Immagini e Simboli Eliade riassunto capitolo 1 e 3 PDF

Title Immagini e Simboli Eliade riassunto capitolo 1 e 3
Course Estetica
Institution Università degli Studi di Milano
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Riassunto per paragrafi del primo e terzo capitolo di Immagini e Simboli, di Eliade...


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Immagini e Simboli Mircea Eliade

Prefazione Riscoperta del simbolismo Il successo della psicoanalisi moderna ha riportato alla luce un interesse per il simbolismo e il mondo delle immagini, che durante l’epoca Positivista erano visti come appartenenti a una civiltà umana “primitiva” e poco sviluppata. Questo interesse giunge in Occidente dopo il primo conflitto mondiale, in un contesto in cui tutte le certezze del XIX secolo vacillano, l’Europa non è più “la sola a fare la storia” e l’Asia e l’oriente fanno la loro comparsa definitiva nel panorama storico internazionale. Il simbolo, le leggende, i miti sono stati ripudiati e deformati, ma in realtà non sono mai stati soppressi dallo “scientismo” che interessò l’Europa dal ‘700 in poi, soprattutto grazie alla letteratura ad esempio il mito del Paradiso Terrestre, che nei romanzi moderni è travestito da “Mito oceanino”, ossia il mito delle isole paradisiache del pacifico che stanno sempre a simboleggiare un paradiso per l’uomo contemporaneo.

Simbolismo e psicoanalisi Le immagini, i simboli, i miti non sono creazioni irresponsabili della psiche, ma rispondono a una necessità e adempiono una funzione importante: mettono a nudo le modalità più segrete dell’essere. Poiché ogni uomo porta in sé una grande parte dell’umanità prima della Storia, lo studio dei suddetti simboli ci aiuta a conoscere meglio l’uomo stesso. Questo porta alla confutazione della convinzione Positivista che l’uomo prima della storia avesse solo una parte “animale”. L’inconscio stesso dell’uomo è abitato da miti, leggende e altri simboli prima ancora che egli conosca la mitologia degli antichi; questo perché l’insieme di questa “mitologia interna” aiuta l’uomo a liberarsi, a completare la sua iniziazione. Pesante critica a F reud reud: egli è “l’ultimo grande positivista”. Nel presentare la sua teoria psicoanalitica egli decanta la “sessualità pura”, che in realtà non raggiunge mai. Il suo errore è quello di “umiliare” la psiche umana traducendo una data situazione psichica in termini sessuali. Freud interpreta le immagini nel loro significato concreto (ad esempio l’attrazione sessuale che una madre esercita sul figlio) quando in realtà le immagini rappresentano un fascio polivalente di significati (sempre nell’esempio della madre, l’immagine di quest’ultima può rappresentare il desiderio di tornare all’unità primordiale, o del ritrovare la beatitudine della Materia vivente non ancora “formata” del tutto, o l’attrazione che la materia esercita sullo spirito, etc.)

Perennità delle immagini Proprio in considerazione di quanto detto, si può affermare che i simboli non scompaiono MAI dall’attualità psichica, nonostante la repressione che subiscono da parte della ragione. Carattere distintivo di queste immagini è il fatto che esse sono sempre più eloquenti di quanto si possa esprimere (non si riesce quasi mai a spiegarle a parole). Spesso esse rappresentano il desiderio di un mondo passato, diverso da quello moderno, o addirittura di tutti i mondi che sarebbero potuti essere ma che non sono mai stati. Ogni individuo possiede questa mitologia interna che riaffiora più o meno spesso, e tutta questa parte essenziale e imprescindibile dell’uomo va sotto il nome di imm immaginazion aginazion aginazione e (nel suo significato latino di Imago , ossia “rappresentazione, imitazione”) e si nutre ancora degli stessi

arcaici e innati miti. Lo psicologo Jung, critico di Freud, dimostra come l’assenza di immaginazione e dei simboli che essa ha con sé, porti a un profondo squilibrio della psiche dell’uomo moderno, poiché possedere un’immaginazione significa vedere il mondo nella sua totalità dato che le immagini hanno il compito di “mostrare” tutto ciò che è refrattario a un concetto.

Capitolo Primo, il simbolismo del centro Psicologia e storia delle religioni Introduzione della figura dello Storico de delle lle religioni . Nel tentativo di fondare scientificamente la sua disciplina e ricercare una storia Oggettiva delle religioni, egli ha finito per assimilarsi alle varie correnti empiriste, positiviste, razionaliste, storiciste, finendo per essere confuso con altre discipline (etnografia, storiografia, psicoanalisi etc.). Eliade sostiene che prima di fare la storia di qualcosa bisogna conoscere la cosa stessa, dunque bisogna porre l’accento non tanto sulla parola Storia quanto su Religioni. Grazie alla riscoperta della psicologia del profondo da Parte di Jung, gli psicologi si resero conto che la storia delle religioni era una miniera inesauribile di elementi di studio del comportamento della psiche. I problemi che la storia delle religioni si trova ad affrontare sono -

Il fatto che la ricerca estenuante di un approccio oggettivista e scientifico ha sottoposto la stessa storia delle religioni a dure critiche da parte della storiografia Il fatto che la psicologia, usando materiali della storia delle religioni, stia via via superando quest’ultima nella produzione di ipotesi ed opere più interessanti e feconde

Per questo la storia delle religioni non si deve ingabbiare nel solo orizzonte storico. E’ vero che i fenomeni religiosi, in quanto fenomeni, devono essere calati nel contesto temporale e spaziale nel quale hanno avuto origine (ad esempio Gesù, pur portando un messaggio di carattere universale, parlava Aramaico, era di religione ebraica e viveva in uno stato ben definito, la Palestina), ma è altresì vero che se l’uomo si trova sempre in una “situazione” essa non dev’essere per forza una situazione storica, perché esistono anche altri stati dell’uomo come lo stato di sogno, lo stato di malinconia, di distacco, di beatitudine estetica, etc. Proprio per questo motivo lo Storico delle Religioni deve essere diverso da uno storico normale, perché nel suo campo egli si trova davanti a “situazioni” dell’uomo che raramente son strettamente storiche.

Storia e archetipi Lo storico delle religioni, quindi, deve andare oltre le questioni proprie di un etnografo; ad esempio, trattando di un mito o di un simbolo che è circolato in più culture del mondo, oltre a studiare le tappe di diffusione del fenomeno (come farebbe un etnografo) lo storico delle religioni deve anche domandarsi Perché è avvenuta tale circolazione? Cosa rivela questo mito? E soprattutto a quale esigenza risponde tale mito per aver avuto una tale diffusione? Così facendo la storia delle religioni, non studiando l’uomo solo in un contesto storico, bensì come “simbolo vivente”, si trasforma in una “meta-psicoanalisi” che porta alla presa di coscienza dei simboli e degli archetipi arcaici viventi o fossilizzati nelle tradizioni religiose di tutta l’umanità ; una “nuova maieutica” che condurrebbe l’uomo moderno a esternare e a prendere coscienza della ricchezza spirituale implicata dalla riscoperta di un comportamento arcaico ricco di immagini e simboli che porterebbe alla luce un uomo più autentico e completo. Nel momento in cui l’uomo supera il suo momento storico nel desiderio di rivivere gli archetipi, egli si realizza in quanto essere integrale e universale. Un altro vantaggio che questa “nuova” storia delle religioni port a è la scoperta di una L ogica de dell simbolo simbolo: determinati gruppi di simboli, infatti, attraverso varie culture e varie epoche si sono rivelati

coerenti e logicamente legati tra loro, a dimostrazione del fatto che essi non sono solo creazione irrazionale dell’inconscio.

L’immagine del mondo Le società arcaiche e tradizionali hanno spesso una cosmologia comune: da una parte c’è lo spazio abitato dalla civiltà in questione, ordinato e regolato da leggi, strutture e rapporti sociali, mentre al di fuori di esso si trova una regione esterna abitata da demoni, larve, morti, in una parola il Caos. Non è infatti un caso che spesso i nemici provenienti da fuori il microcosmo ordinato (e quindi dalla “dimensione del caos”) vengano per l’appunto assimilati a demoni, morti, soldati del male; d’altra parte anch’essi, come le creature a fantastiche a cui vengono assimilati, portano morte, carestia, distruzione. Appurata la distinzione e il conflitto tra cosmo ordinato e dimensione del caos, un altro elemento ricorrente nella simbologia arcaica è il cosiddetto “Centro”, ossia il luogo sacro per eccellenza nel cosmo abitato. Spesso questo Centro (n.b. non sempre esiste un solo e unico Centro, vedi civiltà Mesopotamiche) viene identificato dalle culture che conoscono la tripartizione del cosmo come il punto di intersezione tra le tre dimensioni: cielo, terra e inferno.

Simbolismo del Centro L’immagine archetipica del “centro” come asse delle tre dimensioni si incontra spesso nelle civiltà paleoorientali, in particolare quelle mesopotamiche (Babilonia) e in quella Giudaica. Ogni capitale orientale riteneva di trovarsi al “Centro” del mondo, di sorgere nel luogo più alto di tutto il globo e di essere per questo sopravvissuta al diluvio che sommerse tutto il resto. Il fatto di sorgere su questa “Montagna cosmica” significava anche identificarsi con il cosiddetto “ombelico del mondo” (Anita guai a te se ti metti a cantare quella canzone), ossia il punto dove l’intera creazione è cominciata e attorno al quale si è sviluppata. Il simbolismo senza dubbio più diffuso che riguarda il “Centro” è quello dell’A A lbero cosmico , che, affondando le sue radici nell’inferno, crescendo sulla terra fino a raggiungere il cielo con i suoi rami, sorregge i tre regni diventando il vero e proprio asse del cosmo. Nell’antica India, nella Cina imperiale, nelle tribù Germaniche, nell’Asia Centro-settentrionale e in tutte le religioni preistoriche esistono dei rituali collegati a degli alberi o ad oggetti ricavati da essi che in realtà non sono che una pallida imitazione dell ’originale Albero Cosmico.

Simbolismo dell’ascensione Profondamente legato all’immagine dell’Albero cosmico e al simbolismo del Centro è tutto l’apparato simbolico dell’As As Ascension cension censione e. In moltissime religioni di tutto il mondo si riteneva che proprio perché nel Centro sorgeva l’asse cosmico, esso fosse il luogo deputato all ’ascesa al Cielo. Ovviamente il raggiungimento della terza dimensione era possibile solo a determinati esseri privilegiati (Sacerdoti, sovrani, Santi), che riuscivano nell’impressa di rottura dei tre livelli. Proprio in questo ambito assume moltissima importanza la Morte Morte,, che era per l’appunto lo strumento di rottura per eccellenza e che spesso viene assimilata al simbolismo della Scalata. Quest’ultima tipologia di simboli ha avuto anch’essa notevole diffusione: la Scala (spesso ritrovata in tombe e amuleti funebri di personalità vissute nell’antichità e nel Medioevo) “raffigura plasticamente la rottura di livello che rende possibile il passaggio da un modo di essere ad un altro ” o “rende possibile la comunicazione tra Cielo, Terra e Inferno. La Scalata e l’ascensione, sia in epoca arcaica, ma anche in epoca contemporanea (vedi esempio romanzi di Julien Green), simboleggiano la via verso la realtà assoluta, la rottura a livello ontologico della condizione misera dell’uomo profano , la liberazione.

Costruzione di un Centro Data l’importanza che rivestiva il Centro all’interno della civiltà, altrettanto fondamentale e sacra era la sua costruzione, che rappresentava una “cosmogonia”, una creazione di un piccolo mondo, di un microcosmo. Proprio per questo la realizzazione del Centro era spessissimo accompagnata da numerosi rituali che riproducessero in qualche modo la creazione del mondo stesso. Vale la pena in questo contesto citare il Mand Manda ala tibetano. La traduzione più vicina è “cerchio”, e infatti il Mandala è una serie di cerchi iscritti in un quadrato; all’interno di ognuno di questi cerchi trova posto una divinità del Pantheon tantrico che porta quindi il Mandala stesso a rappresentare un Pantheon simbolico. Qualsiasi tempio appartenente a questo culto, visto dall’alto è un Mandala. Addirittura alcune scuole Tantriche hanno rinunciato alla costruzione di un Mandala concreto per ricercarne uno interiore che fungeva da supporto durante la meditazione, oche addirittura si identificava nel corpo stesso del credente. L’esempio della polivalenza del Mandala, che può essere sia fisico, che meditativo, che interiore evidenzia come ogni individuo tenda, anche inconsciamente, nel modo che più gli si addice , verso il Centro, che sia esso esteriore o interiore. L’uomo ha il desiderio naturale e profondo di ricongiungersi col Centro, perché questi gli permette di stabilire una connessione col Cielo e gli conferisce la Realtà integrale, la sua sacralità originaria. Non sempre è necessario ricercare disperatamente un Centro: esiste anche un altro insieme di simboli in alcune civiltà (es. quelle nordamericane e artiche) che porta il Centro a trovarsi direttamente dove si trova l’individuo stesso; ad esempio spesso l’abitazione stessa viene intesa come Centro. Questa concezione vicina e “facile” del Centro nasce dal desiderio dell’uomo di trovarsi sempre al centro, per l’appunto, della realtà, di superare il mondo naturale e raggiungere facilmente la perduta condizione divina.

Capitolo Terzo, il “dio legatore” e il simbolismo dei nodi Il Sovrano Terribile È noto il ruolo che Dumézil assegna al Sovrano Terribile delle mitologie indo-europee: da un lato, egli si contrappone al Sovrano Giurista; d’altro lato, contrapposto agli dei guerrieri che combattono sempre con mezzi militari, il Sovrano Terribile ha il monopolio della magia. «La grande arma di Varuna è la magia di sovrano, che gli consente di amministrare il mondo. Quest’arma si precisa in forma di nodo, di vincoli (paçah). Il dio guerriero, invece, è Indra, che manipola il fulmine». La stessa contrapposizione c’è in Grecia: mentre Zeus combatte, «Urano non combatte, sebbene egli sia il più terribile dei re». Nella tradizione romana, a Giove, stregone onnipotente, si contrappongono i mezzi militari di Marte. In India, Indra salva le vittime «legate» da Varuna «slegandole». Dum ézil prosegue l’analisi di questa polarità «legatore»-«slegatore» nei riti e nelle usanze. Romolo è l’equivalente di Varuna, di Urano e diGiove. Tutte le istituzioni socio-religiose di cui gli viene attribuita la fondazione si spiegano a partire dall’archetipo che incarna: il Sovrano Magico degli indo-europei, signore dei «vincoli». Non è il caso di riprendere tutta l’analisi di Dumézil, ma ci chiederemo: 1) in che senso l’idea del «sovrano legatore» è caratteristica del sistema religioso indo-europeo; 2) qual è il contenuto magico-religioso di tutti i miti, riti e superstizioni incentrati sul motivo della «legatura». Si tratta di tracciare la mappa dei «complessi» magico-religiosi dello stesso tipo e di precisare i rapporti tra il simbolismo indoeuropeo della «legatura» e sistemi morfologicamente vicini.

Il simbolismo di Varuna Sàyana spiega il nome di Varuna collegandolo al fatto che «imprigiona i cattivi nei suoi lacci». I lacci sono attribuiti anche a Mitra, ma è soprattutto Varuna che ha il potere magico di legare gli uomini o di slegarli; oggi si tende invece a seguire l’interpretazione di Petersson, che parte dalla radice indoeuropea uer, «legare», tant’è che Varuna viene rappresentato con una corda in mano. «I vincoli di Varuna sono magici, come è magica la sovranità stessa; sono il simbolo delle forze mistiche detenute dal capo: giustizia, amministrazione, sicurezza reale e pubblica». Ciò è esatto, ma l’aspetto di «sovrano-mago» non esaurisce la natura complessa che caratterizza Varuna. Non lo si può classificare esclusivamente tra gli «dei del Cielo», ma possiede alcuni tratti propri alle divinità uraniche. È «visibile ovunque», «ha separato i due

mondi». Ciò gli ha consentito di diventare col tempo una divinità dell’Oceano; ciò spiega gli altri prestigi di Varuna, come la sua onniscenza e l'infallibilità. È «dai mille occhi», formula mitica che fa riferimento alle stelle e che designa una divinità uraniana. Vede e conosce tutto in quanto dalla sua dimora siderale egli domina l’Universo; allo stesso tempo può tutto, è cosmocrate e punisce «legando» (cioè con la malattia) coloro che infrangono la legge (è il custode dell’ordine universale). Esiste dunque una simmetria tra lo «strato celeste» di Varuna e il suo «strato regale»: il Cielo è trascendente e unico, come il Sovrano Universale; la tendenza alla passività corrisponde ai prestigi «magici» degli dei-sovrani, i quali operano attraverso la «forza dello spirito». C’è stata in Varuna anche una certa dominante «notturna» che Bergaigne e Coomaraswamy hanno messo in rilievo. Bergaigne segnalava il commentatore di Taittiriya Samhilà, secondo cui Varuna designa «colui che avvolge come l’oscurità». Questo lato «notturno» di Varuna può essere inteso in senso cosmologico e metafisico. È ciò che gli ha permesso di diventare un dio delle Acque e che ha aperto la via alla sua assimilazione con il «demonio» Vrtra. Non affronteremo il problema «Vrtra-Varuna» e ci limiteremo a ricordare che tra le due entità esiste più di un tratto in comune. Entrambi hanno rapporti con le Acque e Vrtra, al pari di Varuna, viene talora chiamato màying, «mago». Da un certo punto di vista, queste caratteristiche sono in corrispondenza e si giustificano a vicenda. La Notte (il non manifestato), le Acque, la «trascendenza» e il «non agire» (caratteristiche degli dei celesti e sovrani) sono solidali con i «vincoli» da un lato, e con il Vrtra che ha «trattenuto» o «incatenato» le Acque dall’altro. Sul piano cosmico, Vrtra è anche una divinità «che lega». Come tutti i miti, l’interpretazione di quello di Vrtra non si esaurisce in un unico significato. Così, nel mito di Vrta, si osserva la valenza di un «vincolo» che impedisce il dispiegarsi delle «forme», cioè della Vita cosmica. È innegabile la parentela tra Varuna, il «notturno», il «non agente», il «mago», colui che lega a distanza i colpevoli e Vrtra, colui che «incatena» le Acque.

«Dei legatori» nell’India antica

Nell’India vedica, Varuna non è l’unico dio «legatore». Notiamo Indra, Yama, Nirrti. Di Indra si dice che ha portato con sé un vincolo (sina) per Vrtra e che lo ha legato senza usare corde. Non solo Varuna e Vrtra, ma anche altri esseri divini possiedono la loro maya. D’altro lato, però, qui si ha a che fare con esseri religiosi ambivalenti, nel senso che in loro, a fianco degli elementi divini, coesiste un elemento demoniaco; d’altro lato la denominazione «mago» non è un attributo specifico e viene aggiunta alle personalità divine solo in forma di omaggio supplementare: è tale il prestigio del màyin che si sente il bisogno di attribuire questo titolo a qualsiasi divinità che si vuol onorare. La tendenza «imperialista» che spinge una forma religiosa vittoriosa ad inglobare altri attributi divini è un fenomeno noto nella storia delle religioni indiane in particolare. Nel caso in questione, questa tendenza ad annettersi prestigi e poteri estranei alla sfera propria del dio è interessante in quanto si tratta di una struttura religiosa arcaica, cioè del prestigio del «mago». E colui che ne ha tratto maggior profitto è Indra. Tra le sue «magie» c’è il suo potere di trasformazione, ma dobbiamo fare una distinzione tra le sue epifanie particolari (toro, ecc.) e il potere magico che permette ad un qualsiasi essere (divino, demoniaco, umano) di assumere una qualsiasi forma animale. Torniamo a Indra. L’atmosfera è il suo laccio, con ciò avvolge i suoi avversari. Questo è un tratto che forse si spiega in relazione all’uso, nella preistoria, del laccio come arma. Più istruttivo è l’esempio degli altri due dei legatori, Nirrti e Yama, entrambi divinità della morte. I vincoli di Yama vengono chiamati «i vincoli della morte». Nirrti invece incatena coloro di cui vuole la rovina. Si ritiene che Indra sia in grado di liberare non solo dai «vincoli di Varuna», ma anche dalla «legatura» dei demoni della morte. Le malattie sono dei «lacci» e la morte non è che il «vincolo» supremo. Cerchiamo di riassumere gli insiemi più importanti che abbiamo rilevato: 1) Varuna lega i colpevoli e a lui vengono rivolte preghiere affinché non leghi o sleghi; 2) Vrtra incatena le Acque e certi aspetti del suo mito corrispondono all’aspetto notturno, lunare, acquatico, di Varuna; 3) Indra libera gli uomini dai vincoli di Va...


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