Uxoricidio Pedagogia Sociale PDF

Title Uxoricidio Pedagogia Sociale
Author Martina Condoleo
Course Scienze della Formazione Primaria
Institution Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
Pages 5
File Size 77.2 KB
File Type PDF
Total Downloads 95
Total Views 157

Summary

Download Uxoricidio Pedagogia Sociale PDF


Description

UXORICIDIO: Dinamica aggressiva nei confronti del proprio partner. Le statistiche segnalano che nella maggior parte dei casi questa pulsione si verifica in genere all’esposizione alle vessazioni ed ai maltrattamenti sistematici. Questa pulsione si può verificare, anche se in modo più raro, per motivazioni che possono essere completamente diverse o adulse ad un contesto di violenza. La disanima dell’uxoricidio si accompagna alla contestuale disamina del mito di Clitemnestra, l’uxoricida per Antonomasia, che uccide Agamennone e lo uccide proprio perché anche la sua storia è connotata da un atteggiamento perdurante di prepotenza del marito nei suoi riguardi. Non è quindi un caso che si faccia ricorso alla figura di Clitemnestra per parlare del fenomeno dell’uxoricidio. Per uxoricidio si intende l’omicidio del partner, indipendentemente dal sesso. Se si analizza il vocabolo dal punto di vista semantico, “uxoril” deriva dal latino e significa moglie, per uxoricidio si dovrebbe intendere quindi solo quello inferto dal marito o dal partner di sesso maschile nei confronti della propria consirte, oggi invece si utilizza per indicare in generale la morte inferta al proprio compagno\marito, indipendentemente dal sesso dell’aggressore. Si analizzerà ciò che riguarda la donna autrice di uxoricidio, ossia la donna che decide di uccidere il compagno. Il riferimento immediato è il mito di Clitemnestra, Levi-strauss ci ricorda che i miti sono racconti che trascendono la contingenza, li definisce struttura permanente dell’umanità, perché devono sottoporre il disordine dell’istinto e della passione all’imperio della legge. Facendo diventare il mito struttura permanente dell’umanità, ci si rende conto di quanto le dinamiche umane possano essere contemplate in una dimensione simbolica e comprese più facilmente e ci aiuta a comprendere anche ciò che appare incomprensibile. Il mito è una costruzione dell’immaginazione in cui bisogna saper cogliere sia gli aspetti di ordine intellettuale che quelli di natura più materiale che riguardano la modalità di organizzazione del mondo e dei rapporti umani. Il mito rappresenta un punto di incontro tra sensibilità ed intelletto in quanto è un modo semplice per osservare e comprendere la realtà e dominarla intellettualmente superando l’elemento naturale e consentendo di operare il passaggio dal piano della civiltà al piano della cultura. Il mito sembra collocarsi nel punto di passaggio tra lo stato naturale e quello della cultura, quello che si acquisisce elevandosi rispetto allo stato della natura, lui parla di un passaggio dal livello più istintuale, che ci avvicina più al mondo animale, al livello umano, perché è come se spostasse le problematiche dell’animo umano sul piano immaginativo, sul piano simbolico, spostandole sul piano simbolico possono essere comprese e dominate. Quando le situazioni passano dal piano fenomenico a quello più simbolico e culturale, la possibilità di comprenderle e di dominarle aumenta. Il mito è importante perché da all’uomo la possibilità di analizzare e comprendere questi fenomeni dal punto di vista intellettivo e sorpravanzarli dal punto di vista culturale. Secondo Levi-strauss, il mito ha una funzione di sublimazione delle tendenze antisociali perché tramite questo spostamento dal piano operazionale al piano simbolico, queste tendenze antisociali possono essere dominate grazie al processo di sublimazione, e può inoltre rappresentare lo sfogo delle emozioni degli individui in canali socialmente graditi. Le emozioni, al posto di essere sul piano istintuale, grazie al mito ed alla loro rappresentazione simbolica, possono essere incanalate in una dimensione che ne favorisce l’elaborazione e che spinge al loro superamento. In questo senso, i miti classici che trattano l’incesto, al parricidio, all’uxoricidio, esorcizzano le preoccupazioni relative a questi comportamente perché li sanno collocare in una dimensione che ne consente un’elaborazione che spinge al loro superamento. La catarsi aristotelica assume quasi una dimensione di prevenzione del crimine.

E’ come se diventasse un’aggressività simbolica collocata in una dimensione dominabile ed in grado di esorcizzare gli istinti che attraversano l’animo umano e rispetto ai quali siamo tutti esposti essendo tutti fragili di fronte alle emozioni. E’ nella delinquenza fantasmatica che sono collocate le pulsioni antisociali arginate dal soggetto tramite la dislocazione di questa pulsione antisociale sul piano simbolico, è come se venissero collocate sul piano della fantasia tramite il processo di identificazione solo simbolica con il protagonista di una vicenda cruenta che consente questo processo di immedesimazione. Diventa capace di contenere la pulsione antisociale nella misura in cui, in questo processo rappresentativo, che si snoda sul piano simbolico, l’individuo è in grado di rappresentarsi mentalmente e coscientemente le conseguenze del suo agire. Diventa più consapevole degli effetti dirompenti del suo agire aggressivo nei confronti degli altri, della realtà e della sua vita. Se il mito, come sostiene Levi Strauss, è struttura permanente dell’umanità ed ha una capacità di contenimento delle pulsioni sociali, ed ha quindi una funzione pedagogica, poiché tramite il mito si impara a dominare sé stessi, tramite questi processi di identificazione e di esorcizzazione degli impulsi violenti, allora possiamo capire perché Clitemnestra è diventata il simbolo dell’uxoricida. Il mito ci ha consegnato degli strumenti potenti per gestire le nostre pericolose pulsioni. Clitemnestra è narrata da più voci, da Omero nell’Odissea, da Eschilo in Orestea, da Euripide nell’Ifigenia di Aulide, viene però sempre presentata come la donna cattiva, crudele, che ha commesso l’orrendo atto di uccidere il proprio sposo, appena tornato dalla guerra. La donna in Grecia era subalterna, la società era molto maschilista, il mondo era pensato per una società maschile, per questo, una donna che commette questo atto, viene presentata come una donna tremenda, che ha tramato in maniera lucida l’omicidio del marito. Clitemnestra dà sfogo alle proprie passioni incurante di qualsiasi principio morale, al contrario di Penelope, moglie di Ulisse, che aspetta il ritorno del marito, tessendo un tela di giorno, e disfacendola di notte, rimanendo a lui fedele. E’ questa però una visione completamente al maschile. Clitemnestra la dobbiamo analizzare e ricollocare partendo dalla sua storia e dalla sua biografia. Era la figlia di Leda e di Tindaro, re di Sparta. Nella stessa notte Leda aveva giaciuto con Zeus e con il marito dai quali aveva avuto quattro figli. Da uno Elena e Clitemnestra, dall’altro i Dioscuri, Castore e Polluce. Il destino di Clitemnestra era segnato fin dalla nascita da una maledizione di Afrodite che l’aveva condannata, assieme alla sorella Elena, ad essere adultera, per via della trascuratezza del padre, Tindaro. Il destino di Clitemnestra era quello che avrebbe dovuto tradire il marito. Fu promessa in sposa al re Tantalo, e da lui ebbe un figlio. Agamennone, re di Micene, muove guerra a Tantalo, conquista la terra di Tantalo e lo uccide. Clitemnestra viene in contatto con Agamennone attraverso la violenza. Agamennone la priva dell’amore del suo sposo e del figlio, in quanto l’ira di Agamennone non si fermò di fronte a Tantalo ma travolse anche il figlio di Tantalo, glielo strappò via all’atto di allattare e lo scagliò contro una roccia, uccidendolo. Clitemnestra fu duplice di una delle più turpi violenze, viene privata dei suoi affetti più cari da Agamennone e fu anche costretta a diventare sua sposa. Nella gran parte dei casi, dopo una serie di violenze subite nelle mura domestiche, la donna trasforma la propria ira in un omicidio nei confronti del partner, non riuscendo a controllare i propri istinti violenti e la propria rabbia. Dopo tale misfatto, i fratelli di Clitemnestra marciarono contro Agamennone per vendicare l’oltraggio subito dalla sorella ma Agamennone venne perdonato da Tindaro, che legittima i suoi crimini. Clitemnestra ebbe quattro figli da Agamennone, Ifigenia (che significa nata da violenza), Crisotemi, Elettra e Oreste.

Dopo il rapimento di Elena, sorella di Clitemnestra, si presentò il problema di dover vendicare Menelao. Agamennone decise di intraprendere la guerra contro Troia proprio per vendicare Menelao, che era stato tradito dalla moglie Elena. Quando si trovarono nel porto di Aulide, le navi greche non riuscivano a salpare perché le forze dei venti non erano propizie. Il mito narra che Calcante disse che non c’era vento perché Artemide non consentiva al vento di consentire la partenza. Si decise di placare l’ira di Artemide, il re, per farlo, doveva sacrificare ciò che aveva di più caro. Decise quindi di sacrificare Ifigenia, diciassettenne, con un inganno. Fece credere a Clitemnestra che intendeva darla in sposa ad Achille in modo tale che la madre la riportasse a casa. Malgrado le suppliche di Ifigenia e di Clitemnestra, la ragazza venne sacrificata. Ci sono due narrazioni differenti, in una si afferma che la ragazza venne sacrificata, in un’altra che la fanciulla venne risparmiata. Agamennone, nonostante tutto, ha quindi un atteggiamento di prevaricazione e di prepotenza, arriva a sacrificare la propria figlia, è ciò è un’ulteriore ferita alla maternità di Clitemnestra. La flotta salpò e la guerra ebbe inizio. Durante l’assenza di Agamennone, Clitemnestra organizzò la sua vendetta. Divenne infatti l’amante di Egisto e compie la maledizione di Afrodite. Egisto, che aveva ottimi motivi di rancore nei confronti di Agamennone, si impadronì del trono di Micene. Dopo dieci anni di guerra, fece ritorno Agamennone. Non torna con un atteggiamento di amorevolezza nei confronti di sua moglie, ma esibendo la sua nuova concubina, con la quale aveva avuto dei figli. Clitemnestra vede che Agamennone fa il suo ritorno a casa con un’altra donna e con dei figli. La sua azione è frutto di una sofferenza che passa dalla rabbia e dal rancore. Clitemnestra, che lo attendeva, finse di essere felice del suo ritorno, e appena il re si recò in bagno, fece il suo ingresso nella vasca e lo uccise con un’ascia. Uccise anche la concubina ed i figli avuti da Agamennone, senza che la poverina avesse una reale responsabilità nelle vicende che si erano verificate. Egisto, amante di Clitemnestra, regnò su Micene per sette anni, fino al ritorno di Oreste, perché poi subentra la reazione di Oreste, che diventa un assassino uccidendo sua madre ed Egisto. I grandi pensatori del mondo classico hanno colto un aspetto fondamentale, quello della ciclicità della violenza, quello dei codici violenti da una generazione ad un’altra. La spirale della violenza andrebbe interrotta altrimenti si riproduce in un ciclo senza fine. In Oreste ci sarà poi il dramma del desiderio di soppressione della madre. Clitemnestra progressivamente passa da vittima di aggressione di Agamennone in giustiziere e carnefice dei torti subiti. Nasce come vittima in quanto subisce la morte del marito e del figlio per mano di Agamennone e lo trasforma in un desiderio di vendetta, in una pulsione incontrollabile che non può essere sedata se non sopprimendo l’autore di queste violenze. Subisce poi la morte della figlia Ifigenia ed il tradimento con la schiava troiana, Cassandra. Quando si intacca la sfera emotiva, si assiste ad una perdita di controllo che in genere la donna possiede. Quando viene gravemente compromessa la sfera dell’affettività, quei fattori di deterrenza che ordinariamente funzionano, è come se cadessero e smettessero di funzionare. Il dolore per la morte dei figli diventa un tormento insopportabile e incontenibile. Per sfuggire da questa realtà si rifugia nel furor. La mentre trasforma il dolore in un odio feroce, senza limiti.

Guidata da questi stati d’animo, che ormai hanno fatto irruzione dentro di lei e che non sono più controllabili, medita il progetto vendicativo. Il desiderio di vendetta finisce con l’attenuare il dolore. Il piano era questo: prima il tradiemento con Egisto, che aveva una funzione psicologica importante, doveva servire a segnare una distanza sentimentale che l’avrebbe indebolita di fronte ad Agamennone. Le serviva come alleato nell’uccisione di Agamennone, poi la lucida pianificazione per eliminare il marito. In Clitemnestra, l’istinto omicida prende il sopravvento sulla ragione ed è talmente dirompente che non le basta più la morte del marito, ma la sua sete di vendetta e la sua furia si scarica anche verso Cassandra e sui gemelli avuti da Agamennone. Nelle vicende successive, nell’Orestea, si vede come medita ad uccidere il figlio per assicurare il trono ad Egisto. I classici sono sempre contemporanei, proprio per questo Levi Strauss richiama i miti. Ci sono dei tratti che appartengono all’uomo da sempre, la sfera pulsionale è quella, la possibilità di levigarla e di farla diventare una sfera controllabile dipende dal percorso umano che ciascuno di noi compie, dagli incontri che possono diventare fondamentali per una spinta tra bene o male. Forse, se nel cammino di Clitemnestra, ci fosse stato un padre comprensivo o un uomo capace di abbracciarla al posto di spingerla verso le braccia dell’aggressore, magari il suo dolore si sarebbe attenuato e non si sarebbe tramutato in rancore. Di fronte alla violenza ed alla prepotenza, quando questi codici vengono praticati in maniera sistematica, la possibilità di sviluppare delle pulsioni violente o aggressive è senza dubbio più elevata. Questo non significa che alcuni comportamenti debbano essere giustificati o compresi, ma bisogna piuttosto fare un’analisi attenta e comprendere le dinamiche specifiche che hanno contribuito a costruire rancore e rabbia. Questo induce l’uomo a ragionare ed a mettere in discussione taluni modi di reagire o di non intervenire che possono diventare concause di una violenza che è solo il culmine di un percorso che conta una serie di componenti che non possono essere trascurate in un’analisi corretta. Clitemnestra è una donna infelice, il suo non è un matrimonio d’amore ma le è stato imposto dalla legge del più forte. Nel racconto classico c’era una modernità straordinaria, questa è una denuncia di un mondo in cui le donne venivano rilegate ad una posizione subalterna. Una delle più grandi pagine di modernità è rappresentata dal monologo di Menea. Subisce la violenza più atroce che si possa sopportare, l’uccisione di suo figlio sotto i propri occhi ed è costretta a sposare l’aggressore senza nessuno che la difenda o che prenda le sue parti. E’ sola con la propria disperazione, che riesce ad elaborare nella direzione di odio e di rancore cieco, del desiderio di buttar fuori tutto questo male subito. Il grande dramma dell’analisi della violenza riesiede nel fatto che gli occhi si posano solo sull’atto finale, sull’esito di un processo. Bisogna capire come si genera una violenza per attenuarla e magari evitarla. Se si analizza dall’inizio, questo fenomeno può essere fermato con gli strumenti giusti. E’ molto difficile fermare un fenomeno nella parte finale perché le pulsioni sono troppo difficili da fermare se la parte pulsionale ha preso il sopravvento sulla parte più sensibile a lasciarsi guidare dai fenomeni di deterrenza. Anche nella narrazione euripidea, c’è una riabilitazione intrinseca della figura di Clitemnestra. Sebbene venga rappresentata come l’archetipo della donna crudele e cattiva che organizza la morte del marito lucidamente e che si contrappone al mito di Penelope, quando si leggono le pagine di Euripide, si nota una denuncia amara dell’autore della condizione femminile, della violenza che genera violenza, della mancanza di comprensione e di sentimenti nei confronti di un altro essere

umano che finisce con l’aprire l’argine della violenza e della violenza altrui che non è più contenibile. Sebbene si ritenga che il mondo classico abbia valorizzato la figura della donna e sposa fedele che attende il ritorno del marito, questa così feroce stigmatizzazione della figura di Clitemnestra non c’è stata nemmeno da parte dell’autore, che ha intuito per tempo che i codici violenti nelle relazioni interpresonali finiscono con essere il veleno attraverso il quale quella modalità relazionale entra in un mondo finendo col distruggerlo. C’è un inizio, un contesto in cui tutto si manifesta fino a quando non è più possibile contenerlo, ecco perché il mito è struttura permanente dell’umanità, perché i dati contemporanei dell’uxoricidio conferma che la gran parte delle uccisioni dei mariti per mano delle mogli è determinata da un passato di vessazioni e sofferenze dovute a rapporti basati sull’autoritarismo e sulla violenza. Le donne sono in genere più vittime che autrici. Bisogna analizzare tutti i dati....


Similar Free PDFs