La-marca - Riassunto La marca PDF

Title La-marca - Riassunto La marca
Course Consumi e cultura d'impresa
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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La marca Consumi e cultura d'impresa (Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM)

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LA MARCA INTRODUZIONE La marca è un importante operatore sociale in grado di convocare e coinvolgere i consumatori. Da tempo è considerata la punta di diamante della comunicazione pubblicitaria. Inoltre è corretto ritenere che la marca svolge tale ruolo di operatore sociale attraverso il suo essere un ordine del discorso, cioè una produzione semiotica di segni sincretici: simboli, immagini, suoni, segni verbali e segni visivi ecc. che forniscono la polpa comunicativa al nocciolo di un prodotto contenuto all’interno. Non bisogna però ritenere che la marca sia il rivestimento comunicativo solamente di un prodotto, poiché tale rivestimento si attua anche rispetto ai servizi di marca come per esempio i noleggi aiuto; inoltre ci sono prodotti immateriali e intangibili che sono stati trasformati in marca, come per esempio certe località turistiche che creano degli intangible districts costruendo la loro attrattività attraverso immagini, emozioni, profumi e stati d’animo che quei determinati luoghi vorrebbero e potrebbero suscitare. Un esempio ancora più calzante è quello di Google e di tutte quelle marche legate ai new media, le quali hanno una consistenza solo digitale e possono essere definite intangibili. La marca può essere di prodotto, di servizio, tangibile o intangibile, può definire una gamma di prodotti o servizi, così come può fungere da ombrello e raccogliere sotto di sé differenti prodotti o servizi appartenenti a disparati settori merceologici; può essere una marca corporate, come per esempio Mercedes, che funge da garanzia per tutte le auto che produce le quali, a loro volta, sono marche esse stesse. La marca può inoltre estendersi ad altri prodotti allungando la propria ombra benefica su di loro, come avviene per esempio con Virgin che ne tratta di diversissimi e appartenenti ai più disparati settori merceologici: bevande, linee aeree, abbigliamento, industria musicale e discografia. L’estensione di marca avviene perché in questo modo la si mantiene sul mercato facendo “digerire” al consumatore i nuovi prodotti posti sotto l’ombrello fiduciario di una marca che egli già conosce e di cui si fida. In questo modo si riducono i costi di lancio, si ottengono corsie preferenziali presso i distributori che sono più inclini a introdurre nuovi prodotti di una marca già conosciuta e a invogliare i consumatori a provare un nuovo prodotto. L’estensione di una marca procede per Heilbrunn, secondo diverse fasi. Vi sono, però, anche zone proibite alla estensione; per es. una marca come Nutella non potrà mai proporre un prodotto salato. La marca è viva e deve continuare a crescere e a svilupparsi come gli esseri viventi, poiché nella nostra società la spinta a cambiare è fortissima, e accelera continuamente. Tale spinta è anche condizionata dalla concorrenza che costringe ogni marca a rinnovarsi. Infine, le trasformazioni e i mutamenti sono dovuti pure alle aspettative dei consumatori che, da un lato, cercano di farsi rassicurare dalla marca e, dall’altro, desiderano che la marca rimanga al passo coi tempi proponendo sempre nuove soluzioni. Il funzionamento discorsivo della marca si esplicita attraverso una storia raccontata e attraverso degli identificativi, che altro non sono gli elementi espressivi visibili, ciò che Kapferer avrebbe definito, nel suo prisma, gli aspetti fisici di un prodotto, come per es. il rosso della scritta Coca cola e anche il particolare lettering di quella scritta, oppure la forma così specifica della bottiglia in vetro. Per Lacoste, invece, gli aspetti fisici riguardano indubbiamente il coccodrillo, come i colori castellati delle sue maglie. Come avviene lo storytelling di una marca? Innanzitutto, squadernando un intreccio che la marca si incaricherà di risolvere. La promessa, o contratto di marca, produce un contratto di fiducia con il consumatore nella misura in cui la narrazione risolve l’intrigo, ovvero acquisisce l’oggetto del desiderio. Per quanto riguarda l’oggetto del desiderio esso può essere, e spesso è, una situazione. La marca è un processo comunicativo che cambia il comportamento dei consumatori, così come i diversi tipi di mezzi. Quando Meyrowitz spiega l’impatto che i media elettronici hanno avuto sulle persone, afferma che nel momento in cui cambia una situazione cambia anche il ruolo che le persone in quella situazione ricoprono. Per Innis, studioso canadese pioniere nello studio dei media, saremmo in presenza orientati allo spazio (space-biased) e non orientati al tempo (time-biased). In realtà con i nuovi media si tratta di entrambi, perché essi ci ricollocano sia nel tempo e sia nello spazio. Molti aspetti del brandscape contemporaneo fanno pensare alle conseguenze derivate dall’avvento dei media elettronici, tanto da ritenere che anche la marca sia un media. Couldry e Jensen affermano che si tratta di un termine ambiguo perché da un lato media si riferisce a istituzioni e infrastrutture che distribuiscono contenuti, come fa per esempio la Rai, dall’altro il termine è indicato anche per designare quegli stesso contenuti. Avverte Couldry che l’arrivo di Internet come

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nuovo media ha aumentato la flessibilità e la interconnessione e trasformato la società da broadcasting a narrowcasting, da società della comunicazione di massa a società della auto comunicazione di massa. Le marche sono onnipresenti in ogni istante della nostra vita. Tutti i prodotti hanno una marca. La nostra civiltà sembra aver quasi del tutto escluso gli oggetti privi di marca. Anche l’insegna Muji (dal giapponese “prodotto di qualità senza marca”) è diventata una marca: la marca sarebbe allora il segno irrinunciabile della società dei consumo? Possiamo dire che le marche sono diventate mediatori essenziali tra gli individui e il loro ambiente quotidiano (imprese, città, regioni). In una società retta dal marketing, la marca si trasforma da segno di differenziazione a entità dalle innumerevoli ripercussioni sugli attori sociali e sulle loro interazioni.

CAPITOLO 1: STORIA E FUNZIONI DELLE MARCHE La marca non è figlia della rivoluzione industriale, essa è sempre esistita come segno antropologico e precede l’industria, l’impresa e il marketing. Sono stati trovati marchi su ceramiche risalenti al 1300 a.C. in una regione divenuta in seguito parte dell’Antica Grecia. Tracce di marchi sotto forma di nome, disegno o motivo risalgono all’antichità (il primo caso accertato di marchio commerciale risale alla Cina del 2700 a.C.: si tratta di terrecotte che indicano il nome dell’Imperatore o quello dell’artigiano. Tali marchi erano apposti tanto dal produttore quanto dal distributore. Il marchio è un segno antropologico legato a due funzioni essenziali che sono l’identificazione dell’origine (la sua funzione di firma) e la differenziazione. Esso aveva prima di tutto valore di firma: marchiare un prodotto significava allora indicarne simbolicamente l’origine o autenticare un savoir-faire. Una legge inglese risalente al 1266 impone ai panettieri di apporre il proprio marchio anche sulla più piccola pagnotta venduta affinché sia possibile risalire al responsabile in caso di errato peso della pagnotta. Il marchio garantisce la tracciabilità del prodotto fin dal suo luogo di origine: la sua funzione di etichettatura. Di fatto si può ritenere che il reale utilizzo economico della marca risalga al XV secolo, epoca in cui compare in francese il termine “marque” (1456). La sua etimologia indica un segno messo intenzionalmente su un oggetto per renderlo riconoscibile e assicurarne la proprietà. È solo alla fine del XVII secolo che la marca comincia a essere utilizzata nella pratica professionale. In Francia durante l’Ancien Régime, numerosi regolamenti corporativi tentano di limitare una produzione già ridotta dalle tecniche manuali di realizzazione. Il ruolo del diritto delle corporazioni è di limitare la concorrenza e la produzione in grandi quantità proibendo agli artigiani di possedere più di un atelier od obbligandoli ad avere un numero ristretto di aiutanti. La marca consente di assicurare al cliente finale il rispetto delle regole di fabbricazione, offrendo allo stesso tempo una sorta di garanzia disciplinata dei monopoli e dei privilegi delle corporazioni. Abolendo le corporazioni, la rivoluzione francese del 1789 sancisce la libertà di commercio. A partire dal XVIII secolo, nella maggior parte dei Paesi occidentali l’importanza della marca aumenta in modo significativo a causa della coesistenza di alcuni fenomeni. L’evoluzione delle tecniche di produzione, di trasporto e di meccanizzazione porta la grande industria a sostituire progressivamente gli artigiani. I progressi significativi raggiunti dai sistemi di comunicazione e di trasporto permettono in breve tempo la distribuzione dei beni a livello regionale, nazionale e internazionale. I prodotti freschi, in particolare, sono oggetto di marcatura poiché deperibili. Infine, il miglioramento dei metodi di confezionamento consente di proporre al cliente finale delle confezioni diversificabili e riconoscibili (il primo tubetto di dentifricio compare nel 1890, il primo tappo di bottiglia nel 1892 ecc.), così come i progressi nelle modalità di stampa che permetttono di identificare l’origine del prodotto. Secondo l’espressione di Vance Packard, la marca diventa, soprattutto grazie al packaging, un “venditore silenzioso”, incaricato di sedurre il consumatore in un’economia sempre più mediata. Del resto, con la separazione delle attività di fabbricazione e vendita, il mercato si frammenta. Viene messo in atto un sistema commerciale autonomo in cui la responsabilità del prodotto passa dall’industriale al commerciante, oramai l’unico in contatto con il cliente finale. I commercianti diventano allora garanti dei prodotti che vendono. Del resto, la diffusione dei grandi magazzini e del commercio al dettaglio tende a incoraggiare le spese dei consumatori.

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Questa frammentazione degli attori del mercato contribuisce ugualmente a rinforzare il potere del distributore. La marca assume un nuovo valore di collegamento: permette all’industria di ristabilire un contatto con il cliente. Parallelamente, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, viene messo in atto un sistema di tutela giuridica con la promulgazione delle prime leggi a garanzia della protezione industriale: la legge francese del 23 giugno 1857 sulle marche di fabbrica e di commercio concretizza l’esistenza giuridica della marca: la proprietà di una marca si acquisisce e si mantiene con l’uso ed è perpetua, a differenza dei brevetti. Lo sviluppo delle marche è legato allo sviluppo della pubblicità che rappresenta un aspetto importante della strategia di comunicazione e di valorizzazione di una marca. Nel XIX secolo la pubblicità diviene una fonte credibile di informazioni e una manna finanziaria non trascurabili per giornali e riviste. Alla fine del 19º secolo di fronte al moltiplicarsi delle innovazioni spetta ai pubblicitari il compito di inserire i prodotti negli schemi di consumo corrente. Il ruolo della comunicazione pubblicitaria, allora, consiste nell’informare i consumatori dell’esistenza di nuove invenzioni e convincerli che la loro vita sarebbe migliore se utilizzassero l’auto invece del treno, ecc. La marca caratterizza un savoir-faire e deve comunicare la legittimità il prestigio e la perennità dell'industria; si tratta allora di educare il consumatore sul valore base del prodotto e di indurre alla fine nuove abitudini di consumo. Tale ideologia si basa principalmente su una segmentazione dei mercati in termini di beneficio, poiché, in un’economia sempre più concorrenziale, ogni marca cerca di conquistare la legittimità di un particolare tipo di beneficio sul proprio mercato. Presto lo sviluppo delle marche inizia a basarsi su una sorta di inflazione delle promesse, fino ad arrivare alla rivendicazione di benefici spettacolari, addirittura soprannaturali, che porta in particolare alla regolamentazione della réclame in Francia e alla nascita della pubblicità moderna. Mentre la réclame fornivano informazioni sia in merito ai benefici funzionali che agli effetti miracolosi dei prodotti, la pubblicità introduce un nuovo stile comunicativo: i prodotti cominciano a incorporare ideali sociali legati alle aspirazioni degli individui (la famiglia, il ruolo nella società, la mascolinità o femminilità ecc.), i quali ormai non hanno che un legame estremamente sottile con i benefici funzionali. Attraverso metafore e allegorie, la pubblicità trasforma progressivamente le marche in essere i misteriosi capace di incarnare proprietà psicologiche o sociali. E quello che si può definire la svolta simbolica delle marche. Il simbolo è un segno (o un insieme di segni) convenzionale; in ciò opera un divario tra il valore funzionale dei prodotti e il valore cui aspira l'immagine delle marche. Più che polarizzare il messaggio sui benefici dei prodotti, una nuova generazione di pubblicitari (tra cui Leo Burnett e David Ogilvy) contribuisce allo sviluppo di una vera e propria metodologia pubblicitaria fondata su una scala di legami tra gli attributi concreti dei prodotti e un insieme di caratteristiche psicologiche rappresentative della “buona vita moderna”. Le marche cominciano a sviluppare un discorso che oltrepassa il loro universo di prodotti per integrare discorsi paternalistici e prescrittivi sul senso della vita o sulle chiavi e i percorsi per una vita armoniosa e riuscita. Gli operatori di mercato e i pubblicitari sono stati aiutati in questo processo dallo sviluppo dei metodi di indagine scientifica che hanno permesso loro di accrescere il potere dei messaggi. Così, la teoria fondata sul ruolo delle emozioni nell’elaborazione degli stimoli del behaviorista James Watson ha conosciuto un successo considerevole fino agli anni Sessanta nell’ambito pubblicitario americano. Allo stesso modo, il ricorso alle teorie motivazionali elaborate da Richter ha influenzato numerose aziende che hanno commissionato studi di psicologia clinica per mettere in luce le struttura inconsce dei consumatori e attrarli grazie all’uso di immagini archetipiche. LA MARCA E LE SUE COMPONENTI Oggi non si può più considerare la marca solo dal punto di vista dell'enunciatore, (l’artigiano, l’azienda) poiché essa esiste nell'ambito di uno spazio sociale di comunicazione; essa è, dunque, costruita da un insieme di attori tra i quali il consumatore occupa un posto di rilievo. La crescente influenza dei consumatori nell’evoluzione delle strategie di Marzia può assumere diverse forme. Sono numerose le marche che tengono davvero conto dell'opinione dei consumatori nello sviluppo dei loro prodotti. Il consumatore può anche divenire attore della marca difendendone il logo e i prodotti, come nel caso dei prodotti a forte visibilità (vestiti, scarpe). Si tratta di uno spazio che non è privo di rischi poiché l’azienda non è più in grado di controllare l’immagine della marca diffusa da questi sostenitori occasionali. Il ruolo crescente del

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consumatore nell’evoluzione della marca rimanda anche alle azioni di appropriazione e deviazione della marca da parte dei consumatori, come per esempio i siti (interattivi) di marche interamente elaborati dai consumatori senza il controllo delle aziende. Il crescente potere del consumatore è ugualmente visibile nello sviluppo di azioni di boicottaggio o difesa della marca. Nel 1985 Coca-Cola si è vista costretta a tornare alla sua formula classica in seguito a movimenti di massa dei consumatori che protestavano contro il lancio della New Coke negli Stati Uniti. L’insieme di simili fenomeni tende a mostrare come il consumatore non sia più un ricettore passivo del marchio, ma funga sempre più da vero attore della marca in grado di influenzare in modo significativo l’evoluzione di pratiche, discorsi e percezioni. Altro attore è l’azionista che, a causa dell’evoluzione nella gestione delle imprese, impone una soglia minima di rendimento delle marche e influisce in modo significativo sullo sviluppo dei portafogli di marca, ma anche speso sulla funzione latente delle marche. Talvolta la strategia di marca può dipendere dall’azionista, suscettibile di esigere strategie di crescita che non sempre sono in linea con il progetto identitario e umano della marca. Dunque, spesso la marca è una fonte di tensione tra gli azionisti, da un lato, che esigono il margine massimo e i consumatori, dall’altro, che le chiedono di essere veicolo di senso. -

Azionista: marca come reddito potenziale; Industria: marca come strumento per creare valore economico e preferenze del consumatore; Distributore: marca come generatore di traffico e strumento di fidelizzazione; Consumatore: marca come partner che consente di diminuire i costi di transazione.

CAPITOLO 2: CHE COS’È UNA MARCA? Al giorno d’oggi la marca concerne entità tanto diverse quanto lo sono le gamme di prodotti (Colgate), i servizi (McDonald’s), le catene di distribuzione (Auchan), un insieme di prodotti e servizi (Virgin), le associazioni (la Croce Rossa), le entità geografiche, ecc. Tali evoluzioni impongono di ripensare la nozione di marca, poiché spesso non si applica più a un unico oggetto ma a un sistema di offerte eterogeneo che include elementi sia tangibili che intangibili. I DIVERSI TIPI DI MARCA Occorre distinguere il semplice identificativo commerciale, certamente protetto ma nella mente del target dei consumatori non è associato ad alcun immaginario specifico, e la marca, la quale articola i livelli di contenuto, di narrazione e di espressione. Ci vuole tempo per costruire una marca: la regola dei 25 anni indica che la marca è stata in grado di passare attraverso tre generazioni, così come la regola delle cinque associazioni minimali. Si può dire che se un gruppo di individui presi a caso all’interno del mercato di riferimento non riesce a citare cinque associazioni sufficientemente precise, diverse e distintive evocate loro dal nome di una marca, ci troviamo di fronte a un identificativo commerciale più che a una marca. In tale ottica, Samsung è più un identificativo commerciale che marca, anche se la sua forza di impatto è innegabile. Bisogna poi distinguere la marca impresa, detta corporate, dalla marca commerciale. Così, Nestlé e Renault sono delle corporate brand utilizzate come tali per garantire le marche commerciali figlie come Nesquik, Nescafé, KitKat, Galak, Clio, ecc. Inoltre è importante distinguere bene l’etichetta dalla marca. Di certo una marca può essere dotata di una funzione di certificazione che punti ad aggiungere all’oggetto delle coordinate spazio-temporali precise e una tracciabilità atta a rassicurare i consumatori quanto al procedimento di elaborazione e agli ingredienti di un prodotto o servizio. Ma una marca che si riducesse a questa unica funzione di autenticazione non sarebbe una vera e propria marca poiché veicolerebbe solo i valori funzionali specifici dell’etichetta. Dobbiamo riservare il termine “etichetta” per quelle indicazioni trasversali garanti di un livello di qualità o di un metodo di produzione. LA MARCA-PRODOTTO O SERVIZIO La marca-prodotto è una marca legata in modo stretto, esclusivo e duraturo a un prodotto. Quasi ogni marca è in origine una marca-prodotto. La marca-prodotto permette di fornire alla marca un’identità forte e distinta, di personalizzare la comunicazione pubblicitaria isolando il nome dell’impresa. La maggior parte delle volte, il ricorso alle marche-prodotto permette a una società di adottare un approccio multimarca, coprendo uno stesso segmento di mercato con diversi nomi di marche indipendenti. L’utilizzo di una marca-prodotto non permette di capitalizzare la fiducia accumulata dalla società o dalla marca madre nel corso del tempo. Un caso particolare di marca-prodotto di cui si discute in Francia è il

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branduit, unione tra brand e produit, ossia una marca che, con l’uso, è diventata il nome generico di una specifica ca...


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