Questionario pedagogia di genere PDF

Title Questionario pedagogia di genere
Author Benedetta Tassi
Course Pedagogia generale
Institution Università degli Studi di Firenze
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Summary

Domande sul libro Pink is the new black con risposte suddivise per capitoli...


Description

BENEDETTA TASSI

Matricola 6315100

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Questionario a risposta aperta sul testo “Pink is the new black. Stereotipi di genere nella scuola d’infanzia” di Emanuela Abbatecola e Luisa Stagi (Rosenberg & Sellier, 2017)

CAPITOLO 1: Le ipotesi della ricerca Cosa si intende per “genderizzazione” e per quale motivo l’epoca attuale ha creato terreno fertile a fenomeni di ri-genderizzazione? Il termine genderizzazione è il tentativo di “italianizzare” ciò che in inglese è il termine Gender che sta ad evidenziare ed enfatizzare la qualità continua e processuale delle relazioni di genere e viene usato sia come sostantivo che come verbo. Semplificando un po’ il tutto si parla di genderizzazione quando qualcosa, qualsiasi essa sia, presenta caratteri ritenuti tipicamente maschili oppure femminili. L’esempio più banale che possiamo fare riguarda i colori: rosa per le femmine e blu/azzurro per i maschi. Tale processo riguarda soprattutto l’infanzia ed agisce in maniera ancora più forte sulle classi sociali più fragili. In conclusione, genderizzare significa caratterizzare qualcosa in modo che si possa capire immediatamente a colpo d’occhio a quale genere fa riferimento. Tutto ciò si sta molto espandendo in epoca attuale perché, in un certo senso, in questo periodo in cui si trovano a convivere diversi modelli di socializzazione, la genderizzazione è cosa rassicurante. In un periodo di mancanza, o anche di sovrabbondanza, di norme è molto più semplice e istintivo fare riferimento a ciò che è noto, quindi a quella che è l’opinione e l’idea del popolo che però, molto spesso, fa riferimento a modelli stereotipati. “Non stupisce perciò che in un’epoca di crisi economica e di cambiamento delle relazioni di genere, riappaiano modelli e corporeità di genere di tipo tradizionale”. Cosa emerge dalla ricerca di Mona Zegai sulle pubblicità di giocattoli messi in commercio in Francia tra gli anni ’80 e il Duemila? Mona Zegai porta avanti una ricerca sulle pubblicità dei giocattoli dei grandi magazzini francesi nel periodo tra il 1980 e il 2010. Da tale ricerca l’autrice estrapola che il punto di svolta del processo di ri-genderizzazione si ha all’inizio degli anni Novanta. Negli anni precedenti già emergeva questo differenziare oggetti e peculiarità in base al genere, ma tale stereotipizzazione non avveniva in maniera del tutto esplicita: “l’associazione tra gioco e genere si esprimeva in alcuni casi attraverso immagini che ritraevano i bambini e le bambine in giochi differenti”. Il cambiamento netto si ha proprio negli anni Novanta, in concomitanza con l’exploit della televisione commerciale e del bisogno di differenziare il pubblico al solo scopo di vendere maggiormente. Di conseguenza nei negozi di giocattoli si trovano scaffali esclusivamente con giochi da femmine e scaffali con solo giochi per maschi e così facendo si ha una divisione di genere molto esplicita che non lascia spazio a dubbi o incertezze. L’autrice conclude la sua ricerca dicendo che questo è quello che emerge in un periodo di tempo non troppo lungo: se fosse stato preso in considerazione un periodo più ampio probabilmente sarebbero emerse informazioni diverse mostrando come le categorie di genere non siano fisse ed immutabili, ma evolvono. Che rapporto esiste tra il mercato del giocattolo e la “costruzione del gusto genderizzato” di consumatori/consumatrici?

“La genderizzazione dei giocattoli segue le esigenze sociali, svolgendo una funzione di addestramento a ruoli e modelli sociali che collabora a illustrare e rafforzare.” In realtà la categorizzazione di genere non avviene mai in risposta alla domanda di consumatori/consumatrici. Da molte ricerche emerge che, se è vero che il marketing rispecchia le preferenze di bambini e bambine, è anche vero che tali preferenze sono incanalate da categorie già presenti nella società. Questa strategia di vendita ha molta presa su bambine/i perché, essendo il genere una formazione della propria identità, cercano continuamente informazioni su ciò che è maschile e su ciò che è femminile per poi utilizzarle nella formazione di sé. “La genderizzazione di giochi è un suggerimento che i bambini e le bambine possono usare per classificare e dare significato al mondo a loro circostante, su che cosa possono o non possono fare.” Ed è risaputo quanto il giocare sia un aspetto fondamentale che influenza notevolmente lo sviluppo sociale e cognitivo di bambine/i. Altri autori sostengono la validità della genderizzazione dei giocattoli, ritenendo che i giocattoli neutri toglierebbero la possibilità ai bambini e alle bambine di scegliere, costringendoli/le ad essere degli automi.

Cosa si intende per backlash? Il cammino verso l’ordine di genere non è assolutamente lineare e la genderizzazione varia a seconda dei periodi storici. Durante il percorso ci sono passi in avanti, periodi di stop e, alcune volte, anche passi indietro: avvengono infatti spinte al superamento di un certo ordine di genere che si alternano con momenti di regressione ad uno stato precedente. Questa tendenza viene definita da Susan Flaudi con il termine backslash (contrattacco), termine che letteralmente sta a significare il blocco di una ruota o di una parte della macchina. In senso figurativo sta proprio a indicare una forte risposta data ad uno stato di cose che erano già state precedentemente cambiate. “Per gender backslash si intende la risacca che ciclicamente trascina indietro le conquiste che riguardano i generi”. Spiegare il concetto di eteronormatività Il concetto di eteronormatività sta ad indicare che esistono dei paradigmi di base per tutte le norme (morali, giuridiche, sociali) che si fondano sul presupposto che l’orientamento sessuale corretto è quello eterosessuale e che ci sia una corrispondenza fra il sesso biologico e il genere e che tale corrispondenza sia “naturale”. Inoltre, il fatto che l’aggettivo “naturale” sia usato sempre più spesso come sinonimo di “tradizionale” rende ancora più facile costruire il discorso della normalità della famiglia eterosessuale monogamica in contrapposizione a tutte le altre possibili e svariate forme di famiglia. Il problema ancora più grande è che anche i legislatori fondano le norme giuridiche su questi modelli “giusti” di maschio, bianco, eterosessuale e borghese che diviene esemplificazione del perfetto e del naturale. Il diritto, però, non si fonda soltanto sulla eteronormatività, ma, ancor peggio, tende ad inserire questo concetto di naturalità proponendo i modelli sopracitati come normali ed unicamente possibili, dando per scontato che la visione che essi danno della società sia l’unica possibile e che quindi non ci sia modo di diventare/essere qualcosa che esce anche solo leggermente da quel dato schema.

CAPITOLO 2: I concetti della ricerca Quali sono le problematiche principali messe a fuoco nei libri “Maschio per obbligo” di Carla Ravaioli e “Dalla parte delle bambine” di Elena Gianini Belotti? Nel libro di Carla Ravaioli “Maschio per obbligo” del 1973 il focus principale è sul ruolo sociale maschile e sulla/sulle mascolinità che fino a questo momento erano sempre rimasti nascosti e resi neutri proprio perché ritenuti dominanti. C’è sempre stato un muoversi e un parlare di femminismo, di parità dei sessi riferita, però, sempre alla donna, ma è mancata un’attenzione anche all’aspetto del maschile in questa “battaglia”. C. Ravaioli può quindi essere considerata come precorritrice di una liberazione maschile come «l’altra faccia della liberazione della donna». Elena Gianini Belotti pone l’accento invece sul ruolo delle bambine, analizzando in modo particolare i condizionamenti sociali che nascono già al momento della gravidanza e continuano a svilupparsi, in maniera preponderante, durante tutto il periodo dell’infanzia, e oltre. “Dalla parte delle bambine” ci narra la femminilità come una categoria sociale che nasce proprio dai condizionamenti culturali che sono alquanto pervasivi e ci fa notare quanto questa influenza si manifesti anche nei più piccoli gesti quotidiani, fatti quasi per abitudine, che però contribuiscono a costruire un ruolo femminile che collima con quelle che sono le aspettative sociali. “I processi di socializzazione convergono verso un’unica direzione, che è quella di trasporre quasi automaticamente nelle pratiche quotidiane gli stereotipi sessuali, rendendo molto difficile resistere al loro contenuto cognitivo e ideologico” (Aa. Vv. 2010). Spiegare il concetto di “genere” Con il termine genere, che ha cominciato a diffondersi con i movimenti femministi degli anni Settanta, si fa riferimento al significato sociale assunto dalle differenze date dal sesso. Genere si riferisce ai modi in cui le società definiscono femminilità e mascolinità (le donne sono…gli uomini sono…); in altre parole se alla nascita il mio corpo presenta organi riproduttori femminili verrò addestrata come tale e ci si aspetterà da me che compia determinati studi, che entri a lavorare in un determinato ambito che mi innamori di un uomo…. In sostanza il genere ci dice chi siamo e soprattutto ci dice come la società ci vorrebbe e di conseguenza ci spinge verso determinati atteggiamenti/comportamenti. Per cui il genere diventa anche un modo di agire, diventa ciò che facciamo per rispettare le aspettative della società; il genere è un processo in continuo divenire e come tale costruisce identità influenzando le nostre preferenze e i nostri gusti, decidendo criteri di esclusione e di inclusione, modellando le nostre crescite biografiche ecc. Il genere ha quindi grossi effetti sulla nostra vita a tal punto da diventare il principio che è alla base dell’organizzazione della società. Spiegare il concetto di “maschilità egemonica” Il concetto di maschilità egemonica viene usato per descrivere una maschilità che è superiore alla femminilità in un dato ambiente spazio-temporale e serve per legittimare questa disparità fra i due sessi. Il punto cruciale però è non confondere il termine egemonia con il termine dominanza, poiché l’essere dominanti non comprende di per sé l’essere anche egemoni. L’essere dominante può essere dato da un aspetto caratteriale o da una situazione contingente e non da un aspetto “culturale” generale. Ne deriva che la maschilità dominante non è necessariamente anche egemonica e non per forza deve giustificare le disuguaglianze di genere.

Qual è la differenza tra educazione di genere e pedagogia di genere Con educazione di genere si intende “l’insieme dei comportamenti, delle azioni, delle attenzioni messi in atto quotidianamente, in modo più o meno intenzionale, da chi ha responsabilità educativa in merito al vissuto di genere, ai ruoli di genere e alle relazioni di genere delle/dei giovani e delle/dei giovanissimi” (Leonelli 2016: 46). Se, però, l’educazione di genere non viene analizzata con occhio critico il rischio è che tale azione venga percepita come un semplice omologarsi alla tradizione; se invece viene ben pensata e organizzata con criterio essa prevede dei percorsi specifici che hanno lo scopo di evitare che gli stereotipi sociali si congelino, rimanendo saldi nella società, così tali percorsi potranno promuovere la costruzione dell’identità individuale di ciascuna persona adottando una vera e propria metodologia che si basa sul riconoscere le diversità sessuali. Con l’espressione pedagogia di genere si intende, invece, la riflessione che viene fatta da esperti (pedagogisti/e, coordinatori/trici) sull’educazione di genere. È compito dei/delle professionisti/e delineare quelle linee guida che riguardano l’educazione di genere che dovranno poi essere seguite dai genitori, insegnanti ecc. In che modo la famiglia incide nei processi di socializzazione al genere? La famiglia è l’istituzione principale di socializzazione di genere perché è qui che si apprendono i primi comportamenti di genere in base ai ruoli, ai luoghi di gioco e ai giochi stessi; infatti bambini e bambine riceveranno una differente socializzazione all’interno della famiglia proprio basata sul loro sesso biologico: già dalla nascita genitori (e parenti) adottano comportamenti diversi per i/le loro figli/ e li descrivono anche diversamente dando motivazioni differenti ad un gesto che entrambi compiono (se la bambina piange ha paura, se il bambino piange è arrabbiato). Tutti questi comportamenti vanno ad influenzare fin da subito lo sviluppo della/del neonata/o che così verranno spinte/i verso un conformismo volto a rispettare i ruoli dati dalla società in base al proprio sesso di appartenenza. Il risultato di ciò è che i/le bambini/e, una volta cresciuti/e, in linea con ciò che hanno appreso fin da piccoli, si andranno ad omologare loro stessi con tutti gli stereotipi di genere presenti nella società e, in primis, nella famiglia.

Argomentare il concetto di genere come struttura sociale teorizzato da Barbara Risman Barbara Risman propone il concetto di genere come struttura sociale all’interno della quale assumono notevole importanza il livello individuale, quello interazionale e quello macro/istituzionale con la presenza sia di componenti materiali sia di componenti culturali. In questi livelli tutti i processi entrano in relazione fra di loro facendo sì che ogni singolo cambiamento in ognuno di essi produca un effetto sugli altri creando un circolo di influenze reciproche e facendo in modo che non ce ne sia uno dominante su tutti gli altri. Questa teoria ci permette di captare le complesse dinamiche che si presentano tra individuo e società.

INDIVIDUALE INDIVIDUALE Culturale: Materiale: il corpo socializzazione; identità

GENERE COME STRUTTURA SOCIALE INTERAZIONE Culturale: stereotipi; INTERAZIONE pregiudizi; aspettative Materiale: rappresentazione

MACRO MACRO Materiale: distribuzione di Culturale: credenze risorse; ruoli egemoniche; logiche istituzionali

CAPITOLO 3: Il disegno della ricerca Perché il focus group rappresenta una metodologia di ricerca particolarmente efficace? Il focus group come metodologia di ricerca si sta diffondendo sempre più perché si sta scoprendo la grande potenzialità che ha il fare gruppo e lo stare insieme scambiandosi idee e opinioni. La particolarità di tale ricerca sta proprio nel far interagire i soggetti permettendo un dibattito sulle diverse idee che hanno le persone e che magari non erano state considerate a priori dal/dalla ricercatore/trice. Il confronto tra le varie persone nel gruppo fa emergere con più evidenza le differenze di opinione. Ne consegue il grande vantaggio di poter riprodurre in maniere fedele (per quanto sia possibile) qual è il processo che sta alla base del formarsi delle varie opinioni delle diverse persone e capire così anche come si evolvono nel tempo. Che cos’è etnografia? L’etnografia è un metodo di ricerca che prevede la presenza del ricercatore sul campo per cui egli si trova a stare a contatto con la società oggetto di ricerca così da creare un rapporto sereno e sincero di modo che gli atteggiamenti delle persone siano naturali e non indotti dal fatto di essere osservati. L’osservazione infatti è l’aspetto principale del metodo etnografico ed ha l’obiettivo di descrivere e soprattutto comprendere la struttura sociale e tutto ciò che le sta intorno e la costituisce. Altro aspetto fondamentale, da non separare dall’osservazione, è il linguaggio. Bisogna dare grande importanza al linguaggio e ai discorsi che riproducono la struttura sociale senza però scinderli dal contesto in cui vengono fatti; ci deve quindi essere una grande attenzione ad ogni singolo particolare poiché niente è banale o superfluo. Per non tralasciare niente un bravo etnografo tiene sempre un diario di bordo su cui fare continuamente annotazioni proprio per evitare che anche un piccolo gesto o un’espressione facciale vengano eliminati dalla memoria e quindi venga a mancare un pezzo importante per le note finali.

CAPITOLO 4: Stereotipi, riproduzione e segnali di cambiamento. Lo sguardo delle insegnanti Spiegare il concetto di “violenza simbolica” secondo Pierre Bourdieu

Secondo il sociologo Pierre Bourdieu la violenza simbolica è una violenza inflitta dai dominanti sui dominati non con la forza fisica, ma con una visione del mondo, dei ruoli sociali che vengono definiti habitus proprio dai soggetti dominanti. La violenza simbolica viene definita dolce proprio per il fatto che chi domina non usa forza fisica per imporsi, ma anzi, viene esercitata con il consenso inconsapevole di chi la subisce perché appresa come naturale. È un qualcosa che viene appreso in maniera inconscia durante i processi di socializzazione che passano dalla famiglia prima, e dalla scuola poi; questo fa sì che non sorga il sospetto che possa esserci una qualche forma di scorrettezza da parte della persona dominante. Per P. Bourdieu la causa di tali processi è da cercare proprio nelle istituzioni familiari e scolastiche. In base ai risultati della ricerca sul campo emerge secondo lei un atteggiamento conservatore o progressista delle insegnanti rispetto alla visione dei ruoli di genere e delle caratteristiche maschili e femminili? Motivare la risposta Dai risultati della ricerca emerge uno scenario molto conservatore, tradizionalista e ricco di stereotipi, ma con sprazzi di volontà al cambiamento. Le insegnanti parlano di uno scenario del maschile e del femminile molto ancorato alle tradizioni (perché in questa ricerca i soggetti presi in considerazione erano donne nate tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta che quindi hanno una visione più conservatrice rispetto ai ruoli di genere) che sembra non tener conto di tutti i cambiamenti che sono avvenuti, e che stanno avvenendo, nella società anche se ogni tanto sembra esserci qualche risposta che si avvicina un po’ allo smantellamento di questa visione conservatrice. C’è il sospetto che questo, però, avvenga solo perché i soggetti della ricerca sanno qual è la risposta “giusta” da dare. D’altro canto, tutti gli stereotipi che emergono sono molto difficili da sradicare perché nati e cresciuti con la persona stessa. Questo non vuol dire che sia impossibile attuare un cambiamento, solo che richiederà del tempo.

CAPITOLO 5: Entrando nelle scuole: prove di femminilità e mascolinità Cosa si intende per pinkizzazione? In un mondo dove è forte la presenza dei colori caratterizzanti associati al sesso notiamo soprattutto l’utilizzo del rosa come stemma del femminile e della femminilità, più di quanto non sia caratterisitico il blu/azzurro per i maschi. Pinkizzazione sta ad indicare proprio l’utilizzo del rosa come colore simbolo della femminilità, rosa che richiama tutti quegli aspetti e quei caratteri ritenuti femminili per natura, come la pacatezza, la fragilità, la tranquillità, la cura di sé e degli altri ecc.… una femminilità molto tradizionale e conservatrice in cui le donne appaiono soggetti il cui valore viene dato solo dall’opinione di chi le guarda, che però viene percepita con leggerezza e piacevolezza come si può notare nelle pubblicità stesse di articoli per bambine. Cosa si intende per “maschile neutro”? Se continuiamo a seguire l’esempio dei colori caratterizzanti li maschile e il femminile notiamo che, mentre per il rosa il collegamento con l’essere femmina è più evidente e rimarcato, non lo è altrettanto per il blu con l’essere maschio. Perché? Perché il maschio, in quanto dominante, tende a passare inosservato e per questo percepito come neutro (maschile neutro), non caratterizzante necessariamente il genere. “Gli uomini considerano quasi sempre se stessi non come genere, ma come l’umanità stessa” (Sandro Bellassi) e quindi, di conseguenza, è ovvio che il blu e l’azzurro vengono percepiti in maniera più tenue come marcatori strettamente caratterizzanti l’essere maschio; infatti, per esempio, fa molto scalpore vedere un maschio che indossa qualcosa di rosa,

mentre non succede la stessa cosa nella situazione contraria: la donna vestita di blu non fa scandalo proprio perché il blu non è semplicemente associato all’essere maschio, ma all’essere maschio che è sinonimo di umanità nella quale sono comunque comprese anche le donne. Cosa si intende per action figures? Che legame esiste tra questi giocattoli e la costruzione di una mascolinità tradizionale? Le action figures (letteralmente modello in azione) sono le bambol...


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