Pedagogia dell’autonomia PDF

Title Pedagogia dell’autonomia
Author Chiara Massetti
Course Scienze dell'educazione e della formazione
Institution Università degli Studi di Perugia
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Summary

Riassunto completo diviso per capitoli...


Description

Pedagogia dell’autonomia è un libro breve, ma molto ricco di significati. Rappresenta l’ultimo Freire, nella stagione della sua maturità, che è molto meno conosciuta in Europa ed è iniziata con il ritorno in Brasile. Ad una prima interpretazione questo sembra un libro dedicato agli insegnanti e all’insegnamento, ma in realtà contiene anche un messaggio di denuncia politica del neoliberismo e dei danni che ha provocato alla società, una battaglia su cui si concentra molto dell’impegno politico e pedagogico di Freire. Freire definisce anche il ruolo dell’educatore di fronte alla globalizzazione, infatti si tratta di un libro straordinariamente attuale. Un altro elemento di novità sta nel fatto che Freire durante la sua carriera si è occupato molto dell’educazione non formale, invece in quest’opera si sofferma molto sul ruolo degli insegnanti a scuola e sull’educazione formale, anche perché negli ultimi anni della sua vita ottiene l’incarico di segretario di Stato dell’educazione a San Paolo in Brasile. La filosofia dell’ultimo Freire che caratterizza questo libro appare estremamente organizzata: il libro è diviso in tre parti e ciascuna si suddivide a sua volte in nove capitoli che iniziano con le parole “insegnare esige…”, che si ripetono ad ogni capitolo come un’anafora pedagogica. Il messaggio principale che ho colto con la lettura e che ritengo sia anche un monito dell’autore, perché è un messaggio presente in tutte le sue opere, è che la cultura è uno strumento per la liberazione e l’emancipazione, più in generale il fatto di avere un progetto, una direzione orientata secondo una precisa conoscenza del mondo può aiutare le persone diventare protagoniste della propria storia.

Prime Parole La pratica formativa è caratterizzata da rigore etico, in questa definizione l’etica è intesa come il rifuggire da comportamenti immorali, rispettare gli altri e le loro diversità: la preparazione di chi insegna deve coincidere con questo rigore, portato avanti in maniera umile ma perseverante

Parte Prima: Non c’è insegnamento senza apprendimento -

Insegnare non significa trasferire informazioni, ma creare in chi ascolta le possibilità per poter produrre e trasferire la conoscenza. Chi compie l’atto di formare si forma e si ri-forma durante questo atto e chi viene formato diventa a sua volta formatore. Non c’è insegnamento senza apprendimento perchè è stato apprendendo che uomini e donne hanno capito che era possibile insegnare.

1) Insegnare esige rigore sistematico Insegnare significa stimolare le capacità dell’educando, la sua curiosità: il rigore sistematico di cui Freire parla attiene alla modalità con la quale i discenti devono avvicinarsi agli oggetti da conoscere: con curiosità, creatività, umiltà e tenacia, ma senza arroganza, quella non ci deve mai essere in educazione. È importante riconoscere la storicità del mondo e confrontarci con i saperi esistenti, ma anche essere consapevoli del fatto che possiamo elaborare una conoscenza che ancora non esiste. Da tutto ciò deriva che uno dei compiti fondamentali dell’educatore è quello di insegnare a pensare in modo corretto. 2) Insegnare esige ricerca Non c’è insegnamento senza ricerca: mentre educo devo sempre cercare e ri-cercare, indagare per formare me stesso e gli altri. Solo in questo modo l’educatore può pensare in modo corretto e, rispettando i saperi dei discenti, agire sulla curiosità ingenua per trasformarla in quella che Freire definisce “curiosità epistemologica”. 3) Insegnare esige rispetto nei confronti dei saperi degli educandi L’insegnamento della materia deve sempre tenere conto dei saperi pregressi degli allievi e li deve rispettare, dando rilievo alle esperienze personali. Freire parla anche dell’opportunità di discutere della disciplina che si vuole insegnare con gli educandi, lasciandoli liberi di scegliere il contesto di realtà al quale collegare i temi scelti. 4) Insegnare esige capacità critica La curiosità ingenua da sola non basta a sviluppare un apprendimento duraturo ed efficace. Per raggiungere la curiosità epistemologica il compito dell’insegnante è quello di superare il sapere basato sull’esperienza pura in favore di un approccio sempre più sistematicamente rigoroso nei

confronti dell’oggetto da conoscere. La curiosità critica è all’origine della creatività e non è mai totalmente soddisfatta, è indomabile. 5) Insegnare esige etica ed estetica La formazione etica, per passare da ingenuità a capacità critica, deve essere sempre accompagnata da una componente estetica: morale e bellezza insieme. Questa componente è rappresentata dal fatto che la pratica educativa deve essere una testimonianza di moralità e purezza; l’etica è rappresentata dal fatto di confrontare, di dare valore, di intervenire, di scegliere di decidere e di rompere: è questo che ci trasforma in esseri etici. 6) Insegnare esige che si dia corpo alle parole attraverso l’esempio La pratica dell’insegnante non si può cristallizzare in una serie di comandi, in un “fate ciò che vi dico”: le parole devono essere sempre accompagnate dalla concretezza dell’esempio. Il pensiero corretto lo è solo se è accompagnato da una pratica che lo ribadisce. L’insegnante che utilizza il buon esempio si muove in un ambiente sereno e se non è d’accordo con il proprio interlocutore non ha bisogno di nutrire collera nei suoi confronti. 7) Insegnare esige rischio, accettazione del nuovo e rifiuto di qualsiasi discriminazione Pensare in modo corretto è anche accettazione del rischio e disponibilità al nuovo. Ciò si ricollega al discorso del capitolo precedente: non si deve essere polemici con l’educando che rielabora il sapere trasmesso per darne nuove interpretazioni, il compito dell’insegnante è quello di rispettare comunque la storicità del sapere, ma anche di essere artefice del sapere emergente e di accettarlo. Pensare correttamente, dice inoltre Freire, presuppone il rifiuto di ogni forma di discriminazione e in questa occasione porta l’esempio di persone che compiono eclatanti gesti razzisti e poi sulle parole si ergono a “maestri” di democrazia, pensano bene e agiscono male, mentre il pensiero dovrebbe sempre essere collegato e coerente con i fatti. 8) Insegnare esige riflessione critica sulla pratica L’azione trova fondamento solo se accompagnata da un pensiero corretto, precisamente da una riflessione critica su di essa, perché è solo riflettendo criticamente sulla pratica di oggi o di ieri che posso migliorare la pratica di domani. Questa riflessione è uno strumento per l’insegnante, perché gli consente una migliore comunicabilità del suo sapere, che si rafforza ulteriormente con la sua disponibilità al cambiamento: prendo atto della realtà e cerco opzioni, provoco delle rotture, ma sono legittimato anche ad essere in collera per quello che ho capito e a protestare, senza mai cadere nell’odio e nel disprezzo. 9) Insegnare esige il riconoscimento e l’assunzione dell’identità culturale La questione dell’identità culturale è molto complessa: riguarda l’assumersi come soggetti, come esseri sociali (esseri che pensano, comunicano, trasformano, sono capaci di amare) e questo non è possibile se l’insegnante si limita al semplice addestramento o si sente padrone della verità, bisogna avere la vocazione ad essere di più (ser mais) se vogliamo costruire una società migliore. A volte, dice Freire, sembra assurdo pensare che il semplice gesto di un insegnante possa influire sulla vita di un alunno e a questo proposito ricorda un professore che, guardando un suo testo, scuoteva ripetutamente la testa in segno di ammirazione e rispetto: questo per lui è valso più del bel voto assegnato. Bisogna fare attenzione a questi particolari, ai piccoli gesti, dice Freire, perché nei piccoli gesti c’è la comprensione del valore dei sentimenti. Anche il contesto è importante e questo è riferito in particolare agli ambienti: un luogo non trascurato influisce molto positivamente sull’esperienza di apprendimento.

Parte seconda: Insegnare non è trasferire conoscenza In questa parte l’autore vuole spiegare con la sua pratica perché insegnare non è solo trasferire conoscenza, non vuole limitarsi a dire che è così punto e basta, non vuole che tutto si esaurisca in una teoria, perché ciò cadrebbe in contraddizione con quanto detto finora. Pensare correttamente per agire correttamente però non è facile, richiede un costante controllo di noi stessi per evitare incoerenze e faciloneria e richiede umiltà, la stessa umiltà che ci fa riconoscere i nostri errori. 1) Insegnare esige la coscienza dell’incompiutezza L’insegnante critico deve emanciparsi di fronte al mondo, amare sempre con ragionevolezza l’avventura e il rischio: questo è il suo modo per sperimentare l’incompiutezza. L’esperienza dell’uomo differisce da quella degli animali: l’animale è spinto dalla sopravvivenza e non ha bisogno di evolversi nel supporto, mentre l’uomo ha trasformato il supporto in mondo, evolvendosi fino ad inventare il linguaggio per la comunicazione, a dare un nome alle cose e di

conseguenza a comunicare cosa stava comprendendo. Arrivati a questo punto non è stato più possibile stare al modo senza decidere, scegliere, lottare, fare politica. Tutto questo ci riporta alla necessità della pratica formatrice, la cui natura è eminentemente etica. 2) Insegnare esige il riconoscimento dell’essere condizionato Una volta che ho preso coscienza della mia incompiutezza posso superarla, perché mi riconosco come essere condizionato, ovvero come essere incompiuto che sa di esserlo e non come essere determinato (non so di esserlo). Il soggetto consapevole ha inevitabilmente preso coscienza del mondo, dei fatti, degli avvenimenti, perché la coscientizzazione è un’esigenza umana, necessaria a sviluppare la curiosità epistemologica. L’inconclusione che riconosce sé stessa implica necessariamente l’inserimento del soggetto in un processo sociale di ricerca, attivato anzitutto dalla curiosità. 3) Insegnare esige il rispetto dell’autonomia d’essere dell’educando L’insegnante ha il compito di rispettare la curiosità dell’educando: deve rispettare il suo modo di essere, la sua creatività, il suo linguaggio e più precisamente la sua metrica espressiva, non deve fare ironia sull’alunno né essere autoritario, non deve perdere di vista il suo dovere di porre dei limiti alla libertà degli alunni e soprattutto il suo dovere di insegnare. L’insegnante che fa questo trasgredisce i principi etici della nostra esistenza. 4) Insegnare esige buon senso Il buon senso ha un’importanza enorme per valutare la mia pratica. Tutte le buone pratiche che l’insegnante deve mettere in atto sono dettate dal suo buon senso, lo stesso vale per il riconoscimento dei comportamenti sbagliati. L’esercizio del buon senso si fa corpo nella curiosità: più curiosi diventiamo e più critico è il nostro buon senso. Esercitare il buon senso fa superare quanto di istintivo c’è nella valutazione dei fatti che ci coinvolgono. Anche l’uomo di scienza ha bisogno del buon senso, perché se si fidasse solo della scienza, mancando della capacità di intuire e dell’apertura al dubbio, andrebbe incontro ad un sicuro fallimento. Il buon senso ci dice anche di rispettare gli educandi e quanto più rigoroso divento nella mia pratica di conoscere, tanto più rispetto devo avere, pensando bene a come attuare la pratica educativa, valutandola criticamente. Questa valutazione critica richiede all’insegnante il possesso di qualità e virtù, che figurano già nello sforzo di ridurre la distanza tra ciò che si dice e ciò che si fa. L’insegnante ha quindi una grande responsabilità che è spesso sottovalutata, è un esempio per i propri alunni e non sfugge alla loro valutazione, nel bene e nel male. 5) Insegnare esige umiltà, tolleranza e lotta per il rispetto dei diritti degli educandi Come già detto il rispetto per l’identità dell’educando è fondamentale nella pratica di insegnamento; questo aspetto è molto collegato all’umiltà e la tolleranza dell’insegnante: se questa viene a viene a mancare non posso rispettare la curiosità degli studenti. L’insegnante non deve cadere nell’indifferenza, nel pensare che non c’è nulla da fare per cambiare le cose: deve lottare per difendere il valore della pratica pedagogica, per sé stesso e per i suoi allievi, dimostrando che è un professionista all’altezza della situazione, con un compito altamente politico e ripensando anche l’efficacia degli scioperi 6) Insegnare esige che si afferri la realtà Una dimensione importantissima che ci distingue dagli altri esseri viventi è la nostra capacità di apprendere; ma la memorizzazione meccanica non è l’autentico apprendimento: si tratta invece di afferrare la sostanzialità dell’oggetto appreso, perché noi donne e uomini siamo gli unici esseri per i quali apprendere è un’avventura creativa, sostiene Freire. Ogni pratica educativa richiede l’esistenza di soggetti e di contenuti, da qui il suo carattere gnoseologico e il suo carattere direttivo; come insegnante non posso pormi sullo stesso livello dei miei allievi, non posso nascondergli il mio ruolo, ma non posso pretendere che lo riconoscano: devo rispettarli in quanto persone che vogliono cambiare e questo non lo realizzerò di certo tirandomi indietro dai miei doveri. 7) Insegnare esige allegria e speranza Il coinvolgimento dell’autore nella pratica educativa è sempre stato accompagnato dall’ allegria. Esiste un rapporto tra l’allegria e la speranza, non una giustapposizione e la speranza di cui si parla è quella che insegnante e allievo insieme possano imparare e insegnare, è una sorta di impeto naturale e senza di essa non esisterebbe storia. Per dare seguito alla speranza bisogna non lasciarsi andare alla disperazione e mai pensare che il futuro sia qualcosa di inesorabile, di invariabile, di predeterminato: in una storia già scritta le posizioni ribelli non possono diventare rivoluzionarie. Abbiamo diritto invece a provare collera se ci viene negato il diritto ad essere di più e allo stesso tempo il dovere di non sottrarci alle nostre responsabilità di essere artefici del cambiamento, afferma Freire.

8) Insegnare esige la convinzione che il cambiamento è possibile Il mondo è in divenire e noi umani nel mondo siamo soggetti attivi e dobbiamo partecipare al cambiamento. Dobbiamo constatare non necessariamente per cambiare le cose, anche perché a volte non è possibile (come nel caso dei fenomeni naturali), ma constatando diventiamo capaci di intervenire sulla realtà. Nessuno può stare nel mondo in maniera neutrale e questa è anche la posizione da assumere rispetto allo studio, che non deve essere fine a sé stesso. Nella misura in cui il futuro non è inesorabile dobbiamo discutere la problematicità del domani e qui Freire porta l’esempio delle favelas, delle condizioni di povertà in cui vivono le persone, una situazione in cui alla resistenza fisica si aggiunge la resistenza culturale. Nella resistenza che ci aiuta a sopravvivere bisogna trovare le fondamenta della nostra riflessione e non rassegnarci; questo non significa imporre ad una popolazione già in stato di sofferenza di cambiare il mondo, ma che essi si mettano nella condizione di capire che il destino non è indiscutibile. L’educatore, dal suo canto, non deve accettare la politica assistenzialista e deve cercare di diventare sempre più competente, per leggere il mondo sempre meglio, per capire le esperienze altrui, perché la lettura del mondo precede sempre la lettura della parola. Tornando all’esempio delle favelas, il favelado non deve provare vergogna della sua condizione, non deve sentire che è una sua responsabilità come i dominanti vogliono fargli credere, piuttosto la responsabilità è di chi vive bene e non fa niente per cambiare la realtà. Finchè gli “oppressi” la penseranno così rafforzeranno il potere del sistema. 9) Insegnare esige curiosità Nella pratica formativa non bisogna mai inibire la curiosità dell’educando e, di conseguenza, quella dell’educatore. Questa voglia di conoscere deve comunque avere come limite la curiosità altrui, nel senso che non abbiamo il diritto di invadere la sfera privata altrui ed esporla agli altri; la curiosità mi consente inoltre di prendere le distanze dall’oggetto e di osservarlo, di approcciarmi ad esso in maniera sistematica. Tutto ciò non significa che dobbiamo ridurre l’attività docente ad una serie di interrogativi, perché la posizione dialogica non comprende solo questo, ma insegnante e alunni devono essere epistemologicamente curiosi. L’insegnante in questo quadro deve rilevare la necessità di passare dalla curiosità ingenua alla curiosità epistemologica. Un altro sapere indispensabile per la pratica educativa riguarda la relazione autorità-libertà. Come trattarla? La disciplina è l’equilibrio tra autorità e libertà e sono due componenti che devono rispettarsi reciprocamente. Solo così si può favorire la vocazione ad essere di più.

Parte terza: Insegnare è una peculiarità umana L’insegnante democratico non ha bisogno di mostrare in ogni momento la sua autorità, perché è sicuro di sé stesso e questa sicurezza si esprime nelle sue decisioni, nel rispetto della libertà dei suoi studenti e nell’umiltà di rivalutare sé stesso. 1) Insegnare esige sicurezza, competenza professionale e generosità La sicurezza con la quale si muove l’autorità docente si fonda sulla competenza professionale. L’insegnante che non prende sul serio la propria formazione, che non studia e non si aggiorna, non ha la forza morale per gestire la sua classe. Allo stesso tempo la competenza scientifica non è garanzia di una pratica democratica. Un’altra qualità indispensabile per il docente è la generosità e l’umiltà, doti diametralmente opposte all’arroganza e all’autoritarismo. L’autorità coerentemente democratica non minimizza mai la libertà degli educandi, ma scommette su di essa, perchè non c’è autentica disciplina nel silenzio di chi viene messo a tacere. Ancora, l’autorità coerentemente democratica riconosce l’eticità della presenza di donne e di uomini nel mondo, ma anche che questa eticità comporta delle decisioni, un’assunzione di responsabilità da parte dell’educando: una libertà che non può esistere senza il rischio. Lo sforzo del docente democratico è quello di convincere la libertà che a partire da essa sta costruendo la propria autonomia, un’autonomia fondata sulla responsabilità. La cosa più importante che il docente deve insegnare ai discenti non è il contenuto, ma la costruzione della responsabilità della libertà di cui il contenuto stesso si fa carico. Per Freire non è mai stato possibile separare in due momenti diversi l’insegnamento dei contenuti dalla formazione degli educandi, perché questa pratica implica la testimonianza etica dell’insegnante, che deve essere consapevole di questo: come insegnante ho a che fare con la mia libertà e l’esercizio della mia autorità, ma anche con la liberta degli educandi, che devo rispettare, con la formazione della loro autonomia e con i tentativi di costruzione della loro

autorità. 2) Insegnare esige che ci si impegni Da insegnante so che non posso esercitare la mia pratica come se non succedesse nulla: quando insegno mi espongo ai miei alunni, alla loro valutazione ed è per questo che ci deve essere coerenza tra ciò che appaio e ciò che in realtà sono. Devo inoltre essere sincero nell’ammettere che non so rispondere ad una domanda, ma proprio per il fatto che la pratica del docente ha il compito di stimolare varie domande, devo prepararmi il più possibile ed informarmi su quello che non so. La valutazione degli alunni mi aiuta nell’adempimento del mio compito, ma non posso passare le giornate a chiedere a loro cosa pensano di me: devo imparare a leggere i loro gesti, i loro silenzi, il loro tono di voce, perchè lo spazio pedagogico è un testo da leggere. Infine Freire critica e prende le distanze dall’ideologia a suo parere dominante che è quella della neutralità dell’educazione, come se si voglia insegnare con una pratica apolitica, come se si potesse vivere in un mondo neutrale. La presenza dell’insegnante è già di per sé una presenza politica, in quanto deve dimostrare agli alunni di valutare e di decidere 3) Insegnare esige di comprendere che educare è una forma di intervento sul mondo L’educazione è un modo di intervenire sul mondo e deve riprodurre sia l’ideologia dominante, sia lo smascheramento di quest’ultima,...


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