Introduzione ai media jerome bourdon PDF

Title Introduzione ai media jerome bourdon
Author gfdfd fdfdg
Course Storia sociale dello spettacolo
Institution Università degli Studi di Milano
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riassunto introduzione ai media...


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INTRODUZIONE AI MEDIA Jérôme Bourdon (riassunto) Introduzione A partire dall’inizio dell’800 è apparso nel mondo occidentale un nuovo fatto sociale: il mezzo di comunicazione di massa che allo stesso tempo era: -

TECNICA

-

ORGANIZZAZIONE

-

CONTENUTO

-

PUBBLICO

Le tecniche: non possono essere considerate solo supporto. I media sono indissociabili dalle tecniche di fabbricazione e di diffusione di messaggi identici, inviati in maniera rapida, simultaneamente e regolarmente a vasti pubblici. Ciascun strumento, a suo modo, ha aperto nuove strade di comunicazione. I media hanno utilizzato: -

la scrittura/incisione

-

la riproduzione, attraverso immagini fisse

-

immagini in movimento (cinema)

-

la trasmissione simultanea di suoni (radio)

-

poi trasmissione simultanea di suoni e immagini (televisione)

Poi cavo, satellite, digitale, internet. La macchina da stampa fu inventata nel 400, nel 600 con le grandi rivoluzioni americana e francese fiorino i giornali, ma solo nel XIX secolo la vecchia stampatrice in legno si trasformò in metallica azionata a vapore. Nacque contemporaneamente la notizia nella sua accezione moderna. La prima stampatrice moderna ha funzionato a Londra per il Times. L’organizzazione I media costituiscono una categoria particolare all’interno della società industriale: le grandi imprese di stampa, i grandi enti televisivi, le società di produzione cinematografica, ma anche le stazioni televisive e radiofoniche locali, le reti di sale cinematografiche possono oggi essere tutti

intergrati del conglomerato multimediale. Tutte contribuiscono alla fabbricazione, diffusione dei messaggi mediatici. Spesso i media sono soggette a interventi pubblici che, a volte, reclamano visibilità, protezione, aiuti, e che nello stesso tempo sono pronte a denunciare e censurare. In seno alle organizzazioni operano professionisti e mestieri diversi (produttori, registi, sceneggiatori, programmatori, giornalisti,…), che anche se cambiano con l’evoluzione hanno comunque una loro specificità. I contenuti L’originalità dei media è duplice. Hanno contribuito a creare nuove disposizioni di testi e immagini. I media hanno anche fagocitato trasformato e riciclato tutte le forme di spettacolo e divertimento preesistenti. La stampa si è nutrita del romanzo trasformandolo in “feuilleton”; il teatro, poi l’adattamento del romanzo, ha alimentato il cinema e la televisione. Radio e televisione hanno assorbito musica classica, varietà ma anche lo sport, il circo, il cabaret. A poco a poco queste forme di spettacolo si sono irrigidite e piegate alle esigenze dei media, mentre quest’ultimi creavano propri generi (soprattutto la tv privata) trasformandola in spettacolo: la conversazione. Pubblico Negli anni 80 scompare il prefisso “mass” dalla parola mass media ma nonostante questo, il carattere massivo è una peculiarità dei media che per la loro ampiezza di diffusione rappresentano un potere. L’evoluzione dei media, soprattutto con la crescita di internet, obbligherà forse a sfumare questa considerazione. Molti usi di internet si riferiscono alla diffusione/consultazione di massa e internet è un mezzo di comunicazione ibrido di giornale, radiotelevisione e di biblioteca. I media agiscono su gruppi esistenti (famiglie, classi sociali, professioni) che essi non fanno scomparire, ma contribuiscono a modellare in modo nuovo le coscienze collettive. I media influenzano e rimodellano i gruppi sociali, contribuiscono a far emergere entità collettive più vaste, in primo luogo la nazione moderna. I media hanno spinto alla valorizzazione di forme cifrate, istantaneamente pubblicate, di una opinione pubblica sino ad allora rappresentata dai notabili, fra essi gli stessi giornalisti. 2. I media e le loro frontiere Le varie categorie di media costituiscono insiemi tecnologici e sociali complessi che mescolano strumenti diversi: 



la stampa: il termine ha perso il suo significato tecnico per indicare una precisa categoria di prodotti stampati (oggi la stampa si effettua attraverso procedimenti tecnici diversi da quelli della macchina da stampa di Gutemberg). La stampa ricorre all’impressione, fotografia, telecomunicazioni; il cinema: il video, effetti speciali;

Ogni mezzo di comunicazione di massa ha le sue frontiere. Certi settori della cultura non amano che si tratti il loro lavoro come un “prodotto” mediatico, cosi come chi si occupa di film o di libri respinge spesso l’accostamento con televisione. È prima di tutto una questione di materiali:  

il libro stampato è, in teoria, disponibile per lungo tempo; il film è disponibile in sala per un breve periodo;



quasi tutti i film vengono abbondantemente riproposti poi in tv.

La frontiera tra flusso ed edizione è più sfumata di quanto sembri e permette di misurare il modo con cui i media hanno conquistato nuovi territori ai quali hanno imposto le loro logiche. Il libro, catturato da una razionalità mediatica progressiva massiccia è di facile deperibilità. Nello stesso tempo l’editoria ha conquistato i media di flusso (edizione video di programmi televisivi). I libri e i film sono alimento indispensabile dei media di flusso che li promuovono, li adottano, li citano, li fanno conoscere e dimenticare. A margine si trovano poi radio, giornali e tv locali a diffusione modesta ma apprezzabili per la spontaneità o libertà. 3. I media: campo di studio o disciplina? È inseparabilmente tecnica, storica e sociale. Non si può classificare un periodo in base al supporto di comunicazione utilizzato. I media sono quindi presi in considerazione come fenomeni situati in un contesto storico. I vecchi mezzi di comunicazione non hanno conosciuto nulla di equivalente ai nostri mezzi di comunicazione di massa. La mediologia (cioè la disciplina che secondo Régis Debray, tratta delle “funzioni sociali superiori nel loro rapporto con le tecniche di trasmissione) privilegia la tecnica. Per inglobare gli studi sui media è stata proposta un’ altra disciplina molto più vaga ed accogliente: la comunicazione, anche se spesso appare ora come nuova scienza ora come fenomeno che essa analizza. La sociologia è un’altra disciplina importante in questo. Il momento storico che ha visto la nascita dei media ha dato origine alla sociologia moderna. Per essere buoni specialisti di media bisogna essere sociologi. Una disciplina più tradizionale è la semiologia: in passato questa disciplina pretendeva di dominare in questo campo, ora, è utile, ma è ausiliaria alla sociologia, i semiologi infatti ora sono per la maggio parte socio-semiologi.

Capitolo 1 – TEORIE SUI MEDIA Nel linguaggio corrente, a volte anche in quello scientifico, ogni ipotesi esplicativa può essere definita teoria. Tutti teorizzano. Si può parlare di Teoria professionale (le spiegazioni che i professionisti danno sul funzionamento delle imprese, sui rapporti con il pubblico e con i media) e di Teorie profane (gli ascoltatori, i lettori e gli spettatori discutono degli effetti o dei rapporti con il potere e producono proprie teorie). La nozione di opinione pubblica è un esempio: nata negli ambienti politici e giornalistici, ripresa dalla sociologia, si ritrova nelle conversazioni quotidiane. Il termine teoria può essere utilizzato per definire le “teorie a medio raggio” come le ha chiamate il sociologo Robert Merton: insieme di ipotesi destinate a rendere conto di un fenomeno o di una categoria di fenomeni, all’interno di una disciplina scientifica, senza pretendere di essere valide per la disciplina nella sua totalità. Per quanto riguarda la recezione la teoria del Doppio flusso di comunicazione rimanda all’idea che gli effetti della comunicazione toccano prima una determinata categoria di individui (opinion leader) prima di raggiungere il resto del pubblico e questo comporta che vengano fatte prima delle ipotesi 1. Il cerchio delle teorie: profeti, empirici e critici Le teorie qui descritte sono idealtipi, non esistono come tali nella realtà ma consentono di classificarla. È raro che un autore o un testo rientrino in tutto ad una delle correnti individuate, però ognuno può comunque trovare la sua collocazione. Polo scientifico (empirica e critica) Questa corrente confronta la teoria con la ricerca sul campo e verifica le ipotesi, anche se non sempre sono capaci di modificare la teoria in conseguenza ai risultati dell’indagine che contraddicono con le ipotesi di partenza. Questo polo è a sua volta suddiviso in due grandi correnti: empirica e critica. Empirica, percepisce gli effetti come limitati. In essa c’è il rifiuto dell’idea di media potenti e una valorizzazione del ruolo attivo del pubblico. Pretende generalmente di parlare in nome di un rapporto più stretto e meno astratto con il terreno di ricerca rispetto alla corrente critica. Per questo si chiama empirica, perchè ha un legame stretto con l’esperienza. Sul piano delle teorie sociologiche essa accorda la sua preferenza alla tradizione funzionalista; sul piano politico è ottimista, ovvero pluralista. All’autonomia individuale dello spettatore corrisponderebbe un pluralismo delle correnti di opinione espresse dai media. La teoria Critica invece dichiara di voler decifrare o smascherare un processo globale di dominazione sociale nelle società capitaliste che non viene colto da un semplice osservatore. I media sono analizzati come strumento di questo processo e pertanto fortemente influenti sul pubblico. Le inchieste sul pubblico vengono criticate per la loro ingenuità, a queste viene preferito l’esame, nutrito di teoria, dei documenti (messaggi) prodotti dai media e l’analisi degli assetti di proprietà e di potere all’interno delle organizzazioni. Polo profetico: profeti, utopisti, elitisti

Basate sulla teoria e non sulla scientificità, protette dalla loro “non verificabilità. In quanto profetiche parlano del futuro e non esitano a predire quello che sarà l’effetto prodotto da questo o da quel mezzo di comunicazione di massa. Queste correnti analizzano il settore partendo dagli effetti prodotti dai media. A volte esprimono valutazioni ancor prima di conoscere il mezzo. I profeti si possono distinguere in: -

ottimisti (utopisti)

-

pessimisti (elitisti)

Ottimisti/utopisti sono meno numerosi e sono per lo più giornalisti che di volta in volta esaltano le capacità della stampa, della radio e delle tv di stabilire o ristabilire la democrazia politica o culturale e orientano ora le speranze su internet. Elitisti richiamano una tradizione di critica colta sui media e lamentano un declino di cui attribuiscono la responsabilità allo sviluppo dei media. Valorizzano una cultura tradizionale, minoritaria, letteraria che considerano minacciata dai media. I loro antenati sono forse gli enciclopedisti settecenteschi che commentavano il fiorire dei giornali o equivalenti. Le teorie profetiche hanno il merito della semplicità e si possono distinguere anche in base al tipo di spiegazione che esse privilegiano:  

Spiegazione tecnica (determinismo tecnologico) che considera ogni mezzo di comunicazione isolatamente, ritenendolo capace di produrre effetti specifici (che obbediscono solo alla loro logica interna) Spiegazione sociale (massificazione) considera l’individuo privo di legami sociali, isolato nella massa, come luogo principe dell’azione dei media. Più incline al pessimismo.

Nonostante la distinzione queste due teorie non sono poi così distanti fra loro perchè entrambe le tesi parlano del rapporto diretto tra l’uomo e la macchina, tra l’uomo e il media. 2. Correnti profetiche (massificazione) È forse la prima teoria sui media, nel periodo della stampa; la massificazione è molto vicina all’elitismo, essa affonda le sue radici nei timori suscitati dalla diffusione presso un largo pubblico di idee e racconti sino ad allora riservati a gruppi minoritari. La massificazione disgrega e/o annienta la sua eredità culturale. Storia: la società come massa di individui autonomizzati nasce con le grandi concentrazioni urbane della rivoluzione industriale. Nel XIX secolo infatti si è sviluppato, nel giornalismo e nella letteratura, il tema delle “folle ribelli” incontrollabili per le quali si inventano nuove scienze di misurazione e di controllo. Le folle sono considerate credule e manipolabili a piacimento, e i primi giornali popolari sono individuati come strumento privilegiato di manipolazione. La teoria della massificazione ha influenzato i primi lavori di sociologia, soprattutto sulla propaganda durante la 1° guerra mondiale. Per riassumere le tesi della corrente profetica si può ricorrere a una celebre metafora, quella dell’”ago ipodermico” (Harold Lasswell): gli effetti dei media sarebbero simili a quelli di un gigantesca iniezione che addormenta individui tetanizzati. Negli anni 30, con l’avvento delle dittature e del fascismo, si rafforza l’idea di considerare la folla come individui atomizzati,

vulnerabili di fronte alla manipolazione politica, allo slogan, al simbolo, più sensibili all’emozione che al ragionamento, vulnerabili davanti allo slogan o al simbolo. Si ricorre al comportamentismo per denunciare il meccanismo dell’oppressione psichica esercitata dagli usurpatori moderni che ostacola l’avanzare del progresso. Il comportamentismo (comportamento condotta) è quella corrente psicologica che considera l’individuo come sede di condizionamenti (di risposte prodotte automaticamente in seguito alla ripetizione di stimoli). I media agiscono per contagio, per suggestione, per imitazione. Non siamo lontani dai poteri terapeutici dell’ipnosi. Dall’età delle folle alla società di massa: Alla manipolazione diretta della folla da parte di un agitatore, corrisponde la manipolazione della massa da parte dei media. Insieme, folla e massa, si oppongono a “pubblico” (folla a distanza), nozione che privilegia, al contrario, il sentimento di integrazione tra gi individui che lo compongono. Il termine di massa conserva oggi una connotazione pessimistica tranne quando si riferisce al marxismo, soprattutto quello sovietico, dove esalta le masse (masse popolari) che, giunte ad una chiara coscienza di se stesse, finalmente governano. Il pessimismo (propaganda sociologica e spettacolo) : secondo Le Bon il male non veniva tanto dall’oppressione di una minoranza sulle folle, ma da un istinto di sottomissione di quest’ultime. Questa teoria si ritrova un secolo più tardi in altri autori come Jacques Ellul. Egli parte da una visione disincantata degli uomini moderni, individui privati dei loro contesti collettivi abituali (famiglia, lavoro), sovraesposti ai media, pronti a tutte le credulità ed oppone la propaganda sociologica dei media occidentali liberali, che tende a propagandare un certo stile di vita, con il consenso del gruppo sociale, alla propaganda politica, emanazione di un potere politico che pratica deliberatamente e coercitivamente al fine di modellare le opinioni. Gay Debord denunciando nella società moderna il proliferare di divertimento e di un mondo di apparenza critica fortemente l’irrealismo della società in tutte le sue forme Critica alla televisione: 



Popper: preoccupato per la degenerazione dei contenuti dei programmi televisivi. Secondo lui la tv si sostituisce sempre più ai genitori latitanti e alla scuola che non sa più trasmettere i valori. Popper chiede che venga scritto un codice etico e che venga data una licenza a chi fa televisione, rendendoli più consapevoli del loro ruolo. Non accettata. Bourdieu si propone invece di smascherare i meccanismi attraverso i quali la tv esercita una forma di violenza simbolica. La tv nasconde le cose importanti mostrando quelle futili e selezionando i contenuti con il criterio del sensazionale e del drammatico. Crea una realtà diversa.



Sartori: il video sta trasformando l’homo sapiens, prodotto dalla cultura scritta, in homo videns, per il quale la parola è sostituita dalle immagini. Il tele-vedere cambierà e plasmerà la natura dell’uomo. Primato del visibile sull’intelligibile, vedere senza comprensione.



Baudrillard: siamo immersi in una iperealtà, le immagini artificiali rischiano di diventare il vero annullando la differenza tra mondo reale e immagine mediata.



Vattimo: sostiene che nella soc post moderna la proliferazione dei media e la loro velocità di riproduzione del reale hanno trasformato lo scenario sociale, rendendolo più caotico ma offrendo anche nuove speranze di emancipazione.

Pessimismo e elitismo (cultura di massa contro cultura delle élite).

Si parte da una riflessione, sulla nozione di cultura opponendo livelli di cultura. L’opposizione può essere, sopratutto negli autori più pessimisti: 

Cultura binaria: o cultura alta/cultura bassa o cultura d’elite/cultura popolare o cultura d’elite/cultura di massa

Questi autori denunciano le minacce che la cultura di massa, prodotta dai media, fa pesare sulla cultura d’elite. Secondo Arnold e il poeta Eliot i valori culturali sono stravolti. Come per la corrente critica, i media sono la posta in gioco di un conflitto non tra classi, ma tra le categorie della classe dominante. La cultura alta tradizionale è incapace di difendersi dalla nuova cultura mediatica, che la sottomette ad obiettivi commerciali. Ottimismo: divulgazione della cultura e integrazione delle masse: Certi autori hanno percepito la società di massa come un fatto positivo, perchè i mezzi di comunicazione di massa diffondono la cultura. L’ottimismo di questi autori sostiene che l’integrazione attraverso i media, l’elevazione del livello di vita porterebbe con se la scomparsa o il ridimensionamento della divisione in classi sociali e la fine della ideologie che si affrontano in società. Dopo l’elitismo (teoria della massa) si ritorna all’utopismo (con la comunicazione): La comunicazione comporta infatti un pubblico frammentato e attivo in opposizione al pubblico dei grandi media che si suppone passivo e omogeneo. Questo binomio autori pessimisti e autori ottimisti viene ripreso da Eco nel suo Apocalittici e Integrati. I primi sono appunto quelli che guardano con preoccupazione alla diffusione della cultura di massa, in quanto anticultura. Accusano i media di diffondere una cultura di tipo omogeneo, senza originalità e centrata sull’intrattenimento (Bourdieu e Passeron)Gli integrati invece ritengono che i media abbiano il merito di mettere i beni culturali a disposizione di tutti e di far circolare un’arte e una cultura popolari(Bell, Shils, Friedmann). Per Eco il problema della cultura di massa è mal posto da entrambi perchè si chiedono solo se sia un bene o un male avere una cultura popolare. L’errore degli integrati è ritenere buona la moltiplicazione dei prodotti dell’industria senza porsi il problema del controllo, senza che essa sia sottoposta a critica. L’errore degli apocalittici invece è pensare che la cult. Di massa sia radicalmente cattiva perchè è un fatto industriale. Apo e inte sono dunque due concetti generici che in realtà possono essere due facce della stessa medaglia. 3. Correnti profetiche: Il determinismo tecnologico Come la cultura di massa nasce da un timore. I deterministi sottolineano il rapporto tra il supporto utilizzato e i processi cognitivi: ogni mezzo di comunicazione di massa ci indica come pensare. Essi utilizzano spesso un unico mezzo di comunicazione come soggetto dell’enunciato: E’ la televisione, è la stampa che trasforma la società, induce il pubblico a credere. All’opposto le teorie scientifiche sostengono la differenza tra trasmissioni, fra categorie di media e precisare le interazioni tra i media e la società. Il medium è il messaggio (Marshall McLuhan)

McLuhan sostiene che non è al livello delle idee e dei concetti che la tecnologia produce i suoi effetti ma sono i rapporti tra i sensi e i modelli di percezione a essere modificati da essa poco a poco e senza incontrare la minima resistenza. McLuhan attacca duramente coloro che affermano che la tv può essere la migliore o la peggior...


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