Introduzione alla costituzione spagnola del 1978 blanco valdes PDF

Title Introduzione alla costituzione spagnola del 1978 blanco valdes
Author Virginia Manganaro
Course Giurisprudenza
Institution Università degli Studi di Milano
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Diritto pubblico comparato Cattedra M-Z (prof.ssa Miryam Iacometti) INTRODUZIONE ALLA COSTITUZIONE SPAGNOLA DEL 1978 di Roberto L. Blanco Valdés

CAPITOLO I - LA COSTITUZIONE IN UNA PROSPETTIVA STORICA SEZIONE 01 - LA COSTITUZIONE DEL 1978 E LA STORIA DEL COSTITUZIONALISMO SPAGNOLO 1. Dalla Costituzione di Cadice al moderatismo La prima esperienza liberale - quella che fondò il costituzionalismo ispanico e che si sarebbe tradotta nella Costituzione di Cadice del 1812 - era destinata ad abortire a causa del colpo di stato militare del generale Elio, che nel 1814 avrebbe restaurato l'Ancien Regime. Tuttavia, dopo il sessennato assolutista (1814-1820), lo stesso re manifestava nel trionfo della sollevazione di Riego la propria volontà di marciare “tutti, e io per primo, per il sentiero costituzionale”. La sollevazione popolare liberale di Cabezas de San Juan apre così il breve ma intenso periodo del “Triennio liberale” (1820-1823) durante il quale trovò applicazione la Costituzione di Cadice (1812). Tuttavia l'entrata in vigore di questa sorta di Costituzione, che, di fatto, non era veramente tale, non riuscì a contenere il crescente movimento liberale, che nel 1836 ottenne infine la reintroduzione della Costituzione del 1812. Nonostante le proteste di Pascual Madoz alle Cortes nel novembre del 1843, e malgrado il suo enfatico proclama di liberismo avanzato e radicale, è certo che con la Costituzione approvata nel 1845 (Costituzione progressista) ebbe fine il ciclo progressista che in modo tanto traumatico e frammentario si era tentato di avviare con i testi del 1812 e del 1837. 2. Le vicende costituzionali di meta ‘800 La Costituzione moderata era destinata a godere di miglior fortuna di quelle progressiste che l'avevano preceduta: salva la breve parentesi del cosiddetto biennio progressista del 1854-56, la Costituzione del 1845 restò in vigore fino alla Gloriosa Rivoluzione del 1868. La Costituzione del 1869, successiva alla rivoluzione, inaugura una fase, di nuovo assai breve, di cambiamenti nello Stato costituzionale. Se dovessimo simbolizzarla in poche parole, potremmo farlo confrontando i preamboli dei due testi, quello vecchio (del 1845) e quello nuovo (del 1869). Mentre la Costituzione del '45 dichiarava la volontà di “Donna Isabella II, per grazia di Dio e in virtù della Costituzione della Monarchia spagnola Regina delle Spagne”, di “disciplinare e comporre con le attuali necessità dello Stato gli antichi fueros e libertà di questi regni”, quella del 1869 proclamava: “La Nazione spagnola, e in suo nome le Cortes costituenti, elette a suffragio universale, intendendo consolidare la giustizia, la libertà e la sicurezza, e provvedere al bene di quanti vivono in Spagna, decretano e sanzionano la seguente Costituzione”. I repubblicani elaborarono un proprio testo costituzionale ma al contrario dei loro predecessori non trovarono il tempo necessario per approvarlo: lo scioglimento manu militari delle Cortes da parte del generale Pavìa all'inizio del 1874 e il successivo “pronunciamento” del generale Martinez Campos, con la proclamazione di Alfonso XII Re di Spagna verso la fine dell'anno,

posero termine alla prima lunga esperienza democratica spagnola, dando avvio alla più lunga fase costituzionale della storia di Spagna. 3. Dalla Costituzione della Restaurazione a quella della Seconda Repubblica La cosiddetta Costituzione della Restaurazione andò a ripristinare le cose al punto in cui le avevano lasciate i moderati sconfitti dalla Gloriosa Rivoluzione e a perfezionare un sistema oligarchico e chiuso, volto a escludere dalla vita nazionale tutti quanti si dichiaravano estranei al ritmo pacifico e corrotto che rappresentava la base della monarchia restaurata: una monarchia che sarebbe arrivata a un punto quasi insostenibile di degrado dei principi del parlamentarismo, sul quale affermava di poggiare nel momento in cui Alfonso XIII giurò sulla Costituzione assumendo la carica di Capo dello Stato. Il colpo di Stato del generale Primo de Rivera, nel 1923, rappresentò il certificato ufficiale di morte di un regime politico che aveva battuto a quel tempo ogni record di durata, senza però riuscire a risolvere alcuno dei gravissimi problemi che era stato chiamato a fronteggiare. Non desta dunque meraviglia che quando, nel 1930, Primo de Rivera decise di porre termine alla sua dittatura militare, alla quale fece seguito quella denominata, per contrasto, “dictablanda”, egli avesse già i giorni contati: le elezioni locali del 12 aprile 1931 rappresentano la più genuina espressione dell'isolamento del monarca e della caduta di prestigio dei partigiani della stessa monarchia. Diversamente dalla Repubblica del 1873, la seconda Repubblica riuscì ad approvare la sua Costituzione: quella del 1931, ma presto, si giunse ad una guerra civile disgregatrice e una spietata dittatura militare, il periodo più lungo e brutale di negazione del costituzionalismo nell'intera storia spagnola. 4. Verso l’attuale Costituzione La Costituzione del 1978, frutto di una rapida transizione durata appena l'arco di 20 mesi, avrebbe dato agli spagnoli la possibilità di scegliere il proprio destino, restaurando la democrazia. Le Camere elette il 15 giugno 1977 la approvarono nel Palazzo delle Cortes di Madrid il 31 ottobre 1978: era trascorso poco più di un secolo e mezzo da quando nella gaditana Isla de Leon altri spagnoli, giunti da ambo gli emisferi, avevano approvato la Costituzione di Cadice. Non deve stupire quindi la tesi di una “Spagna pendolare”: una nazione che oscilla da un estremo all'altro, tra progressismo e conservatorismo, tra conquiste e reazione, tra la democrazia e la sua negazione. Dei 166 anni trascorsi dal 1812 al 1978, la Spagna ne ha vissuti 62 di negazione radicale del costituzionalismo e altri 68 di costituzionalismo oligarchico, chiuso e antidemocratico. A questi 130 anni, si contrappongono poco più di tre decadi di segno progressista o democratico: quelle caratterizzate dalle Costituzioni del 1812, del 1837, del 1869 del 1931. 5. Considerazioni d’insieme In ogni caso, le Costituzioni spagnole, durante il XIX secolo e fino a che il testo del 1931 cambiò il ciclo, furono sempre documenti politici che si limitavano a delineare la rispettiva posizione istituzionale e le attribuzioni degli organi di governo intorno ai quali si sviluppa il gioco del potere della monarchia limitata: il Re e il Parlamento. La peculiarità dell'esperienza spagnola è rappresentata dalla forma in cui si trasformò storicamente la tensione organica che in tutti i regimi monarchici del XIX secolo delineava la forma di Stato: mentre altre monarchie si evolsero verso una progressiva e crescente parlamentarizzazione o lasciarono posto all'affermazione di diverse forme di repubblica, quella spagnola, non si parlamentarizzò e neppure consentì il consolidamento di forme di governo alternative. In tal modo la Costituzione

del 1845 diede avvio a un percorso verso l'abbandono del parlamentarismo. Gli strumenti che consentirono questo sviluppo erano delineati nella Costituzione, anche se non solo in essa: i poteri reali di scioglimento o di sospensione del Parlamento e di libera designazione dei Governi, che posero nelle mani del monarca un'arma di efficacia straordinaria per decidere chi dovesse governare e quando spettasse farlo a ciascuno; o il bicameralismo, con un Senato aristocratico, sempre disposto a bloccare qualsiasi progetto di contenuto moderno o progressista che un’eventuale maggioranza incontrollata del Congresso fosse riuscita ad approvare; o, infine, la mancanza di un'autentica autonomia delle istituzioni comunali e provinciali, trasformate in mere cinghie di trasmissione di uno Stato oligarchico, vieppiù tale perché centralizzato sino all'estremo. I diritti, poi, erano a malapena riconosciuti nella Costituzione, né esistevano quasi mai nelle leggi che affermavano di regolarli. Tuttavia, quando nonostante tutto gli spagnoli cercavano di esercitarli, poteva sempre porsi mano all'apparato militare: nella Spagna del XIX secolo, il ricorso all'esercito o alla Guardia civile al fine di mantenere l'ordine pubblico rappresentò una vera strategia dello Stato. La limitazione del diritto di voto quasi sino al nuovo secolo e la generalizzata corruzione elettorale resero alla fine impossibile l'affermarsi di un sistema di partiti minimamente rappresentativo e suscettibile di favorire un ricambio progressivo all'interno dello stesso regime politico. La gravissima crisi coloniale, le lotte operaie e il crescente problema regionale della Catalogna e delle province basche giunse a minare a poco a poco, la perfetta macchina che Canovas, Sagasta, Maura o Canalejas avevano tentato di mantenere sempre ben oliata con il vecchio sistema del bastone e della carota. Il muro di contenimento eretto nel 1923 dal generale Primo de Rivera pospose comunque il crollo sino al 1931; crollo che tuttavia alla fine si verificò ugualmente e fu, nonostante la dittatura e la dictablanda che la seguì, davvero clamoroso. La Costituzione del 1931, che chiude il ciclo costituzionale del XIX secolo, sino a che la sollevazione militare del '36 e il franchismo, con la forza delle armi e per quasi quattro decenni, non posero fine al ciclo democratico, dovette fronteggiare i problemi ereditati: da quello della costruzione di un regime autenticamente democratico, basato sulla libertà dei partiti e il suffragio universale, sino a quella della configurazione di un sistema di libertà e diritti protetto da una Legge fondamentale, a sua volta fatta rispettare da un Tribunale delle Garanzie costituzionali; dal problema regionale, che un nuovo disegno dello stato nel suo insieme tentò di ritagliare rompendo la dura crosta centralistica del moderatismo e del conservatorismo canovista, fino alla gravissima questione sociale, che ottenne una completa risposta costituzionale con una delle dichiarazioni dei diritti economici e sociali più avanzate del suo tempo. A tutto ciò si accompagnò la dichiarazione di aconfessionalità dello Stato, e il riconoscimento del diritto di voto per le donne e dell'eguaglianza tra i sessi in tutti i campi. E così, dopo il lungo periodo autoritario della loro storia, gli spagnoli si trovarono di nuovo al punto di partenza, con la maggior parte dei problemi ancora alla porta. SEZIONE 02 - IL PROCESSO COSTITUENTE: 1977-1978 1. La fase di transizione È denominato “costituente” il processo politico-istituzionale che conduce all'approvazione di una Costituzione. Quello spagnolo (inaugurato il 15 giugno 1977 con le prime elezioni democratiche e chiuso il 6 dicembre 1978 con il referendum che approva la Costituzione) rappresentò il frutto di una peculiare e rapida transizione politica, iniziata lo stesso giorno in cui morì il dittatore. Due giorni dopo il principe Juan Carlos fu incoronato Re di Spagna e proclamò ufficialmente la sua

volontà di basare il futuro degli spagnoli “su un effettivo consenso di concordia nazionale”. In tale percorso fu essenziale il ricambio prodottosi alla Presidenza del Governo alla metà del 1976: dopo circa sei mesi nei quali i settori più retrivi del franchismo avevano tentato di imporre una politica di cambiamenti assolutamente restrittiva, il Presidente Carlos Arias fu rimosso dal Re, che in sua vece nominò colui che si sarebbe dimostrato uno degli artefici del cambiamento, Adolfo Suarez Gonzalez. Lo fece, mediante una politica che combinava fermezza e negoziazione: la fermezza, indispensabile per non retrocedere rispetto a quelle che erano considerate esigenze minime per giungere alla celebrazione di un processo elettorale sufficientemente pluralista e per aprire un vero periodo costituente; e la negoziazione, onde contrattare con l'opposizione le carenze fondamentali di un cambiamento che alcuni dei suoi leaders dubitavano, non senza ragione, che alla fine potesse davvero raggiungersi. Tuttavia il cambiamento ci fu: e si realizzò, cosicché la transizione spagnola assunse caratteristiche davvero peculiari, muovendo dalla stessa legalità del regime franchista. Le cui Cortes votarono, infatti, il 18 novembre, la VIII Legge fondamentale, la legge per la Riforma politica, la quale, con l'astensione militante delle forze democratiche e il voto contrario dei settori più reazionari del paese, venne alla fine ratificata con referendum il 6 dicembre. La legge proclamava alcuni principi essenziali che manifestavano palesemente la volontà di rottura col passato: l'affermazione dello Stato democratico, della supremazia della legge, della sovranità popolare ed dell'inviolabilità dei diritti; prevedeva l'istituzione di un Parlamento bicamerale, le cui Cortes dovevano eleggersi a suffragio universale, salvo che per 1/5 del Senato di nomina regia; disciplinava le grandi tappe della riforma costituzionale affidata alle nuove Cortes democratiche e gli elementi essenziali del procedimento legislativo ordinario, stabilendo la centralità del Congresso rispetto al Senato; infine, ha affidato al Re il potere di sottoporre direttamente al popolo una scelta politica d’interesse nazionale, fosse essa o meno d'indole costituzionale. Approvata la legge dalle Cortes franchiste e dal popolo, il governo di Suarez dette avvio a un vasto processo negoziale con i partiti di opposizione che, nel frattempo, erano via via andati a unificare le proprie forze e a creare organismi sempre più coesi per dirigere la loro strategia congiunta di pressione e di compromesso: la Giunta democratica e la Piattaforma di Convergenza democratica, dapprima; la cosiddetta Platajunta, risultante dalla fusione delle prime due, in seguito; e, infine, la Piattaforma delle Organizzazioni democratiche, conosciuta un po' iperbolicamente come Superplatajunta. Il risultato dei negoziati fu quello di spianare via via gli ostacoli che si frapponevano alla celebrazione di libere elezioni. Quando il Presidente del Governo decise personalmente la legalizzazione del Partito comunista, sembrò superato il punto di non ritorno. 2. Le elezioni del 1977 È così fu. Le elezioni si celebrarono il 15 giugno 1977 e il loro risultato non fece che confermare ciò che la lunga e traumatica esperienza spagnola suggeriva: l'opportunità di elaborare una Legge suprema compromissoria che, per essere tale, non contenesse nulla che fosse del tutto inaccettabile da una qualsiasi delle forze partecipanti al patto costituzionale. A vincere fu l'Unione del Centro democratico la quale, senza peraltro raggiungere la maggioranza assoluta al Congresso, ottenne quasi il 35% dei voti. Il patto costituente riuscì alla fine a strutturarsi sulle sei grandi forze politiche che avevano ottenuto una rappresentanza parlamentare al Congresso (UCD, PSOE, PCE, AP, PCD e PNV).

3. Il compromesso sulla Costituzione Di fatto, l'accordo iniziò a essere tessuto dal momento in cui la Camera bassa decide la nomina di una Commissione Affari costituzionali e Libertà pubbliche. Eletta il 25 luglio 1977, la sua composizione interna rappresentava un fedele riflesso della volontà di consenso che avrebbe caratterizzato di lì in avanti l'intero processo di elaborazione del testo costituzionale. Il 2 agosto la Commissione elesse nel suo seno una Ponencia (comitato, commissione) composta da sette deputati con l'incarico di redigere un progetto di Costituzione: in tal modo si avviò formalmente il processo costituente del 1978. Dopo circa sei mesi di lavoro, l'avanprogetto venne pubblicato nel Bollettino ufficiale delle Cortes il 5 gennaio 1978. Scaduto il termine entro il quale il Congresso dei deputati poteva presentare i propri emendamenti all'avanprogetto, la stessa Ponencia procedette alla sua rielaborazione, pubblicata ufficialmente il 17 aprile, dopo di che iniziò il dibattito parlamentare in senso stretto: dapprima nella competente commissione e nel plenum del Congresso nei mesi di giugno e luglio, e similmente, pure in commissione e in aula, al Senato, durante i mesi di agosto e settembre. Il 5 ottobre il testo veniva approvato dal plenum del Senato e restavano solo da eliminare le diversità redazionali tra le versioni delle due Camere. Conclusa l'armonizzazione, il testo costituzionale era dunque predisposto per affrontare la votazione finale in entrambe le Camere, la quale avvenne, in forma separata, alcuni giorni dopo, il 31. Lo schiacciante sostegno parlamentare si sarebbe rispecchiato nella società civile. Nel referendum per la ratifica della Costituzione, celebrato il 6 dicembre 1978, essa fu approvata dall'88% dei voti validi espressi dal corpo elettorale. La Costituzione, approvata dal popolo, fu sanzionata dal Re il 27 dicembre ed entrò in vigore lo stesso giorno, il 29, nel quale fu pubblicata sul Bollettino ufficiale dello Stato in quattro lingue: castigliano, galiziano, basco e catalano.

CAPITOLO II - LA COSTITUZIONE DELLO STATO SEZIONE 01 - LE DEFINIZIONI COSTITUZIONALI DELLO STATO 1. Premessa Come è noto, le Costituzioni si caratterizzano per essere soprattutto norme regolatrici dello Stato, e solo in modo indiretto e secondario anche della società. Si potrebbe dire, servendosi di una felice espressione usata da Javier Perez Royo nel suo “Curso de Derecho Constitucional”, che nelle costituzioni democratiche “la società brilla per la sua assenza”, poiché essa “resta fuori ma senza dubbio è permanentemente presente nella Costituzione”. I principi caratterizzanti la Costituzione sono elencati ai commi 1 e 3 dell'art. 1 e all'art. 2, per cui lo Stato è “democratico”, è “sociale”, è “di diritto”. E ancora, il principio per cui la “forma politica” è quella della monarchia parlamentare; e il principio sulla struttura territoriale del potere, vale a dire quello dell'autonomia delle nazionalità e delle regioni. Del rilievo costituzionale di tali principi è significativa testimonianza il fatto che il costituente abbia deciso di proteggerli, come le restanti disposizioni del Titolo preliminare dove sono enunciati, mediante il procedimento speciale di revisione disciplinato dall'art. 178, che regola le modalità per modificare il nucleo essenziale del testo costituzionale.

2. Lo stato democratico 2.1. La definizione di quello spagnolo quale “Stato democratico” si propone di conferire effettività alla dichiarazione contenuta nell'art. 1 c. 2, della Costituzione, a tenore del quale “la sovranità nazionale risiede nel popolo spagnolo, dal quale promanano i poteri dello Stato”. Lo Stato democratico è una conquista recente, giacché nei paesi dell'Europa occidentale solo dopo la seconda guerra mondiale il suffragio universale si consolida quale meta irrinunciabile e, di conseguenza, come uno degli elementi caratterizzanti della forma di Stato. Nei moderni Stati costituzionali le elezioni sono pertanto la condizione necessaria, ancorché insufficiente se presa isolatamente, per la stessa esistenza della democrazia, che è sempre, in larga misura, una democrazia rappresentativa. In questa prospettiva, il meccanismo della rappresentanza condiziona la legittimazione democratica dei tre poteri sui quali poggia lo Stato democratico: in alcuni casi in modo diretto e in altri in maniera indiretta. 2.2. Tale condizionamento è immediato in relazione all'organo rappresentativo dello Stato, le Cortes generali, le cui Camere sono elette a suffragio universale libero, eguale, diretto e segreto (artt. 68 e 69). Il suffragio universale, traguardo di un lungo processo storico di lotta per l'estensione del diritto di voto, significa che tutti i cittadini possono esercitarlo, realizzandosi i requisiti stabiliti dalla Costituzione o dalla legge: il possesso della cittadinanza, giacché “solo gli Spagnoli sono titolari dei diritti riconosciuti dall'art. 23, salvo che, secondo criteri di reciprocità, un trattato o una legge non stabiliscano diversamente circa l'elettorato attivo e passivo nelle elezioni municipali” (art. 13); la maggiore età, che la Costituzione fissa in 18 anni (art. 12); il pieno esercizio dei diritti politici, il che significa non essere incorsi in alcuna delle cause di privazione del diritto di voto stabilite dalla legislazione elettorale; e l'iscrizione nei registri elettorali. La libertà di voto si traduce in un insieme di divieti e di garanzie volti a evitare che l'elettore possa essere sottoposto a qualsiasi tipo di pressione che lo costringa a votare o a non votare in modo diverso da quello determinato dalla sua libera volontà. Il voto segreto assicura che ...


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