Vivere L\' Etnografia - Riassunto libro di F. Cappelletto PDF

Title Vivere L\' Etnografia - Riassunto libro di F. Cappelletto
Author Francesca Doronzo
Course Antropologia Culturale I A
Institution Università degli Studi di Siena
Pages 59
File Size 1.6 MB
File Type PDF
Total Downloads 142
Total Views 190

Summary

Download Vivere L' Etnografia - Riassunto libro di F. Cappelletto PDF


Description

VIVERE L’ETNOGRAFIA – F. CAPPELLETTO Sommario VIVERE L’ETNOGRAFIA – F. CAPPELLETTO ........................................................................................................................ 1 1. Argonauti del pacifico occidentale. Riti magici e vita quotidiana nella società primitiva – B. Malinowski .............. 1 2. La politica del campo. Sulla produzione di dati in antropologia – Jean-Pierre Olivier de Sardan ............................ 7 3. L’etnografia come esperienza – Leonardo Piasere ................................................................................................. 18 4. Oltre le parole. Il potere della risonanza – Unni Wikan .......................................................................................... 25 5. L’osservazione – Carla Bianco ................................................................................................................................. 34 6. L’etnografia nel/del sistema-mondo. L’affermarsi dell’etnografia multi-situata – George E. Marcus ................... 40 7. “Voi ce l’avete, la vostra storia. Giù le mani dalla nostra!” Dell’essere respinti sul campo – Katharina Schramm 47 8. Vivere l’etnografia. Osservazioni sul rapporto medico-paziente – Francesca Cappelletto .................................... 52

1. Argonauti del pacifico occidentale. Riti magici e vita quotidiana nella società primitiva – B. Malinowski OGGETTO DELLA RICERCA → i Papua-melanesiani che abitano le coste e le isole periferiche della Nuova Guinea sono audaci navigatori, industriosi costruttori e appassionati commercianti. In Nuova Guinea vi sono precise forme di scambio (kula) lungo precise strade commerciali che sono state stabilite fra le diverse tribù, una delle più rilevanti riguarda i Motu di Port Moresby e le tribù del Golfo dei Papua. I Motu navigano su pesanti canoe poco maneggevoli chiamate lakatoi, con le loro caratteristiche vele a forma di chele di granchio. Essi portavano ceramica, ornamenti di conchiglie e lame di pietra ai Papua del Golfo, da cui ottenevano in cambio sago e piroghe pesanti per costruire i loro lakatoi. Sulla costa meridionale vive l’industriosa popolazione marinara dei Mailu. Gli indigeni delle isole e degli arcipelaghi sparsi intorno al capo orientale sono in costanti relazioni commerciali gli uni con gli altri. Esiste poi un altro sistema commerciale che abbraccia con le sue ramificazioni le isole vicino al capo orientale e anche l’isola di Woodlark (arcipelago delle Trobriand) esercitando una diretta influenza su parecchie regioni periferiche. METODI USATI PER RACCOGLIERE IL MATERIALE ETNOGRAFICO → secondo Malinowski in etnografia è necessaria un’esposizione senza pregiudizi: i risultati della ricerca scientifica devono essere presentati in modo assolutamente imparziale e sincero, devono essere dettagliati e oggettivi perché si tratta di una ricerca scientifica. Sono valore scientifico SOLO quelle fonti etnografiche in cui è possibile tracciare una linea fra i risultati dell’osservazione diretta e le affermazioni e interpretazioni degli indigeni, da una parte, e le deduzioni dell’autore basate sul buon senso e intuito psicologico. Nessuno storico potrebbe essere preso sul serio se facesse mistero delle sue fonti: in etnografia l’autore è cronista e storico nello stesso tempo. Le sue fonti sono di facile accesso MA anche estremamente ambigue e complesse perché NON sono fissate in immutabili documenti materiali MA incarnate nel comportamento e nella memoria di uomini viventi. In etnografia, la distanza fra il materiale grezzo dell’informazione e l’autorevole presentazione finale dei risultati è enorme: l’etnografo deve attraversare questa distanza negli anni fra il momento in cui mette piede in una spiaggia indigena e il momento in cui mette giù la versione finale dei suoi risultati. Malinowski spiega come durante le prime settimane i suoi inutili tentativi NON erano riusciti a farlo entrare in un rapporto autentico con gli indigeni. Dopo tempo però riuscì a raccogliere intorno a sé un 1

uditorio di indigeni, tentò quindi in un primo momento a chiedere informazioni sul lavoro e sulla tecnologia. Il pidgin, ci dice Malinowski, è uno strumento imperfetto per esprimere le proprie idee e capire le risposte e all’inizio l’autore stesso era abbastanza incapace di impegnarsi in una conversazione particolareggiata. Il miglior rimedio era raccogliere dati concreti grazie a un censimento del villaggio trascrivendo così delle genealogie, i tracciati delle piante e i termini di parentela. MA questo rimaneva materiale morto perché Malinowski NON poteva ancora né procurarsi un’interpretazione indigena di questi dati né afferrare il “taglio della vita tribale”. Malinowski dice che il modo con cui i suoi informatori bianchi parlavano degli indigeni era ricco di pregiudizi inevitabili all’uomo medio. Nella prima parte della sua ricerca etnografica Malinowski ci dice che cominciò a fare progressi quando si ritrovò solo nel distretto e scoprì il segreto di un efficiente lavoro sul campo: è possibile evocare lo spirito autentico degli indigeni SOLO mediante l’applicazione sistematica di un certo numero di regole, buon senso e di principi scientifici ben noti. I principi metodologici possono essere riuniti in tre categorie principali: 1. possedere reali obiettivi scientifici e conoscere i valori e i criteri della moderna etnografia; 2. mettersi in buone condizioni per lavorare (vivere senza altri uomini bianchi e in mezzo agli indigeni); 3. applicare un certo numero di metodi particolari per raccogliere, elaborare e definire le proprie testimonianze. CONDIZIONI APPROPRIATE PER IL LAVORO ETNOGRAFICO → tagliarsi fuori dalla compagnia di altri uomini bianchi; → restare in contatto più stretto possibile con gli indigeni: questo si può ottenere SOLO stabilendosi nei villaggi. Lo stesso Malinowski ci spiega come sia piacevole avere una base nella casa di un uomo bianco MA ci dice che essa deve essere sufficientemente lontana: l’indigeno NON è il compagno naturale per un uomo bianco, e dopo averci lavorato insieme per molte ore, si bramerà naturalmente la compagnia di uomini bianchi MA se ci si trova soli in un villaggio si ricercherà la compagnia di un indigeno naturalmente e, per mezzo di questo rapporto naturale, l’etnografo imparerà a conoscere l’indigeni, i suoi costumi e le sue credenza diventeranno così familiari. Vi è infatti una differenza fra uno sporadico tuffo in mezzo agli indigeni e l’essere effettivamente in contatto con loro che, per l’etnografo, significa che la sua vita nel villaggio – che è dapprima una strana avventura – presto prende un ritmo naturale che è in piena armonia con l’ambiente. Poco dopo essersi stabilito alle isole Trobriand, Malinowski cominciò a prendere parte alla vita del villaggio, al pensare in anticipo agli eventi importanti o festivi e a prendere interesse personale. Procedendo nelle sue passeggiate attraverso il villaggio poteva ora vedere i più intimi particolari della vita familiare, dei preparativi al lavoro, della gente che partiva per i suoi affari o gruppi di uomini e donne intenti a fabbricare qualcosa: eventi di solito banali MA sempre significativi formavano l’atmosfera della vita quotidiana dell’autore così come quella degli stessi indigeni. Inoltre, gli indigeni, a forza di vedere Malinowski ogni giorno smisero di essere interessati, allarmati e imbarazzati dalla sua presenza e l’autore stesso smise di essere un elemento di disturbo nella vita tribale che doveva accingersi a studiare: essi finirono per considerare l’etnografo come parte della loro vita. Una volta integrato, Malinowski NON aveva più la necessità di stare dietro ad alcune cose per paura di perderle, ora avevano luogo proprio sotto i suoi occhi.

2

Malinowski fa una precisazione: ogni volta che si verifica qualcosa di drammatico ed importante è essenziale indagare nello stesso momento in cui accade perché allora gli indigeni NON possono fare a meno di parlarne perché troppo eccitati per essere reticenti e troppo interessati per essere pigri nel fornire dettagli. Malinowski riconobbe quindi di dover imparare come comportarsi e facendo questo acquistò la sensibilità per le buone e cattive maniere indigene: con questa e con la capacità di provare piacere il loro compagnia e dividere alcuni dei loro divertimenti cominciò ad avere la sensazione di essere veramente in rapporto con gli indigeni ← questa è la condizione preliminare per essere in grado di portare a termine il lavoro sul campo. MA il ruolo dell’etnografo NON è solo quello di tendere trappole al punto giusto e aspettare quello che ci cadrà dentro MA egli dev’essere anche un cacciatore attivo e guidare la sua preda seguendole le tracce. Avere una buona formazione teorica NON significa essere carichi di idee preconcette → più problemi egli porterà con sé sul campo, più sarà disposto a plasmare le sue teorie in accordo con i fatti e a considerare i fatti come sostegno della teoria, meglio sarà equipaggiato per il suo lavoro: le idee preconcetto sono dannose MA l’intuizione dei problemi è la dote principale di uno studioso e, questi problemi sono rivelati all’osservatore innanzi tutto dai suoi studi teorici. Chi lavora sul terreno fa esclusivo assegnamento sulla guida della teoria: egli può essere insieme pensatore teorico e uno che lavora sul terreno e, in questo caso, può trarre stimoli da sé stesso, MA le due funzioni sono separate e nella ricerca devono essere separate sia come momenti che come situazioni di lavoro. L’etnologia ha introdotto la legge e l’ordine in ciò che sembrava caotico e bizzarro: ha trasformato per noi il mondo dei selvaggi (fatto di sensazioni, ferocia, incomprensibilità) in un numero di comunità ben ordinate, governate da leggi e che si comportano e pensano secondo principi coerenti. Il termine selvaggio implica l’idea di una libertà senza confini e sregolatezza: noi immaginiamo volgarmente che gli indigeni vivano nel seno della natura, preda di credenze e timori incontrollati. La scienza moderna mostra invece che le loro istituzioni hanno un’organizzazione precisa e che essi sono governati dall’autorià, dalla legge e dall’ordine nelle loro relazioni pubbliche/private mentre sono parallelamente sotto il controllo di complessi legami di parentela e appartenenza al clan. Il primo e fondamentale obiettivo del lavoro etnografico sul campo è quello di dare un profilo chiaro e solido della costituzione sociale e di districare le leggi e le regolarità di tutti i fenomeni culturali da ciò che NON è legato ad essi a una relazione necessaria. Per fare questo bisogna: → mettere a nudo il solido scheletro della vita tribale; → fornire un resoconto completo dei fenomeni; → NON mettere in rilievo quelli sensazionali/singolari. L’etnografo che lavora sul campo deve percorrere l’intera estensione dei fenomeni in ogni aspetto della cultura tribale studiata senza distinzione fra ciò che è banale e comune e ciò che lo colpisce come straordinario e fuori dal consueto. Nella ricerca si deve analizzare l’intero campo della cultura tribale in tutti i suoi aspetti (olismo): la coerenza, la legge e l’ordine che prevalgono all’interno di ciascun aspetto collaborano anche a tenerli uniti in un tutto coerente. Infatti, un etnografo che si concentra sullo studio della sola religione o organizzazione sociale ritaglia un campo d’indagine artificiale e incontrerà ostacoli nel suo lavoro. L’etnografo che lavora sul campo si trova dinanzi al compito di: → registrare tutte le regole e le regolarità della vita tribale (tutto ciò che è permanente e fisso); → delineare l’anatomia della cultura degli indigeni; → descrivere la costruzione della loro società. 3

MA queste cose, sebbene cristallizzate e fisse, NON sono MAI formulate: NON vi è nessun codice di leggi scritte o espresse esplicitamente e l’intera tradizione tribale degli indigeni e la struttura delle loro società è incorporata nel più fuggevole di tutti i materiali: l’essere umano. MA, nemmeno nella mente dell’uomo o la sua memoria queste leggi si trovano formulate in modo preciso: gli indigeni obbediscono alle forze e agli imperativi del codice tribale MA non li comprendono. La regolarità nelle istituzioni indigene è il risultato automatico dell’interazione fra le forze mentali della tradizione e le condizioni materiali dell’ambiente. Dopo che ci si è resi conto di questo si deve trovare un mezzo per superare questa difficoltà: questo mezzo per l’etnografia consiste nel raccogliere i dati concreti offerti dall’esperienza e trarne da solo le conclusioni generali. Anche se NON possiamo porre domande a un indigeno riguardo a regole astratte e generali, possiamo però sempre chiedergli come viene trattato un dato caso: un caso immaginario, o meglio, un avvenimento reale, stimoleranno l’indigeno ad esprimere la sua opinione e fornire informazioni. Da questo materiale la conclusione si ottiene per semplice induzione. Il trattamento scientifico differisce da quello del buon senso comune per due aspetti: ≠ uno studioso spingerà la completezza e minuziosità dell’indagine molto più lontano e in modo sistematico e metodico; ≠ una mente scientificamente allenata condurrà la ricerca lungo linee rilevanti e verso obiettivi che possiedono un’importanza reale: lo scopo della preparazione scientifica è provvedere il ricercatore empirico di una carta mentale, seguendo la quale egli può effettuare i suoi rilevamenti e progettare la sua rotta. Nel lavoro effettivo sul campo la comparazione dei dati e il tentativo di metterli insieme riveleranno crepe e lacune nell’informazione che guideranno ad ulteriori indagini: lo stesso Malinowski ci dice che il più delle volte un problema gli sembrava risolto e ogni cosa ben ferma e chiara finché NON cominciava a buttare giù un abbozzo preliminare dei risultati e, solo allora si accorgeva delle enormi deficienze che gli indicavano dove vi erano nuovi problemi e lo guidavano a un nuovo lavoro. Questa fertilizzazione incrociata fra lavoro costruttivo e osservazione è preziosissima per compiere un reale progresso: NON si possono ottenere informazioni esatte e complete su un argomento di tale complessità e con tali ramificazioni senza una costante azione reciproca fra gli sforzi deduttivi e la verifica empirica. La raccolta di dati concreti che coprano una vasta gamma di fatti è uno dei punti metodologici principali del lavoro sul campo. Il dovere dell’etnografo NON è SOLO di esaminare pochi esempi MA di esaurire per quanto possibile tutti i casi alla portata: in questa ricerca di casi ne registrerà di più quel ricercatore la cui carta mentale è più chiara. MA tutte le volte che il materiale della ricerca lo consente, questa carta mentale dovrebbe diventare una carta reale: dovrebbe materializzarsi in un diagramma, in uno schema, in un esauriente tavola sinottica dei casi. Il metodo di ridurre le informazioni – quando è possibile – in tavole o carte sinottiche dovrebbe estendersi allo studio di tutti gli aspetti della vita degli indigeni: tutti i tipi di transizioni economiche possono essere studiati osservando dei casi reali connessi e collocandoli in una carta sinottica. Dovrebbe inoltre tracciarsi una tavola di tutti i doni e regali abituali in una data società: una tavola che includa una definizione sociologica, cerimoniale ed economica di ciascun oggetto. Si potrebbero anche classificare tutti i sistemi di magia, le serie relative di cerimonie, i tipi di azioni legali, facendo in modo che ogni dato registrato sia definito in modo sinottico sotto un certo numero di intestazioni. Accanto a questo, il censimento genealogico di ogni comunità studiata più dettagliatamente, mappe estensive, schemi e diagrammi che illustrino la proprietà della terra a giardino, i privilegi di caccia e pesca ecc. servono come documenti fondamentali della ricerca etnografica. Il valore di una carta sinottica come strumento di ricerca consiste nel fatto che permette al ricercatore di porre domande che egli formula per sé in abstracto MA che può porre concretamente all’informatore 4

indigeno. Come documento, il suo valore consiste nel fatto che fornisce un certo numero di dati autentici, presentati nel loro raggrupparsi naturale. La risposta al problema astratto può quindi essere ottenuta traendo una conclusione generale da tutti i casi. Un etnografo che desideri avere credito deve mostrare in modo chiaro e conciso, in forma sinottica, quali sono le proprie osservazioni dirette e quali le informazioni indirette che formano la base del suo resoconto. METODO DELLA DOCUMENTAZIONE STATISTICA MEDIANTE LA PROVA CONCRETA → ciascun fenomeno deve essere studiato attraverso la serie più vasta possibile delle sue concrete manifestazioni mediante un esame esauriente di esempi dettagliati. Se possibile, i risultati devono essere disposti in una qualche sorta di carta sinottica, sia perché servano come strumenti di studio, sia per presentarli come documenti etnologici. Con l’aiuto di tali documenti e di tale studio di casi reali si può presentare un chiaro profilo della struttura della cultura indigena nel senso più ampio della parola e della costituzione della loro società. Il lavoro scientifico sul terreno è superiore anche alla produzione del migliore dilettante MA c’è un punto in cui quest’ultima eccelle: → nella rappresentazione dei tratti più intimi della vita indigena, nei suoi aspetti che si apprendono SOLO vivendo in stretto contatto con gli indigeni per un lungo periodo di tempo. Nell’elaborare un lavoro scientifico ci accorgiamo che questa esattezza è estranea alla vita reale, che NON si conforma MAI rigidamente ad alcuna regola e deve essere integrata dall’osservazione del modo in cui un dato costume è seguito e del comportamento dell’indigeno nell’obbedire alle regole così esattamente formulate dall’etnografo: se tutte le conclusioni si basano SOLO sulle affermazioni di informatori/sono tratte da documenti oggettivi è impossibile integrarle con dati effettivamente rilevati dal comportamento reale. Certi lavori di dilettanti residenti per lunghi periodi da commercianti e piantatori, medici e funzionari e missionari intelligenti privi di pregiudizi superano in plasticità e in vivacità la maggior parte dei resoconti puramente scientifici. MA se uno studioso specializzato che lavora sul campo può adottare le condizioni di vita suddette si trova in una posizione di gran lunga migliore. Se vive nel villaggio indigeno senza nessun altro compito che quello di seguire la vita degli indigeni, uno vede più volte i costumi, le cerimonie e transizioni e ha esempi di come le loro credenze sono effettivamente vissute e vanno a rivestire lo scheletro delle costruzioni teoriche. Lavorando nelle condizioni descritte, l’etnografo è in grado di aggiungere qualcosa di essenziale allo scarno schema della costituzione tribale e di integrarlo con tutti i dettagli del comportamento, dell’ambienti e dei piccoli avvenimenti: ci sono una serie di fenomeni di grande importanza che NON possono essere registrati consultando o vagliando documenti MA devono essere necessariamente osservati → gli imponderabili della vita reale. Questi fatti possono e devono essere formulati e registrati scientificamente MA è necessario che ciò sia fatto NON mediante un’annotazione superficiale di particolari MA sforzandosi di penetrare l’atteggiamento mentale che vi si esprime. In essi, né gli aspetti privati né legali devono essere considerati superiori. In tutte le relazioni sociali diverse dai legami familiari vi è un lato intimo, espresso dai particolari tipici del rapporto e dalle sfumature del comportamento in presenza dell’uno e dell’altro. Questo lato è diverso dalla struttura legale e deve essere studiato e descritto in modo appropriato. Analogamente, studiando le azioni importanti della vita tribale come le cerimonie, i riti e le feste, si devono fornire i particolari e le sfumature del comportamento, es. le sopravvivenze: il carattere di sopravvivenza di un’azione in niente si esprime così bene come nel comportamento concomitante nel modo in cui è eseguita. Malinowski sottolinea ancora una volta l’importanza di raccogliere e fissare le impressioni abbastanza presto nel corso dello studio in un distretto perché certi piccoli particolari che fanno impressione finché 5

costituiscono una notivtà NON si notano più appena diventano familiari, altri, invece si possono percep...


Similar Free PDFs