la Nascita di Venere e la Primavera di Botticelli - Aby Warburg - riassutno PDF

Title la Nascita di Venere e la Primavera di Botticelli - Aby Warburg - riassutno
Course Storia delle immagini
Institution Università degli Studi di Macerata
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Summary

riassunto del capito di Aby Warburg sulla nascita di venere
...


Description

Aby Warburg – la Nascita di Venere e la Primavera di Botticelli

Attraverso il confronto dei due dipinti mitologici con la coeva letteratura poetica e teorico-artistica si cerca di chiarire a quali aspetti dell’Antico fossero interessati gli artisti del ‘400. L’Antico funge da modello, soprattutto nella rappresentazione di accessori estrinseci in movimento come vesti e capigliature. si svela l’atto estetico empatico come forza costruttrice dello stile.

Parte prima La nascita di Venere Vasari parla del dipinto come situato alla villa di Castello del duca Cosimo e il catalogo degli Uffizi (1881) la descrive. La letteratura critica confronta l’opera con due poemi. 1. Julius Meyer, nel testo sulla Galleria di Berlino, fa riferimento al secondo inno omerico dedicato ad Afrodite; già nel 1488 erano stati stampati sulla base di un manoscritto fiorentino, quindi noti alla cerchia Laurenziana

2. Gaspary scrive una storia della letteratura italiana e confronta la Nascita di Venere con la Giostra1 di Angelo Poliziano. Lo stesso Poliziano, tra l’altro, segue l’inno omerico e per lui Botticelli avrebbe dipinto una Pallade: forse il poeta guida il pittore sul concetto dell’opera, dal momento che entrambi si discostano ugualmente dai versi omerici. Nella Giostra, Poliziano immagina dei rilievi realizzati da Vulcano per il Tempio di Venere, incorniciati da fregi a foglie d’acanto e uccelli.

1 Le Stanze de messer Angelo Poliziano cominciate per la giostra del magnifico Giuliano di Pietro de Medici, meglio note come Stanze per la giostra, sono un'opera incompiuta in lingua volgare del poeta italiano Angelo Poliziano (1454-1494).L 'opera, in ottave, fu composta per celebrare la vittoria riportata da Giuliano de' Medici in un torneo tenutosi il 29 gennaio 1475 a Firenze, nella piazza di Santa Croce; il torneo era stato organizzato da Lorenzo il Magnifico, fratello di Giuliano, per celebrare l'accordo di pace tra le potenze italiane stretto nel 1474 grazie all'azione del Magnifico. La composizione fu interrotta, con tutta probabilità, a causa della morte di Giuliano e del ferimento di Lorenzo nella sollevazione seguita alla congiura dei Pazzi, il 26 aprile 1478. Poliziano si ispirò a un'opera di Luigi Pulci; scelse di scrivere in lingua volgare, adoperando come strofa (o stanza) l'ottava, già adoperata da Giovanni Boccaccio nel Filostrato. Accanto al tema encomiastico dell'elogio di Giuliano, l'opera racconta anche l'amore platonico di Giuliano per una donna fiorentina, Simonetta Cattaneo, sposa di Marco di Piero Vespucci. Il disegno dell'opera dovette però essere modificato nel 1476 a causa della morte improvvisa di Simonetta, avvenuta il 26 aprile. Le Stanze furono pubblicate per la prima volta nel 1484 nella raccolta Cose vulgare del Poliziano; resta di fondamentale importanza l'edizione di Aldo Manuzio del 1498. Nel corso del XVI secolo, le Stanze furono spesso manomesse, secondo il gusto del tempo, da coloro che volevano eliminarne la venatura popolare caratteristica dello stile comunque raffinatissimo di Poliziano. Solo nel 1863, grazie all'impegno di Giosuè Carducci, vide la luce una nuova edizione filologicamente accurata, dove le Stanze furono ripresentate nella loro versione originale, epurata dalle interpolazioni e dalle modifiche cinquecentesche. I pregi dell'opera, piuttosto che nella trama, sono nel significato stesso dell'operazione letteraria compiuta da Poliziano nelle Stanze: «Siamo di fronte, né più né meno, al travestimento classicheggiante della contemporaneità. [...] Il culto dell'antico è in questa età talmente forte da indurre letterati e poeti a proiettare le vicende contemporanee su questi fondali scenici anche un po' ingenuamente artificiosi e, in un certo senso, ad allegorizzare il presente, non più però alla maniera di Dante, bensì utilizzando il bagaglio mitologico della civiltà classica: Giuliano è Iulo, Simonetta una ninfa, Amore e Venere gli dei ex machina della vicenda. Tutto ciò, beninteso, con la leggerezza elegante, e scarsamente impegnativa, propria di una mentalità ben consapevole di sé e della natura fondamentalmente letteraria di tale operazione. Qualcosa di simile veniva compiendo nelle arti figurative un pittore come Sandro Botticelli, quasi coetaneo di Poliziano.»

In prima fila allegorie cosmogoniche fino alla Nascita di Venere; in seconda fila la potenza della dea è esemplificata in circa 12 episodi classici: dalla Nascita, quindi, alla sua accoglienza sulla terra e sull’Olimpo. (vedi cfr Omero – Poliziano, p. 84). Come in Omero, Venere è spinta da Zefiro a terra ed accolta dalle divinità delle stagioni. Poliziano aggiunge piuttosto particolari e accessori, per aumentare la credibilità e l’illusorietà. Anziché un vento, ce ne sono “ più”, ed essi muovono le vesti, i capelli, gli accessori. Nel dipinto Venere si copre il seno con la destra (≠Poliziano) e una sola Ora accoglie la dea; tuttavia, allo stesso modo di Poliziano, Botticelli si sofferma sull’accuratezza dei dettagli, e come nel poeta ci sono due zefiri che muovono, allo stesso modo, le vesti e la chioma di Venere. Si suppone allora, che le due opere siano parafrasi dell’inno omerico, dove Botticelli riduce a una sola le tre Ore di P. L’elaborazione poetica è più vicina ad Omero, così che Poliziano fa da mediatore, donatore, per Botticelli. Il tentativo comunque è fissare il movimento istantaneo dei capelli e delle vesti= tendenza dominante del Nord Italia del ‘400 Alberti lo testimonia assolutamente nel De pictura. 3. Springer e Vischer si riferiscono ad un passo di Alberti, l’uno riferendosi ai venti della Nascita di Venere, l’altro su Luca Signorelli. Il passo riguarda la rappresentazione del movimento, in 7 parti per rappresentare i capelli (come fiamme, come rami, come serpe, come funi) e i panneggi, stando attenti a “giustificare” il moto, inserendo appunto degli Zefiri che soffiano. Il risultato deriva da un compromesso tra fantasia antropomorfica del pittore e una riflessione comparativa, il movimento non deve essere casuale ed accumulatorio. 4. Agostino di Duccio, sempre nel ‘400, operava uno stesso ragionamento sul movimento dei capelli e delle vesti nei rilievi allegorici del Tempio Malatestiano (Rimini), quasi manieristicamente. È chiaro che essendo aLeberti l’architetto, avrà avuto un ruolo anche nella decisione dei particolari. 5. F. Winter riflette su una figura femminile di Agostino di Duccio nella facciata di S. Bernardino a Perugia:il motivo delle vesti mosse riflette un modello antico riscontrabile nel cratere di Pisa (è una Ora di spalle)

È lo stesso modello identificabile nel pulpito del Battistero di Pisa, con i rilievi di Nicola Pisano, soprattutto per il Dioniso, nonché per il portale bronzeo degli apostoli di San Lorenzo, di Donatello. Per Agostino si riscontrano anche citazioni da sarcofagi romani. O. Jahn, poi, riscontra proprio dal codex pighianus di Berlino, una illustrazione collegabile al sarcofago di Medea, con una figura femminile dalla veste rigonfia a mo’ di palla, come una figura di Agostino. Forse il sarcofago si trovava già davanti alla chiesa di Cosma e Damiano. Agostino esegue anche un rilievo, ora al Museo di Brera (Sigismondo Malatesta in viaggio per il monastero di Agauno – già lastra marmorea del Tempio Malatestiano) in cui l’angelo ricorda il modello di una menade. come Duccio cerca nell’Antico il modello plastico per chiome e vesti mosse, Poliziano si rifà a poeti antichi che descrivono gli stessi motivi. Sicuramente Poliziano è incoraggiato dagli scritti di Alberti e cita Ovidio e Claudiano, ma ci mette del suo nel conferire a queste figure nuova vita e vigore. 6. Il Ratto d’Europa (Poliziano), in seconda fila sul Tempio di Venere immaginato dal poeta: cita le vesti ei capelli dalle Metamorfosi, dai Fasti di Ovidio e vi accosta un passo affine delle stesse Metamorfosi. eclettismo ed elaborazione personale. 7. Nel Ratto di Proserpina (Poliziano) alla citazione di Ovidio, aggiunge Claudiano (Epitalami). Oltre agli episodi narrati, affini alle fonti sono anche gli atteggiamenti descritti da Poliziano, sul modo di Giuliano di seguire la ninfa (cfr. Ars Amatoria, Ovidio).

8. Nella descrizione di Poliziano del Regno di Venere, ella è descritta con i capelli al vento, biondi e mossi “all’aura”, con ghirlande di “mille fiori”. La donna che a destra della Nascita accoglie Venere, corrisponde alle Ore di Poliziano, anche negli accessori mossi; nella letteratura critica viene identificata con la Dea della Primavera. Veste abiti che le segnano le gambe, decorati con fiordalisi; le maniche strette si rigonfiano sulla spalla e i capelli sono legati lentamente in una treccia. La cintura, in vita, è fatta di ramoscelli di rosa  attributo significante. Poliziano potrebbe aver volto trovare un dettaglio distintivo per la Primavera, rivolgendosi allora i Fasti e alle Metamorfosi, legge “cinctum florente corona” e “incinctae vestibus Horae” . Vincenzo Cartari, in Le imagini dei deimostra come altri rinascimentali intendevano la cintura di fiori della Primavera, fatta dei cesti di fiori delle Ore. La fonte, comunque, resta Ovidio.

9. Hypnerotomachia Poliphili2 : tra altre opere, Polifilo vede il trionfo di Vertumno e Pomona3, con una “ara quadrangula” con le personificazioni delle stagioni, in marmo. Una xilografia rappresenta una donna, di profilo a destra, che getta fiori nell’antiquario mentre a sinistra tiene un ramoscello di mirto.  importanza della resa della mobilità esterna delle figure. 10. Luigi Alemanni (inizio ‘500) parla di Flora come Questa dovunque il pié leggiadro muove Empie di frondi e fior la terra intorno, Ché Primavera è seco, e verno altrove Se spiefa all’aure i crin, fa invidia al giorno.

2 descrive un sogno erotico del suo protagonista, Polifilo. Si tratta di un viaggio iniziatico che ha per tema centrale la ricerca della donna amata, metafora di una trasformazione interiore alla ricerca dell'amore platonico. Il viaggio iniziatico richiama alla mente quello di un altro grande romanzo dell'antichità, le Metamorfosi di Apuleio. I continui richiami alle divinità dell'antica Roma fanno del romanzo un'opera dichiaratamente pagana (si veda, ad esempio, in Polifilo 15 la preghiera a Diespiter, che è l'appellativo con il quale veniva chiamato Giove nelle preghiere pronunciate dai sacerdoti di Stato nell'antica Roma), il che spiega come mai fu stampata anonima e perché recentemente si sia cercato di attribuirla ad altri, ben più noti, umanisti rinascimentali in odore di paganesimo. Il libro è arricchito da 169 splendide xilografie, in gran parte ispirate all'idea di giardino rinascimentale.

3 La storia di Vertumno e Pomona è tratta dalle Metamorfosi di Ovidio (XIV, 623-697, 765-771). Divinità italiche, protettrici dei giardini, degli orti e dei frutteti: il nome di Vertumno viene dal verbo "vertere" (mutare, cioè la primavera), mentre Pomona da "pomum" (frutto). Pomona era una delle Amadriadi, le ninfe protettrici della natura, appassionata in particolare delle piante da frutto. I satiri, Pan, Silvano avevano tentato di sedurla, invano. Anche Vertumno cercò di corteggiare Pomona travestito da mietitore e in molti altri modi, ma venne sempre respinto. Finalmente riuscì ad avvicinarla assumendo l'aspetto di una vecchia, e cominciò così a parlarle dell'amore e del matrimonio. Infine, le si rivelò nel suo vero aspetto, quello di un giovane e bellissimo dio e Pomona ne fu conquistata. Questo soggetto godette di grande favore a partire dal secolo XVI: la scena più diffusa mostra una vecchia che si china con ardore verso una giovane dea ignuda, talvolta ponendole una mano sulla spalla. Pomona siede di solito sotto un albero e ha accanto un canestro di frutta o una cornucopia. Suo comune attributo è la falce adunca per potare la vegetazione. L'albero fa talvolta da sostegno a tralci di vite che crescono attorno al tronco: secondo Ovidio, il discorso di Vertumno prese spunto da un olmo che fungeva da sostegno a una vite, simbologia del matrimonio, in cui la moglie si affida al sostegno del marito.

11. Un disegno sarà quindi utile giustificare il trattamento degli accessori mossi come criterio per comprendere l’influsso dell’Antico: è un disegno a Pena, fotografato da Braun negli anni ’80 del’800, descritto nel catalogo come “studio per la nascita di Venere”, tuttavia non è attribuibile a Botticelli (ora attribuito al tardo Filippino Lippi). La posa della figura al centro ricorda solo vagamente la Venere di Botticelli, e le tre figure al lato destro, sono attribuibili al ricordo di un fregio: Achille a Sciro, da un sarcofago romano. [mancano due pagine dal libro].

La Pallade scomparsa (Appendice) Botticelli avrebbe rappresentato, per Poliziano una Pallade, ora scomparsa. Di essa si hanno notizie da Ulmann, che pubblica lo stesso panno su cui lavora Muntz. Il brano trattato da Ulmann sarebbe poi rapportabile alla testimonianza di Vasari. Numerosi altri indizi, comunque, ce ne parlano: 1. Un passo di Paolo Govio ricorda l’impesa come lo stemma escogitato da Poliziano per Piero di Lorenzo de’ Medici 2. Xilografia del 1513 per la Giostra: “Giuliano de’ Medici davanti a Pallade su una impresa di bronconi”4. Giuliano invoca Atena in una nicchia; essa regge una lancia a destra e davanti, sull’altare, bruciano dei ciocchi per Venere (cfr invocazione di Giuliano prima della lizza). 3. Dalla xilografia capiamo il disegno milanese di Botticelli, San Tommaso riceve la cintola: l’uomo si inginocchia di profilo con le mani in preghiera rivolte in alto. Sopra, su una nicchia, una figura femminile regge una mazza ferrata, è su un rialzo anticheggiante e reca uno scudo con una gorgone. Questo disegno potrebbe essere un abbozzo per la Giostra. Non è però un abbozzo del dipinto, a causa delle misure del dipinto scomparso, molto maggiori.

Seconda parte - La Primavera. Nel racconto di Vasari, la Primavera è legata alla Nascita di Venere e la chiama “un’altra Venere”, sebbene tutta la letteratura la legga come allegoria della Primavera, dato anche il formato molto diverso dei due dipinti e della diversa ubicazione.

4 Cfr Vasari “una Pallade su una impresa di bronconi”

Bayersdorfer ne dà un’interpretazione secondo cui, quella inseguita da Zefiro sarebbe una ninfa e Flora quella che sparge fiori. Alberti consiglia di inserire le tre Grazie danzanti dopo l’immenso successo della rappresentazione della Calunnia di Apelle (esso stesso dipinto dal Botticelli) e consiglia ai pittori di avere familiarità con i poeti e i letterati, c “aiuteranno a bello componere la sua storia”.

Janitschek ricorda poi che Seneca prende questo episodio (cfr De Beneficiis) da Crisippo, e ne evidenzia le vesti sciolte e discinte, trasparenti.  le tre Grazie di B. sono rappresentate, soprattutto quella a sinistra, con un panneggio ambiguo che non è giustificato dall’uso di una cintura. Forse per questa opinione comune delle grazie come donne dalle vesti sciolte. Affresco di Villa Lemmi, vicino Careggi, Botticelli: tre Grazie si avvicinano a Giovanna d’Albizzi e recano doni per il suo matrimonio con Lorenzo Tornabuoni....


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