Il cantico delle Creature (San Francesco d\'Assisi) PDF

Title Il cantico delle Creature (San Francesco d\'Assisi)
Course Letteratura italiana: lettura critica di testi
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

Appunti sul Cantico delle Creature e il significato dietro gli elementi inseriti, San Francesco d'Assisi...


Description

Il cantico delle Creature Il cantico delle creature è un’opera composta da San Francesco D’Assisi tra il 1224 e il 1226. L’opera è una composizione in forma di lauda costituita da 33 versi di misura irregolare, raggruppati in 11 strofe prive di schema metrico, anche se sono numerose le assonanze e le rime. La lauda è scritta in umbro e sono presenti numerosi latinismi. Nel testo sono presenti Dio e le sue creature, d’altro canto non vengono nominati Gesù Cristo e gli animali. Lo scopo di Francesco infatti è quello di lodare, di arrivare a Dio attraverso le sue creature. La lauda può essere divisa in due parti: una prima dove il protagonista è Dio e le sue creature misericordiose, dove viene lodato Dio per tutto il creato; una seconda parte, invece, dedicata al pentimento per i peccati commessi, al perdono, alle sofferenze mondane e alla morte. All’inizio di ogni strofa troviamo scritto “laudato si mi signore”, e ciò evidenzia la gratitudine e la lode di Francesco verso il Signore, verso il suo creato. Molta importanza ha il numero tre, possiamo infatti trovare il numero 33, molti elementi che vengono descritti con tre aggettivi e molte strofe composte da tre versi. Tutto ciò perché il numero tre è Dio infatti la trinità è composta di tre: il padre, il figlio e lo spirito Santo, quindi il numero tre sta significare un qualcosa di sacro ed è per questo che lui o i suoi multipli vengono ripetuti molto spesso all’interno della Lauda. Sono inoltre curiosi gli epiteti ‘frate’ e ‘Sora’ che San Francesco pospone agli elementi naturali per i quali rivolge la lode al Dio, difatti San Francesco attraverso questi epiteti vuole rappresentare la vicinanza e il rapporto tra l’uomo e gli elementi creati dal Signore, il quale è creatore di entrambi. Tutto ad un tratto l’autore abbandona la Lauda gioiosa e grata per le creature, per trattare dei peccati compiuti ogni giorno dagli uomini, e del loro pentimento; loda il signore per le persone che riuscivano ad usare il perdono donatogli, saggiamente, spinti dall’amore verso di lui e che riuscivano a sopportare le malattie e le sofferenze. Ringrazia infine per la morte del corpo, alla quale nessuno può sfuggire. San Francesco conclude il cantico con la parola “humilitate”, che sta a significare umiltà, e quest’ultima serve proprio per arrivare davanti a Dio, perché senza umiltà Dio è irraggiungibile, e questa umiltà può essere raggiunta soltanto quando si è arrivati ad una piena autocoscienza, quindi ad una conoscenza di se stessi. Questa seconda parte del cantico è quindi più cupa rispetto alla prima, che è molto gioiosa, ma quello che San Francesco vuole rappresentare è la realtà umana, cioè come viene vissuta la religione sulla terra, e dimostra agli uomini la strada, il modo per arrivare all’autocoscienza e per poter poi arrivare, dopo la morte del corpo, a Dio, quindi alla salvezza e quindi alla pace eterna.

Donna de Paradiso Donna de paradiso È un’opera di Jacopone da Todi, una ballata con una ripresa di tre versi strutturata in 33 quartine di versi in prevalenza settenari, preceduti da una terzina introduttiva, a uno schema di rime aaX, bbbX, cccX. L’opera è tutta completamente dialogata e i personaggi sono:il Nunzio, che narra le vicende, Maria, Cristo e il popolo, inteso come collettività impersonale. La Madonna rappresenta due figure: da una parte la figura teologica, quindi la madre del Cristo, la vergine Maria, che per volontà di Dio portò in grembo il Messia; dall’altra parte troviamo una figura umana e materna, infatti Maria è una donna e una madre, che piange e si dispera per la morte del figlio. (c’è quindi un’umanizzazione di Maria). L’opera riporta infatti un discorso, in chiave mistica, tra Maria e il popolo poco prima che il suo figlio venisse processato e crocifisso, mentre Nunzio fa da narratore. Nel testo sono utilizzati termini cupi e tristi, che trasmettono il dolore di una madre nel perdere il figlio; c’è inoltre, molto spesso, un uso impersonale dei verbi, che serve proprio per non indicare un determinato gruppo di persone, bensì la collettività del popolo; sono inoltre presenti delle cesure, per spezzare la narrazione, che risulterebbe troppo pesante (ad esempio nei vv. 4-5) ; infine c’è l’utilizzo di due colori: il rosso, che rappresenta il sangue, quindi il dolore e quindi la morte; e il bianco, che rappresenta il corpo pallido di Cristo. Oltre a quella di Maria, è presente l’umanizzazione di Gesù, questo infatti prova dolore, come gli umani, e vedendo la madre soffrire, piangere e addirittura desiderare la morte, questo sì sente morire nel profondo. Il discorso madre-figlio è veramente straziante, c’è infatti Maria che non riesce ad accettare un mondo senza il figlio, desiderando di morire assieme a lui, d’altra parte Gesù vuole che la madre rimanga in vita, per guidare e per fare da mamma a tutte quelle persone, a tutti i compagni che avevano accompagnato Gesù nella sua vita sulla terra. In fine Gesù affida sua madre a Giovanni, e successivamente muore. L’opera si conclude con un discorso di Maria, davanti al corpo senza vita del figlio, pieno di dolore e di rancore, ma nonostante ciò si fa forza e esaudisce il desiderio del figlio, riconoscendo Giovanni come suo figlio....


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