Il territorio dell\'architettura PDF

Title Il territorio dell\'architettura
Author Federico Ambrosi
Course Laboratorio progettuale
Institution Politecnico di Milano
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Vittorio Gregotti è un architetto, saggista e designer italiano. Si laurea in Architettura al Politecnico di Milano nel 1950. Negli anni '50 partecipa ad un seminario internazionale a Hoddesdon, dove ebbe modo di conoscere, Le Corbusier. Come Aldo Rossi inizia la sua carriera collaborando con la storica rivista Casabella, diretta da Ernesto Nathan Rogers e di cui diverrà a sua volta direttore. Nel 1974 crea il suo studio professionale “Gregotti Associati International “, che da allora ha realizzato opere in una ventina di paesi con successo. La sua opera si lega inizialmente a quei movimenti come il Neoliberty di reazione al Movimento moderno ed alla sua interpretazione italiana definita Razionalismo italiano, di questo genere l'esempio più significativo è il palazzo per uffici a Novara del 1960. Giungerà poi, a progettare una megastruttura architettonica per le università di Palermo nel 1969, di Firenze nel 1972 e della Calabria nel 1974. Durante la sua carriera ha scritto ben diciassette libri senza mai scadere in qualità, che spaziano all’interno della saggistica come critiche e riflessioni sulla materia dell’architettura. “Di che cosa è fatta la cosa dell’architettura?”. Alla propria domanda Gregotti risponde dicendo che: “si tratta della forma delle nostre materie ordinate allo scopo dell’abitare, del produrre e rilevare luoghi come cose: il suo compito è dare significato all’intero ambiente fisico, Progettare significa quindi ordinare la particolare complessità dei sistemi di materiali di cui è composta l’architettura. Siamo pervenuti così a un’idea che ci pare centrale per il nostro modo di pensare la progettazione: essere la struttura della progettazione di natura fondamentalmente formale; ogni altro aspetto (stilistico, ideologico, tecnico, economico) è solo materiale, anche se tale materiale orienta particolarmente il processo della progettazione. Non rivoluzioneremo mai la società per mezzo dell’architettura, ma potremo rivoluzionare l’architettura: questo è comunque ciò che dobbiamo fare come architettura. ”1

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Vittorio Gregotti, Il territorio dell’architettura.

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Il libro viene suddiviso in quattro parti, dove in ognuna di esse l’architetto si concentra su un argomento ben definito cercando di spiegare la funzione o il ruolo di quest’ultimo. Nella prima parte, Vittorio Gregotti, ripone la sua attenzione principalmente sulla figura dell’architetto, in quanto soggetto operante, su quella dell’architettura in quanto essenza, attività, prodotto e sul progetto architettonico. Gregotti inizia dando una definizione di progetto dal punto di vista dell’architettura dicendo:” il progetto è il modo con cui vengono organizzati e fissati, in senso architettonico, gli elementi di un certo problema.” 2 Continua dicendo “tuttavia non possiamo dimenticare che il progetto architettonico non è architettura, ma solo un insieme di simboli coi quali noi cerchiamo di fissare e comunicare la nostra intenzione architettonica”3, infatti per poter fare architettura bisogna comprendere l’importanza di ogni singolo dettaglio, perché nulla è dettato dal caso, ma tutto viene rigorosamente programmato in base alle esigenze e al contorno. Proprio per questo Gregotti ci fa capire che per fare un progetto architettonico bisogna pensare ad un insieme di “simboli”, che fusi tra di loro creino un unico blocco che può comunicare la nostra intenzione architettonica. Gregotti parla anche del suo ruolo di architetto nel passato e nel presente vedendo un evidente cambiamento del suo ruolo dovuto proprio all’affermarsi della moderna tecnologia e delle nuove tecniche progettuali e di realizzazione. Oggi l’affermarsi di nuovi mestieri e la divisione dei compiti ha sicuramente ristretto il suo campo lavorativo. L’autore mette in evidenza che la parte principale dell’elaborazione e la successiva realizzazione del progetto, la capacità creativa, intesa come misto di originalità e inventiva, è ancora di competenza esclusiva dell’architetto. Quanto all’architettura, invece, l’autore identifica come scopo di essa quello di ordinare razionalmente l’ambiente circostante, al fine di migliorare qualitativamente l’assetto urbano instaurando relazioni tra i vari elementi e le rispettive funzioni dell’ambiente fisico. Ma oltre al riordino dell’ambiente circostante e del rispetto dell’ambiente fisico, un altro scopo molto importante è quello della comunicazione di dati per la corretta esecuzione dell’opera. Nella seconda parte, studia l’ambiente come completamento dell’architettura, il contesto in cui l’architettura si realizza e assume una forma, guardandola sotto un punto di vista estetico e come essa, una volta insediatasi agisce e trasforma il contesto. Lo stesso Gregotti afferma “l’ambiente circostante è il prodotto degli sforzi dell’immaginazione e della 2 3

Vittorio Gregotti, Il territorio dell’Architettura, Il progetto di architettura, pag. 11 Vittorio Gregotti, Il territorio dell’architettura, Autonomia della fase progettuale, pag.12

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memoria collettiva che si esplicano e si realizzano per mezzo di opere” 4, con questo Gregotti vuole esplicitare il suo pensiero che tutti i progetti insediati nell’ambiente vengono a contatto con esso, lo condizionano e lo modificano diventando nuovo, diverso. Di conseguenza, se si pensa all’insediarsi dei palazzi, ville, anche l’aspetto urbano subisce le sue modificazioni continue che cambiano la configurazione di un sistema. Nella penultima parte affronta il tema dei materiali che si sono susseguiti nella storia dell’architettura, essi con il passare del tempo si evolvono, ma senza dimenticare qual è la loro evoluzione, storia, tradizione. Gregotti, nell’affrontare questo tema, afferma che: “la storicità dell’architettura non solo come consapevolezza del proprio passato, ossia del rapporto tra progetto e tradizione dell’architettura, ma innanzitutto considerando l’architettura stessa come una materia storica. […] L ‘architettura è materia di storia come documento per altre discipline ed inoltre ha assunto nel suo prodursi il compito di testimoniare l’avvenimento storico”. Con questo, ci fa campire l’importanza dell’architettura, come essa è la “base” per tutte le altre discipline, come può essere conoscenza dove ogni singola persona può immaginare a suo modo, come una sorte di ponte attraversabile per giungere al vero progetto. Compito dell’architetto è quindi quello di riconoscere nella struttura la sua storia e i suoi retroscena. Però è necessaria la conoscenza di altre materie come la geometria, ecc. Nella quarta parte Gregotti prende in esame il tipo, con il suo significato e con il suo utilizzo. Gregotti lo spiega paragonandolo al modello da cui si traggono copie e schemi di comportamento o come insieme di tratti che ci permettono una sua classificazione. A porre rimedio a questa situazione Gregotti afferma che bisogna concentrarsi sull’ambiente ed integrarlo nelle strutture, guardandolo come parte integrante e fondamentale del progetto architettonico, rivalutando altresì il tipo stesso. In conclusione, l’autore ritiene che il mestiere dell’architetto risponde al bisogno più sottile dei cittadini, quindi quello di reperire strutture in grado di configurarsi come strumento di semplice servizio, per le più comuni esigenze e per le aspettative del futuro non quello di realizzare un miglioramento funzionale o puramente estetico del contesto in cui questi sono inseriti. Nel testo le varie riflessioni interessano la ricerca nel campo dell’architettura con i suoi interrogativi sul reale, architettura vista come un testo di cui fanno parte: l’edificio, il paesaggio, il territorio urbano, l’intera dimensione territoriale. 4

Vittorio Gregotti, Il territorio dell’architettura, Il paesaggio come estetico, pag.61

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Il progetto di architettura, è descritto come realtà complessa e nel contempo unitaria, da condurre con consapevolezza. È un operazione che implica la connessione fare/prevedere, dunque il processo nel suo sviluppo fino a far coincidere l’azione esecutiva con il progetto. Le variabili della complessità tecnico-economica-sociale, comportano una dettagliata previsione progettuale. Quindi un processo dettagliatamente progettato che faccia corrispondere il realizzato alle cose desiderate. Il progetto architettonico è un insieme di simboli (piante, sezioni, prospetti, ecc…) con cui si comunica l’intenzione architettonica, ma l’insieme progettuale ha un’azione significante. L’operazione progettuale di ideazione è una fase dell’operazione architettonica che va distinta dalla costruzione e dal consumo dell’oggetto, vi sono azioni progettuali distinte, va scissa l’unità tra progetto e esecuzione. Il raccordo è stringente con tutte le implicazioni socioeconomiche, esse si presentano come realtà complessa ma da prendere in considerazione nella totalità. Non è altro che la struttura verticale considerare implicazioni-risultati (intero ciclo produttivo), considerare cioè sempre più razionalmente anche i risultati prodotti in seguito. Queste riflessioni portano alla connessione tra ricerca scientifica e ricerca progettuale in architettura. Oggi più che mai, senza gerarchie preconcette, il senso artistico dell’architettura non può separarsi dal metodo scientifico che non è altro che la ricerca. Considerando che quest’ultimo, da una parte, ha il compito di fornire informazioni corrette sulla realtà, contribuendo a precisare i temi delle trasformazioni, la loro natura, i loro bisogni, i loro contesti e le risorse necessarie per attuarle, dall’altra di rendere possibile la valutazione preventiva delle qualità del progetto che come è noto deve esprimere un plusvalore di una previsione e anticipazione, possibilità certamente legate alla capacità del progettista ma anche dipendenti dalle decisioni multiformi e dalle interazioni che intervengono in tutto l’iter del processo. È comunque la creatività che colloca il progetto e in generale l’architettura nella sfera dell’arte; è il metodo scientifico che consente al progetto di stare nella complessità senza pretendere di esaurire la conoscenza e il controllo, ma per navigare in essa facendosene ispirazione. Ecco perché bisogna conoscere i dati e leggerli nelle possibili connessioni e eventualmente anche discuterli per fondare altre ipotesi. L’esperienza progettuale si fonda come conoscenza critica dei dati in funzione dell’ipotesi di progetto e a sua volta è un modo architettonico dei dati. Si sottolinea il legame tra l’architettura al luogo, all’esperienza umana, in cui agiscono parallelamente, la memoria, l’immaginazione, l’inconscio e la conoscenza. Ciò significa che l’opera scaturita da una serie di operazioni 4

euristiche (cioè risolvere problemi con l’intuito alla stato temporaneo delle circostanze, al fine di generare nuove conoscenze; progettare euristicamente vuol dire pensare il progetto dove agiscono elementi creativi e vincoli tecnici) compiute a partire da un’idea, da un programma dovrà coniugare l’immaginazione personale con le aspirazioni collettive e cogliere diversi elementi e aspettative non immobili ma in divenire, per far ciò accorre coniugare conoscenza ed esperienza per addivenire ad una lettura architettonica. Costruire, conoscere la storia delle cose, ci fa capire le cose stesse. L’uso dei materiali, la destinazione d’uso, le modificazioni, sono in stretto legame nella storicità dell’architettura. La storicità della materia va vista nel suo aspetto propositivo come possibile ulteriore definizione. La lettura dei segni costitutivi della materia nelle varie sfaccettature segna la base per l’atto progettuale. L’analisi della materia nella sua dimensione storica va coniugata col significato storico della materia stessa. Se nell’inserimento di un progetto, di una struttura non si valuta appunto proprio questa storicità, i matariali utilizzati, il suo scopo ultimo, si rischia di far perdere all’ambiente il suo valore, quello che era e risultava in precedenza. Diverse le diserzioni nel tempo sul concetto di funzionalità, più recentemente la funzionalità si equipara alla fruibilità cioè capacità di soddisfare una esigenza sia pratica che estetica. Un contributo ad ampliare il concetto di “funzionalità” è dato dalla scuola del “Bauhaus” (scuola di architettura tedesca fondata da Walter Gropius nel 1919). Lo scopo del nuovo indirizzo è che le funzioni diventano il primo motore della creazione, l’architettura legata all’uso. Quindi il punto d’arrivo e di partenza della ricerca fu la funzionalità sul prodotto. Non si vuole però scadere in interpretazioni puramente utilitaristiche che negherebbero la valenza di progettualità architettonica che è un offrire migliori possibilità, ordinare l’ambiente, è organizzare le relazioni e non una semplice somma di esse. Quindi organizzare le relazioni in modo armonico, è funzionale, così da diventare l’opera comunicativa e l’azione di ideare storia architettonica. Interessante è l’intervento di costruire in visione critica per la risoluzione di problemi che vanno inquadrati all’interno di un processo che lega il presente all’essente e intenzionalità di leggere le relazioni per addivenire a progetto comunicativo all’uomo cittadino. Alla progettazione concorrono aspetti tecnici e artistici, nasce sia per soddisfare le necessità dell’uomo ma include anche caratteri etici e studi antropologici. Essa ha 5

acquistato caratteristiche, definizioni e funzioni spesso differenti o addirittura contrastanti da civiltà a civiltà o da epoca a epoca. L’architettura può che essere espressione di un singolo individuo che è l’architetto, e quella di un ambiente, di un epoca, di una società, ed è proprio questa a definirla tale tutt’al più, è proprio valutando il maggiore o minore apporto personale dell’architetto rispetto al contesto generale, che può emergere con più o meno forza il suo genio, la sua capacità di lettura e comunicabilità. Per concludere, cercando qualche ulteriore informazione sull’architetto mi sono imbattuto su un’intervista molto interessante dal titolo “Se insegno è per imparare”. Leggendola sono stato colpito molto da una risposta data da Gregotti alla domanda: “Cos’è l’Architettura? “. Gregotti risponde: “c’è una definizione molto antica che funziona sempre: architettura vuol dire costruire poeticamente. Questa è una definizione degli antichi greci che io trovo valida ancora oggi”.

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