un allontanamento da Dio, come se l’uomo venisse dimenticato da questo. A Dio bisogna rivolgersi e bisogna abbracciarlo, ma il momento della morte si presenta inevitabilmente come quello dell’ansia e della paura, quello in cui il fedele pare vedere solo l’oscurità, non la luce. All’uomo sembra che l’atteggiamento di Dio verso di lui sia ingiusto. Egli da sempre lo invoca, lo prega, grida aiuto, ma il signore non si manifesta ,sembra volgere lo sguardo altrove. Nei primi anni del XIII secolo, uno scrittore di Arras, Jean Bodel, scrive un componimento di addio ai propri concittadini, egli si era ammalato di lebbra, scrive una lunga poesia in cui prende congedo da tutti coloro che gli sono stati vicino; fin dalla prima strofa, il poeta chiede compassione e compatimento, il suo stato d’animo non presenta segni di rivolta come quelli di Giobbe o del salmo, Bodel, vuole trovare conforto nella poesia, il canto veniva visto come un sollievo dall’afflizione, l’uomo deve accettare la sorte che gli è stata assegnata. Inoltre la malattia, nel medio evo veniva avvertita come segno di una colpa che in tal modo viene punita. Gli storici della letteratura, parlano dei congés come di un vero e proprio genere letterario, per il fatto che successivamente altri autori di Arras, ne composero di analoghi. Fra le poesie provenzali presumibilmente di epoca tarda ne troviamo una , anonima, di un uomo gravemente malato, forse un lebbroso, che si rivolge ad un amico Austor e gli comunica la sua disperazione; nel modo in cui ricorda una donna, la poesia dimostra il suo legame con la tradizione cortese, in questa poesia, il malato si affida a Dio. Il potente duca d’Aquitania, Guglielmo IX, scrisse un testo definito “testamento”di Guglielmo ma pare essere stato composto anni prima della scomparsa del duca. Chi canta è un potentissimo signore, triste perché sa di dover abbandonare la vita e i piaceri della cavalleria e dell’amore, non vi è disperazione nella sua voce, anzi l’unica situazione di angoscia è il dover lasciare il figlio ancora troppo giovane per reggere la successione, spera che possa ricevere validi aiuti. Il componimento è pieno di riferimenti cortesi e feudali, che ovviamente si adattano alla figura di questo trovatore. Siamo ad abissale distanza, dai trionfi della morte e dalle danze macabre del tardo medio evo. Il suo pensiero, va a cose superiori, al cielo come è giusto che sia sopratutto per un uomo del medioevo. Questo prepararsi alla morte, può ricordare maggiormente quello dei poeti italiani dl 300 nei quali però è più forte l’accentuazione religiosa che diviene anzi decisamente dominante. Il medioevo, sente a volte la necessità di violare l'impenetrabilità che separa il mondo sei vivi da quello dei morti, ciò può avvenire sul piano della religione come scherzosamente sul piano del comico.

Nella poesia comico-satirica, si può scherzare con la morte e perfino con il diavolo. Quando uno stesso personaggio passa da una dimensione all’altra, da un regno all’altro, ci troviamo veramente tra la vita e a morte. Dalla vita alla morte, ma anche dalla morte alla vita, il percorso supremo è ovviamente quello di cristo attraverso la resurrezione. Un modello che rivive in forma minore nelle numerosissime apparizioni è la madonna, nel racconto evangelico, c’era tuttavia un altra resurrezione in senso stretto che affascinava: Lazzaro, richiamato in vita da cristo. Tuttavia, non è risparmiata dall’aggressività del registro comico; diversamente da cristo, che muore da uomo e risorge per riprendere il suo posto come Dio, non più creatura di questa terra: Lazzaro no, era uno di noi prima e lo ridiventa dopo e dunque se ne poteva ridere. Nel ms3718 della biblioteca nazionale di Parigi, codice che si fa risalire al XIV secolo, Lazzaro aveva due sorelle, Marta e Maria di Betaina. Maria, finì poi per errore per essere identificata con Maria Maddalena; si parla dell’eredità di Lazzaro, dopo la morte di questi, essa era stata assegnata alla sorella; ora però Lazzaro è stato resuscitato da cristo e chiede indietro i suoi beni. Nella prima causa, il giudice da ragione alla sorella ma Lazzaro ricorre avendo trovato ingiusto il verdetto. Il secondo giudice questa volta da ascolto a lui ma il verdetto finale appare ambiguo. Il testo ha tratti esilaranti e altri più noiosi. Con tutta evidenza, è nato in ambito universitario. Il buon avvocato si allena spregiudicatamente a sostenere la parte dell’accusa ma anche quella della difesa; vuole anche divertire per via comico satirica, denunciare la potenziale doppiezza della giustizia. Il tema sullo sfondo è la morte, l’approssimarsi di questa induce riflessioni gravi in coloro prossimi a questa ma il pensiero della fine, può essere allontanato attraverso il riso dalla cultura popolare almeno da parte di quelli che ancora credono di esserne lontani; bisogna pensare da vivi quando ancora si è in tempo, alla possibilità della fine, sapendo che questa in ogni momento può coglierci. In gioco vi è il grande premio di Dio, la vita eterna.

IL POETA CON IL SAIO Nelle letterature d’occidente fanno capolino figure particolari di monaci o frati poeti. I religiosi, da sempre conoscevano l’importanza della poesia , del canto e della musica. La più importante fra le tante ipotesi che vogliono spiegare la nascita della poesia dei trovatori provenzali che va sotto il nome di “ipotesi linguistica”, e tenta di giustificare la possibile origine della loro poesia dai cantanti coltivati presso alcune abbazie della Francia. Il canto dei salmi aveva da sempre una posizione centrale nella pratica liturgica di tutti gli ordini religiosi e anche in quella del comune pubblico. La quasi totalità della pratica liturgica e devozionale, dei religiosi e del popolo minuto, continuava a essere affidata al latino, latino che la popolazione in gran parte non riusciva a comprendere. Il ricorso alle nuove lingue è dunque una necessità e un’opportunità, questa inoltre consente di raggiungere un pubblico più ampio. È evidente che la poesia religiosa, nelle nuove lingue volgari, deve da un lato continuare le forme di quella latina, ma da un altro lato far riferimento alla più recente poesia profana. Modellandosi in parte su di essa o riprendendone certe forme, può sperare di di far passare i contenuti religiosi di sempre presso il nuovo pubblico della letteratura mondana. l'atteggiamento della chiesa ufficiale nei confronti della poesia cortese, nei vari paesi in cui si diffonde, è in generale negativo; le canzoni d’amore sono considerate dai vescovi un pericolo , una tentazione.

Predicatori moralisti invitano il pubblico a tenersene lontano , sopratutto nel XIII secolo. La poesia cortese, è una moda travolgente; gli uomini della chiesa sono insieme colpiti e disgustati da questo fenomeno. Accanto a coloro che lo combattono, vi sono coloro che pensano di utilizzarlo e di cambiarne il segno. Diversi trovatori provenzali a un certo punto lasciavano la loro attività ed entravano in convento , altri poeti entravano negli ordini e si danno alla poesia religiosa. Un esempio clamoroso di questa situazione è il monaco di Montaudon, un trovatore provenzale che avrebbe praticato il mestiere di musico e poeta da monaco e addirittura da priore, sappiamo che ad un certo punto egli abbandonò la vita conventuale per dedicarsi alla giulleria. I suoi componimenti hanno una vena comico-satirica, in alcuni di essi, il monaco si immagina in una conversazione diretta con Dio o con i santi in forme spregiudicate. Dio viene informato che il monaco de uno i più anni vive chiuso nel suo convento e si è alienato il favore dei baroni che erano soliti apprezzare la sua poesia. Dio gli fa presente che egli ama il riso e il canto e approva la sua attività di trovatore; ha fatto quindi male il monaco a rinunciare a un viaggio in Spagna per darsi alle letture liturgiche e ha fatto anche male a non tenersi vicino Riccardo cuor di leone, che adesso che giace prigioniero in Austria di ritorno dalla crociata, che ora più che mai avrebbe bisogno dell’aiuto di tutti i suoi amici. Un altro documento interessante circa il rapporto fra i monaci circa il rapporto fra monaci e la poesia, ci è offerto da Gautier de Coinci nei due “prologhi” della sua opera principale, Les miracles de Nostre Dame. Gautier è un monaco benedettino, scrive di materia sacra, sia pure utilizzando anche le forme e i modi della letteratura profana. Ha deciso di raccogliere , in volgare, le storie miracolose riguardanti la vergine Maria; egli chiede ispirazione direttamente a le, nel “prologo” della seconda parte della sua opera, e spiega che il suo scopo è pratico; vuole convincere quanta più gente possibile della grandezza e della santità della Madonna in modo da persuaderla a servirla con passione; di seguito parla del suo modo di scrivere, volendo farsi comprendere da tutti, utilizza il sermo humilis, per scrivere di Dio. Successivamente fa riferimento alle critiche che gli vengono rivolte nel ...


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