Joan Scott - Genere, politica, storia PDF

Title Joan Scott - Genere, politica, storia
Author G. Di Lo
Course Storia economica e sociale
Institution Università degli Studi di Palermo
Pages 52
File Size 451.2 KB
File Type PDF
Total Downloads 399
Total Views 568

Summary

1 JOAN W. SCOTT GENERE, POLITICA, STORIA IDA FAZIO Introduzione. Genere, politica, storia. A 25 anni dalla prima traduzione italiana de Il categoria di analisi storica. della categoria di genere nella ricerca storica delle donne e le elaborazioni successive, che il suo uso differenziato nei diversi ...


Description

1

JOAN W. SCOTT GENERE, POLITICA, STORIA IDA FAZIO Introduzione. Genere, politica, storia. A 25 anni dalla prima traduzione italiana de Il “genere”: un'utile categoria di analisi storica. L'introduzione della categoria di genere nella ricerca storica delle donne e le elaborazioni successive, che il suo uso differenziato nei diversi campi di studio ha prodotto, hanno segnato indubitabilmente un punto di non ritorno ed una svolta di innovazione senza precedenti. La storia delle donne è nata in Italia all'interno del movimento femminista a causa di una “pressante domanda politica di memoria. Il suo sviluppo ha fatto temere la sua cristallizzazione in un “giardino all'italiana” ben curato e suddiviso in aiuole ordinatamente separate ma poco capaci di fertilizzarsi a vicenda. Al suo primo presentarsi, il termine gender nella storia – apparso per la prima volta nel saggio di Natalie Zemon Davis Storia delle donne in transizione, anche se non reso con “genere” nella sua prontissima prima traduzione italiana risalente al '77 – veniva già contestualizzato problematicamente proprio nei confronti della pratica della storia delle donne. La sua prima apparizione, tra le righe del saggio della Davis, alludeva alla dimensione relazionale del genere, che contrappone al semplicistico dualismo la complessità delle reti di relazione proposte dalla storia sociale. Quando viene tradotto il saggio di Scott, 10 anni dopo, e di fronte alla storia delle donne si pone la sfida epistemologica dell'uso del genere come intenzionale svolta teorica e metodologica, Paola Di Cori nota che il suo recepimento iniziale in Italia è proprio quello di un portato della storia sociale, nel migliore dei casi; nel peggiore invece viene considerato come l'apertura ad una variabile meno pericolosa della storia delle donne, che non esclude gli uomini e può essere usata con maggior disinvoltura a livello accademico. Secondo Joan Scott la storia sociale delle donne da solo può essere inoffensiva, (auto)ghettizzata, invischiata in una logica binaria maschile/femminile in cui anche “donne è un oggetto essenzializzato: solo l'uso della categoria di genere in un contesto teorico fortemente sorretto dal post-strutturalismo permetterebbe di declinare “donne” nelle pertinenti ulteriori differenze di percezione(non essenzializzata) dell'esperienza di razza, etnia, classe, sessualità. Nel 1993 esce su Les Annales il volume dal titolo Histoire des femmes et “gender history” della storica italiana Gianna Pomata, cui si deve un saggio fondamentale per l'introduzione della storia delle donne nel nostro paese. La storica, come d'altronde molti altri storici italiani, esprime forti perplessità teoriche, metodologiche ed epistemologiche nei confronti dell'uso del decostruzionismo in storia in relazione ai pericoli di una deriva scettica. Sottolinea il rischio connesso allo sbiadire dei “fatti” e quindi indica la necessità, per le storiche, di spiegare in

2

che modo i discorsi abbiano influito concretamente sulla vita e sulle esperienze delle donne nella storia. Secondo Pomata vi è un punto di contatto tra Gender History e storia delle donne, che consiste nel fatto che alcune rappresentazioni hanno avuto conseguenze più profonde di altre sulla concreta vita delle donne del passato e quindi lasciato più tracce documentarie. Nei primi anni '90 in Italia come altrove si diffonde ed estende l'uso della categoria di genere, dando modo alle sue potenzialità, ma anche alle criticità della ricerca delle donne nel nostro paese. Nello stesso periodo, nel panorama internazionale escono quasi in simultanea tre riviste che pongono al centro della propria ispirazione la problematicità del rapporto tra storia delle donne e storia di genere, e le relative ricadute sull'influenza politica degli studi storici femministi. Nel 1989 esce il primo numero di Gender & History, diretta da Leonore Davidoff, la prima rivista di storia a definirsi “di genere”, rivendicando il fatto che, in mancanza di un approccio gender-oriented, le storiche sarebbero rimaste insensibili al passato storico delle donne e all'importanza delle donne come attori storici attraverso i secoli e nel mondo. Nello stesso anno inizia le sue pubblicazioni anche il Journal of Women's History, che deplora la problematica tendenza della ricerca sulle donne a diventare sempre più relativistica ed apolitica sotto l'influenza del post-strutturalismo. Nel 1992 la Women's History Review si annuncia in modo decisamente critico nei confronti della storia di genere, proprio in relazione alle sue paventate conseguenze politiche. La Di Cori prendendo in considerazione il problema di usi ed abusi nella storia dell'utilizzazione del saggio della Scott, ha notato che il genere è un'area di studio con molte ramificazioni, variegato ed anche indefinito. Il suo utilizzo ha molte valenze, come diverse sono le conseguenze della sua diffusione su vari versanti. Al V Congresso della Società italiana dell storiche, svoltosi a Napoli nel gennaio del 2010, in una tavola rotonda su La storia di genere nel dialogo tra generazioni molti degli interventi si sono concentrati proprio sulla questione dell'articolazione problematica tra storia delle donne e storia di genere. Le considerazione tendono a differenziarsi a partire dai contesti da cui provengono: dal punto di osservazione statunitense la problematicità del rapporto tra storia delle donne e di genere sembra essersi radicalizzata e poi cristallizzata al punto da essere superata nell'agenda più attuale; in quello europeo occidentale(Francia, Austria e Germania, Inghilterra, Italia), ma anche nell'Europa sud-orientale, il rapporto tra i due approcci è più sfumato. Secondo Elisabetta Bini e Mary Gibson i Gender Studies nel dibattito statunitense sono considerati politicamente meno radicali rispetto agli Women's Studies e nello stesso tempo la categoria analitica viene messa in discussione dai LGBQT Studies ed in particolare dai Queer Studies, che considerano l'appartenenza di genere come elemento mobile e plastico, ed anzi la rifiutano come identità ascrittiva.

3

In Francia l'introduzione della categoria di genere è arrivata tardi; dapprima è stata considerata come uno sviluppo della storia delle donne, in un contesto per lungo tempo poco ricettivo nei confronti degli approcci di storia culturale e, più in generale, poco incline ai dibattiti teorici, inoltre non ha mai esacerbato le linee di divisione sviluppatesi intorno all'interpretazione di gender. In Austria e Germania, diversamente da quanto accaduto in Francia, una lucida consapevolezza a proposito del rapporto tra storia delle donne e storia di genere è sempre stata forte e precoce, tanto che Margareth Lanzinger, sulla rivista Contemporanea, si chiede se in area germanofona si debba parlare di “transizione” o di “integrazione” tra le due. Anche in Italia le due storia hanno avuto un rapporto altrettanto pragmatico e complementare; la contiguità e la sinergia di significati e obiettivi con cui si sono volute intendere la storia delle donne e quella di genere nel nostro paese, possono essere dovute sin dall'inizio ad un forte ruolo della ricerca empirica e ad un rapporto strettissimo con l'uso delle fonti, specie in ambito modernistico(come in Francia), ad una solida tradizione di storia delle donne(come in Austria e Germania) mai interrotta ed intimorita, ma semmai stimolata dall'introduzione della categoria di genere. 1.Il “genere”: un'utile categoria di analisi storica Chi si propone di codificare i significati delle parole combatte una battaglia perduta, perché le parole, così come le idee e le cose che sono chiamate ad esprimere, hanno una storia. Nessuno fino ad ora è riuscito a catturare e fissare significati al di fuori del libero gioco dell'invenzione e della fantasia umane. Nel corso dei secoli i termini grammaticali sono stati usati, in modo allusivo e traslato, per evocare tratti caratteriali o sessuali. In tempi più recenti le femministe hanno cominciato ad usare in senso più letterale il sostantivo genere per riferirsi all'organizzazione sociale del rapporto tra i sessi. La connessione alla grammatica è allo stesso tempo esplicita(perché l'uso grammaticale implica l'applicazione di regole formali dipendenti dal fatto che il nome sia maschile o femminile) e densa di potenzialità non ancora studiate(perché in molte lingue indoeuropee esiste una terza categoria, quella dell'asessuale o neutro). Nel suo uso più recente il termine in questione sarebbe stato impiegato per la prima volta dalle femministe americane nell'intento di ribadire la qualità fondamentalmente sociale delle distinzioni basate sul sesso e quindi di rifiutare il determinismo biologico insito in termini come sesso o differenza sessuale. Inoltre, genere era il termine proposto da chi sosteneva che la ricerca delle donne avrebbe trasformato in maniera radicale i paradigmi disciplinari. Le studiose femministe sottolinearono innanzitutto il fatto che lo studio delle donne non avrebbe soltanto offerto nuova materia di indagine ma avrebbe anche costretto ad un riesame critico delle premesse e dei modelli della ricerca esistente.

4

Le analogie con il concetto di classe( e di razza) erano esplicite, tanto che le specialiste degli studi sulle donne più politicamente impegnate sostenevano che tutte e tre le categorie erano necessarie per scrivere una nuova storia. Tutto questo suggerisce una parità dei tre termini, ma in realtà non è così, perché mente il concetto di classe nella maggior parte dei casi si basa sulla teoria elaborata da Marx di determinazione economica e mutazione storica, razza e genere non comportano tali associazioni. Inoltre coloro che si servono del concetto di classe non lo fanno con unanimità, infatti alcuni si rifanno a nozioni weberiane, altri lo usano come provvisorio espediente euristico; ed ancora, quando parliamo di classe lavoriamo utilizzando o rifiutando una gamma di definizioni che coinvolge un principio di causalità economica e la visione di un percorso lungo il quale avrebbe dialetticamente proceduto la storia; mentre non vi è la stessa chiarezza nei confronti degli altri due concetti: nel caso del genere l'uso ha coinvolto una serie di posizioni teoriche e riferimenti puramente descrittivi ai rapporti tra i sessi. Le storiche femministe comunque si sono progressivamente sforzate di elaborare nuove definizioni teoriche sia perché (1)il proliferare di studi dedicati alle donne richiede l'elaborazione di una prospettiva sintetizzante in grado di spiegare le continuità e le discontinuità e di dar conto sia del persistere delle diseguaglianze che della presenza di esperienze sociali radicalmente diverse; sia perché (2) la discrepanza tra l'alta qualità dei più recenti lavori sulla storia delle donne e la loro persistente marginalità nell'insieme del settore mette in evidenza i limiti degli approcci descrittivi che non utilizzano i concetti dominanti all'interno della disciplina, o almeno non lo fanno a tal punto da trasformarli. I tentativi messi in atto dagli storici di operare una teorizzazione del concetto di genere, nella maggior parte dei casi sono rimasti chiusi tra le strutture tradizionali delle scienze sociali; inoltre tali teorie vanno definite limitate in quanto tendono a contenere generalizzazioni riduttive o eccessivamente semplicistiche, tanto da svilire l'impegno profuso dalle femministe nell'ambito storico. Gli approcci usati nella maggior parte dei casi rientrano in due categorie, quella essenzialmente descrittiva che fa riferimento all'esistenza di fenomeni o realtà senza interpretarli, spiegarli o attribuire loro delle cause; e quella di ordine causale che consiste nell'elaborare teorie circa la natura dei fenomeni o delle realtà, cercando di comprendere come e perché assumano la forma che hanno. Nel suo uso più recente e semplice comunque il termine genere è sinonimo di donne, esso le comprende ma non le nomina e sembra quindi essere meno critico e minaccioso dell'espressione storia delle donne, politicamente esplicita perché implica l'asserzione che le donne sono legittimi soggetti storici. Il termine genere come sostituto del termine donne è usato per suggerire che l'informazione sulle donne è necessariamente anche informazione sugli uomini, che l'una implica lo studio dell'altra. Tale uso ribadisce il concetto che il mondo delle donne è una parte del mondo degli uomini, creato in esso e da esso. Genere è usato altresì per

5

designare i rapporti sociali tra i sessi e rifiuta esplicitamente qualsiasi spiegazione di ordine biologico. Secondo un'altra definizione esso diventa un modo per indicare le costruzioni culturali, ed ancora un modo per far riferimento alle origini esclusivamente sociali delle identità soggettive di uomini e donne. Secondo tale definizione, il genere è una categoria sociale imposta ad un corpo sessuato. Tale parola è diventata sempre più utile man mano che sono andati proliferando gli studi sul sesso e sulla sessualità, poiché offre un modo per differenziare la pratica sessuale dai ruoli sociali assegnati alle donne ed agli uomini. Benché gli studiosi riconoscano la connessione tra sesso e quelli che i sociologi della famiglia chiamano ruoli sessuali, essi non presuppongono un collegamento semplice o diretto. L'uso di genere pone in evidenza un intero sistema di relazioni che può includere il sesso, senza però esserne direttamente determinato o determinare direttamente la sessualità. Tali usi descrittivi della parola sono serviti agli storici soprattutto per tracciare la mappa di un nuovo territorio. Il volgersi della storia sociale verso nuovi oggetti di studio faceva sì che il termine fosse funzionale a soggetti come donne, bambini, famiglie, nonché ideologie di genere; in questo senso l'uso di genere si riferisce solo a quelle aree che coinvolgono i rapporti tra i sessi. Le storiche femministe hanno applicato una grande varietà di approcci per analizzare il genere, ma hanno finito per restringere il campo alla scelta fra tre posizioni teoriche: la prima cerca di spiegare le origini del patriarcato; la seconda si colloca all'interno della tradizione marxista, adattandola alla critica femminista; la terza ricorre alle teorie post-strutturaliste francesi e anglo-americane delle relazioni oggettuali per spiegare il riprodursi dell'identità di genere del soggetto. Le teorie del patriarcato hanno rivolto l'attenzione alla subordinazione delle donne, spiegandola come il bisogno maschile di dominare il femminile. Secondo la studiosa Catharine MacKinnon la sessualità si colloca al di fuori dell'ideologia, individuabile come esperienza vissuta e non mediata. Benché nell'analisi della studiosa i rapporti sessuali siano definiti come sociali, niente se non la diseguaglianza insita nel rapporto sessuale stesso spiega perché il sistema di potere funzioni in questo modo. Le teoriche del patriarcato hanno condotto la ricerca sulla diseguaglianza tra sessi lungo importanti direttrici che però secondo gli storici pongono alcuni problemi: 1) propongono un'analisi interna al sistema stesso di genere ma allo stesso tempo affermano il primato di tale sistema in qualsiasi organizzazione sociale; 2) tali teorie non spiegano come il genere influisca su quei settori dell'esistenza con i quali non ha apparentemente connessione; 3) se la dominazione assume la forma dell'appropriazione maschile della funzione riproduttiva femminile o dell'oggettivazione sessuale delle donne da parte degli uomini, l'analisi si fonda sulla differenza fisica e qualsiasi differenza fisica è caratterizzata da un aspetto universale ed immutabile, anche se le teoriche del patriarcato mettono in conto

6

l'esistenza di forme mutanti e di sistemi di diseguaglianza di genere. Le femministe marxiste hanno, invece, un approccio più storico e quindi coerente con il loro essere guidate da una teoria della storia. Nonostante le innumerevoli variazioni ed adattamenti, però, l'esigenza autoimposta di una spiegazione materiale del concetto di genere ha limitato o almeno rallentato lo sviluppo di nuove linee di analisi. Se viene sviluppata un'analisi più rigorosamente basata sul dibattito marxista ortodosso sui modi di produzione, la spiegazione delle origini e dei mutamenti dei sistemi di genere è individuata al di fuori della divisione sessuale del lavoro. Engels nelle sue ricerche sull'Origine della famiglia arriva alla conclusione che famiglia, aggregati domestici e sessualità sono tutti prodotti del mutare dei modi di produzione; inoltre l'economista Heidi Hartmann insiste sull'importanza di considerare il patriarcato ed il capitalismo come sistemi separati ma interagenti. Joan Kelly sostiene che i sistemi economici e di genere interagirono nel produrre esperienze sociali e storiche e che nessuno dei due sistemi fu causale, ma entrambi operarono contemporaneamente nel riprodurre le strutture socioeconomiche a dominazione maschile di un particolare ordine sociale. La studiosa introduce il principio di una realtà sociale basata sul sesso , ma tende a sottolineare la natura sociale, più di quella sessuale, di tale realtà; inoltre nella maggior parte dei casi la Kelly utilizza l'aggettivo sociale in termini di rapporti economici di produzione. La più avanzata ricerca sulla sessualità compiuta dalle femministe marxiste americane è contenuta in Powers of Desire, un volume di saggi pubblicato nel 1983. influenzate dalla crescente attenzione rivolta alla sessualità da politici e politologi, dall'insistenza del filosofo francese Michel Foucault sul fatto che la sessualità si produce all'interno di contesti storici, e dalla convinzione che il concetto corrente di rivoluzione sessuale richiede una seria analisi, le autrici fecero della politica sessuale il fulcro della loro inchiesta. Un confronto tra l'operato delle femministe marxiste americane e delle loro omologhe inglesi(legate alle idee politiche di una forte e vitale tradizione marxista), rivela che queste ultime hanno incontrato maggiore difficoltà nello sfidare i ristretti limiti delle spiegazioni rigorosamente deterministiche. Il problema che le femministe, sia americane che inglesi, si trovano ad affrontare è l'opposto di quello presentato dalla teoria patriarcale. Nel marxismo, il concetto di genere è stato a lungo trattato come un sottoprodotto del mutare delle strutture economiche e non ha quindi goduto di uno statuto analitico proprio. Un'analisi della teoria psicoanalitica richiede che vengano specificate le diverse scuole, poiché vi è sempre la tendenza a classificare i vari tipi di approccio sulla base delle origini nazionali dei fondatori e della maggioranza dei seguaci. In contrasto con la scuola anglo-americana, quella francese si fonda su letture strutturaliste e post-strutturaliste di Freud in termini di teoria del linguaggio. Entrambe le scuole si occupano dei processi attraverso cui si crea l'identità del

7

soggetto, entrambe concentrano l'attenzione sui primi stadi dello sviluppo infantile come indicazioni rispetto al formarsi dell'identità di genere. I teorici delle relazioni oggettuali sottolineano l'influsso dell'esperienza concreta, mentre i post-strutturalisti pongono l'accento sulla centralità del linguaggio nel comunicare, interpretare e rappresentare il genere( con linguaggio i poststrutturalisti non indicano le parole ma i sistemi di significato, ordini simbolici, che precedono l'effettiva padronanza del discorso, della lettura e della scrittura). Un'altra differenza tra le due scuole di pensiero riguarda l'inconscio, che per la studiosa Chodorow è soggetto all'intelletto conscio, mentre per Lacan non lo è. Per i lacaniani l'inconscio è un fattore critico nella costruzione del soggetto e per di più è la sede della divisione sessuale, e quindi della continua instabilità del soggetto sessuato. Nella teoria della Chodorow svolgono un ruolo centrale la divisione familiare del lavoro e la concreta assegnazione dei compiti a ciascun genitore; il risultato, nei sistemi occidentali dominanti, è una netta divisione tra maschio e femmina. Secondo la studiosa, se i padri fossero più coinvolti nel mestiere di genitori e presenti più spesso nelle situazioni domestiche, il risultato del dramma edipico potrebbe essere diverso. Il linguaggio è al centro della teoria lacaniana e costituisce la chiave per l'intro...


Similar Free PDFs