Introduzione alla pedagogia sociale Completo PDF

Title Introduzione alla pedagogia sociale Completo
Author Claudia Schincaglia
Course Pedagogia generale
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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Introduzione alla pedagogia sociale Modulo I La pedagogia sociale: coordinate epistemologiche

I.1 La pedagogia come scienza Tra il XIX ed il XX secolo, si avvia un dibattito che concerne la definizione della pedagogia in termini scientifici. Se con Herbart e Schleiermacher la pedagogia aveva visto la sua prima legittimazione come scienza autonoma, con Cambi si comincia a parlare di “paradigma scientifico”, intendendo la necessità di dar vita ad una scienza unitaria dell’educazione che deve avvalersi del contributo delle scienze psicologiche, antropologiche e sociali. Secondo Dewey questo è possibile se a) la pedagogia acquista un proprio metodo d’indagine e b) se dialoga apertamente con le altre scienze. Pur riconoscendo alla filosofia un ruolo essenziale, si esce così dal paradigma dell’empirismo e del positivismo per entrare in una prospettiva di rinnovamento della ricerca pedagogica, delle istituzioni formative e delle politiche scolastiche. In Italia ciò si verifica nel secondo dopoguerra, con la messa in discussione del modello gentiliano che vedeva la pedagogia come “scienza filosofica”. Per De Bartolomeis la pedagogia non può configurarsi come scienza unitaria ma piuttosto come scienza “di sintesi”: la ricerca pedagogica deve innanzitutto presentarsi come “atteggiamento” di ricerca, per poi arrivare a proporsi come metodo. Anche Visalberghi si colloca su questa scia, affermando che la complessità e l’ampiezza dell’oggetto della ricerca pedagogica, non permettono alla pedagogia di avere una sua unità funzionale. Separatasi dunque dalla filosofia, la pedagogia viene sì riconosciuta come scienza ma non come disciplina scientifica, caratterizzandosi più attraverso lo “spirito scientifico”. L’emergenza di un paradigma di ordine empirico-sperimentale porta la pedagogia ad essere trattata secondo parametri non dissimili da quelli usati per le scienze naturali: in questa prospettiva la pedagogia risulta essere un insieme di eventi socialmente e storicamente dati frutto di fattori fisici, biologici e materiale oggettivamente quantificabili. Ne conseguirebbe una visione deterministica che non lascia spazio al principio di autodeterminazione personale. Diventa dunque vitale per la pedagogia un recupero della dimensione teoretico-filosofica per superare la prospettiva funzionalista. Questo accade su due versanti: quello marxista e laico e quello cattolico. a) Il versante marxista e laico: che annovera tra i suoi esponenti Radice, Manacorda, Broccoli e Laporta, si evidenziano gli scopi psico-sociali e politici di cui è investita la pedagogia: bisogna che il sapere pedagogico recuperi un contatto autentico con la realtà, che si ponga precise finalità e che veicoli valori intesi come principi di trasformazione dell’uomo e della sua coscienza. 1

b) Il versante cattolico: autori come Laeng e Flores D’Arcais, tendono a ricomporre l’unità della pedagogia come sapere connotato da un certo grado d’astrazione e da una intrinseca normatività. Per Flores D’Arcais l’oggetto della pedagogia è il problema educativo che non riguarda un momento specifico ma si estende lungo tutto l’arco di vita. Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta si assiste ad un processo di differenziazione ed articolazione del sapere pedagogico che ha determinato l’esigenza dei recuperare una filosofia, una “teoria dell’educazione” che andasse oltre la prospettiva empirico-sperimentale dentro cui la pedagogia veniva trattata. Negli anni Settanta la pedagogia si delinea sempre più come studio dell’educazione interdisciplinare e multiprospettico e negli anni Ottanta la complessificazione che aveva interessato il sapere pedagogico si acuisce e diventa sempre più difficoltoso giungere ad un quadro di sintesi dei saperi dell’educazione. I tentativi di definizione dell’identità della pedagogia all’interno delle “scienze dell’educazione” appaiono piuttosto problematici. Clausse afferma che le scienze dell’educazione si definiscono prima per i loro obiettivi e poi per i loro strumenti e che esse indagano da un lato i molteplici aspetti della realtà dell’individuo, dall’altro le condizioni ambientali in cui si deve operare l’azione educativa. La pedagogia si configura così come sintesi strumentale delle discipline cui fa riferimento, il che restringe il suo campo d’azione alla sola strumentalità educativa. In Italia, già a partire dagli anni Settanta, si era affermata la necessità di recuperare una dimensione teoretica della pedagogia, per coglierne affinità e differenze: in questo quadro la filosofia si configura come ambito di articolazione della normatività e della criticità del sapere pedagogico ( Bertin). In tale contesto viene a delinearsi l’idea di una pedagogia come scienza “critica” che sancisce il passaggio senza ritorno dalla pedagogia alle scienze dell’educazione ( Granese), in cui la filosofia non è più matrice ma solo uno dei molteplici soggetti interagenti. Sia sul versante laico che su quello cattolico, sebbene con diverse implicazioni, l’educazione inizia ad essere intesa come “azione prassica”, ovvero una scienza pratica dotata di una propria autonomia disciplinare. Il dibattito si focalizza dunque sulla complessa dinamica tra teoria e prassi che caratterizza il sapere pedagogico tra autonomia e collaborazione con altri ambiti del sapere. Il campo pedagogico si presenta come “campo interdisciplinare” mentre la pedagogia appare come “metascienza”. La pedagogia racchiude in sé un momento nomotetico, che individua leggi e norme e disegna modelli e un momento idiografico che si cala nel vissuto esperienziale particolare, del resto non esistono scienze esclusivamente nomotetiche o pratiche: la teoria è sempre implicata nella prassi come la prassi lo è nella teoria. La teoria si sviluppa sulla base di riscontri pratici che a loro volta portano all’elaborazione di teorie altre che possano confutare o validare l’esperienza e così via in modo circolare, così da non poter riconoscere se venga prima la teoria o piuttosto la prassi. 2

La pedagogia si pone dunque come scienza impegnata a comprendere l’azione, riflettere sull’azione ma anche come guida per l’azione. Pellerey parla dunque della pedagogia come scienza “pratico-progettuale” più che come pratico-prescrittiva: l’evento educativo viene inteso come relazione, come rapporto sistemico e non meccanicistico, caratterizzato dalla circolarità tra teoria e prassi in cui l’educazione è il “prius fattuale” mentre la pedagogia, intesa come studio del rapporto educativo in quanto evento, costituisce il “prius logico”.

I.2 Pedagogia generale e pedagogia sociale Laporta definisce la pedagogia come “scienza empirica dell’educazione” che si declina sia nella ricerca teoretica dell’educazione sia nella famiglia di saperi intorno l’educazione. La ricerca teoretica è profondamente radicata in una base empirica che ne costituisce la condizione di validità scientifica. Così la pedagogia si configura come “scienza critica” di tipo interpretativo, il cui oggetto di indagine è così complesso e ampio da non poter fornire risposte onnicomprensive ai vari fenomeni ma solo interpretazioni sulla base dei particolari contesti storico-sociali. Si richiede dunque al sapere pedagogico un sistematico processo di revisione critica di sé stessa per potersi garantire rigore scientifico. Data la complessità dei suoi oggetti d’indagine, il sapere pedagogico si declina in una molteplicità di fuochi d’indagine che mettono in primo piano alcuni aspetti specifici, indagati con specifiche metodologie: così accanto la pedagogia generale, abbiamo una p. sperimentale, sociale, della devianza, interculturale a cui si affiancano: filosofia dell’educazione, educazione degli adulti, storia della pedagogia… Tutte accomunate dall’avere nell’educazione lo stesso oggetto d’indagine e una posizione più regolativa che meramente descrittiva, ma che differiscono tra loro per prospettive d’indagine, strumenti e metodi. Il paradigma di legittimazione del sapere pedagogico rientra per Frabboni e Pinto Minerva, nel macroparadigma della complessità all’interno del quale la pedagogia assume un ruolo critico, attivo e responsabile negli scenari politici, sociali e culturali e viene a riconoscersi come sapere complesso, plurale e trasformativo. Cambi afferma che la pedagogia si colloca al crocevia tra bisogni sociali (ideologia), rigore scientifico (scienza) e normatività (utopia): in particolare è proprio il vettore utopico che costituisce la condizione di possibilità della stessa pedagogia: il suo aprirsi all’oltre, al possibile, il suo configurarsi come sapere prospettico e progettuale. Sempre secondo i due autori, la struttura epistemica del sapere pedagogico poggia sulla “logica di triangolazione” che si articola nello schema “teoriaprassi-teoria”: la teoria richiede una verifica pratica che fornisce nuovi elementi arricchendo la teoria che a sua volta ri-verificherà nella pratica e così a spirale. 3

L’oggetto della pedagogia sono i processi formativi nella loro contestualizzazione storica, culturale e sociale. Formazione come fabbrica del soggetto-persona. Per quanto concerne i metodi essi sono molteplici e svariati tanti quanti sono gli oggetti d’indagine (storico, teoretico, empirico…). Esiste anche una pluralità di linguaggi con cui la pedagogia si esprime: da quello analitico-descrittivo a quello narrativo a quello retorico o metaforico per poi giungere ai linguaggi non verbali (corpo, suoni, colori…). Il Ministero dell’Istruzione ha incluso la Pedagogia generale e quella sociale all’interno di un unico settore (area 11 settore M-Ped/01). Ora, mentre la pedagogia generale affronta problemi di carattere generale e questioni di tipo metodologico ed epistemologico, la pedagogia sociale si focalizza sull’azione educativa all’interno di precisi contesti socio-politici e culturali e pone come campo d’indagine privilegiato, i bisogni di formazione degli adulti. Questo porta la pedagogia sociale ad aprirsi al contributo di scienze quali la psicologia sociale, la sociologia, l’antropologia culturale, che ne arricchiscono la ricerca. Pedagogia generale e sociale sono saperi contigui e complementari: il piano della riflessione generale rinvia sempre ad un piano di riflessione particolare; i problemi indagati in un quadro teorico generali devono infatti essere poi compresi dentro i vari contesti socio-politici e culturali. La pedagogia sociale si delinea dunque secondo Laporta, come specificazione pratica, applicata della pedagogia generale.

I.3 Che cos’è la pedagogia sociale Di pedagogia sociale si inizia a parlare per la prima volta a metà dell’Ottocento, in Germania. Successivamente il termine viene usato dal pedagogista prussiano d’orientamento socialista Diesterweg il quale sostiene che funzione della pedagogia è quella di smascherare i condizionamenti sociali, politici e culturali che inibiscono uno sviluppo completo ed armonico dell’uomo e della società. Anche Schleiermacher vedeva l’educazione come processo strettamente legato allo sviluppo sociale. Ma la prima formalizzazione dell’identità della pedagogia sociale si è avuta nell’ambito del Neocriticismo della Scuola di Marburgo con Natorp (1899). Natorp intende la pedagogia sociale come un sapere specificamente pedagogico dove la filosofia si configura come matrice teoretica rivolta ad un obiettivo pratico: tra educazione e società esiste un rapporto biunivoco, sia perché l’educazione è socio-culturalmente determinata, sia poiché il cambiamento sociale è sempre frutto di interventi educativi razionalmente orientati. Tra Ottocento e Novecento si afferma il paradigma positivista che pone il problema della struttura epistemologica delle scienze sociali. Significativo è il contributo di Durkheim che pone la sociologia a fondamento del sapere pedagogico, poiché l’educazione si configura come un fatto eminentemente sociale. 4

In Italia fu Straticò a definire la pedagogia come scienza sociale il cui compito è la chiarificazione del legame tra forme sociali e fatti educativi. Nel XX secolo, con le grandi trasformazioni politiche, economiche, sociali e culturali, la pedagogia si presenta come scienza impegnata nell’analisi del sociale e delle emergenze educative, assumendo così un ruolo attivo e propositivo. E’ Dewey a leggere le emergenze educative come frutto di emergenze sociali: ogni trasformazione sul piano educativo si determina in base a precise condizioni sociali alla luce dei quali dev’essere indagata. Nell’Europa dilaniata dal conflitto mondiale emerge la necessità di nuovi interventi di integrazione e di recupero delle masse urbane e rurali e dei soggetti “deboli”. In questo quadro, la pedagogia d’orientamento socialista di Freinet afferma che comunicazione e cooperazione sono i pilastri su cui regge il processo educativo che accompagna il processo ma non lo guida, nella convinzione che lo sviluppo individuale e collettivo poggia sulla socializzazione, sulla valorizzazione dei saperi non formalizzati e sulla condivisione di saperi e strumenti. Quella di Freinet, sulla scia del movimento delle scuole nuove, si configura propriamente come pedagogia sociale. Anche la nascita dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche contribuì, attraverso il modello marxista, a vedere nella collettività la dimensione prima di crescita umana e sviluppo sociale. (colonia Gorki ed esperienza educativa Makarenko). Negli anni successivi, l’Europa vedrà i propri spazi di confronto e ricerca, svanire sotto il potere dei regimi totalitari che porteranno ad una profonda crisi culturale, ideologica, politica e sociale. Questo porterà tutti i paesi a rivedere profondamente le proprie strutture ed assetti: in questo quadro la pedagogia di Freire si presenta come “pedagogia della libertà”: una pedagogia che, operando una critica delle strutture politiche e sociali, culturalmente inibitorie, vede nell’emancipazione dei singoli e della collettività il fine necessario ed ultimo. Nell’Italia del secondo dopoguerra, con il passaggio dalla monarchia alla repubblica, l’influenza culturale degli USA e le idee di Gramsci, si vengono a delineare nuovi orizzonti nei sistemi formativi (un esempio di utopia educativa è “Scuola-Città Pestalozzi dei coniugi Codignola). Negli anni 50 l’attenzione si focalizza sempre più sugli adulti, soprattutto in condizione di emarginazione e disagio (D. Dolci a Partinico e Don Milani a Barbiana). La scuola stessa inizia a configurarsi come istituzione deputata a filtrare selezionare gli apporti sociali per la formazione delle generazioni future. Si inizia a configurare la specificità della pedagogia sociale. Per Agazzi la società dev’essere intesa come “ordine educante”: la pedagogia deve offrire un indirizzo ai soggetti della collettività. Per Laporta la pedagogia è strettamente intrecciata con la politica, poiché implicata nelle stesse scelte politiche e nei fenomeni di trasformazione sociale. Per Volpi la pedagogia sociale non è una branchia di quella generale bensì “lo studio della formazione dell’uomo nei vari contesti socio-strutturali”.

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Negli anni Novanta diventa indispensabile, anche ai fini dei curricola accademici, un ripensamento dello statuto epistemologico della pedagogia sociale. Izzo afferma che la pedagogia sociale, pur condividendo con la pedagogia generale l’impianto teorico, approfondisce le tematiche legate alla realtà sociale. Essa si sviluppa in 4 stadi: a) come riflessione generale sull’educazione; b) come scienza che mira ad educare nella società, mediante la società e per la società; c) come pedagogia per i casi di necessità; d) come scienza propositiva, dotata di una propria oggettività. Per Tramma la pedagogia sociale è un area di riflessione per definizione “incerta” poiché contenuti e confini sono influenzati da fattori politici economici e sociali in costante mutamento. La pedagogia sociale si configura come quel sapere che si occupa del multi sfaccettato rapporto tra educazione e società in due direzioni fondamentali: a) l’influenza della società sulla crescita umana e b) l’azione dell’educazione sulla società. Inoltre la pedagogia sociale si determina come a) “scienza diagnostica” poiché individua i bisogni, legge i territori, delinea mappe e b) come “scienza terapeutica” poiché fa seguire all’analisi un’attenta progettualità e piani operativi. Negli ultimi anni, secondo Santelli Beccegato, è mancata alla pedagogia sociale una sistematica riflessione teoretica: ogni campo di ricerca ha infatti bisogno di essere definito anche da un pensiero forte.

I.4 Esiste uno statuto epistemologico per la pedagogia sociale? Il dibattito epistemologico contemporaneo ha condotto ad un ripensamento della nozione di scienza sia per quanto riguarda gli oggetti d’indagine che la struttura stessa della conoscenza scientifica. Dewey afferma che la ricerca scientifica poggia su una matrice socioculturale, poiché legata al contesto esperienziale nella quale viene condotta che ne stabilisce metodologie da impiegare e bisogni su cui intervenire: la ricerca scientifica è dunque un processo che, mettendo in campo il binomio indissolubile di teoria ed esperienza, dimensione individuale e collettiva, si configura come “socialmente costruito”. L’identità epistemologica della pedagogia si è problematizzata, ha abbracciato il paradigma della complessità grazie al quale essa si propone come “mediatrice” tra scienza ed esperienza, ma anche tra storia e cultura. In quanto scienza infatti, la pedagogia si configura come sapere costruito all’interno di una comunità scientifica, sulla base di coordinate paradigmatiche storicamente e culturalmente date. La ricerca pedagogica si costruisce quindi sull’esigenza di conoscenza delle condizioni di possibilità dell’educare, di cui ogni società è portatrice, analizzando le condizioni storico-culturali per la progettazione oculata di interventi educativi. La pedagogia si fa un sapere critico, in grado di riflettere sul proprio statuto, i propri strumenti e linguaggi, i propri metodi, ma soprattutto sulla sua funzione socio-politica, ovvero critico-trasformativa. 6

Sebbene esistano ancora numerose perplessità nello stabilire una differenziazione tra pedagogia generale e pedagogia sociale, quest’ultima, in anni recenti, sta delineando sempre più la propria identità epistemologica. Se infatti l’obiettivo della pedagogia generale è la comprensione e chiarificazione del fenomeno educativo in tutta la sua complessità, la pedagogia sociale si concentra specificatamente, sul rapporto che intercorre tra educazione e società su diversi piani e a diversi livelli. La logica della pedagogia sociale, all’interno della quale esiste un costante rinvio tra dimensione teorica e pratica, presenta la disciplina come realtà à double face, poiché comprende: a) i fenomeni sociali con forte valore educativo che portano alla promozione di processi formativi alternativi a quelli istituzionali; b) interventi nel campo della formazione istituzionalizzata, al fine di veicolare trasformazioni e processi di cambiamento all’interno della compagine sociale. La pedagogia sociale, con la sua valenza politico-sociale, si configura così come “scienza sociale”: un sapere aperto che fa uso di una pluralità di linguaggi, metodologie e strumenti di ricerca ed intervento. Inoltre, la sua forte valenza socio-politica rileva la presenza di un fondamentale vettore ideologico che faccia da traino e stimolo a processi trasformativi dello status quo, per condurre, come afferma Laporta, ad un “uso sociale della ragione” che si traduca in un percorso di auto-formazione della società.

I.5 Oggetti, prospettive d’indagine e metodi della pedagogia sociale La pedagogia sociale assume come proprio oggetto d’indagine il complesso rapporto che intercorre tra compagine sociale e processi educativi, mettendo a fuoco le correlazioni tra bisogni sociali e bisogni formativi ed educativi. Essa si muove su un piano intersistemico, poiché indaga i sistemi formativi in relazione ai mutamenti storico-politici e su un piano intrasistemico, poiché indaga i rapporti intercorrenti tra ambiti, livelli e dimensioni della formazione. Questa tipologia d’indagine mette in luce una serie di problematiche di ordine psico-sociale, antropologico-culturale e socio-educativo che conduce la pedagogia sociale a collaborare con le altre scienze sociali...


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