La forza dei legami deboli - Granovetter PDF

Title La forza dei legami deboli - Granovetter
Course Sociologia
Institution Università degli Studi di Napoli L'Orientale
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sintesi la forza dei legami deboli Granovetter...


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LA FORZA DEI LEGAMI DEBOLI – Granovetter Introduzione Una delle principali difficoltà della teoria sociologica contemporanea è l’incapacità di collegare in modo efficiente le interazioni osservate a livello micro con le strutture d’azione rilevate a livello macro. In questo articolo si vuole sviluppare la tesi secondo cui l’analisi dei processi che intervengono nei reticoli delle relazioni interpersonali generano il collegamento tra il livello micro e macro sociologico. La sociometria (antesignana dell’analisi dei reticoli) è rimasta sempre ai margini della teoria sociologica, intesa e applicata solo come un ramo della psicologia sociale in quanto era priva di tecniche di misurazione e di campionamento necessarie per farle evolvere. Gli studi che hanno utilizzato il concetto di reticolo per costruire una teoria dei processi d’interazione neuronale hanno indicato la strada da seguire, concentrando l’attenzione sulla forza dei legami interpersonali per mostrare come l’analisi dei reticoli permetta di collegare questa dimensione dell’interazione con svariati fenomeni a livello macro sociale. L’analisi sarà essenzialmente di tipo qualitativo. La forza dei legami La forza di un legame è la combinazione (probabilmente lineare) della quantità di tempo, dell’intensità emotiva, del grado d’intimità (confidenza reciproca) e dei servizi reciproci che caratterizzano il legame stesso. Ognuna di queste dimensioni è in una certa misura indipendente dalle altre, sebbene siano evidenti le loro strette interconnessioni. Si considerino due individui presi a caso: A e B e l’insieme S che è formato da C, D, E…; di tutte le persone che hanno legami con A e B oppure solo con A o solo con B. L’ipotesi che ci permette di collegare i rapporti diadici (due persone) a strutture più ampie afferma che quanto più è forte il legame tra A e B tanto più grande sarà la proporzione di individui nell’insieme S ai quali entrambi saranno collegati, con i quali avranno un legame, sia esso forte o debole. Inoltre, questa sovrapposizione dei rapporti d’amicizia sarà minima quando il legame è assente, massima quando esso è forte e media quando è debole. Tutto ciò si giustifica per il fatto che i legami più forti in genere richiedono (per definizione) un maggior coinvolgimento temporale. L’ipotesi inoltre trova conforto nell’evidenza empirica che tanto più forte è il legame che unisce i due individui quanto più essi hanno tratti sociali simili. Tra le differenti teorie ricordiamo quella dell’equilibrio cognitivo di Heider e Newcomb: se A è collegato a B e a C da legami forti, e se B e C sono a conoscenza l’uno dell’altro la mancanza di un legame positivo tra di esse determinerebbe una “tensione psicologica” nella situazione in quanto C desidererà che i propri sentimenti siano conformi a quelli del suo amico A e lo stesso accadrà per B rispetto al suo amico A. Tuttavia, se i legami sono deboli, anche la congruenza dei rapporti diventa psicologicamente meno importante. I legami deboli nei processi di diffusione Per poter derivare dall’ipotesi di base implicazioni relative ad ampi reticoli di relazione, occorre inquadrarla con più precisione mettendo a confronto le triadi che si possono originare (in termini di legami forti, deboli o di mancanza di legami) tra A, B e qualsiasi amico scelto arbitrariamente da uno dei due o da entrambi (nello specifico un amico presente nell’insieme S). Il triangolo che in base all’ipotesi precedente ha meno probabilità di verificarsi è quello in cui A e B sono collegati da un legame forte, A ha un legame forte con un amico C, ma tra C e B non sussiste alcun legame. La tendenziale possibilità del triangolo in questione è confermata da alcune evidenze empiriche. L’analisi di Davis relativa a 651 sociogrammi ha evidenziato che nel 90% dei casi la frequenza delle triadi costituite da due scelte reciproche e da una non scelta è inferiore a quella casuale. Newcomb ha rilevato che nelle triadi costituite da coppie che esprimono un’elevata attrazione reciproca la

frequenza della configurazione a tre legami aumenta nella misura in cui le persone si conoscono meglio e da più tempo. Le implicazioni dell’impossibilità di questa triade si possono illustrare introducendo il concetto di “ponte”, ossia quel segmento che identifica l’unico collegamento tra due punti in un reticolo. Poiché, in generale, ogni persona ha un gran numero di contatti, un ponte tra A e B costituisce il solo percorso attraverso cui le informazioni e l’influenza provenienti da qualsiasi contatto di A, possono transitare a qualsiasi contatto di B e di conseguenza quelle provenienti da qualsiasi persona collegata indirettamente con A, possono transitare a qualsiasi persona collegata indirettamente con B. Nessun legame forte può costituire un ponte, a meno che nessuna delle parti in esso coinvolte ha altri legami forti. Ciò che conta è che tutti i ponti sono costituiti da legami deboli. Nei reticoli di ampie dimensioni è probabile che solo di rado uno specifico legame costituisca l’unico collegamento tra due punti, nonostante ciò la funzione di ponte può essere svolta localmente. Tra i numerosi studiosi troviamo Harary il quale sottolinea che può esistere una distanza (lunghezza del percorso) oltre la quale non è possibile per A comunicare con B, a causa dei costi o delle alterazioni conseguenti ad ogni atto di trasmissione. Un ponte locale in un reticolo sociale fornisce un collegamento tanto più significativo tra due settori del reticolo quanto più grande è il suo grado. Un ponte in senso assoluto è un ponte locale di grado infinito. Per la stessa logica i ponti locali possono essere costituiti solo da legami deboli. In tale contesto ritroviamo anche l’ipotesi di Davis secondo cui nei flussi interpersonali di qualsiasi tipo, la probabilità che una qualsivoglia informazione passi dalla persona I alla persona J è: 1) direttamente proporzionale al numero dei percorsi positivi (amicizie) che collegano I e J; 2) inversamente proporzionale alla lunghezza di questi percorsi. In questo caso l’importanza dei legami deboli sta nel fatto che quelli che funzionano come ponti locali creano un maggior numero di percorsi brevi. Quindi l’eliminazione di un legame mediamente debole arrecherà più danni alle probabilità di trasmissione che non l’eliminazione di uno forte. Se prendiamo ad esempio la diffusione di un pettegolezzo si nota che la diffusione è maggiore nei legami deboli in quanto il pettegolezzo riportato attraverso i legami forti avrà molte più probabilità di restare circoscritto a pochi giri (cliques) di persone; in questo caso la notizia non attraverserà nessun ponte. Nonostante i numerosi studi sociologici e antropologici sui processi di diffusione, questi argomenti non hanno solidità empirica perché molti di questi lavori non si basano su analisi sociometriche o se le hanno utilizzate hanno sottovalutato le persone che sono collegate tra loro tramite legami deboli. Vi sono affermazioni discordanti in relazione a tale contesto, secondo alcuni autori coloro che adottano precocemente un’innovazione sono individui marginali in quanto il loro comportamento è talmente difforme dalle norme comuni da farli percepire come devianti. Ma come fa un individuo marginale a diffondere con successo un’innovazione? I soggetti meglio posizionati per diffondere tali innovazioni difficili sono quelli che hanno molti legami deboli, in quanto alcuni di questi legami costituiscono dei ponti locali, per questo i soggetti definiti come innovatori marginali negli studi sulla diffusione sono in realtà ricchi di legami deboli. Questo risultato trova conferma anche nello studio “il mondo è piccolo” di Millgram e collaboratori. Il nome di questo studio riproduce il tipico commento delle persone che essendo state appena presentate scoprono di avere qualche conoscenza in comune. Le indagini condotte generalizzano la situazione e la traducono in un quasi esperimento volto a misurare la lunghezza delle sequenze di contatti personali necessari per collegare coppie d’individui, della popolazione degli Stati Uniti, scelte casualmente. Nello specifico parla della distribuzione di un opuscolo ad un insieme casuale di emittenti, chiedendo ad ognuno di farlo pervenire ad una persona “obiettivo” esplicitamente nominata per mezzo di qualcuno che l’emittente conosce e che ritiene in grado di raggiungere l’obiettivo. Ogni qualvolta qualcuno inoltrava un opuscolo, era tenuto a spedire una cartolina ai ricercatori specificando il tipo di rapporto che egli intratteneva con l’immediato destinatario. Un’importante distinzione che deve essere fatta è quella tra i soggetti che

ricevevano una maggiore quantità di scelta definiti centrali e i soggetti che ricevevano poche o scelte nulle definiti marginali. I legami deboli nei reticoli egocentrici Negli ultimi anni sono stati pubblicati molti studi volti ad analizzare gli effetti dei reticoli sociali sui comportamenti degli individui che vi sono inseriti. Alcuni studi hanno richiamato l’attenzione sui modi in cui il reticolo forgia e condiziona il comportamento individuale e in che modo gli individui riescono a manipolare il proprio reticolo per conseguire specifici obiettivi. Secondo lo studioso Bott la variabile cruciale a questo proposito è il grado di conoscenza reciproca degli amici del soggetto, ovvero se essi si conoscono tra loro (reticolo a maglia chiusa) o meno (reticolo a maglia aperta). Oltre a Bott vi è Barnes che trasforma la dicotomia in una variabile continua, calcolando il numero di legami osservati nel reticolo formato da un soggetto e dai suoi amici e dividendolo per quello dei legami possibili (densità del reticolo). Epstein rileva che diverse parti del reticolo possono avere densità differenti indentificando il reticolo effettivo formato da persone con cui l’individuo agisce più intensamente e il reticolo esteso formato da persone con cui l’individuo agisce con meno intensità. Inoltre, secondo tale studioso i legami deboli che non costituiscono dei ponti locali possono essere assimilati in modo opportuno ai legami forti così da rendere massima la separazione tra settori ad alta e bassa intensità di un reticolo. Tale studio si è concentrato in particolare sulla natura del legame tra colui che cambia lavoro e la persona che fornisce l’informazione necessaria. Si tratta di un’indagine condotta su un campione casuale di professionals, tecnici e dirigenti residenti in un quartiere di Boston e che avevano cambiato lavoro da poco tempo. A coloro che avevano trovato il nuovo lavoro tramite contatti personali è stato chiesto con quale frequenza avessero incontrato la persona contattata nel periodo in cui questa aveva trasmesso loro l’informazione sul lavoro, considerando la frequenza come una misura della forza del legame. Dai risultati si evince che coloro che avevano trovato il lavoro tramite contatti personali il 16,7% rispose di aver incontrato spesso la persona contattata, il 55,6% occasionalmente e il 27% raramente. La distribuzione risulta quindi nettamente spostava verso l’estremità debole del continuum, spesso il contatto era una persona che solo marginalmente era inclusa nel reticolo abituale dei contatti. Agli intervistati era stato anche chiesto da chi le persone da essi contattate avessero ottenuto l’informazione trasmessa. Si pensava che il processo di trasmissione richiedesse molti passaggi, invece nel 39% dei casi essa derivava direttamente dal futuro datore di lavoro. Ciò mostra che si possono perseguire alcuni importanti obiettivi semplicemente sulla base del reticolo egocentrico costruito dal singolo, dai suoi contatti e dai contatti di quest’ultimo. Se dal punto di vista del singolo individuo i legami deboli costituiscono un’importante risorsa per la mobilità volontaria, da un punto di vista macroscopico risultano svolgere un’importante funzione di coesione sociale. I legami deboli e l’azione collettiva a livello di comunità In questa sezione si sviluppa ulteriormente l’argomentazione analizzando il motivo per cui alcune comunità riescono ad organizzarsi facilmente ed efficacemente in vista di obiettivi comuni, mentre altre sembrano incapaci di mobilitare le risorse di cui dispongono. Vi è la necessità di utilizzare l’esame del reticolo dei legami per vedere se alcuni aspetti della sua struttura possono facilitarne o bloccarne la capacità organizzativa. Ipotizziamo una comunità completamente suddivisa in cliques, in modo che ogni persona sia collegata con tutte le altre appartenenti alla sua clique ma con nessun altro all’esterno. È evidente che la capacità di organizzazione della comunità ne sarebbe compromessa in quanto sarebbero informati tramite volantini, annunci radiofonici dell’organizzazione che si sta creando, ma studi sulla diffusione dimostrano che le persone raramente agiscono sulla base delle informazioni fornite dai mass media, a meno che la stessa

notizia non venga anche trasmessa anche attraverso legami personali. Stessa considerazione si può fare circa il problema della fiducia. Quest’ultima che si accorda ad un dato leader dipende in buona parte dall’esistenza di contatti personali intermedi che possono garantire che il leader è degno di fiducia e che, in caso di bisogno, possono fungere da tramite per inoltrare richieste al leader stesso o ai suoi luogotenenti. La fiducia nei leaders è integralmente collegata alla capacità di precedere e di influenzare il loro comportamento. Una struttura reticolare estremamente frammentata è visibile solo a livello macroscopico, mentre ciò che appare a livello locale è la coesione. Pertanto, un analista che studia un gruppo di questo tipo tramite un’osservazione partecipante può non percepire affatto il suo grado di frammentazione, in quanto il ricercatore viene catturato in una cerchia abbastanza stretta di persone che utilizza per essere presentato in seguito ad altre persone. Se i legami non costituiscono dei ponti la comunità non può essere frammentata. Affinché in una comunità vi siano numerosi legami ponte vi devono essere più modi o contesti diversi in cui la gente possa instaurarli. In mancanza di dati reali sulla struttura dei reticoli tutte queste considerazioni hanno solo un valore relativo. Modelli di reticoli a livello macro e a livello micro I legami deboli riescono a collegare i membri di differenti piccoli gruppi più facilmente di quanto non possano quelli forti che tendono piuttosto a concentrarsi all’interno di gruppi particolari. In relazione a tale argomentazione ritroviamo lo studio di tre studiosi importanti: Davis, Holland e Leinhardt con il loro modello DHL. Questi autori sostengono che la tesi posizionata al centro della sociometria strutturale è la seguente: le scelte interpersonali tendono ad essere transitive, se P sceglie O e O sceglie X è probabile che P scelga X. Quando ciò si verifica è possibile suddividere un sociogramma in cliques; in modo che le scelte asimmetriche o le non scelte possono essere presenti solo all’interno di queste cliques e l’eventuale asimmetria può assumere una solo direzione. Questo modello è sviluppato in termini di scelte e non di legami. La maggior parte dei test sociometrici chiedono agli intervistati di indicare le persone a loro più gradite o con cui preferirebbero fare qualcosa e non le persone con cui effettivamente trascorrono il tempo. In questo modo la transitività viene utilizzata maggiormente a livello delle strutture cognitive individuali piuttosto che a livello della struttura sociale, con la conseguenza di esagerare l’incidenza del fenomeno. Una risposta significativa si ha quando si va ad applicare lo schema che prende in considerazione la componente dei legami in relazione al fenomeno della transitività. Supponiamo che P scelga O e che O scelga X. L’assunto di ciò è che la probabilità che si stabilisca una relazione di transitività da P a X è alta quando i legami P-O e O-X sono entrambi forti; bassa se sono entrambi deboli; intermedia se uno è forte e l’altro è debole. Alla luce di ciò la transitività si qualifica come una funzione della forza dei legami piuttosto che come una proprietà generale della struttura sociale. Oltre a ciò il modello DHL è stato pensato per piccoli gruppi mentre a mano a mano che aumentano le dimensioni del gruppo considerato viene meno il fondamento logico della transitività. Dal momento che la tecnica del sociogramma consente di identificare in modo impreciso i legami deboli, gli studi empirici del modello DHL non offrono quasi spunti per confermare o smentire la tesi sulla transitività. Conclusioni La più rilevante conseguenza analitica di questo articolo è che l’esperienza personale individuale risulta strettamente connessa alla dimensione macro della struttura sociale, ben oltre le intenzioni o il controllo dei singoli individui. Perciò il collegamento dei livelli micro e macro non è un’opzione accessoria ma un’operazione di cruciale importanza per lo sviluppo della teoria sociologica. I legami deboli risultano indispensabili per le opportunità degli individui e per la loro integrazione

nelle comunità; i legami forti in quanto fautori di coesione sociale appaiono invece la causa di frammentazione a livello generale. Il modello che è stato presentato è solo un passo in direzione al collegamento tra livelli; poco più che un frammento di teoria. Poiché si occupa solo della forza dei legami, ignora ad esempio tutti gli importanti problemi relativi al contenuto....


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