IL Carosello 1 - Materiale PDF

Title IL Carosello 1 - Materiale
Course Fondamenti di psicologia della comunicazione
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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IL CAROSELLO il programma più rappresentativo della paleotelevisione (così Umberto Eco per primo designò i primi vent’anni della Tv: in bianco-nero, in regime di monopolio Rai, con esplicite finalità pedagogiche). Vuole indagare la grande trasformazione della società italiana che ebbe luogo proprio in quel ventennio: ovvero la nascita di una moderna società industriale-urbana, caratterizzata dalla progressiva diffusione dei consumi di beni durevoli, in gran parte prodotti secondo il modello fordista.

La televisione, e al suo interno Carosello, vanno considerati un osservatorio privilegiato per il loro ruolo nei cambiamenti dei consumi e dei costumi, fondamentali in quella grande trasformazione. Carosello nacque nel 1957 e finì nel 1977 (con la Tv a colori, la fine del monopolio Rai e l’entrata i scena delle Tv commerciali ovvero con l’inizio della neotelevisione). Furono pressoché gli stessi anni dell’inizio e della fine della grande trasformazione: nel 1958, primo anno del “miracolo economico”, gli addetti all’industria sorpassarono i lavoratori in agricoltura; ma poco tempo dopo, nella seconda metà degli anni ’70, presero avvio il declino del lavoro nella grande industria (simboleggiato dalla “marcia dei quarantamila” a Torino nell’autunno 1980) e la crescita del terziario. Possiamo cogliere l’ampiezza e la profondità di quella grande

trasformazione, però, solo se sappiamo quanto diversa fosse l’Italia nel primo decennio del dopoguerra. Come scrive Paul Ginsborg (1989, p. 283: « A metà degli anni ’50 l’Italia era ancora per molti aspetti un paese sottosviluppato ». Alle stesse conclusioni di Ginsborg ci conducono le ricerche, tra gli altri, di Lanaro (1982) e più recentemente di Crainz (1997, 2003, 2016). Fino a metà degli anni ’50, quattro italiani su 10 erano agricoltori; su 24 milioni di donne, quasi 20 milioni erano casalinghe. Il 60% degli italiani aveva frequentato solo le scuole elementari Il 30% neppure quelle, o comunque era senza alcun titolo di studio. Solo il 6% aveva frequentato le scuole medie, il 3% le superiori e solo l’1% era laureato: insomma, un livello di alfabetizzazione avvilente, con larghissime sacche di analfabetismo, la dialettofonia come norma e l’uso della lingua italiana come eccezione. Un’inchiesta sulla miseria in Italia, promossa dal Parlamento nei primi anni ’50, accertò che 889 mila famiglie, di cui 744 mila nel Mezzogiorno, non si cibavano mai di carne e di zucchero. Per la maggioranza delle altre famiglie, la carne era un lusso occasionale. La stessa inchiesta rilevava che solo il 7% delle abitazioni disponeva del telefono. Erano nella stessa percentuale le case provviste dell’insieme di tre beni (per noi oggi non solo essenziali ma ovvi) come l’elettricità, l’acqua corrente, il bagno interno. L’alimentazione assorbiva quasi la metà

(47%) dei consumi, mentre i beni durevoli ne coprivano appena il 2%.

Durante i vent’anni di vita di Carosello, però, gli agricoltori divennero tre volte meno numerosi (dal 41% al 14% dei lavoratori); i possessori del titolo di scuola media triplicarono (passando dal 6% al 17% della popolazione); per più di tre volte si moltiplicarono i consumi di beni per la casa, ma si decuplicarono addirittura i possessori di automobili e di televisori. Più che rincorrere i dati statistici, però, è forse preferibile usare un paio di esempi. Quanto incise l’importazione del fordismo lo mostra al meglio il caso dei fratelli Fumagalli, falegnami brianzoli che, sulla base di scarni disegni di una lavabiancheria spediti dal fratello, prigioniero di guerra negli Stati Uniti, iniziarono a produrre lavatrici. Così nacque la Candy, che nel 1947 produceva artigianalmente un unico esemplare al giorno; vent’anni dopo, produceva una lavatrice ogni 11 secondi ed era diventata una delle sei maggiori aziende italiane, nel settore in cui l’Italia era leader in Europa.

In un paese che nel dopoguerra si muoveva a piedi, in bicicletta o in treno, la motorizzazione iniziò con gli scooter, con la geniale invenzione della Vespa nel 1946, da parte della Piaggio; poi, a mettere gli italiani su quattro ruote

furono le utilitarie prodotte dalla metà degli anni ’50 nel nuovo stabilimento Fiat Mirafiori: prima la 600, poi la 500. Un’altra geniale invenzione italiana, quella del chimico Giulio Natta (per questo insignito del premio Nobel nel 1963), consentì alla Montecatini di produrre industrialmente il Moplen, la nuova fibra sintetica che riempì le case italiane di suppellettili in plastica.

Automobili e scooter, elettrodomestici, articoli per la casa, nelle nuove “cucine all’americana” (cioè componibili), e spiagge prese d’assalto dal nuovo fenomeno del turismo di massa. Tutto questo e altro ancora, ma la prima rivoluzione, nei primi anni ’60, fu alimentare: la comparsa quotidiana della carne sulla tavola della maggioranza degli italiani, con la nascita di un menu-tipo, composto da pasta asciutta, “fettina” e insalata. Quella rivoluzione ebbe rapidissimi effetti in varie direzioni: da quella antropometrica, con l’aumento della corporatura e della statura media, a quella dei gusti e dei modelli estetici. Fino agli anni ’50, quando mettere in fila il pranzo e la cena era per molti un problema, furoreggiavano le bellezze prosperose (come Silvana Pampanini e Gina Lollobrigida). Nei ’60, quando la fame non era più un problema, si cominciò ad apprezzare la bellezza filiforme e ancora acerba della Catherine Spaak della commedia all’italiana. Così, sul versante maschile, si affermò la moda di abiti

affusolati per uomini alti e magri, mentre l’obesità diventò oggetto di dileggio e di comicità (vedi i casi di Gino Bramieri e Aldo Fabrizi), laddove nei ’50 i personaggi comici e i caratteristi nei film erano stati spesso presentati come ometti magri e segaligni....


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