Libri-DI- Lettere - riassunto libro PDF

Title Libri-DI- Lettere - riassunto libro
Author Giulia Andriuzzi
Course Storia della stampa e dell’editoria
Institution Università degli Studi di Milano
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riassunto libro ...


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Ludovica Braida

LIBRI DI LETTERE Le raccolte epistolari del ‘500 tra inquietudini religiose e ‘buon volgare’

Introduzione Nell’Italia del ‘500  

grande sviluppo della stampa; centro di produzione Venezia poi Ferrara, Urbino, Padova e Roma. Si scrive non solo per la persona ma anche per il pubblico (che apprezza il volgare);

I libri epistolari derivano dalla pubblicazione di lettere di Cicerone, Plinio, Seneca in latino e successivamente in volgare con umanisti come Erasmo, Vives.  Le raccolte in volgare sono legate ai problemi contemporanei;  grande stampatore-umanista è Paolo Manuzio che con Lettere volgari creò il primo best seller con ben 28 edizioni tra il 1542 e il 1567  prima di lui c’è l’Aretino con lettere di informazione pubblica, politica, letteraria, filosofica. Lettere che cmq cambiavano il loro significato originario una volta entrate in stampa poiché selezionate, corrette, riscritte inoltre cambia tra edizioni per ricontestualizzarle .

Capitolo 1 LE ANTOLOGIE DEGLI ANNI QUARANTA: TRA MODELLI DI BUON VOLGARE ED ESPRESSIONE DEL DISSENSO RELIGIOSO Claudio Tolomei già nel 1544 è allarmato dalla facilità con cui il mercato editoriale si appropria di opere che gli autori ---> “forse non l’avevan finite ---> spesso senza consenso o contro la volontà degli autori.

Gli intellettuali del tempo ( es Tolomei, Dolce e Caro ) s onop r e oc c upa t i a nc hepe rl el or ol e t t er e  non vogliono che vengano pubblicate  Prima, col manoscritto, era più facile tenere sott’occhio la circolazione delle proprie opere. con affermazione libro a stampa opere pubblicate anche senza consenso

Dal 1538 si fa strada il business del mercato delle lettere ma PERCHE'?!  Per evitare che la corrispondenza venisse pubblicata da altri, alcuni autori preferivano allestire il proprio epistolario per la pubblicazione.  Fu un genere di grande successo, per un’ampia fascia di lettori dato che comprendeva diversi temi. Era un genere aperto all’informazione, con fatti e personaggi contemporanei che incuriosivano. Questo grande fenomeno editoriale vive decenni di grande sviluppo a partire dal 1540 contribuendo alla crescita della produzione a stampa in volgare su iniziativa di editori che credono nella lezione del Bembo di dare al volgare una dignità letteraria. Il genere epistolare prevedeva una grande varietà di temi, letterari, politici, religiosi, culturali

Nella produzione di lettere si distinguono tre tipologie:   

Le SILLOGI di un autore famoso L’ANTOLOGIA preparata da un letterato di fama che raccoglie le epistole di numerosi uomini illustri in vari ambiti Il LIBRO DI LETTERE per il segretario, spesso a opera di uomini che esercitavano tale ruolo presso le corti

Le antologie consentono di  avere uno spettro più ampio delle operazioni editoriali  ricostruire, in alcuni casi, la rete dei personaggi che venivano coinvolti nella ricerca di testi di uomini piu o meno illustri.

La raccolta del GUAZZO

del 1590 sarà la prima a utilizzare una

classificazione per “capi”.  E’ una novità ma non viene usata da tutti  le lettere si susseguono spesso senza relazione tra loro, con una continuità casuale.  Occorre attendere la raccolta di Dionigi ATANAGI del 1554 per trovare la prima antologia curata con un criterio autoriale.  Dall’anno successivo, compaiono i primi indici più articolati, affinchè il lettore potesse individuare con facilità i temi affrontati: indicizzazione per autore e per argomento.

L’indice è dunque l’unico strumento per individuare dei testi  perché la successione delle lettere non rispetta un ordine per autore.  Tuttavia molti autori sono indicizzati non secondo il loro nome ma sotto il loro titolo nobiliare (marchesa, cardinale, monsignore ecc)  Gli indici organizzati per capi diventeranno dei veri e propri schemi visivi. E’ solo nell’antologia manuziana che troviamo esplicite indicazioni sul tipo di pubblico cui l’autore si rivolge. Manuzio ritiene il volgare come ‘la vera forma del ben scrivere’. Le “LETTERE VOLGARI” del Manuzio diventano un best-seller nel genere epistolografico -per la varietà degli stili trattati, -per la notorietà degli autori -per l’autorità conferita alla lingua volgare. Occorre attendere la raccolta dell’Atanagi per vedere un successo simile all’antologia manuziana; -organizzata in 13 capitoli (libri) - ognuno dei quali raccoglieva le lettere di un solo autore e, in alcuni casi, si trattava di uomini su cui proprio in quegli anni si stavano intensificando i sospetti di eterodossia. -Si diede un grande risalto al criterio autoriale, e i temi trattati erano molti e vari. Grande successo. Le epistole potevano essere lette come un qualsiasi testo letterario, per il piacere o la curiosità, o per avere informazioni su personaggi o situazioni dell’epoca.

Capitolo 2 LA RAPPRESENTAZIONE DEI MESTIERI DEL LIBRO: LE LETTERE DI EDITORI, CORRETTORI, AUTORI

Aretino  a partire dal successo dei suoi epistolari, gli stampatori veneziani avrebbero immesso sul mercato centinaia di edizioni, sperando di eguagliare la fortuna delle sue lettere. Nel caso della raccolta manuziana, è possibile individuare alcune delle persone coinvolte nella preparazione dei primi due volumi: Annibal Caro, Pietro Carnesecchi, Benedetto Ramberti, Iacopo Bonfadio, Francesco Della Torre. L’illustre stamapatore veneziano aveva cominciato a raccogliere materiale sin dalla fine del 1541.A partire dagli anni 40, non solo assistiamo al proliferare di antologie epistolari, ma anche di raccolte poetiche, come “Rime diverse di molti eccellentissimi autori” di Giolito. CORRETTORI molteplici ruoli nelle case editrici: collaboratori esterni, traduttori, filologi, redattori. In alcuni casi le antologie epistolari sono un mondo che parla di sé, che si autopromuove pubblicizzando le proprie iniziative: sono numerose infatti le lettere di ringraziamento a correttori ed editori. Nelle LETTERE VOLGARI sono frequenti i richiami all’accademia padovana, detta ACCADEMIA DEGLI INFIAMMATI. Questi intellettuali, pur conoscendo il latino, non disdegnavano la necessità di innalzare il volgare e di conferirgli autorità. I giovani cercavano nella stampa una possibilità di riscatto intellettuale, un lavoro che consenta di uscire dai vincoli del mecenatismo. 1. MODELLI LETTERARI, ETERODOSSIA E AUTOCENSURA: IL PRIMO LIBRO DELLE LETTERE VOLGARI Le prime due antologie epistolari furono quella dei figli del Manuzio “Lettere volgari” e “Letere de diversi eccellentissimi signori di Navò. Quest’ultimo volume era però scarsamente curato dal punto di vista sia materiale che testuale e non ebbe mai un successo pari alla raccolta manuziana, probabilmente anche per mancanza di contatti e collaborazioni.

In più, Manuzio si proponeva di offrire ben più che dei modelli di buon volgare: attraverso le lettere si presentavano casi di uomini di cui si volevano celebrare le virtù o le gesta. Il primo libro dell’antologia manuziana non indicava la data di ogni lettera, ma solo la provenienza. Tuttavia ciò non le privava della loro attualità, perché portavano a farsi un’idea del contesto sociale e delle relazioni tra principi, prelati, re, segretari e intellettuali. La raccolta uscì pochi mesi dopo l’istituzione formale dell’Inquisizione con la bolla LICET AB INITIO del 1542. 1540nasce un gruppo intorno alla figura di Valdès. Dopo la sua morte, alcuni seguaci si riunirono a Viterbo e vennero definiti “SPIRITUALI”. Manuzio riporta nella sua antologia molte lettere di questo gruppo. ES: lettere del Vergerio, vescovo allontanato dalla sua diocesi, che si preoccupava per il suo gregge ma allo stesso tempo della natura della chiesa e della sua istituzione. Era stato considerato dalla Sede papale come inaffidabile e ambiguo e la sua posizione si fece sempre più difficile fino a quando dei frati della sua parrocchia lo accusarono di eresia e venne allontanato. Man mano che il clima dii sospetto nei confronti del Vergerio aumentava, Manuzio rivisitò la su opera eliminando alcune sue lettere “critiche”. Nel 1545 uscì il secondo libro delle Lettere Volgari, che contribuirono a consolidare la fama dell’autore senese. Era un progetto complesso, in cui il lettore affrontava i temi religiosi in termini molto più chiari che nel primo libro. Si parlava anche di un esempio di conversione, di lettere dottrinali e del vescovo di Verona, Gian Matteo Giberti. (pp.78-82)accusato di trattative segrete con la Francia in virtù della sua antica fama di filofrancese. Questo secondo libro sembrava più orientato a dare credibilità e spazio agli spirituali valdesiani, cercando di conciliare la dottrina valdesiana con l’ortodossia. Comunque Manuzio non aveva fatto tutto da solo; diverse persone avevano contribuito alla raccolta di lettere, tra cui, primo fra tutti, Pietro Carnesecchi. Nonostante fossero in volgare, e antologie non venivano considerate un genere destinato a corrompere le genti carnali e idiote, ma un genere colto, cui collaboravano autori famosi, il cui obiettivo era quello di divulgare modelli di buon volgare. Rispetto al primo libro, questo aveva la datazione delle date di ogni lettera: legame con attualità e contemporaneità. TRE CORRETTORI E UNO STAMPATORE: DIONIGI ATANAGI, LODOVICO DOLCE, GIROLAMO RUSCELLI E PAOLO MANUZIO 1. DIONIGI ATANAGI I libri di lettere continuarono a riscuotere molto successo, come si nota dalle riedizioni delle LETTERE VOLGARI e dal successo della più importante raccolta degli anni ’50 “DE LE LETTERE DI TREDICI HUOMINI ILLUSTRI di Atanagi, letterato ben inserito nel mondo accademico romano. Nonostante la stima di cui godeva tra i letterati del tempo, ebbe molte difficoltà a trovare un mecenate che lo proteggesse stabilmente e questo lo costrinse a trasferirsi più volte fino a quando, a Venezia, entrò a far parte

dell’ACCADEMIA DELLA FAMA fondata nel 1557 da Federico Badoer, che diventò un’istituzione con un ambizioso programma culturale e politico. L’esperienza dell’Accademia si chiuse nel 1561. Al suo fallimento contribuirono non solo ragioni economiche, ma anche il fatto che i rapporti internazionali avevano suscitato forti sospetti tra i governanti veneziani. I tredici uomini delle lettere erano tutti nomi noti, alcuni dei quali già presenti nelle antologie degli anni ’40. L’elemento che caratterizzava la maggior parte di questi autori era il fatto che fossero inseriti saldamente nella gerarchia ecclesiastica, essendo quasi tutti o vescovi, o cardinali o collaboratori della curia romana. Atanagi scelse un criterio nuovo, un ordine per autori, e, cosa più innovativa, rendeva esplicito questo criterio sin dal frontespizio, indicando tutti i nomi degli autori antologizzati, in ordine di libro. Come Manuzio, lasciava intendere che la raccolta poteva essere apprezzata da quelli che sanno e da tutti gli altri. Non erano però solo eventi contemporanei ma anche di 20 o 30 anni prima, dunque i lettori rivivevano anche eventi passati e gli anni a questi immediatamente successivi. Nei suoi continui sbalzi temporali, Atanagi probabilmente cercava anche di scagionare Flaminio, valdesiano, e di portare il lettore a riflettere sulla responsabilità della Chiesa nella crisi religiosa. Secondo Vergerio chi leggeva l’antologia dell’Atanagi usciva con le idee confuse perché, forse per dissimulare il suo intento, il curatore faceva convivere posizioni e giudizi contrastanti. 2. LODOVICO DOLCE Nel 1555 “Lettere di diversi eccellentissimi huomini, raccolte da diversi libri”. Dolce, seguace dell’Aretino, rivela un’ampia sfera di intervento, dalla cura ortografica, all’allestimento di indici, alla scrittura di lettere dedicatorie, di prefazioni ecc. Dolce aveva colto quanto fossero importanti le operazioni di selezione, correzione e riscrittura dal suo personale archivio epistolare, e che il genere epistolare stava attraversando numerose trasformazioni. Dolce manteneva una successione per autori, ma nell’indice utilizzava un ordine alfabetico con l’aggiunta dell’incipit di ogni lettera e dell’abstract. Il plagio poteva dar vita a un libro nuovo: pur non rinnovando i testi, Dolce sceglieva però di riproporli con una struttura paratestuale più complessa, a riprova che la forma attraverso cui il testo è trasmesso può produrre significati nuovi, prevedendo usi diversi da parte dei lettori. Mentre il debito nei confronti del Manuzio è dichiarato, quello nei confronti dell’Atanagi non è neppure accennato. Nel caso di epistole religiose, Dolce è molto cauto e preferisce rimanere nel vago. L’innovazione dell’antologia riguardava anche l’inserimento di nuovi autori. Nessuna delle varianti nella seconda edizioni sono da attribuirsi a motivi di autocensura: tutte le lettere dottrinalmente più compromettenti, infatti, restano, e parte dei cambiamenti sono dovuti al cambio del dedicatario, che prima era Silvio di Gaeta, e ora Federico Badoer. 3. GIROLAMO RUSCELLI

Entrò in pochi anni in competizione con i più grandi correttori che lavoravano nelle stamperie di Venezia, e guardava con ammirazione all’Aretino. Dolce criticava le sue scelte ortografiche e il Ruscelli rispose pubblicando i “Tre discorsi”, un attacco al dolce sia come autore che come correttore, traduttore e poeta. Fu uno scontrò che certo non giovò al Dolce, che forse capiva che, in campo ortografico, non poteva competere con il suo rivale. Spregiudicatezza e conoscenza delle attese del pubblico furono le qualità che gli consentirono di sfondare nel competitivo mercato editoriale veneziano. Ruscelli attribuiva alla stampa una grande responsabilità: avendo reso più facile la circolazione di idee e delle opere, consentiva anche a chi non aveva una grande dimestichezza con la scrittura di cimentarvisi, abbassando il livello della produzione letteraria. Non era estraneo ad ambienti eterodossi, anche se sono rimaste ben poche tracce di questi legami e di queste frequentazioni. Nella sua raccolta epistolare, nel quindicesimo libro, introdusse una delle sue più grandi passioni: la geografia e la descrizione dei viaggi, un interesse che stava maturando. Era una sorta di reportage, che nulla aveva a che fare con il genere epistolare in cui era inserito. L’antologia del Ruscelli conobbe un grande successo dato che dopo 4 anni ebbe un’edizione con numerose varianti, seguita da altre due edizioni nel 1564 in cui veniva aggiunto un sedicesimo libro. 4. PAOLO MANUZIO Nel 1556 dava alle stampa il suo epistolario, riprendendo nel titolo, “Tre libri di lettere volgari”, quello dell’antologia che lo rese celebre. Aveva il desiderio di mostrare il suo talento di autore, e non solo quello di editore o curatore. Oltre a far uscire il suo epistolario, curò un’antologia in latino di lettere di autori e prelati illustri. Al centro di molte epistole vi è una discussione che negli anni trenta era molto comune: la conciliabilità per il buon cristiano delle humanaelitterae con gli studia sacra. In un epistola al cardinale di Carpi, chiede un aiuto per potersi dedicare agli studi umanistici, la sua vera vocazione. Era fondamentale ottenere il sostegno di un mecenate, anche se in altre lettere si lamenta della mancanza di generosità di questi ultimi. “s’io fossi oscuro per me stesso”  se anche fosse stato sconosciuto come umanista, la fama di suo padre lo avrebbe preceduto. Probabilmente temeva che il suo nome come autore fosse circolato ben poco e voleva uscire allo scoperto, pubblicando in volgare e rendendo meno oscuro il suo nome. L’obiettivo del suo epistolario era quello di stupire per la quantità e la qualità dei suoi interlocutori. E’ un vero epistolario una selezione di lettere messa insieme dall’autore stesso secondo i suoi criteri retorici e stilistici, mentre una raccolta di lettere risponde a criteri puramente editoriali. Siamo lontani dalle tematiche religiose, che appaiono appena in sottofondo e non sono un argomento di riflessione.

Il punto della sua raccolta sembra essere quello di celebrare se stesso come umanista al centro di relazioni importanti con in punti di riferimento dei giovani. Legato ai valdesiani, Paolo Manuzio non lo nascondeva, anzi, lo ostentava quasi con orgoglio. Nel 1558 fu coinvolto da Badoer nel progetto dell’Accademia della fama e nel 1561 gli fu affidata la direzione della stamperia pontificia. Sperava di poter aver qualche spazio d’autonomia ma non fu cosi. Importante perché fu il primo stampatore italiano a pubblicare le proprie lettere sia in volgare che in latino. Erano infatti due mercati paralleli ma non in conflitto; quello nazionale e quello colto europeo. Doveva molto a PIETRO BEMBO, più volte ricordato, che più aveva contribuito ad avvicinarlo agli studi umanistici.

LE ANTOLOGIE DEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA: VERSO LA SPECIALIZZAZIONE TEMATICA 1. La trasformazione delle antologie epistolari Tra gli anni 60 e 70, nuove proposte di antologia.  LETTERE FACETE ET PIACEVOLI, Dionigi Atanagi  LETTERE DI PRINCIPI, Girolamo Ruscelli La prima, era una raccolta che non puntava più sull’organizzazione per autori, ma includeva anche figure poco note, ai margini della repubblica letteraria. Il criteri della raccolta era quello di genere, il genere burlesco. Scarso legame con l’attualità. La raccolta voleva ricostruire un ambiente sociale e culturale. L’antologia perde il ruolo di mezzo di informazione che aveva negli anni quaranta ma continua ad essere un luogo da cui riaffiora la storia di alcuni particolari circuiti culturali. Le “Lettere facete” ebbero un secondo libro edito nel 1575 dal carmelitano TURCHI, che dichiarava di riprendere il progetto di Atanagi, anche se di fatto non era cosi. La riproposizione di testi degli anni 30 e 40 era possibile solo grazie a un’opera di autocensura, eliminando i nomi e gli elogi a personaggi come l’Aretino, e sopprimendo i riferimenti alle religioni percepiti come dissacranti. Girolamo Ruscelli preferì non allontanarsi troppo dalle edizioni precedenti. Nella dedicatoria, non emergeva l’auctoritas del dedicatario, ma la mania di protagonismo del Ruscelli stesso. Descriveva inoltre il progetto di un’opera geografica in 4 volumi. La novità editoriale consisteva in alcuni commenti inseriti tra una epistola e l’altra per dare informazioni su uomini o vicende che evocavano fatti e situazioni di difficile comprensione. Lo stampatore sottolineava tre elementi: la fama degli autori, l’esemplarità dello stile epistolare, la “cognition de l’histoire”.

Il libro di lettere si traforma in un libro di storia. A differenza di altri suoi colleghi, sceglieva di non inserire nuove epistole, ma semplicemente di darne un’edizione migliore della prima. Negli anni ’60 si riscontra nell’editoria veneziana un’accresciuta attenzione verso i libri di storia: è di questi anni la nascita presso Giolito della “collana historica” affidata a Tommaso Porcacchi. 2. Il libro del “Secretario” di Sansovino Con la pubblicazione, nel 1564 del SECRETARIO, Francesco Sansovino inaugurava una nuova tipologia editoriale: non era infatti solo una semplice raccolta di lettere, ma anche un trattato sulle fuzioni e sul ruolo del segretario a corte. Metteva in risalto la differenza rispetto alle edizioni che l’avevano preceduto, dichiarando tre ordini di obiettivi: INSEGNARE agli altri a scrivere lettere, DISTINGUERE in diverse materie, DIMOSTRARE la teoria con epistole di segretari famosi. Dal primo libro del Sansovino emerge che le qualità del segretario non sono assimilabili a quelle del cortigiano. Le qualità che più emergono sono la fedeltà e la segretezza. Quella del Sansovino si rivelò essere una fortunatissima operazione: da un lato era riuscito a portare l’attenzione sulle competenze di una figura professionale reale, dall’altro era stato capace di concentrare un sapere che teneva conto dell’alta tradizione epistolografica fino a quel momento stampata. La sua operazione mirava a sottolineare che altre opere potevano dare ulteriori esemplificazioni, e che la sua non voleva essere esaustiva. Gli autori classici erano posti a fianco di quelli contemporanei. Sansovino trasse ispirazione da 5 tipologie editoriali differenti: l’INSTITUTIO PRINCIPIS, i LIBRI DI LETTERE, i MANUALI DI SCRITTURA, i LIBRI DI CITAZIONI e i TRATTATI TEORICI SU COME SI FANNO LE LETTERE. Dilemma: meglio la brevità o la lunghezza d...


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