Insensatezza della volontà di vivere PDF

Title Insensatezza della volontà di vivere
Course Ungaretti
Institution Università degli Studi di Perugia
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L'insensatezza della volontà di vivere, spiegazione filosofica...


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INSENSATEZZA DELLA VOLONTA’ DI VIVERE Schopenhauer contesta nettamente che nel mondo vi sia un’armonia di tipo finalistico-provvidenzialistico. Egli afferma che vi è sì un ordine, un “accomodamento reciproco dei fenomeni”, ma questo è soltanto funzionale alla conservazione della specie e alla sopravvivenza del mondo. In altri termini la Volontà di vivere, che costituisce l’essenza metafisica del mondo, è al di là della categoria di causa ovvero del principio di ragione e quindi è una forza senza perché e senza scopo. Si possono individuare cause e motivazioni delle manifestazioni fenomeniche della Volontà, ma non della Volontà in se stessa che non ha una meta oltre se stessa.

La volontà è sempre volontà di qualche cosa, dunque ha un oggetto, un fine. Ora: che cosa mai vuole, a che cosa mai tende quella volontà, che ci vien presentata come l’essenza in sé del mondo? La domanda proviene, al pari di tante altre, dal confondere la cosa in sé con il fenomeno. A questo unicamente, ma non a quella, si estende il principio di ragione, una delle cui modalità è anche la legge di motivazione. Non si può dare una ragione se non dei soli fenomeni come tali, di cose considerate isolatamente: non mai però della volontà, né dell’idea che n’è l’adeguata oggettivazione1. [.. .] Ogni fine conseguito non fa che segnare il punto di partenza di un nuovo fine da raggiungere, e così all’infinito. La pianta sviluppa in via ascensionale la sua manifestazione dalla gemma, dal tronco e dalle foglie, sino al fiore ed al frutto: il frutto a sua volta è il principio di una nuova gemma, di un nuovo individuo, destinato a ripercorrere la vecchia strada; e così via, per tutta l’eternità del tempo. Identico è il corso della vita animale: la procreazione è il suo culmine: raggiunto questo fine, la vita del primo individuo si estingue più o meno rapidamente, mentre un essere nuovo garantisce alla natura la conservazione della specie e ricomincia lo stesso fenomeno2. [...] Di tal natura sono infine gli sforzi e i desideri umani, che ci fanno brillare innanzi la loro realizzazione come fosse il fine ultimo della volontà; ma non appena soddisfatti, cambiano fisionomia; dimenticati, o relegati tra le anticaglie, vengono sempre, lo si confessi o no, messi da parte come illusioni svanite. Fortunato abbastanza colui, al quale resti ancora da carezzare qualche desiderio, qualche aspirazione: potrà continuare a lungo il giuoco del perpetuo passaggio dal desiderio all’appagamento e dall’appagamento al nuovo desiderio, giuoco che lo renderà felice se il passaggio è rapido, infelice se lento; ma se non altro non cadrà in quella paralizzante stasi che è sorgente di stagnante e terribile noia, di desideri vaghi, senza oggetto preciso, e di languore mortale3. In conclusione: la volontà, quando la conoscenza la illumina, sa sempre quello che vuole in un dato luogo e in un dato momento; ma non sa mai quello che voglia in generale: ogni atto singolo ha un fine; la volontà nel suo insieme non ne ha nessuno4. (Il mondo come volontà e rappresentazione)

1

Viene spontaneo chiedersi qual è il senso del mondo, ossia a che cosa tende la volontà che ne costituisce l’essenza. Ma la domanda nasce da un equivoco, secondo Schopenhauer, perché il principio di ragion sufficiente (che nell’ambito delle azioni umane prende il nome di legge di motivazione) concerne esclusivamente i singoli fenomeni e non la volontà, che è sostanza metafisica, o l’idea (concepita platonicamente da Schopenhauer). 2

Gli esempi che seguono servono per dimostrare la mancanza di senso nel mondo vegetale e animale dove vi è una ciclicità, una ripetizione all’infinito del medesimo processo senza uno scopo. 3

Altrettanto insensata la vita umana (ma ben più drammatica in quanto l’uomo è consapevole di quello che gli accade). L’uomo insegue la felicità mediante la realizzazione di questo o quel desiderio, ma non lo raggiunge mai. E può dirsi fortunato chi, nonostante le delusioni, coltiva ancora qualche desiderio, perché può ancora illudersi; mentre chi non ha più alcun desiderio precipita nella noia, cioè in una condizione ben più infelice.

4 Schopenhauer commenta questi esempi ribadendo che ogni atto di volontà ha una ragione che si può conoscere, ma non ha una ragione la volontà in generale, la Volontà di vivere che pervade il mondo....


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