La Collazione del Chevalier Au Lion - Chretién de Troyes PDF

Title La Collazione del Chevalier Au Lion - Chretién de Troyes
Course Filologia Romanza
Institution Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
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La Collazione del Chevalier Au Lion - Chretién de Troyes...


Description

X LEZIONE 09 APRILE 2020 DAL FOLDER, articoli che trattano della parte del romanzo di cui ci occuperemo: - Grammatica di Roncaglia, solo la parte conclusiva per i tratti distintivi dialettali. - Grammatica della Pope, molto analitica, può servire per una consultazione in caso in cui ci siano tratti specifici che non sono chiari. È una grammatica di lavoro già molto avanzata. SOLO PER MASOCHISTI. SOLO PER CASI ESTREMI. - Collazione Lyon - Breviario di Ecdotica, è la referenza di tutti i ragionamenti di carattere critico. - Meneghetti referenza per tutti i ragionamenti di carattere storico del romanzo medievale - A.P. Fuksas, Prospettivismo e banalità del male, parla del problema generale inerente ai romanzi di Chretién de Troyes, ma ha una parte dedicata al Chevalier Lyon, in particolare a due episodi: uno è quello del gigante alla montagna e l’altro (che ci interessa di più perché è la parte che noi tratteremo nella tesina) che è quello relativo al castello di Pesme Aventure (non so come si scrive) in cui si svolge un’avventura molto rilevante di Ivano. Siccome il prof vuole che noi lavoriamo su quel passo, per avere un inquadramento generale del tema che viene trattato in quel passo secondo una lettura del prof. - Lepage, Pesme Aventure, utile per inquadrare in generale l’episodio. - Loomis, Arthurian Traditions, sul rapporto tra tradizioni bretoni, di cui parla Maria di Francia, e i romanzi di Chretién de Troyes. Come Chretién de Troyes appozza nella tradizione bretone per costruire degli episodi dei suoi romanzi. C’è la parte dedicata a Pesme aventure che sono 3 pagine, anche se il prof ha messo vari episodi. - Pasero, Pesme Aventure, tratta del problema di Pesme Aventure da un’angolazione economica. - Pioletti, Pesme Aventure, precisa l’angolazione di Pasero in un’ottica che secondo il professore è più corretta e più precisa, che è quella sulla quale il prof si è appoggiato per scrivere il suo articolo Prospettivismo e banalità del male. - Tratti distintivi dialettali SE NON ABBIAMO VOGLIA DI LEGGERE TUTTA QUESTA ROBA, BASTA LEGGERE L’ARTICOLO DEL PROF E QUELLO DI PIOLETTI, che contiene le cose più azzeccate. La parte del romanzo di cui ci occuperemo va dal v. 5109 Conviene leggere un po’ tutto l’episodio, e la bibliografia ci aiuterà anche a inquadrare i singoli passi in una disamina più generale, l’articolo del prof è molto analitico. Basta leggere l’articolo del prof per sapere di che parla.

Il modello sul quale lavoreremo lo stiamo affinando insieme. Gli strumenti sono: - La Grammatica Che aiuta a fare una serie di riflessioni sugli aspetti che abbiamo cominciato a vedere ieri, sia di carattere fonetico, sia morfologico, sia sintattico, sia lessicale. Se vediamo scritto boins (pag.4 pdf) in vari modi in alcuni casi troviamo una forma di dittongo, in altri il dittongo non lo troviamo. Troviamo ad esempio nos e nous (P2 pag.4 pdf), oppure Bretaigne o Bretagne. Ci orientiamo con la grammatica a capire quali possono essere le ragioni per le quali questi fatti si producono. La cosa che vi viene chiesta di fare è cercare di distinguere tra le varie varianti che troviamo, se sono di tipo grafico, se hanno un rilievo fonetico, se sono varianti che impattano l’organizzazione morfologica della parola o della frase e quindi anche la sintassi. Come nel caso dell’inversione, ad esempio al H 1 **Artus li boens rois de Bretaingne /79v°a/ P 1 **Li boins roys Artus de Bretaigne /61r°a/

Questa è una variante che ha un rilievo di tipo SINTATTICO perché inverte l’ordine delle parole.

E i casi di variazione nei quali abbiamo parole diverse, come ad esempio al R 2 La cui proece nous ensagne Sien, aggettivo possessivo, Ly 2 La sien proesce nos enseigne Cui, pronome relativo, è dativo. Quindi la grammatica serve a mettere in luce queste cose. Per la parte del discorso Roncaglia è molto utile, per il lessico un po’ meno perché tratta un tot di parole e non altre, in maniera tipicamente subordinata a questioni di carattere fonetico o morfologico o al limite sintattico. - Qui interviene il vocabolario http://www.atilf.fr/dect/ Per andare al vocabolario bisogna cliccare su RICERCHE SUL LESSICO (A SX, RICHERCHE DAND LE LEXIQUE) – RECHERCHE SUR LES ENTRÉES (per ricercare le forme, non i lemmi. Si possono cercare anche le forme coniugate di un verbo, le declinazioni di un sostantivo, le forme difformi da un punto di vista regionale da un manoscritto all’altro delle singole parole. Cliccando su ARTICLE COMPLET, ci presenta la voce intera del verbo e ci sono tutte le forme di quel verbo, con tutte le grafie e sono anche classificate. Nella definizione include tutte le occorrenze e le classifica, cioè troviamo anche il verso per intero di un romanzo, ci trova l’occorrenza e ci dice che quella forma va ricondotta a quell’accezione indicata). È un vocabolario molto analitico che piega ogni singola occorrenza di ogni voce.

Poi c’è una ricerca sui dizionari: cerchiamo le parole per come sono state classificate nei maggiori dizionari francesi medievali (FEW – TOBLER LOMMATZSCH che è uno dei migliori) ma ti rimanda sempre su quello di Chrétien de Troyes. Se non troviamo quella forma nel dizionario, ricerchiamo la forma basa e la inseriamo nel dizionario, se proprio stiamo messi male qualche parola la cerchiamo insieme al prof.

ALCUNI ASPETTI FONDAMENTALI CHEVALIER DU LION.

DEL

PROLOGO

DEL

Nella lezione precedente abbiamo visto l’inizio di questa parte del prologo, ed esaminando le prime differenze, e avevamo messo in luce il fatto che ci imbattiamo nella versione del manoscritto di Lion in un ERRORE, che è la presenza di questo aggettivo possessivo al posto del relativo: Ly 2 La sien proesce nos enseigne LA SUA PRODEZZA H 2 La cui proesce nos enseigne LA PRODEZZA DEL QUALE Nel momento in cui viene introdotto il possessivo, l’intera frase perde di senso: “Il buon re di Britannia la sua prodezza ci insegna che noi siamo prodi e cortesi e la corte è così ricca come il re” la frase diventa involuta perché se ci fosse un punto al v.3 il discorso potrebbe stare in piedi considerando il v.1 come un genitivo assoluto. Cioè: il buon re di Britannia la sua prodezza ci insegna” potrebbe essere un modo per dire in francese medievale “la prodezza del re di Britannia ci insegna” con quello che possiamo chiare un genitivo assoluto, cioè non declinato e non posizionato nella maniera corretta ma richiamato dal possessivo. Ma abbiamo detto che così non è perché Li boins roys Artus de Bretaigne regge il verbo tint che troviamo al v.4, e se regge il verbo al v.4 non può reggere il verbo al v.2, perché altrimenti sono due verbi con un solo soggetto nella stessa proposizione e il linguaggio non funziona così. C’è una gerarchia tra le proposizioni, altrimenti il linguaggio perde la sua essenza comunicativa. Sien quindi è da considerare come un ERRORE. PER ERRORE QUINDI SI INTENDE UNA FORMA CHE NON HA SENSO DI ESISTERE NEL COSTRUTTO DEL QUALE IL TETSO CI PORTA TRACCIA. Tipicamente scontriamo forme erronee: 1. Sulla base della congruenza grammaticale (della organizzazione della frase o del periodo): ad esempio, Bretaigne e enseigne rimano quindi non abbiamo nessun problema ma se avessimo una di queste parole che non rima con Bretaigne potremmo sospettare che è intervenuto un errore anche lì. 2. Sulla base dell’organizzazione prosodica e rimica: Lo stesso per la misura dei versi, sono tutti ottosillabi perfetti, quindi il problema non si pone,

ma troveremo dei casi in cui non troviamo l’ottosillabo perfetto, ma di fronte a versi che sono ipermetri o ipometri, cioè che hanno meno sillabe di otto o più sillabe di otto. In tutti quei casi siamo autorizzati a sospettare la presenza di un errore perché ragioniamo in linea teorica sull’ipotesi che Chrétien de Troyes se decide di comporre un romanzo in versi ottosillabici, lo fa non è che riproduce qua e là dei versi più lunghi e più corti. E se ciò accade è perché qualche copista nel copiare a rimaneggiato il testo in maniera tale che poi il verso non gli torna oppure si è perso una sillaba in maniera più triviale copiando senza capire e senza porre attenzione. Abbiamo introdotto uno dei concetti filologici fondamentali: la distinzione tra la variante adiafora1 e l’errore. Abbiamo detto che il modo in cui il testo ci si presenta al v.1 è riconducibile a una dinamica di variazione a diafora, cioè che non possiamo scegliere quale delle due versioni sia quella più vicina all’originale, perché evidentemente sono entrambe due versioni valide dal punto di vista sia prosodico, sia rimico che grammaticale.

Mentre del v.2 possiamo dire che la versione del manoscritto di Lyon presenta una forma erronea, cioè rispetto a tutte le altre che hanno una loro congruenza, indipendentemente da come siano scritte (con la q o con la c il significato è sempre lo stesso, il pronome relativo), nel caso dell’aggettivo possessivo stabiliamo che è una forma che qui non ha senso e corrompe il senso del discorso quindi è un errore.

Gli errori che sopravvivono sono spesso degli errori che non apparentano le testimonianze del decoro, ma le separano. Qui siamo in una situazione di 7 contro 1. Però, ciò, non vuol dire nulla perché è come se fosse 1 contro 1, slavo che in questo caso essendo la lezione di Lyon erronea possiamo dire che i 7 proseguono coerentemente la lezione che recepiscono dall’antigrafo che fa capo con tutta probabilità a quella archetipica, ovvero a quella dell’autore. Mentre siens è un’innovazione che si è prodotta nella grafia nella trascrizione dell’opera operata dal copista del manoscritto Lyon, sia da qualcuno da cui lui copia ma sostanzialmente in maniera tale che si distanzia da tutto il resto della tradizione superstite. Bisogna tener presente che il francese mantiene nella sua configurazione medievale una delineazione bicasuale, cioè le “s” che noi troviamo alla fine di rois e Artus, sono “s” che indicano il caso nominativo, cioè il caso soggetto. 1 ADIAFORA (VARIANTE): All’interno della *varia lectio di un determinato passo, sono definite a.

varianti parimenti adatte al contesto semantico e del tutto equivalenti sul piano stilistico e formale (salvo la maggiore aderenza all’*usus scribendi dell’autore). Nella scelta fra v. a. è decisivo il contributo della rispettiva collocazione stemmatica: solo quando quest’ultima sia equivalente, si dovrà scegliere in base a *criteri interni di valutazione. Nella critica testuale: relativo a lezioni o varianti di pari autorità che, nella definizione del testo critico, non risultano preferibili a altre per ragioni oggettive.

E infatti Li bo..s rois Artus de Bretaigne è il soggetto del verbo Tint cort, in quest’ultimo infatti non ha l’indicazione della “z” che magari potrebbe indicare l’affricata che risulta dall’incontro dall’alveolare sorda con la sibilante, perché questo è il caso accusativo.

H 2 La cui proesce nos enseigne P 2 La qui proeche nous ensengne V 2 La cui proece nos ensegne F 2 La qui proece nous ensagne G 2 La cui proesce nos enseigne A 2 La qui proeche nos ensaingne S 2 La cui proeche nous enseigne R 2 La cui proece nous ensagne Ly 2 La sien proesce nos enseigne Avevamo visto nella lezione precedente come alcune grafie di proesce: proece con c probabilmente rimanda a una pronuncia sibilante; -ch- che rimanda a una pronuncia affricata -sc- che rimanda probabilmente a una pronuncia fricativa Sono tutte forme variegate che individuano tre pronunce diverse: proece: è la forma standard del franciano proeche (si legge proez): è quella del piccardo proesce (si legge proesc): è della Champagne

H 3 Que nos soiens preu et cortois P 3 Que nous soions preus et courtois V 3 Que nos soions preu et cortois F 3 Que nous soions prou et courtois G 3 Que nos soiom preu et cortois A 3 Que nos soions preu et courtois S 3 Que nous soions preu et courtois R 3 Que nous soions preu et cortois Ly 3 Que nos seons prou et cortois Siamo di fronte a forma del congiuntivo (e non dell’indicativo), prima persona plurale, introdotta da Que che è retto da enseigne, “la prodezza di re Artù ci insegna ad essere prodi e cortesi”, con un costrutto che ha il que che regge il congiuntivo. Siamo di fronte a delle forme abbastanza simili le une alle altre. L’unica differenza potrebbe essere soiens – soions con passaggio di serie alle palatali, che sicuramente ha un rilievo di carattere fonetico; come forse ha il seons del manoscritto di Lyon.

Invece soions è la forma adottata dalla maggioranza dei manoscritti che è quella el francese medievale per la prima persona plurale del presento del congiuntivo. Preu lo troviamo scritto in vari modi: preu prou (in F e nel Manoscrito di Lyon) Troviamo anche preus et courtois che configura un’altra FORMA ERRONEA nel senso che qui abbiamo un aggettivo declinato al plurale e quindi abbiamo un’inclusione di “s” che non avrebbe ragione di esserci, perché il plurale maschile non ha la “s”, come possiamo vedere sulla Grammatica di Roncaglia che offre uno schema abbastanza facile da recepire della declinazione dei sostantivi. La variazione di livello fonetico o grafico è marcatissima, e per ogni parola troviamo realizzazioni di nous ad esempio con la chiusura in u oppure in nos che rimane al grado intermedio della pronuncia del pronome di prima persona plurale. Non c’è quasi una parola che non abbia delle difformità rispetto alle altre all’interno del sistema di collazione che ci troviamo ad esaminare perché abbiamo una tradizione che è distribuita in maniera abbastanza notevole su un’ampia superfice geografica e quindi gli elementi dialettali intervengono e quindi le forme di dittongamento, di non dittongamento, le forme di chiusura le forme di non chiusura le varie pronunce consonantiche sono tutti aspetti che emergono e il lavoro che dobbiamo fare è: DISTINGUERE TRA DELLE VARIANTI CHE HANNO UN RILIEVO ESCLUSIVAMENTE GRAFICO RISPETTO AD ALTRE CHE HANNO ANCHE UN RILIEVO DI TIPO FONETICO (come soiens e soions in cui c’è una differenza, certo sono due vocali nasalizzate ma una è nasalizzata in un senso palatale, l’altra invece sulla serie delle velari. E sono tutte pronunce che distinguono e aiutano a situare le varie versioni). Gli argomenti più interessanti sono quei casi di variazione che non hanno semplicemente un rilievo di tipo fonetico o morfologico ma che investono la struttura della parola o della frase e quindi ci testimoniano delle differenze nel significato del testo. Ora ci focalizziamo sulle differenze fonetiche o morfologiche più macroscopiche e ci dedichiamo in maniera più analitica alla variazione tipo più marcata, lessicale o sintattica. Chrétien de Troyes sta iniziando il suo romanzo intestandolo a re Artù di Bretagna, e quindi siamo di fronte a un romanzo arturiano, lo dice Chrétien chiaramente. Chrétien ci descrive Artù con parole enfatiche di lode, dicendo che la prodezza del buon re di Bretagna ci insegna ad essere prodi e cortesi. Qui abbiamo già una prima situazione interessante da un punto di vista di organizzazione lessicale del testo perché evidentemente il riferimento alla prodezza è una cosa molto significativa.

Andiamo a vedere preu sul dizionario di Chrétien (richerche dans le lexique), clicchiamo su articolo completo per il significato della parola: ci troviamo di fronte a una di quelle parole che ha una grande importanza nel romanzo arturiano e all’interno della sua configurazione feudale in generale perché la prodezza è la qualità principale del cavaliere. Qui anche Artù viene associato a questo valore ti pico principalmente cavalleresco nell’accezione che possiamo considerare quella lessicalizzata e comune, ovvero quella di valore: voce A. “Valeur, noblesse de qqn” che forse è il caso nostro, oppure voce B. “Vaillance” che invece è una forma di ardore cavalleresco; naturalmente può stare a significare anche “Acte de vaillance” cioè atto, azione di valore cioè una prodezza fatta da un cavaliere un po’ come lo usiamo ancora noi oggi in ambito sportivo ad esempio nel senso di compiere una prodezza. È un termine che occorre molto spesso insieme alla “ corteisie”, spesso sono accomunate e nel dizionario ci dice anche in che romanzo si trova quest’accomunazione. Qui però non abbiamo la corteisie, ma abbiamo l’aggettivo cortois, preu et cortois ovvero prode e cortese, sono queste due le categorie fondamentali che identificano la cavalleria medievale che piace a Chrétien e di cui lui parla. È una cavalleria che non perde la sua dimensione militare, e che quindi mantiene questo aspetto di prodezza, al quale però unisce un altro aspetto fondamentale che è quello della cortesia. La cortesia è tutto quel sistema di valori che ha a che fare con l’educazione cortese, cioè con la capacità di stare a corte e sapersi comportare in quest’ambito. È proprio una forma di apprendimento di base di una serie di valori. Nel prologo del Chevalier du Lion e anche nel suo inizio Chrétien de Troyes ci fa capire cosa vuol dire essere cortese per un cavaliere: vuol dire principalmente essere anche dotto nell’arte della parola. Quindi essere non solo un bruto militare capace di sconfiggerei i nemici, ma anche una persona in grado di rapportarsi tramite l’uso della parola, e quindi in grado di corteggiare, di usare la parola ai fini del corteggiamento. È un aspetto fondamentale della cavalleria cortese e che Chrétien mette in evidenza e attorno a questo costruisce una forma idealizzata della cavalleria che è quella che vedremo. Ci troviamo nella situazione della corte, perché Artù, la cui prodezza ci insegna ad essere prodi e cortesi, cioè il suo esempio è un modello di prodezza e cortesia, tenne corte così ricca come quella di un re (come un re deve tenerla). v.4 osserviamo solo il passaggio che nel manoscritto di Lyon (che dura solo 10 versi, perché questi 10 versi del manoscritto di Lyon servono a introdurre la Chanson de Roland in un manoscritto di area italiana, quindi è una testimonianza secondaria, ma siccome ce l’abbiamo valutiamo pure quella). Nel verso del manoscritto troviamo Ly 4 Tient cort si riche come rois (si legge tiant) Mentre in tutti gli altri manoscritti troviamo Tint (si legge tant)

LA DIFFERENZA STA NELLA CONIUGAZIONE, OVVERO NELLA FORMA: Tient è coniugato al presente indicativo e Tint è la forma del perfetto, ovvero del passato. L’oscillazione tra presente e perfetto nella narrazione del romanzo francese medievale è una cosa costante che prosegue anche nel romanzo in prosa e continua, presente e perfetto si alternano nelle descrizioni romanzesche non abbiamo sempre l’impiego dell’uno o dell’altro, a volte si alternano anche in maniera molto combinata per mettere in evidenza alcuni fatti aspettivi del verbo, cioè contrapporre in alcuni casi , ad esempio, degli eventi che accadono in un momento preciso ed esauriscono il loro significato nel momento preciso in cui avvengono o altri che invece hanno un aspetto più durativo. L’ELEMENTO ASPETTIVO VIENE ANCHE MESSO IN LUCE TRAMITE L’OPPOSIZIONE DEI TEMPI VERBALI CHE OCCORRONO. In questo caso il Tient che troviamo nel manoscritto NON PUÒ ESSERE CONSIDERATO COME ERRORE, perché il presente si può usare per narrare e quindi anche se utilizza il presente il significato è che al tempo suo Artù ha tenuto corte così ricca come quella di un re. [Anche per la coniugazione verbale bisogna far riferimento alla grammatica che mette in evidenza tutti i tempi e i modi dei verbi.] È probabile che Chrétien abbia utilizzato il perfetto che ha trovato in tutti gli altri manoscritti, ma avrebbe potuto utilizzare anche il presente. Col perfetto ha voluto semplicemente evidenziare un evento che si svolge in un determinato momento del tempo nel passato, ma avrebbe potuto farlo anche col presente. Il fatto che Artù tiene una corte così ricca come quella di un re si deve al fatto che è un re, per l’appunto, ma anche al fatto che il re deve mostrarsi generoso. La generosità è una delle prerogative cortesi fondamentali e elargire e sperperare è una cosa che denota l generosità, non è quindi una forma di sperpero, ma è una forma id sottolineatura della generosità. Il concetto di “tenere corte” è un concetto più complesso di quello che potremmo immaginare: Artù quando tiene corte sta amministrando la giustizia, cioè quando si arriva al pranzo è perché Artù ha già delibera...


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