La Pedagogia di Herbart PDF

Title La Pedagogia di Herbart
Author Valentina Minafra
Course Storia dei processi educativi e formativi
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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LA PEDAGOGIA DI HERBART - PESARE, MAGNISI Introduzione Johann Friedrich Herbart si sforza di creare una nuova scienza dell’educazione basata su un metodo verificabile; tenendo conto di due esigenze: l’istanza pestalozziana della percezione sensibile in quanto fondamento assoluto della conoscenza e l’insegnamento kantiano del primato della ragion pratica e quindi l’individuazione della moralità come fine dell’educazione. Herbart rende la pedagogia una “scienza” autonoma sostenendo che “il fine al quale si mira quando si educa e si richiede l’educazione dipende da teorie che ciascuno ha su di essa”. Contesto culturale Il periodo storico è di grande rilevanza in quanto si assiste in successione alla Rivoluzione francese, l’epoca napoleonica, l’età della Restaurazione e i moti rivoluzionari degli anni ’30-’40 dell’Ottocento. Soprattutto in Germania, dove, dal punto di vista culturale, emergono Illuminismo, Idealismo filosofico, Neoumanesimo e Romanticismo. L’Illuminismo aveva esaltato la ragione, i principi umani universali e inalienabili di uguaglianza e libertà ed era avversa alla questione religiosa. Prototipo di ciò è J.J. Rousseau che era a favore di un’educazione naturale, a privilegio della cultura tecnica e scientifica. Il Romanticismo aveva esaltato la creatività dello spirito, non a caso si parla di educazione popolare, esercitata da Herbart, a valenza scientifica, dando priorità al didatticismo, al controllo del comportamento e della disciplina dell’educando, su una formazione onnilaterale, spirituale e morale, su una formazione per gli insegnanti. Non si impara a camminare senza cadere, ma questo terrorizza gli uomini, rimanendo infanti per tutta la vita. (Kant) L’incitamento di Kant era l’uso pubblico della ragione, secondo il quale ogni cittadino ha la possibilità di esprimersi di fronte agli altri in quanto tale, ma ciò era in contrasto con il dovere di obbedienza allo Stato. Il Romanticismo così valorizzava la storia su un piano divino, l’arte attraverso la fantasia del poeta e la religione come esperienza del divino nell’immediatezza del sentimento. Questo perché, la ragione aveva saputo demolire, attraverso la Rivoluzione francese, quindi era opportuno un ritorno al passato, in particolare al Medio Evo , per combattere l’individualismo. L’Idealismo è sviluppo dialettico e storia ed è in tale processo che Soggetto e Oggetto, pensiero e Essere, Dio e mondo si realizzano. Sostenitore di ciò era Fichte, dapprima maestro di Herbart ma poi quest’ultimo se ne discosterà. Neo-Umanesimo, l’estetismo romantico e la pedagogia dell’idealismo In Germania nasce il Filantropismo, ossia la cultura impartita in modo pratico e il metodo di insegnamento basato sull’intuizione. A ciò si contrappone il Neo-Umanesimo che sosteneva un’educazione tesa a fare dell’individuo una personalità soggetta a uno sviluppo integrale, in cui l’individualità caratteristica di ciascuno e la libera esplicazione delle attività, dovessero essere rigorosamente rispettate. L’estetismo romantico, invece, fu delineato da Kant, che sosteneva una giustificazione reale del sentimento del bello e aveva esaltato il genio artistico, quale intelligenza che nella sua attività creatrice agisce con la spontaneità della natura. L’educazione all’umanità era dunque finalizzata, attraverso la bellezza, a stabilire un’unione armonica tra tutto ciò che è sensibile e tutto ciò che è soprasensibile. Si parla allora di Pedagogia dell’Idealismo quando il principio idealistico dello spirito e la libertà e attività creatrice, rendevano possibile l’educazione in quanto processo di auto-formazione. Ciò si concretizza nella riforma scolastica di G.Gentile del ’23. Gentile nega alla pedagogia il riconoscimento come scienza, non a caso la riduca a filosofia. Quindi l’educazione si rivela come attività spirituale assoluta, tendendo a svalutare metodi e tecniche didattiche a cui Herbart aveva attribuito gran valore! L’educazione popolare nasce, invece, con Pestalozzi. La sua esigenza era di fornire un’istruzione

per tutti attraverso una organizzazione metodologica per le nascenti istituzioni scolastiche, offrendo alla pedagogia un proprio campo di indagine. Johann Friedrich Herbart : la biografia Ha concesso alla pedagogia, a inizio Novecento, la configurazione di pratica sociale sempre più centrale, articolata e diffusa, AUTONOMA DALLA FILOSOFIA, dando vita alle migliori esperienze di istituzioni educative e scolastiche. Sarà proprio Credaro a valorizzare Herbart. Nasce il 4 maggio 1776 a Oldenburg, è figlio unico. Sin da piccolo mostra spiccate doti intellettuali, all’età di nove anni suona già diversi strumenti musicali. Riceve la prima istruzione all’età di 9 anni, con il precettore Kruse, poi fu seguito da Ueltzen e nell’88 si iscrive alla scuola pubblica di Latino. Sul piano filosofico, rivolge il suo interesse al razionalismo wolffiano, ma a 16 anni entra in contatto con la morale kantiana. Carriera universitaria: inizia a Jena, prima come privatista, poi come matricola. È attratto dalla filosofia, dalle lingue e dalle letterature classiche. Entra a far parte dell’associazione letteraria grazie alla quale coltiva il suo gusto artistico-letterario. A Jena incontra Fichte che “da buon maestro introduce Herbart alla ricerca di un proprio metodo, elaborato sulla base di studi approfonditi e della propria iniziativa personale”(Credaro). A causa di problemi familiari, lascia Jena e lavora come precettore per 3 anni in Svizzera. Qui ha la possibilità di sviluppare una propria riflessione pedagogica. Herbart, quindi, per elaborare il suo pensiero, ritiene sia necessario un ritorno ai presocratici. L’intento di Herbart, in quanto precettore, è quello di educare alla libertà, all’amore del bello e del buono, elaborando dei piani di studio adatti alle singolarità. Dal punto di vista morale e religioso, non forniva precetti bensì portava alla riflessione, stimolando l’attività razionale. Herbart forniva nozioni ordinate, chiare, con connessione logica del vecchio con il nuovo. Herbart, nelle “Relazioni” (chiamate Briche, pubblicate da suo padre) sostiene la differenza tra educare e governare, l’inutilità di sorvegliare ma la necessità di una gradualità di insegnamento. In Svizzera, conosce Pestalozzi, da cui è ispirato nelle prime pubblicazioni. Nel 1799 torna in Germania, dove si dedica alla stesura di tesi e al contempo lavora come supplente. Si discosta dal pensiero di Fichte, criticandone l’idealismo filosofico. Nel 1802 si trasferisce a Gottingen, dove consegue laurea e abilitazione all’insegnamento. In effetti insegna prima Pedagogia, poi anche Filosofia pratica o morale. Dal 1808 al ‘33 soggiorna a Konigsberb dove insegna, essendo nominato docente ordinario, ed approfondisce i suoi interessi per la psicologia, perfeziona le sue concezioni pedagogiche e raggiunge la maturazione del suo pensiero grazie ad una ritrovata serenità sia familiare che sociale. Poi, torna nuovamente a Gottingen fino alla morte. Si dedica, nell’ultimo periodo, alla composizione delle sue ultime opere, ossia Disegno di lezioni di pedagogia e Lettere sull’applicazione della psicologia alla pedagogia. Herbart in quanto oppositore dell’Idealismo L’Idealismo pervase tutti i rami della cultura. Herbart si oppone, citando Kant, e sostiene da un lato l’esperienza fondamento della metafisica, dall’altro riafferma l’impossibilità di ridurre la realtà a mera rappresentazione dell’io. La teoria metafisica di Herbart supera questa contraddizione e sostiene che l’universo è fatto da una pluralità di reali, ossia da enti semplici e immutabili. Ognuno ha relazione con gli altri reali e attraverso queste si producono “perturbamenti” a cui gli altri rispondo con auto-conservazione. I perturbamenti sono le rappresentazioni e la vita psichica di ciascuno è data dai rapporti meccanici di tali rappresentazioni. Nella coscienza restano quelle intense, le altre vanno nell’incoscienza, per poi tornare nella coscienza sottoforma di impulsi (desideri, volontà…). Quindi, per Herbart, l’anima di connette all’esperienza interna, il corpo a quella esterna. Nasce così l’anti-idealismo e il realismo di Herbart, secondo il quale i concetti della filosofia sono attinti dall’esperienza psicologica! Rappresentazione estetica del mondo come compito fondamentale dell’educazione. La psicologia come scienza. Herbart delinea tre metodi di elaborazione della filosofia:



Logico: i concetti sono chiari e distinti.

Metafisico: si trasformano i concetti per togliere le contraddizioni. ● Estetico: si considerano i concetti rispetto al giudizio di approvazione o non. Herbart afferma l’assoluta autonomia rispetto alla metafisica di quella scienza dell’estimazione o dei valori che egli chiama Estetica e che comprende l’Etica. I principi di valutazione morale di ciò che è giusto e ciò che non lo è, sono poi dati da rapporti fondamentali, ossia idee modello: libertà interiore,perfezione, benevolenza, diritto, equità. Infatti, il fine più alto dell’educazione è la moralità! Inoltre, Herbart considera la logica come necessaria preparazione alla riflessione filosofica in quanto da regole. Per Herbart, ciò che è reale non può essere contraddittorio. I concetti contraddittori che devono essere corretti sono quello di cosa, di cambiamento, di io. In conclusione, secondo Herbart, l’anima non è tabula rasa, bensì ente semplice e reale a contatto con altri reali, con i quali compie atti di autoconservazione, ossia rappresentazioni. Dopo la fondazione di Psicologia come scienza, Herbart sostiene che se le rappresentazioni sono in armonia provocano piacere, altrimenti provocano dolore. Lo sforzo che fa la rappresentazione per salire alla soglia della coscienza provoca appetizione: la rappresentazione diventa oggetto del desiderio. Spesso i desideri sfuggono al dominio della ragione. La libertà è vittoria della ragione sui desideri inferiori! ●

Capitolo III - Il pensiero pedagogico di Herbart 3.1 Il pensiero pedagogico. Pedagogia generale derivata dal fine dell’educazione Un’importante caratteristica del suo pensiero pedagogico risiede nell’istruzione educativa che a suo parere formano una cosa sola. Nella sua opera “Pedagogia Generale dedotta dal fine dell’educazione” del 1806 egli dedica importanti considerazioni a riguardo della configurazione pedagogica come “scienza” autonoma. Occorre però, secondo Herbart, partire dal fine dell’educazione stessa che risulta essere la moralità, che consiste nella formazione del carattere e nel conseguimento della virtù, sulla base della tensione scaturita dall’intuizione delle idee-modello. Essa può permanere ed accrescere nella vita del fanciullo attraverso l’istruzione educativa: ha il compito di promuovere e organizzare nella coscienza di ciascun allievo complessi sempre meglio strutturati e ordinati di conoscenza. Altro aspetto saliente del suo pensiero pedagogico è l’interesse avvertito dal bambino per i diversi aspetti della realtà che lo circonda. Tale interesse potrà essere immediato, flebile o pronunciato, stabile o mutevole. L’educatore dovrà riconoscerlo e lavorare su di esso. L’interesse, infatti, che per Herbart rappresenta un fenomeno psichico assai rilevante si presenta alla coscienza come “attesa” e “aspettativa di qualcosa”. L’educatore dovrà, da un lato mirare allo sviluppo degli interessi di “coscienza” (empirici, speculativi ed estetici) e quelli di “partecipazione” (simpatetici, sociali e religiosi), dall’altro alla sua maturazione armonica. Essa dipende dalla proporzione che l’educatore sa promuovere tra i vari interessi secondo l’ideale di una “plurilateralità bene equilibrata”. Per quanto concerne l’istruzione educativa è evidente il rimando a Pestalozzi; anche per Herbart l’apprendimento proviene dall’intuizione, che è scandita in quattro fasi ordinate, si tratta dei “concetti formali” dell’istruzione (o gradi formali): chiarezza, associazione, sistema e metodo. Per quanto riguarda il primo si tratta della comprensione di quanto deve essere appreso; con il secondo si attua l’ampiamento delle idee; con il terzo si attua la sistemazione e sintesi con il quarto si promuove il lavoro personale, con la conseguente applicazione delle idee apprese. Da ultimo, egli suddivide i contenuti dell’istruzione in tre aree: i segni (essenzialmente le lingue), le forme (le nozioni astratte e concettuali ricavate dall’esperienza), le cose (le opere della natura e della civiltà) e conseguentemente distingue tre modalità di insegnamento: il procedimento descrittivo, quello analitico e quello sintetico. L’istruzione diviene il mezzo fondamentale attraverso cui formare la volontà dell’individuo, al fine di suscitare la moralità. Di qui la partizione dell’attività formativa in tre momenti (governo, istruzione e cultura morale). Inizialmente, la volontà dell’educando è determinata da quella del maestro (prevalenza del governo), poi prevarrà l’interesse del fanciullo (predominanza dell’istruzione educativa), infine avrà un peso rilevante la libera volontà morale dell’allievo (prevalenza della cultura morale). Tutto concorre alla formazione del carattere, che sulla scia di

Kant, distingue tra componente oggettiva e soggettiva. Nel “Compendio delle lezioni di pedagogia”, l’autore sottolinea subito il carattere sistematico della disciplina come scienza, che ha come fonti la filosofia pratica e la psicologia. Nell’opera vi è una riflessione sulla didattica delle materie di insegnamento, dando centralità allo studio della geografia nella scuola elementare e allo studio della storia nella scuola media; introduce, inoltre, un’analisi dettagliata dei principali difetti degli alunni e del modo di trattarli; riflette, infine, sulle forme in cui l’educazione si organizza nelle istituzioni: quella domestica e quella scolastica. Nella sua “Pedagogia Generale” propone la necessità di cogliere un fine dell’educazione. Criticando l’idealismo evidenzia come tale concezione nega la possibilità dell’educazione. Affermando, invece, la sua necessità ed efficacia l’autore affida alla finalità morale l’esigenza fondamentale della sua concezione pedagogica. Critica Rousseau in quanto, secondo lui, l’educazione naturale fa vegetare l’allievo, negando l’arricchimento dello spirito fornito dalla storia. Nell’opera sottolinea l’importanza del sentimento del bello e del gusto estetico nell’azione morale. In ciò c’è una concordanza con la riflessione platonica con la conseguente promozione nei giovani di uno “stato d’animo estetico” quale premessa per una spontanea adesione a valori etici. 3.2 Nella Pedagogia Generale di Herbart non c’è “educazione senza istruzione” Volendo dare autonomia alla Pedagogia, egli afferma che tale disciplina debba avere principi propri e debba fondarsi essenzialmente su due scienze: la Psicologia per i mezzi e l’Etica per il fine creando una conciliazione tra empirismo e razionalismo. Anche se la Pedagogia è la scienza di cui l’educatore si serve per proprio conto, egli deve possedere anche la scienza per comunicarla agli altri. Ecco perché per l’autore non è possibile concepire l’educazione senza l’istruzione, un’istruzione che sia al tempo stesso educativa. L’educazione che si attua per messo dell’istruzione comprende la cultura morale che nella sua opera chiamerà “governo”. È una concezione dell’istruzione tesa a far apprendere al fanciullo dei rapporti universali, nel senso che ogni materia, ogni oggetto deve essere visto in rapporto con il tutto. Inoltre, afferma che tra l’adulto e il fanciullo esiste una grande distanza che deve essere colmata con il bisogno di scrivere libri appositamente per bambini, osservando però precise regole: 1. Non discendere troppo al mondo infantile tanto da diventare puerili; 2. Non proporsi senz’altro il fine educativo; 3. Non abolire il male, ma al contrario mostrarlo in modo che i fanciulli giudichino spontaneamente in modo retto; 4. Le narrazioni devono avere un’impronta virile perché il fanciullo ama essere uomo. 3.3 Sapere pedagogico e sapere scientifico. Confronto con gli studiosi del suo tempo Ignazio Volpicelli, leggendo Herbart, afferma che nelle sue opere si percepisce l’idea di elevare il sapere pedagogico alla sicurezza di un sapere scientifico, organizzato in maniera logicamente coerente sulla scia di Wolff, Kant e Fichte. Herbart si interrogava su quale fosse il contenuto di una scienza; a tal proposito, Wolff riteneva che la scienza fosse la capacità dell’intelletto di dimostrare in maniera irrefutabile. Kant definiva scienza ogni teoria che diventasse sistema, ovvero un tutto della conoscenza ordinato. Fichte riteneva che la scienza avesse una forma sistemica e che tutte le sue proporzioni si riconnettono in essa a un unico principio: le singole proporzioni non sono scienza, ma lo diventano solo nel tutto. Con tali principi, Herbart rafforza la sua idea di fondare un’educazione che possa nobilitare l’uomo al fine di dargli un’esistenza migliore. 3.4 L’educazione, la scuola e lo stato. L’etica e la uni molteplicità dell’interesse Herbart va contro l’idea della costruzione di “scuole molteplici e diverse”: esse sono il malessere della civiltà. L’unica forma legittima di educazione deve identificarsi in un processo di conquista da parte dell’uomo di autonomia e libertà; in caso contrario, l’educazione sarebbe tirannia. Va, inoltre, contro un sistema scolastico che obbedisce alla logica dello Stato che plasmi le menti, invita a non seguire una tendenza a voler subordinare la pedagogia alla politica, preoccupandosi dello Stato e formando non l’uno per l’altro, ma ognuno per se stesso. Ritiene, pertanto, sbagliata una strada che va dalla politica alla pedagogia. Giusta è invece l’idea di uno Stato che porti a un’anima comune. La traduzione della pratica educativa espressa è rappresentata dalla multilateralità dell’Educazione o multilateralità dell’interesse. Essa non è da confondere con la

“volubilità” che porta ad una mancanza di personalità o carattere, ma è una proprietà della persona che si insedia in una società che esige la presenza di uomini mediocri in molte cose. È il sogno utopico di un uomo polivalente, il quale voglia essere e fare tutto. 3.5 L’interesse come mezzo e come fine dell’istruzione educativa L’interesse, per Herbart, si sviluppa in tutte le direzioni (multilateralità dell’interesse). L’autore intende l’interesse in due sensi: come mezzo e come fine. Come mezzo perché quello che si insegna venga prontamente appreso. Come fine affinché sia portato a cogliere il valore degli aspetti della vita e della realtà e a creare la personalità dell’educando. Egli chiama interessi di conoscenza quelli volti alla realtà naturale o umana (esteriore ed estranea all’individuo) e quelli di partecipazione volti a comunicare la vita interiore. Ad essi fa corrispondere due ordini di discipline: l’insegnamento storico e l’insegnamento scientifico. Ma, ogni disciplina deve tendere a sviluppare tutte le specie di interessi, promuovendo la cultura multilaterale. 3.6 Il governo dei fanciulli Il governo si esercita sui fanciulli con una vigilanza illuminata, né gravosa né troppo lunga, con i comandi e con i divieti, con le punizioni ragionevoli, ma soprattutto con l’occupazione che è fattore principale della disciplina. Governo e educazione non si possono separare, poiché anche il governo deve mirare alla formazione spirituale. Dal fine del governo si ottiene la docilità e l’ordine del fanciullo, ma tale fine non può essere subordinato al fine dell’educazione. Una delle norme del governo di cui ci parla Herbart è l’autorità, che è quanto mai indispensabile. Ad essa si aggiunge l’amore che si fonda sull’armonia dei sentimenti e sull’abitudine. L’educatore non deve mai diventare puerile per due motivi principali: non deve mai sacrificare la sua personalità a quella dell’alunno e deve portare rispetto verso se stesso; il fanciullo non stimerebbe più coloro che si mettono al suo livello e al suo servizio. Nel padre secondo l’autore, si tratta di un’autorità dispensatrice di biasimi; nella madre è l’amore che appare più naturale. Inoltre, l’educatore per Herbart è colui che sa comprendere il fanciullo, che ne è la sua coscienza, “colui che porta luce in lui”. Herbart afferma che questi: deve saper parlare ed esprimersi; deve evitare di ricorrere a mezzi duri o eccessivamente severi; deve lasciare nell’incertezza l’alunno, perché così egli si chiederà cosa ha fatto ...


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