Il culto dell emozione lacroix riassunto dettagliato PDF

Title Il culto dell emozione lacroix riassunto dettagliato
Author Emma Lonardi
Course Sociologia Politica
Institution Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli
Pages 18
File Size 373.8 KB
File Type PDF
Total Downloads 100
Total Views 143

Summary

Riassunto del libro il culto dell'emozione...


Description

IL CULTO DELL’EMOZIONE – LACROIX Introduzione Ci sono periodi storici in cui l’emozione sembra risvegliarsi da un assopimento, come accadde nella seconda metà del diciottesimo secolo (romanticismo); oggi in molti ritengono di star vivendo un periodo analogo. Basti pensare alla sete dell’opinione pubblica di notizie sconvolgenti: catastrofi, cronaca nera e trionfi sportivi; si parla di vere e proprie ondate di shock in grado di rivelare l’iperemotività della psiche collettiva. Ad essa contribuiscono non solo avvenimenti drammatici del quotidiano, ma anche la stessa cultura dell‘intrattenimento, così che l’emozione diventa un vero e proprio oggetto di mercato di cui gli specialisti sono in grado di calcolare l’impatto, ma non solo perché l’emozione assume anche le caratteristiche di un rito (festa di Halloween). Più in profondità le grandi correnti sociologiche della nostra epoca possono tradursi in altrettante aspirazioni ad un rinnovamento della vita emotiva, in quanto esprimono il bisogno di dare una forte tonalità affettiva all’esperienza del mondo. - Ne sono un esempio l’atteggiamento ecologista, le nuove pratiche religiose (New Age, trance…) che elevano l’affettività a strumento conoscitivo ridando importanza ad una certa dimensione occulta in grado di suscitare infatuazione dovuta alle forti sensazioni che esse procurano. L’individuo è spinto così ad aggregarsi in gruppi ad alta densità affettiva e così facendo la società pian piano si retribalizza. L’uomo moderno vuole vibrare insieme agli altri. Questo ritorno all’emozione costituisce allo stesso tempo una ricchezza ed un pericolo: una ricchezza perché ci permette di placare gli eccessi della razionalizzazione, l’emozione funge da sfogo salutare alla razionalizzazione moderna, essa torna al centro anche della riflessione antropologica contrapposta alle teorie degli anni cinquanta per cui l’emozione costituiva un handicap. Un pericolo invece perché il suo ritorno dà alla sensibilità un orientamento unilaterale, l’interesse è volto sempre più all’emozione di tipo forte e di conseguenza sempre meno ad un sentimento di carattere durevole, la vita affettiva diventa una vita di puro movimento (azione) e non più di raccoglimento (contemplazione). Per sentirci vivi abbiamo bisogno di esperienze violente (estasi, musica frenetica, atti di violenza, sport estremi, raves...). Dunque in conclusione si parla di una bulimia di sensazioni forti, che si accompagna ad un’anestesia della sensibilità. I sentimenti si impoveriscono, ci si emoziona molto ma non si sa più davvero sentire. 

Capitolo primo: tutta l’emozione del mondo

Nonostante tutto si può ancora essere emozionati nella nostra epoca, l’emozione conserva un posto nel nostro mondo tecnico e razionale. Esistono ancora persone sensibili. 1- L’emozione, oggetto pubblicitario: Come ben noto la pubblicità è lo specchio dell’anima collettiva ed il tema dell’emozione è diventato ultimamente elemento essenziale delle campagne promozionali. I pubblicitari hanno capito che l’emozione fa vendere! Campagne pubblicitarie di questo tipo (FNAC, Coca-cola, SNFC, Peugeot) rivelano due tratti della psiche contemporanea: una sete d’emozione che si concretizza con il suo ritorno, ma anche il pericolo di uno sviamento dell’emozione stessa nella società dei consumi. Facciamo davvero buon uso elle nostre emozioni? Questa domanda rimane dubbiosa in quanto spesso gli oggetti ai quali chiediamo di “smuovere” la nostra anima sono semplici artifici (consumismo), si percepisce una certa strumentalizzazione dell’emozione. Per questo il ritorno di questa comporta anche il suo stesso traviamento: si parla di riscoperta e corruzione. 2- Cultura dell’immagine, cultura dell’emozione: Proseguendo l’analisi della società moderna, è possibile notare che gli svaghi che gli individui chiedono alla cultura sono tendenzialmente di tipo affettivo, o in grado di agitare la nostra sfera emozionale (film come Blu profondo, The Beach… presentati come carichi di emozioni in grado di fare audience). Così l’eroe moderno del nostro

tempo è rappresentato dal sensation-seeker (cacciatore di sensazioni) che rispetta la legge dello zapping emozionale. Il medium televisivo fa surfing sull’emozione, ma non si limita alla cinematografia, anche le fiction televisive vengono appositamente “tagliate su misura” e i programmi televisivi a scopo informativo (telegiornali ecc…) subiscono un vero e proprio contagio emozionale 3- Lo sport a servizio dell’emozione: Non è vero che la tensione della nostra vita affettiva ci è imposta dai media, ognuno contribuisce attivamente a tendere la molla delle emozioni, inventando metodicamente occasioni per vibrare; ne sono un calzante esempio le pratiche sportive, di esse si apprezza sempre più la velocità ed il rischio. Queste realizzano una sospensione dallo sforzo muscolare a vantaggio di quello sensoriale, lo scopo non è più quello di consumare energie ma di captare ed elaborare in tempo reale molteplici informazioni provenienti dall’ambiente, di controllare l’equilibrio, di sentire il proprio corpo. Questi sport esaltano dunque un atteggiamento cibernetico, l’arte del pilotaggio mediante cui il corpo si rende libero per il godimento dei sensi. Si ricerca dunque la vibrazione emotiva in grado di trasportarci e di darci l’impressione di essere sovrumani. 4- Una società iperemotiva : La nostra epoca viene descritta come “sotto il segno dell’emozione” in quanto nessun settore della vita collettiva contemporanea sfugge al suo contagio, per cui le grandi tendenze sociologiche attuali possono intendersi come altrettanti tentativi per dinamizzare la vita emotiva: 1. La New Age erige l’affettività a mezzo di conoscenza invitando alla scoperta del corpo, 2. Affine ad essa l’ecologia, che si nutre di emotività (ossessione delle catastrofi, risveglio della natura nelle sue forme estreme e mistiche), 3. Le nuove pratiche religiose (movimenti e sette) rivalutano un ritorno all’emozione volgendo le spalle ai formalismi. Esse restituiscono un posto al sentimento del “numinoso”: un misto di terrore e attrazione per il soprannaturale (R. Otto). Le forme di pietà di oggi esaltano la partecipazione del corpo al rito, la trance e una certa infatuazione per il paranormale, l’irrazionale delle esperienze affettive eccezionali. Viene rivalutato il gusto delle commemorazioni e il culto del passato, molti obbediscono a nuovi bisogni e al desiderio di immergersi nella nostalgia. La carica emozionale è grande anche nei movimenti identitari, etnici e regionalisti secondo una retribalizzazione della società che è strettamente collegata al ritorno dell’emozione. Anche nel mondo del lavoro l’emozione è all’ordine del giorno, basti pensare agli stage di “sviluppo personale e professionale” per permettere una migliore gestione dei sentimenti in una collettività

5- La politica afferrata dall’emozione: Anche la politica subisce questo contagio emozionale, la propensione a scandalizzarsi, la compassione, le reazioni emotive prendono talvolta il posto del giudizio critico, dell’analisi e del dibattito. Non si rischia dunque di reagire in maniera eccessiva? Possiamo osservare come due dei principi che reggono la politica moderna siano collegati all’emozione: innanzitutto il dovere della memoria, imperativo della coscienza morale e dell’affettività/emozionale che esprime un forte rifiuto all’indifferenza. Inoltre, secondo V. Jankélévitch, il principio di precauzione comporta un incontestabile aspetto di timore (euristica della paura secondo H. Jonas). Oggi i capi di Stato devono rispondere in modo adeguato alla domanda emotiva dell’opinione, non possono esimersi al mostrarsi umani, compassionevoli, empatici; così l’aspetto affettivo in politica esercita un’evidente funzione compensatrice e di personalizzazione del potere. Paradossalmente la forza della moderna leadership risiede nella capacità di svelare una sensibilità e fragilità del tutto umane, perché la collettività si riconosce nell’immagine di uomini capaci di vibrare.

 Capitolo secondo: L’emozione, un ripiego? Quali sono le cause di questo ritorno all’emozione? Innanzitutto la spiegazione deve partire dal meccanismo di compensazione. In un contesto di perdita delle ideologie e confusione, il rifugio nella vita emotiva costituisce un rimedio allo smarrimento dell’uomo moderno. Le energie di quest’ultimo, prive di sbocchi a livello politico, si concentrano interiormente fermentando in emozione. Inoltre, la generazione degli anni ’60 si annoiava ma era ricca di progetti, credeva nelle ideologie... quanto a noi, la noia ci minaccia allo stesso modo ma non abbiamo più uno sfogo adatto, non vediamo vie di uscita in ambito politico. L’elettroencefalogramma rivoluzionario è piatto, si preferisce accontentarsi della semplice indignazione politica sostituendo l’impegno stesso. 1. L’emozione, succedanea all’azione: Il ripiegamento nella vita affettiva è favorito dal periodo di profondo cambiamento nel quale viviamo, in cui ha luogo un continuo processo di mondializzazione e differenziazione verso un futuro che nessuno controlla. Sappiamo dunque che non saremo gli attori di questa evoluzione, ma soltanto impotenti spettatori, per cui in mancanza del potere di agire non resta che l’emozionarsi, esercitare dunque il mio potere sulla mia anima. Il cambiamento impossibile all’esterno, viene diretto verso l’interiorità. L’unico campo di battaglia rimane quello delle sensazioni forti, ci intossichiamo con esperienze emotive, droghe e sport rischiosi in grado di inebriarci. 2. Le generazioni romantiche: Nella storia della Francia, sono due le epoche simili a quella che stiamo vivendo oggi. La prima nel 1815 dopo la caduta di Napoleone in cui una parte dei giovani fu presa da un sentimento di disincanto, divisi tra il ricordo nostalgico della Grande Armata e la noia della restaurazione e dal ritorno della pace. La sensibilità si mostrò dunque come diversivo, esasperando il sentimento romantico di una generazione sempre più contemplativa che si nutriva dell’immaginazione raffinata. Le emozioni erano raccolte, profonde e metafisiche e la vita dell’anima offriva agli individui una prospettiva di evasione (la belle fuite) che si ripresentò secondariamente anche nel 1870, difronte alla sconfitta francese contro la Prussia. Un’atmosfera di rassegnazione si abbatté sul Paese, i francesi sognavano di cancellare l’umiliazione subita inneggiando alla “Revanche”. Ci si pensava sempre ma non se ne parava mai, cercando l’evasione nella sensibilità. Se dunque associassimo al “romanticismo” l’atteggiamento d’evasione e contemplazione passionale ci accorgeremmo che non solo queste due epoche sono state romantiche, ma lo è anche la nostra generazione, coltivando il “romanticismo dell’emozione” 3. L’emozione e il culto dell’io: Oltre alla spiegazione che riduce l’emozione al semplice ruolo di compensazione, notiamo che questa non è soltanto un palliativo o un mezzo per sfuggire allo spleen e a se stessi, ma l’uomo cerca l’emozione proprio perché gli sembra un mezzo per essere se stesso. Il ritorno dell’emozione è sostanzialmente una manifestazione dell’individualismo contemporaneo.  Capitolo terzo: L’Homo sentiens, ideale del nostro tempo Ogni periodo storico ha il suo tipo ideale: la società medievale conobbe il cavaliere valoroso e cortese, il Rinascimento inventò l’uomo di corte, il XVII secolo ebbe l’hônnete homme, il XVIII il filosofo illuminato e il XIX esaltò l’imprenditore borghese. Qual è il nostro? La persona che venera l’emozione, l’Homo sentiens. 1. L’arte di vivere nella e per l’emozione: L’uomo emozionale ha come prima caratteristica di non temere le emozioni, non si sente minacciato né sente il bisogno di reprimerle. Di smentita alla psicologia accademica, il culto dell’emozione ribatte che quest’ultima non è una debolezza, ma una possibilità di successo che se ben coltivata favorisce la maturità della persona e la cura di sé.

L’ideale dell’uomo emozionale si accompagna ad un’esigenza di autenticità, si è se stessi solo quando in grado di sentire ed esprimere le emozioni che agitano la nostra anima: “Essere significa sentire” (A. Janov padre della tecnica del “Grido primale”), “Felice chi sa fremere” (Goethe), è la capacità di fremere l’attributo più prezioso della nostra umanità. Così si articola una filosofia antiintelettualistica che ribalta la gerarchia abituale delle facoltà dell’anima facendo scendere il cerebralismo dal suo piedistallo e conducendo alla primitività dei sensi. Il culto dell’emozione fa propria l’idea anti-occidentalista attuale secondo cui si dovrebbe ridimensionare l’influenza del cervello sinistro (analitico, razionale) a vantaggio di quello destro (artistico, pulsionale) troppo spesso trascurato nella cultura dell’Occidente. Inoltre il culto dell’emozione è caratterizzato per il posto dato al corpo, riabilitandolo siamo condotti a riabilitare l’emozione stessa, il cui vantaggio è di partecipare al contempo della vita dell’anima e di quella del corpo. Lasciar parlare le proprie emozioni significa dare la parola al corpo, secondo un modo di vivere organico che ci permette di imparare di nuovo a “essere” il proprio corpo. 2. Oltre il razionalismo: L’uomo emozionale cerca di stabilire un rapporto sensitivo con il mondo, non si lascia svelare che attraverso l’emozione a discapito delle funzioni cognitive. La sensibilità è il suo mezzo privilegiato di conoscenza, come per la New age che rifiuta di mettere tra parentesi la soggettività cercando di abolire ogni separazione tra l’oggetto della conoscenza e il soggetto che conosce. Grazie all’emozione questi sono in grado di compenetrarsi e fondersi. Questa promozione dell’affettività in chiave anti-positivista ricorda l’Einfühlung romantica (empatia, simpatia simbolica). Insomma il culto dell’emozione considera il mondo non come oggetto di conoscenza né come materia da dominare attraverso la tecnica, ma come mezzo di godimento, in cui è il fremito stesso dell’emozione a dare colore al mondo. 3. Il “cogito” sensibile: Che posto riserva l’homo sentiens alla riflessione su sé? Cosa succede alla coscienza di sé nell’era dell’emozione? Cartesio affrontava la riflessione su di sé in un’ottica conoscitiva, scorgeva nel fondo di sé innanzitutto il fatto di pensare: je pense donc je suis (cogito ergo sum). Esplorando la propria interiorità scopriva la sostanza pensata (res cogitans), prima tappa nella scoperta della verità per il suo contenuto come per il suo obiettivo, un cogito di tipo intellettuale. L’uomo emozionale invece non si propone di analizzare il contenuto del suo pensiero, ma di ritrovare i propri affetti ed emozioni, si dedica ad esperienze di tipo affettivo e non cognitivo. Non dice “so di pensare”, ma “so di sentire”. (come se fosse discepolo di Rousseau) L’homo sentiens vuole godere due volte: la prima nel momento in cui è afferrato dall’emozione, la seconda prendendone coscienza. Vuole sia sentire che poter dire di sentire secondo un cogito emozionale. 4. La meditazione e l’emozione sono incompatibili? : La pratica della meditazione suscita una vera infatuazione nella società attuale e costituisce un elemento importante per lo sviluppo personale ed il benessere. A prima vista sembra essere in contraddizione con l’emozione, in quanto la meditazione mira a sopprimere ogni agitazione e ad annullare le manifestazioni della vita emotiva per raggiungere uno stato di serenità. La meditazione assimila al mentale una distesa d’acqua, lo scopo è calmare le onde (vrittis) tanto più tumultuose quanto più cariche d’emozione, per potersi guardare come sulla superficie di uno specchio. La rinuncia affettiva da parte di chi medita non è però affatto radicale, le parole che essi stessi usano (oasi di pace, immensità intima…) sono comunque esaltazione ed emozione in termini edonistici e non gnoseologici. Chi medita ammette di essere alla ricerca di sensazioni interne potenti in grado di provocare puri piaceri da gustare intensamente. La meditazione, se ben guidata, deve portare all’estasi. Coloro che meditano considerano la loro anima qualcosa di dilettevole che si scopre sorgente di gioia infinita, l’io profondo è un tesoro che viene portato alla luce con ebbrezza. La vita interiore è per loro una voluttà, la cui opposizione con l’emozione fondamentalmente svanisce. Certo sì, la meditazione

inizia con il congedarsi dalle emozioni, ma solo da quelle che si formano nella superficie della vita psichica (le onde vrittis), per far posto a emozioni provenienti dal nocciolo dell’essere. 5. Lo spettro dell’impassibilità: Una delle figure più contrapposte all’ideale di uomo emozionale è quella del saggio stoico (Seneca e Marco Aurelio) caratterizzato dall’impassibilità, dall’atteggiamento di assenso coraggioso e rassegnazione in contrasto con la nostra frenesia emozionale. Accanto allo stoico si affianca la figura di colui che è incapace di provare emozioni, che afflitto dalla patologia dell’alexitimia si caratterizza per la sua indifferenza verso il mondo circostante. Viene affrontato in questo paragrafo il caso di Gage, che nel diciannovesimo secolo perse la sua competenza emozionale in seguito ad un incidente ferroviario sebbene conservasse ancora tutta la sua intelligenza. “Sembrava aver perso la facoltà di provare sentimenti, di percepire quegli degli altri e di esservi sensibile” – scrisse il giornalista Golemann a proposito di un caso simile. Tutte le epoche inventano figure di contrasto opposte al proprio ideale di vita, come l’impulsivo giovane selvaggio dell’Aveyron che rappresentava l’anti-ragione antinomia dell’uomo del diciottesimo secolo. L’equivalente moderno del ragazzo selvaggio del dottor Itard è un individuo per il quale il mondo non risveglia più alcuna eco emotiva, un uomo privo della natura che “Al pari del folle egli ha perso tutto eccetto la ragione” – scriveva Chesterton 

Capitolo quarto: “Liberate le vostre emozioni” Il culto dell’emozione, ultima manifestazione dell’individualismo, rappresenta l’apogeo dell’io: ogni progetto di realizzazione di sé passa ormai dall’attuazione del proprio potenziale emozionale. Ma in che modo è possibile attuare questo potenziale? Liberare le proprie emozioni è l’abc della realizzazione di sé, come se l’aspirazione alla libertà si spostasse verso la sfera dell’intimità. Il progetto individualista non mira più a conquistare le libertà pubbliche, ma ad ottenere il diritto di manifestare la propria emotività. 1. La lotta contro la repressione sociale delle emozioni: La liberazione emotiva avviene in tre tappe: la prima è sociologica. L’uomo per sviluppare la sua vita emotiva dovrà cominciare ad emanciparsi dalle convenzioni e costrizioni sociali che pesano sull’emozione. Fino ad oggi la società ha disapprovato le esplosioni emozionali, pretendeva di controllarle e limitarne l’espressione. Addirittura venivano pubblicati nel XIX dei manuali di buona educazione/condotta meglio detti di “buona creanza” che invitavano ad arginare l’emozione, la società esigeva individui che presentassero un’immagine di sangue freddo, di dominio su se stessi (il ventaglio doveva coprire il rossore delle donne emozionate/imbarazzate che dovevano darsi un contegno). Con una sorta di coercizione psicologica la repressione dell’affettività ebbe inizio alla fine del medioevo, precedentemente le emozioni si esprimevano più liberamente e in maniera spontanea. Così il culto e ritorno dell’emozione inaugura una nuova era della storia dell’Occidente. 2. Una liberazione selettiva: L’emancipazione delle emozioni è tuttavia oggi selettiva, tanto che nelle relazioni professionali e sociali, una costante esigenze impone all’individuo di mostrarsi rilassato, cool. Non è quasi ammesso mostrarsi tristi in pubblico ed esternare il proprio dolore. Un’altra emozione particolarmente da tenere sotto controllo è la collera, essa altera le relazioni umane e ciò è del tutto inammissibile in un momento di terziarizzazione del lavoro e di moltiplicazione delle relazioni faccia a faccia, in cui l’efficacia dei compiti dipende in larga misura dalla capacità di mostrarsi paziente e gentile. Inoltre la collera è condannata anche per il suo legame con i valori militari, non è forse maschilista? Essa sottolinea un atteggiamento poco simpatico in un’epoca di promozione dei valori femminili, in cui la collera non fa che apparire psicologicamente malsan...


Similar Free PDFs