Cultura materiale luca ciabarri PDF

Title Cultura materiale luca ciabarri
Course Antropologia
Institution Università degli Studi di Milano
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riassunto del manuale di Ciabarri anno accademico 2017/2018...


Description

CULTURA MATERIALE Luca Ciabarri

PERCORSI NEGLI STUDI DI CULTURA MATERIALE Note introduttive tra oggetti, immaginari, desideri – Luca Ciabarri Questo volume presenta una serie di studi attorno al tema della cultura materiale apparsi su prestigiose riviste internazionali nel corso degli anni 1990 e in parte 2000. Come fa notare Ugo Fabietti, l’antropologia nasce nella seconda metà dell’Ottocento sul terreno dell’antropologia della religione e della parentela. I nomi di Tylor e Morgan, padri fondatori della disciplina in ambito britannico e statunitense, sono legati proprio a questi due filoni di ricerca. L’antropologia nasce sul terreno della cultura materiale, della raccolta, collezionismo, studio e catalogazione di oggetti esotici e ‘primitivi’. In questo senso l’antropologia è collegata pure ai viaggi, alle esplorazioni geografiche e alle missioni scientifiche del tempo. Gli oggetti vanno a rivestire un ruolo particolare, di indicatori dello stadio evolutivo di determinate società, come i fossili nella geologia e nelle scienze naturali. Secondo Fabietti è cruciale il ruolo svolto dall’archeologia preistorica e dagli studi di John Lubbock. In questa nuova disciplina, infatti, gli oggetti da semplici ‘testimonianze di un generico passato’ diventano ‘misuratori di progresso’ delle società che li avevano prodotti, indicatori attraverso cui poter ricostruire la storia passata. Una delle applicazioni più dirette di questa idea è forse il tentativo di Pitt-Rivers di costruire un museo – il Museo dell’Università di Oxford, che porta ora il suo nome, in cui le collezioni di oggetti esotici potessero mostrare gli stadi dell’evoluzione umana. Sono questi gli anni in cui proprio a causa dell’interesse evoluzionista per gli oggetti emerge la categoria di ‘oggetto etnografico’, capace di ordinare al proprio interno quelle stranezze, meraviglie e dati esotici che avevano perso nelle collezioni europee, a cavallo tra fine Settecento e inizio Ottocento, senso e collocazione. Il raccogliere, il collezionare e l’esibire sono strettamente legati alla costruzione di un sapere – il nuovo sapere dell’antropologia. Collezionare e raccogliere alimenta una riflessione sui luoghi di provenienza e sui contesti d’uso degli oggetti, sui criteri attraverso cui ordinare e classificare quanto acquisito. In questo senso dunque le nuove collezioni e musei etnografici divengono luoghi di elaborazione di tematiche antropologiche. Questa importanza è testimoniata anche dalle spedizioni scientifiche intraprese direttamente da antropologi e dalle monumentali raccolte che ne sono derivate ( spedizione allo Stretto di Torres/ spedizione Dakar-Gibuti). Vi è dunque in Europa, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, una profonda ‘immersione’ nella cultura materiale esotica, sia in ambito scientifico sia presso un pubblico più ampio. È la cultura materiale, pensata in termini di livello tecnologico, che determina in definitiva le differenze nel grado di avanzamento e civiltà di una cultura rispetto a un’altra. Il successo della prospettiva evoluzionista contribuì certamente al riconoscimento sociale dell’antropologia, facilitandone il consolidamento istituzionale. Ma per le èlite l’evoluzionismo esprimeva anche il senso di una classe e nazione in ascesa. L’evoluzionismo però ha anche un fortissimo successo popolare. Aveva cioè una sorta di effetto consolatorio, nel momento della nascita di una cultura nazionale uniformizzante, il senso di essere parte del novero delle nazioni più avanzate al mondo. La ricerca degli ultimi anni ha messo in luce varie forme di popolarità e popolarizzazione di un evoluzionismo volgarizzato, che si sovrappone in molti casi a un pensiero razziologico e razzista. Nel consumo di oggetti e corpi esotici si apre uno spazio per la trasformazione dell’evoluzionismo scientifico in culture e ideologie nazionali. La linearità evoluzionista si apre a numerose direzioni: l’esotico e il primitivo sono accolti per esempio dalle avanguardie artistiche – dove il primitivo ispira un lavoro di rivoluzione delle forme artistiche, innovazione e cambiamento culturale. In una direzione regressiva, l’integrazione nazionale attraverso il primitivo produce anche modelli di categorizzazione degli strati deboli della società – gli strati popolari sono assimilati ai selvaggi all’interno delle nazioni europee. Dopo aver parlato dell’evoluzionismo, il riferimento va agli studi di Malinowski sullo scambio kula (= scambio cerimoniale di oggetti di prestigio) e a quelli di Boas sul potlatch (= non solo la redistribuzione di oggetti di prestigio, ma la distruzione degli stessi) – ripresi da Marcell Mauss nel ‘Saggio sul dono’ e posti a fondamento della teoria dello scambio da qui sviluppata. Sono gli oggetti e la loro circolazione che vanno a costruire le relazioni sociali. Gli oggetti kula, i beni distribuiti nel potlatch, i taonga maori sui quali Mauss costruire l’idea di hau come spirito della cosa donata, condensano entro se stessi relazioni sociali e la loro circolazione costruisce, alimenta e trasforma queste stesse relazioni. Gli oggetti alimentano e tramandano la memoria di queste stesse relazioni. Questi nuovi studi si pongono a fondamento della teoria dello scambio e della reciprocità. Lo scambio stabilisce un sistema di legami e obbligazioni sociali. Il principio che regolava questo scambio, la reciprocità, va a qualificare una specifica forma di società e di economia.

La scuola di Boas, e quindi l’opposizione all’evoluzionismo, tuttavia segna anche qui una rottura rispetto alla tradizione museografica. Boas si scontra con un mondo istituzionale che vuole celebrare nei musei una lettura evoluzionistica della storia umana, fondata sulla nozione di progresso da forme semplici a complesse. L’intenzione di Boas di disporre nel museo gli oggetti e le ricostruzioni di ambienti di vita legate a contesti specifici, non è accettata e questo conduce alle sue dimissioni da curatore del museo. Fabio Dei, in una recente ricostruzione del terma della cultura materiale legato all’ambito della vita quotidiana, vede negli sviluppi successivi alla teoria dello scambio una divaricazione tra la tradizione anglofona e la tradizione francese. Il ritorno di interesse verso gli studi di cultura materiale nel corso degli anni 1980 ha marcato quindi nel mondo anglofono la necessità di recuperare questa frattura attraverso un ritorno al dibattito sul dono e sullo scambio. A partire dunque da nuove ricerche su luoghi e temi classici.

COSTRUIRE MONDI REGIONALI NELL’ESPERIENZA Lo scambio kula, la stregoneria e gli eventi locali a Gawa – Nancy D. Munn

Nel celebre studio Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi – Benedict Anderson esamina alcune forme culturali e alcuni processi attraverso i quali possono essere comprese le relazioni sociali fra persone che non hanno mai avuto occasione di conoscersi direttamente. Lo studio di Anderson suggerisce un problema antropologico generale, volto ad analizzare i modi attraverso cui dei mondi, degli eventi o delle relazioni sociali distanti tra di loro possano emergere nell’esperienza del mondo immediato di qualcuno. A prescindere dalla distanza, ci possiamo chiedere come la comprensione di un mondo distante sia costruita attraverso processi culturali che rendono quest’ultimo evidente in quanto orizzonte del presente. I termini ‘presente’ o ‘immediato’ si riferiscono qui alla posizione spazio-temporale di un soggetto. Questo problema si ricollega all’interesse di Giddens per gli ‘gli aspetti e le modalità della presenza e dell’assenza nelle relazioni sociali umane’. Contrariamente all’approccio di Anderson, il trattamento di Giddens riserva al concetto di distanza non considera i processi simbolici in base a cui degli eventi distanti o delle relazioni diventano orizzonti di significato del presente di un attore. Nel 1974, durante il primo periodo di ricerca di Nancy Munn a Gawa, Silas, un importante capo kula, si ammalò improvvisamente… e un rituale pubblico di guarigione si tenne all’esterno della sua casa, con l’obbiettivo di imporre agli stregoni di cessare le loro attività omicide. Alcuni grandi capi kula, sostennero con forza il proprio disinteresse nell’ottenere un ben noto oggetto di valore, un bracciale di conchiglia chiamato Manutasopi, che Silas aveva ottenuto a seguito di uno scambio considerato irregolare lo stesso anno. Tuttavia, apparve chiaro che ciascuno dei partecipanti avrebbe potuto essere in competizione con Silas per Manutasopi, poiché ognuno di essi intratteneva un rapporto di scambio separato da John, l’isolano di Boagis che stabilì di donare la tanto desiderata conchiglia a Silas e a un suo influente compagno della vicina isola di Kitava. Nonostante ciò, i presenti cercarono pubblicamente giustificazioni: ad esempio, quando prese la parola Thomas, un capo kula anziano, egli insinuò che il sentiero kula che egli aveva con lo stesso John non giustificasse un dono così prezioso, per cui egli non si sarebbe mai aspettato di poter ricevere conchiglie di così alto valore come Manutasopi. Nel corso di questo rituale di guarigione, le transazioni kula più recenti tra isola e isola furono pubblicamente incluse nell’interpretazione della malattia di Silas attraverso ipotesi di stregoneria. Il maleficio contro chi riesce a ottenere conchiglie kula che altri desiderano, forma un potenziale negativo che rimane segreto e sottointeso in questi atti. Visto che una conchiglia kula di grande valore è oggetto di forte interesse, le tappe del suo reale percorso dovrebbero essere considerate il prodotto tanto di un’esclusione quanto di una selezione tra possibili riceventi. Ma mentre l’agency dei riceventi viene oggettivata in modo diretto nel percorso della conchiglia, la stregoneria sposta l’attenzione sull’agency degli esclusi: nel caso presente, i Gawani che non hanno ricevuto Manutasopi ma avrebbero potuto. Le connessioni sviluppate dalla transazione Manutasopi, in questo modo sono emerse come fonti possibili di continuità tra la catena di scambi e la presente malattia. Questo potere connettivo, tuttavia, non deriva esclusivamente dalla supposizione dei Gawani che la malattia implichi un agente nascosto… piuttosto, la sua forza dipende anche dalla credenza che gli atti di trasmissione o di ritenzione possano scatenare un evento futuro possibile, negativo e attivato da un’azione di esclusione. In un dato momento, ogni evento è permeato da un’atmosfera di potenzialità o ‘futurità’. Usando la terminologia di Husserl potremmo dire che ‘l’attributo (temporale) essenziale dell’evento implica sia una memoria ritentiva del passato sia una protensione verso il futuro’. Al tempo in cui avvenne la transazione Manutasopi, alcuni Gawani probabilmente la percepirono come protendente, foriera di conseguenze future distruttive, inclusa la stregoneria. I Gawani considerano l’attività onirica come un ‘vedere’ durante il sonno; vedere è la forma prototipica della conoscenza. I sogni in particolare sono considerati mezzi cruciali per dare visibilità all’invisibile, allo stregone e alle sue invisibili attività. In questo caso, gli eventi onirici visti direttamente dal sognatore e successivamente comunicati verbalmente agli altri creano una forma visibile all’azione della stregoneria, e fanno sì che essa si possa collegare alla malattia di Silas. La

malattia di Silas e le presunte azioni dello stregone sono perciò connesse e rese visibili attraverso atti di trasformazione e di interpretazione, che hanno di per sé un potere di evidenza. I Gawani riferirono dunque che la scelta dello scambio Manutasopi derivava dal sogno diagnostico del paziente o, secondo una diversa visione, dall’estrazione da parte del cacciatore di streghe di decorazioni pendenti di conchiglie kula dal corpo di Silas, segno che gli stregoni avevano compiuto un maleficio con l’aiuto di tali decorazioni, causando la sua malattia. Silas perciò sentì di essere vittima di stregoneria a causa di un bracciale, precisamente Manutasopi. Silas aveva sognato un uomo e una donna che gli dicevano di uscire di casa per preparare del cibo a dei visitatori kula; essi gli presero la mano e, conducendolo all’esterno, gli dissero che era destinato a morire. Gli eventi del sogno sono intesi qui sia come una predizione di eventi possibili (futuri) che come una rivelazione dei collegamenti tra gli eventi passati e la malattia attuale di Silas. Trasformando un evento passato nel suo futuro negativo, queste immagini oniriche trans-spaziotemporali mostrano ai Gawani l’azione di sovvertimento della stregoneria. Questo punto è illustrato ancor più ampiamente nelle immagini standardizzate di un altro sogno rivelato, durante l’incontro, da un uomo noto per possedere dei poteri come cacciatore di streghe. I Gawani pensano che una malattia o la morte possano derivare da un sentimento di rabbia nei confronti di eventi trascorsi da lungo tempo che ritorna alla memoria. Nonostante Silas fosse guarito dalla sua malattia del 1974, egli si ammalò nuovamente dopo cinque anni. Adesso la vicenda risultava strettamente legata a un conflitto tra Thomas e gli affini del suo più giovane fratello di clan, Peter. Il nucleo del conflitto fu il seguente  Thomas si sentì accusato di aver attaccato con la stregoneria Silas. La colpa dell’accaduto e l’accusa ricaddero in modo particolare su Daniel, un importante uomo kula e capo clan la cui figlia della sorella (= la nipote) era sposata con Peter, il fratello di clan di Thomas. Quest’ultimo, sentendosi preso di mira, iniziò ad isolarsi dalla stessa comunità. All’inizio del 1979, la malattia di Silas e l’attuale conflitto tra Thomas e Daniel si fusero con la successiva malattia di Daniel. L’agente centrale di questa connessione era infatti Thomas, che sentendosi accusato si comportò con afflizione e pena precipitando questi eventi e le loro connessioni. Thomas richiese un giudizio pubblico, nel novembre 1979 a seguito di presunti insulti rivoltigli da una parente di Daniel e da altri. Al momento della morte di Daniel, nel 1980, il conflitto tra lui e Thomas aveva assunto toni più moderati, anche se la relazione tra Thomas e le persone che appartenevano al suo clan era ancora di diffidenza. Il conflitto interno si inserì ora negli sforzi dei Gawani di organizzare la competizione kula (uvelaku) che avrebbe bilanciato quella del 1979. Il conflitto si inserì in un contesto in cui i Gawani stavano pianificando delle transazioni inter-isola, “guardando al di fuori” – cioè verso relazioni inter-isola. Le competizioni uvelaku operano nei termini di uno specifico ciclo spaziotemporale che connette competizioni di apertura e chiusura. Il vincitore di un uvelaku di apertura (vaga) sponsorizza il successivo uvelaku, che deve essere tenuto per le conchiglie che vengono dalla direzione kula opposta. La forma del ciclo uvelaku è la stessa del modello di reciprocità del kula di base. L’uvelaku sottende cioè la modalità di base del kula di formare una sequenza ripetitiva. La malattia è proiettata nella coscienza dei Gawani come avente ripercussioni (positive o negative) sull’organizzazione locale del successivo uvelaku, che è indirizzato alla creazione di transazioni kula translocali. La trasformazione del conflitto interno mostra come i Gawani non vanno semplicemente indietro nel passato per trovare una spiegazione al presente, ma tentano di neutralizzare gli attesi effetti distruttivi di alcuni eventi passati e di prefigurare futuri positivi. Nancy Munn, in questo articolo, ha messo a fuoco l’importazione degli eventi dello scambio kula translocale nell’esperienza immediata Gawana di eventi locali; questi ultimi così acquisiscono quel mondo più ampio come loro orizzonte. Nell’esperienza un evento non è semplicemente ‘locale’ o ‘translocale’, dal momento che i suoi passati riconosciuti (e futuri) potrebbero collocarsi su entrambi le dimensioni. I passati e i futuri sono incorporati in eventi particolari o tipi generali di eventi. Perciò la ‘struttura culturale’ si riferisce ai vari modi attraverso cui una società forma lo spazio-tempo delle relazioni legate a un evento nell’esperienza. Due caratteristici modi Gawani di connettere eventi sono la stregoneria e lo scambio kula… i quali non sono interamente separati e possono assumere due tipi di base di agency potenziale  l’agency sovversiva dell’altro escluso o dello stregone, e l’agency desiderata dell’altro incluso o del ricevente.

CULTURA MATERIALE E POTERE COLONIALE Il collezionismo etnologico e l’instaurazione del governo coloniale nelle Figi – Nicholas Thomas

Gli oggetti sembrano restare uguali anche nel momento in cui il contesto in cui sono inseriti si trasforma. Eppure, le proprietà intrinseche di una cosa hanno un significato solo nella misura in cui queste sono riconosciute e usate praticamente; gli elementi più importanti di una cosa non sono connaturati alla sua struttura materiale.

I viaggiatori di fine Settecento descrissero, illustrarono e portarono in Europa un’enorme quantità di ornamenti, armi, utensili e oggetti rituali polinesiani. Questi articoli erano definiti ‘curiosità’ o ‘curiosità artificiali’ – sostenere che un oggetto fosse ‘curioso’ significava ritenerlo interessante senza fornirne un giudizio estetico. Il carattere relativamente disinteressato della curiosità di questi primi viaggiatori verso le consuetudini e la cultura materiale indigena rifletteva la sete di conoscenza illuministica per i popoli sconosciuti e le culture inesplorate, relativamente svincolata da progetti di dominio e appropriazione di questi popoli. A facilitare l’apprezzamento estetico delle curiosità artificiali non furono semplicemente liberalità e buona istruzione, ma anche le circostanze in cui avvenne l’incontro con i popoli dei Mari del Sud. Le isole erano visitate per brevi periodi… in genere gli equipaggi dormivano e consumavano i pasti a bordo (come se fossero in mare aperto)… si procuravano cibo, legna e acqua attraverso il baratto e delle volte si spostavano in altre isole. Non erano interessati a impossessarsi di terre e di conseguenza non ingaggiavano combattimenti, se non di rado. A differenza di molti colonizzatori successivi, essi non si proposero di riorganizzare le relazioni sociali degli indigeni… essi non programmarono alcuna forma di intervento. In epoche successive, invece, ci si occupò più seriamente dei produttori di quegli oggetti. Questo contatto aprì la strada all’invasione. È importante distinguere tra il funzionamento degli oggetti in quanto simboli culturali e i significati derivanti da una molto più specifica identità. Il funzionamento dei manufatti come simboli materiali di particolari eventi o situazioni si manifestò nella trasformazione delle armi figiane in simboli del cannibalismo del passato, operata dai missionari e coloni. All’inizio degli anni Sessanta dell’Ottocento si ebbe un’impennata della coltivazione di cotone e potenziali coltivatori si riversarono nelle Figi principalmente dall’Australia, con il risultato che nel 1871 vi risiedevano tremila bianchi. Essendo interessati principalmente ad avviare piantagioni di cotone, essi consideravano i nativi figiani un intralcio. L’attaccamento di questi ultimi alla propria terra costituiva un ostacolo. Si scoprì poi che i figiani volevano fare solo lavori brevi con paghe relativamente elevate. Il problema della manodopera poteva essere risolto soltando importando forza lavoro dalle Isole Salomone e da Vanuatu. Il fatto che i figiani non rappresentassero più una forza lavoro, portò alla diffusione di atteggiamenti razzisti e della sensazione che le amministrazioni coloniali curassero maggiormente gli interessi dei nativi rispetto a quelli dei bianchi. Lungi dal riconoscere gli aspetti più ‘civilizzati’ della società figiana, i piantatori vedevano nei Figiani esclusivamente dei disdicevoli ostacoli allo sviluppo. In conseguenza all’indifferenza e ostilità dei coloni, i resoconti scritti su questo argomento sono molto pochi: bisogna quindi affidarsi a documentazione indiretta, come la descrizione di von Hugel. I piantatori non erano interessati a produrre una rappresentazione collettiva dell’identità figiana, e di conseguenza attribuivano scarso valore ai simboli materiali di tale identità. Armi e forchette simboleggiavano semplicemente la bestialità dei Figiani e non erano, per coloro che se ne appropriavano, oggetti...


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