Impero carolingio PDF

Title Impero carolingio
Author Diana Franciosi
Course Letteratura italiana e letterature europee
Institution Sapienza - Università di Roma
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Storia dell'impero carolingio...


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DAL REGNO DEI FRANCHI ALL’IMPERO CAROLINGIO Dai Merovingi ai Pipinidi Nel corso dell’VIII secolo, mentre in Italia continuava la guerra tra Longobardi e Bizantini, in Francia si consolidò il regno dei franchi. Ma anche tra quest’ultimi vi verificò una grave crisi: il regno si era smembrato in vari regni autonomi i più importanti dei quali erano la Neustria a ovest e l'Austrasia a est. A realizzare l’unificazione fra i vari regni franchi fu la stirpe dei Pipinidi (dal nome del loro fondatore Pipino di Landen detto Pipino il Vecchio) o dei Carolingi dal nome di Carlo Magno il loro più illustre rappresentante). All’origine essi erano i maestri di palazzo dei re merovingi dell'Austrasia, ma in pratica si erano sostituiti ai re merovingi ridotti ormai a un ruolo puramente rappresentativo tanto da essere chiamati re fannulloni. I Pipinidi godevano di grandi ricchezze fondiarie, aumentate grazie anche alle donazioni dei sovrani, dell’aristocrazia e della Chiesa. I maestri di palazzo dell'Austrasia appartennero sempre alla dinastia di Pipino di Landen. Tra essi nel 687 Pipino di Heristal unificò i due regni di Austrasia e Neustria. Carlo Martello sconfigge gli Arabi Alla morte di Pipino di Heristal nel 714 successe il figlio Carlo Martello (cioè “piccolo Marte”) il cui più grande merito fu la sconfitta degli Arabi a Poitiers nel 732. Gli Arabi dopo aver travolto il regno visigoto in Spagna si stavano spostando verso la Francia, tuttavia erano giunti allo stremo dello loro forze e quella che fu definita “l'invasione araba della Francia” non fu altro che un'incursione a scopo di saccheggio anche se condotta in grande stile. La forza dei Franchi Un elemento fondamentale per l'affermazione dei Carolingi fu un esercito di popolo, ossia formato da tutti i Franchi abili al combattimento. La sua vera forza erano però i contingenti di cavalieri scelti legati ai Carolingi da un rapporto di vassallaggio (ossia un contratto mediante il quale un uomo libero si assoggettava ad un signore in cambio di protezione). Per legarli al mestiere delle armi, i sovrani distribuivano ricchezze e terreni ai loro guerrieri infatti armi e corazze costavano molto ed inoltre erano necessari grandi allevamenti di cavalli, che morivano spesso in battaglia. Infine, i guerrieri venivano addestrati continuamente diventando dei veri e propri professionisti della guerra. L’altro fattore fu la religione. I Franchi furono l'unico popolo barbaro a convertirsi immediatamente al cattolicesimo e questo permise un legame stretto e vantaggioso tra il papato e la monarchia. Il papa legittimò addirittura la dinastia pipinide sul trono dei Franchi: nel 750 Pipino il Breve, figlio di Carlo Martello, pose al pontefice Zaccaria la questione di chi dovesse regnare ossia chi deteneva il titolo (cioè Childerico III, re dei merovingi) o chi deteneva il potere (cioè lui stesso)?. Il papa non ebbe dubbi e indicò Pipino il Breve che fu consacrato re a Parigi dal vescovo Bonifacio e tre anni più tardi dal papa Stefano II giunto appositamente da Roma. La nuova dinastia assunse quindi una carattere sacro: l'incoronazione del re da parte del papa stava ad indicare che tale autorità proviene da Dio e questo pose i Pipinidi in una posizione di privilegio rispetto alle altre dinastie europee. Nello stesso anno (754) Pipino il Breve mostrò subito il suo ruolo di difensore della Chiesa scendendo in Italia contro il re longobardo Astolfo, che minacciava il papato. L’ascesa di Carlo Magno Alla morte di Pipino il Breve, nel 768, il regno venne diviso fra i due figli Carlomanno e Carlo, ma nel 771 Carlomanno morì e il potere rimase nelle mani del fratello Carlo detto poi Carlo Magno. Il nuovo re iniziò una serie di vittoriose campagne militari grazie anche al fortissimo esercito creato dai suoi predecessori.

Uno dei primi obiettivi furono i Sassoni, che sottomise definitivamente nell'804 sottomise i Sassoni estendendo così il suo potere nella Germania settentrionale. Ma già nel 788 a oriente aveva conquistato la Baviera, mentre nel 796 aveva sconfitto gli Avari. Verso sud condusse campagne militari contro gli Arabi di Spagna (801-813) ai quali strappò la Catalogna e Barcellona creando una zona cuscinetto chiamata Marca Hispanica. Fu nell’ambito di queste operazioni militari che venne combattuta la battaglia di Roncisvalle (778) quando la retroguardia guidata da Rolando venne annientata dai Baschi. La battaglia è divenuta celebre perché ispirò un poema in lingua d'oil ( francese antico) “Chanson de Rolande” in cui si celebrava la lotta dei cavalieri franchi cristiani contro gli Arabi musulmani. Il Crollo del regno longobardo Ma l’evento più eclatante del regno di Carlo fu la conquista dell’Italia. Qui dominavano i Longobardi che, dopo aver ridotto il potere bizantino avevano cercato di occupare i territori papali. A Roma i papi sapevano che l'Impero bizantino era ormai troppo debole per difenderli e fu così che si allearono ai Franchi, non solo per antichi vincoli di amicizia, ma accomunati dall’intento di sbarazzarsi sia dei longobardi che dei bizantini. Di fronte alla potenza militare carolingia e all'alleanza con Roma, il nuovo re longobardo, Desiderio, intraprese una politica cauta dando addirittura in moglie le figlie a Carlo e Carlomanno. Ma alla morte prematura di Carlomanno, Carlo ripudiò la moglie longobarda perché questo legame nuoceva alle sue mire espansionistiche. Intanto a Roma era stato eletto papa Adriano I, avverso ai longobardi. Per questo motivo Desiderio attaccò i territori del papa ma Carlo Magno, chiamato dal papa, nel 773 scese i Italia, sconfisse i longobardi e mise sotto assedio la loro capitale Pavia che cadde nel 774 così come il ducato di Spoleto. Conseguenze della conquista dell’Italia Il papa ottenne grandi vantaggi: l’eliminazione del nemico e molti territori dell'Italia centrale. Carlo Magno divenne re dei longobardi per sottolineare la continuità con il regno ed evitare le ostilità dei vinti. Con la sconfitta dei longobardi venne meno la forza che avrebbe potuto realizzare l’unificazione politica e diede l’avvio alla frammentazione dei poteri politici locali: 1. Regno dei Franchi nell'Italia centro settentrionale 2. ducato longobardo di Benevento 3. controllo bizantino di molte città costiere fra cui Venezia Il Sacro Romano Impero Come coronamento dei successi di Carlo Magno, si verificò un evento storico importantissimo: la rifondazione di un Impero nelle terre d'Occidente. Ciò avvenne a Roma nella notte di Natale dell'anno 800 su iniziativa di papa Leone III, che incoronò Carlo Magno imperatore dei romani. Questa fu un abile mossa da parte di papa Leone, che otteneva due risultati: da un lato affermava la propria indipendenza da Costantinopoli legandosi all’Impero occidentale; dall’altro stabiliva che il potere degli imperatori veniva da Dio e che spettava al papa conferirlo. Nasceva così un nuovo Impero, germanico e cristiano, innestato sulle radici antiche della cultura romana: Il Sacro Romano Impero. Il nuovo quadro politico Da questo momento prese forma la duplicità di poteri: Papato e Impero sarebbero state le due colonne portanti della società medievale. L'imperatore governava su vasti territori dell'Europa centrale e occidentale, il papa esercitava influenza e pressione sulla società anche per mezzo della

rete capillare del clero e dei monasteri, che fra l’altro avevano il controllo della cultura e dell'istruzione grazie ai chierici, dotti uomini di Chiesa. Ma Carlo Magno si poneva in aperto contrasto con l'Impero d'Oriente sul cui trono c'era l'imperatrice Irene, la quale, nel corso della crisi iconoclasta, aveva deposto in una congiura il figlio Costantino VI, ed era salita al potere come protettrice dell'ortodossia e dei monaci. Nell'812 tuttavia fra Carlo Magno e l'imperatore d'Oriente Michele I venne stipulato il trattato di Aquisgrana in cui si riconosceva a Carlo Magno il titolo imperiale (ma non imperatore dei romani che il sovrano di Costantinopoli conservò per sé). Un Impero rinnovato o un nuovo Impero? L’incoronazione di Carlo Magno fu vissuta dai contemporanei come la restaurazione dell’antico Impero Romano, sebbene invece si trattò di un’istituzione nuova. La differenza più evidente era quella geografica: l’Impero carolingio coincideva solo in parte con l’antico Impero romano, visto che ne restavano escluse la penisola iberica, l’Italia meridionale, l’Inghilterra e l'Africa settentrionale e d’altra parte dominava vaste zone della Germania rimaste sempre fuori dei confini romani. Questa nuova formazione aveva il suo asse portante nella linea nord-sud che andava da Aquisgrana (sede della corte di Carlo Magno) a Roma (sede del papato), ed era quindi un Impero continentale privo di accesso al mare, mentre l'Impero romano aveva avuto il suo centro nel bacino del Mediterraneo, ora diviso tra Bizantini e Arabi. Altro elemento fondamentale, l’Impero carolingio era un Impero cristiano. La religione cristiana, infatti, unificava le numerose popolazioni anche se erano diverse per lingua, costumi e tradizioni Organizzazione dell’Impero carolingio L’ultimo elemento di differenza era l’organizzazione statale. Il governo centrale di Carlo Magno era costituito dal palatium (palazzo) dove vivevano l’imperatore e la sua corte itinerante di chierici e cavalieri. Carlo Magno, infatti, pur risiedendo di fatto ad Aquisgrana, la nuova capitale dell’Impero, frequentava anche altre residenze secondarie. La figura politica più importante del palatium era il cancelliere, un chierico che si occupava di compilare atti legislativi, presiedere affari ecclesiastici, curare gli archivi di stato. Vi era poi il conte palatino: in assenza dell'imperatore si occupava dell'amministrazione della giustizia. Infine il camerario era preposto agli uffici che amministravano il patrimonio imperiale. Un importante strumento di governo erano le leggi (dette capitolari perché costituite da brevi capitoli), che, emanate durante l'assemblea dei nobili, valevano per tutto l'Impero oppure riguardavano situazioni particolari L'Impero era suddiviso in centinaia di province a capo delle quali vi erano i conti (dal latino comites, compagni) che amministravano la giustizia e convocavano l'esercito. A volte venivano aiutati dai visconti e dagli scabini, i giudici che li assistevano nei processi. Nelle zone di confine si erano costituite delle unità territoriali dette marche (per esempio la Marca Hispanica) governate dai marchesi (o margravi, conti delle marche). Per vigilare sull'operato dei conti e dei marchesi erano nominati i missi dominici, solitamente nominati in coppia (un laico e un ecclesiastico), che costituivano l’elemento di raccordo tra il potere centrale e la periferia. E riferivano direttamente all'imperatore. La riforma monetaria Un'importante legge capitolare fu la riforma monetaria, finalizzata al sostegno dei mercanti e dei commerci, con cui si determinò la nascita di un nuovo sistema monetario basato sulla lira, parallelo a quelli vigenti a Bisanzio e nelle terre arabe.

Una grande differenza tra civiltà occidentale, bizantina e islamica riguardava la moneta: a ciascuna civiltà corrispondeva una grande area monetaria. Vi erano, infatti un’area del dinaro arabo, un’area del solidus e poi del nomisma bizantino e, infine, un’area della lira. Queste monete avevano caratteristiche diverse perché si reggevano su basi economiche diverse. La base del sistema bizantino e arabo era l'oro: questo per sostenere un commercio vivace che richiedeva adeguati mezzi di pagamento. La base del sistema monetario in Europa era l'argento che meglio rispondeva alle esigenze alle più modeste esigenze della sua economia (l’argento base della lira). Questo riforma, introdotta verso la fine dell’VIII secolo, rimase in uso per molti secoli. Essa prevedeva che l'unità di misura detta libra (circa 400 gr.) divenisse anche l'unità monetaria (da “libbra” deriva la parola lira) poiché da una libbra d'argento si coniavano 240 monete, dette denari. I denari d’argento non avevano né multipli né sottomultipli per non creare complicazioni in una economia prevalentemente di scambio Il mondo del feudalesimo Già nell’Alto medioevo si profilò la struttura politica base di tutto il mondo medievale, cioè il vassallaggio. L’uomo del medioevo fu in primo luogo un vassallo, legato cioè per mezzo di un vincolo privato a un signore più potente e agiva in nome di un rapporto di fedeltà. Il signore concedeva protezione e mezzi per vivere, in cambio il vassallo prestava servigi in special modo di tipo militare. I rapporti di vassallaggio potevano essere contratti fra membri della società di livelli diversi. Il signore legava a sé il vassallo tramite un beneficio che consisteva in una porzione di territorio, le cui rendite andavano al vassallo, ma essa rimaneva sempre proprietà del re. E tuttavia tale beneficio poteva essere revocato in qualsiasi momento o assegnato ad altro vassallo. Intorno alla metà dell'XI secolo queste assegnazioni divennero ereditarie e per indicarle si usò il termine feudo, che veniva dal germanico few e che in origine indicava la quantità di bestiame. Poiché dunque la parola feudo indicava ora il terreno assegnato dal sovrano a un vassallo, questa assegnazione era irrevocabile. Quindi è solo a partire dalla metà dell'XI secolo che si può parlare di feudalesimo. Il feudalesimo Il feudalesimo affonda le sue radici nella struttura militare e cominciò a profilarsi agli inizi del VII secolo e poi, con Carlo Magno, divenne la struttura portante del regno franco prima e del sacro romano Impero. Il beneficio feudale era concesso durante un'importante cerimonia carica di gesti simbolici: il vassallo teneva racchiuse le sue mani in quelle del signore, tutto suggellato da un bacio sulla bocca tra i due contraenti e da una breve formula in cui il vassallo donava al signore la sua persona (homo) ossia gli faceva omaggio. Il legame era vincolante fino alla morte e violarlo era un grave delitto detto fellonia che disonorava chi se ne macchiava privandolo di ogni diritto. Le immunità ecclesiastiche All'interno del sistema feudale le chiese e i monasteri ricevevano spesso donazioni o lasciti fatti a garanzia della salvezza dell'anima. Fu così che si formarono vasti latifondi ecclesiastici che mantenevano i chierici e finanziavano le attività della Chiesa. Molte istituzioni religiose (vescovadi, monasteri, abbazie che dipendevano dal papa e non dal vescovo) ottennero per intervento dei re alcune immunità, si trattava di un privilegio che comportava l’esenzione dal pagamento di un tributo o da una giurisdizione da parte di poteri locali. Le immunità vietavano l'imposizione di tributi o l'obbligo di prestazioni di mano d'opera e impedivano l'alienazione dei beni ( ossia il trasferimento di beni da un proprietario all'altro) .

Gli enti ecclesiastici potevano contare sull’aiuto di potenti vassalli ai quali si concedevano concedendo in beneficio terre del loro patrimonio fondiario. Scomparsa del potere centrale Questo sistema condusse a una specie di morte dello Stato. All’amministrazione centrale e periferica, la burocrazia e l’esercito si sostituì una fitta rete di rapporti di dipendenza personale che partivano dagli strati più alti fino agli schiavi. Il sovrano però cominciò anche a delegare ai suoi vassalli anche poteri pubblici come riscuotere determinate imposte e si creò una relazione sempre più stretta fra la sfera privata e quella pubblica. Il feudalesimo riuscì in qualche modo a sostituire i poteri dello stato. La cultura in età carolingia Man mano che la fusione tra elemento romano ed elemento germanico procedeva si cominciò a formare un ceto intellettuale nuovo, costituito dai chierici. La Chiesa era l'unico luogo dove si conservavano le tradizioni culturali romane; agli ecclesiastici competeva la conoscenza dei testi sacri e dovevano diffonderli tra la popolazione in gran parte analfabeta. La cultura era monopolio della Chiesa e veniva trasmessa solo nelle scuole religiose, che si trovavano nei monasteri con lo scopo di formare uomini di Chiesa. L’istruzione avveniva attraverso la conoscenza del latino e i grandi autori dell’antichità, privilegiando solo quei testi che si accordavano con il messaggio cristiano. La formazione dei giovani monaci Nei monasteri venivano istruiti molti novizi, bambini e ragazzi. Nacque così una pedagogia monastica che mirava a formare questi ragazzi per farne il modello dell’uomo spirituale. Perciò il giovane doveva essere sorvegliato e guidato, ma i digiuni e le percosse dovevano essere usate con molta moderazione. Oltre alla spiritualità, l’altro versante della formazione era l’istruzione. Il primo passo era imparare a leggere e a scrivere, poi venivano le cosiddette arti del trivio (grammatica, logica e retorica) e il latino. I più capaci studiavano anche aritmetica e geometria e si trasferivano da una scuola all'altra per avere sempre i maestri migliori. La rinascita carolingia Al ruolo della Chiesa come detentrice della cultura dette grande impulso proprio Carlo Magno e fu così che per l'inizio del IX secolo si parla di rinascita carolingia. Carlo Magno richiamò monaci e chierici perché adottassero un latino chiaro e comprensibile e si adoperassero per migliorare e moltiplicare le scuole. Egli volle dare al suo Impero un prestigio paragonabile a quello bizantino. In questo modo vennero favorite la copiatura non solo delle opere dei Padri della Chiesa, ma anche di opere di letteratura classica e la cultura classica fu recuperata come modello di lingua latina pura. L’unica scuola che non dipendeva da istituzioni ecclesiastiche fu la Scuola palatina, presso il palazzo imperiale, dove studiavano i figli dei funzionari. Alla corte di Aquisgrana confluirono uomini di grande cultura come Alcuino di York e Paolo Diacono. Un movimento preparato tuttavia da personaggi britannici come il monaco irlandese Colombano e Beda il Venerabile. Lingua latina e lingua nazionale Nell'alto medioevo si verificò una scissione della vita culturale: la cultura scritta era patrimonio della Chiesa mentre la cultura orale fatta di tradizioni e leggende era una cultura di tipo popolare. Si approfondì il divario fra cultura elevata e cultura popolare e queste due culture furono ben distinte fino all'epoca moderna. Questa divisione si manifestò anche a livello linguistico: le lingue nazionali dei territori conquistati

dai Romani ripresero forza, mentre le persone colte, i chierici e i funzionari parlavano il latino. La Chiesa usava il latino, ma dal momento che per il popolo era impossibile comprendere nell'813 con il concilio di Tours la Chiesa autorizzò i sacerdoti a predicare nei dialetti locali. Tuttavia, l’incrocio tra il latino e le lingue locali dette origine alle lingue ancora parlate in Europa (italiano, francese, spagnolo ecc.). Tra il IX e X secolo le nuove lingue, dette volgari, perché parlate dal vulgo (popolo) erano già formate. I primi testi in lingua volgare appaiono già in età carolingia come il giuramento di Strasburgo dell'842 risalgono appunto all'età carolingia. Questo giuramento, che suggellava l'alleanza fra Carlo il calvo e Ludovico il germanico contro il fratello Lotario, fu scritto in antico francese e tedesco perché potesse essere compreso dai soldati degli eserciti francese e tedesco e fu il primo testo in lingua romanza (francese) e una delle prime testimonianze della lingua tedesca. L'immaginario fantastico del medioevo Tutti gli uomini del medioevo avevano una visione del mondo di tipo prescientifico: credevano alle presenze soprannaturali di demoni, streghe, animali fantastici (come il drago, rappresentazione del male del mondo) che venivano percepiti come vere e reali. Questo era retaggio della cultura pagana che continuò a mescolarsi con elementi cristiani. In campagna venivano ancora celebrati riti pagani Gli artisti rappresentavano esseri deformi che nell'arte antica non si erano mai visti. I chierici colti credevano in questo folklore, insieme di credenze e usanze popolari, ed era interpretato come manifestazione del demonio. La convinzione di una realtà soprannaturale suscitava una particolare attenzione a qualsiasi segno, sogno o visione che ritenevano messaggi ultraterreni: si pensi a quella grande visione mistica che fu la Divina Commedia di Dante. La dissoluzione dell’Impero Carolingio Secondo la tradizione franca, Carlo Magno aveva deciso di suddividere l'Impero tra i figli....


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