La storia di Peppino Impastato in breve PDF

Title La storia di Peppino Impastato in breve
Author Asia Loffreda
Course italiano
Institution Liceo Classico Pietro Giannone
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Summary

Riassunto della storia di Peppino Impastato, giornalista noto per le sue denunce contro la mafia che fu ucciso da Cosa Nostra....


Description

Peppino Impastato Giuseppe, Peppino Impastato, (Cinisi, 5 gennaio 1948 – Cinisi, 9 maggio 1978), è stato un giornalista, attivista politico e poeta italiano, noto per le sue denunce contro la mafia nel suo paese, per le quali fu ucciso da Cosa Nostra. Figlio di Felicia Bartolotta e Luigi Impastato, famiglia inserita negli ambienti mafiosi locali: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, una sorella di Luigi aveva sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici il nuovo terreno per accumulare denaro. Proprio Cesare Manzella fu ucciso nel 1963, durante la Prima guerra di mafia, in un agguato nella sua Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo. Fu proprio questo brutale assassinio ad ispirare l’impegno antimafia di Peppino rimasto traumatizzato da quell'esecuzione, a soli 15 anni ruppe con il padre, che lo cacciò di casa, e giurò: "E questa è la mafia? Se questa è la mafia allora io la combatterò per il resto della mia vita." Peppino frequentò il Liceo Classico di Partinico e in quegli anni si avvicinò alla politica. Nel 1965 fondò il giornalino “L’idea socialista” che, dopo alcuni numeri, fu sequestrato e aderì al PSIUP, formazione politica nata dopo l’ingresso del PSI nei governi di centro-sinistra. Nel frattempo, il padre morì in un misterioso incidente automobilistico e, durante il funerale, Peppino Impastato rifiutò di stringere la mano ai boss locali. Dal 1968 in poi partecipò con il ruolo di dirigente alle attività dei gruppi comunisti. Il tentativo di superare la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra “rivoluzionaria” portò Giuseppe Impastato nel 1977 alla realizzazione di "Radio Aut", radio libera autofinanziata che indirizzava i suoi sforzi e la sua scelta nel campo della controinformazione e soprattutto in quello della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale, denunciando i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini. Il principale bersaglio della dura azione di denuncia era proprio lo zio e nuovo capomafia di Cinisi, Gaetano Badalamenti (chiamato “Tano Seduto” da Peppino), in prima fila nel traffico internazionale di droga, grazie al controllo che la famiglia aveva sull'aeroporto di Punta Raisi. Il programma più seguito della radio era infatti Onda pazza a “Mafiopoli”, una trasmissione satirica durante la quale Peppino sbeffeggiava mafiosi e politici. Un aspetto poco noto dell’attività giornalistica di Impastato fu la sua inchiesta sulla strage di Alcamo Marina, in cui vennero uccisi due Carabinieri e della quale furono accusati cinque giovani del posto che, si scoprirà poi, furono torturati (e uno di loro forse ucciso in cella) per estorcere false confessioni. La strage era probabilmente legata alla mafia e ad elementi dell’Organizzazione Gladio, un'organizzazione paramilitare per contrastare una possibile invasione nell’Europa Occidentale da parte dell’Unione Sovietica e dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia, attraverso atti di sabotaggio, guerra psicologica e guerriglia.

Nel 1978 partecipò con una lista che aveva il simbolo di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi. Non fece in tempo a sapere l’esito delle votazioni perché, dopo vari avvertimenti che aveva ignorato nel corso della campagna elettorale, venne assassinato a soli 30 anni nella tra l’8 e il 9 maggio, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l’esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi. Il suo corpo venne martoriato da una carica di tritolo collocata lungo i binari della ferrovia di Cinisi, che congiunge Palermo a Trapani. Con il suo cadavere, però, venne inscenato un attentato, in modo tale da fare apparire Peppino Impastato come un attentatore suicida, ma ciò non bastò a compromettere la reputazione e l’immagine di Impastato, che infatti pochi giorni dopo, in occasione delle votazioni, venne simbolicamente eletto al Consiglio comunale. Il delitto, avvenuto in piena notte, passò quasi inosservato poiché proprio in quelle stesse ore veniva ritrovato il corpo senza vita del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, in via Caetani a Roma. Lui e Moro sono stati i simboli di due Italie che cercavano di lottare, negli “Anni di Piombo”, contro differenti mali: la mafia e il terrorismo. I compagni di Peppino furono interrogati come complici dell’attentatore, furono perquisite le case della madre e della zia di Impastato, dei suoi compagni e non quelle dei mafiosi e le cave della zona, notoriamente gestite da mafiosi, nonostante una relazione di servizio redatta da un brigadiere dei carabinieri dicesse che l’esplosivo usato era quello da mina impiegato nelle cave. Il 9 maggio 1978, quando i suoi amici di Cinisi raccolsero i brandelli di carne del corpo dilaniato di Peppino sparsi attorno al cratere dell’esplosione, i carabinieri furono decisi nella loro ipotesi, scrivendo nei rapporti investigativi che era morto nel tentativo di far saltare in aria con una bomba i binari del treno. Invece lo avevano legato alle rotaie, già morto, per farlo passare per un terrorista. Sui muri di Cinisi un manifesto diceva che si trattasse di un omicidio di mafia; un altro manifesto a Palermo, con la scritta: “Peppino Impastato è stato assassinato dalla mafia”. Nonostante ciò, grazie all’impegno della madre e del fratello Giovanni venne smontata l’ipotesi terroristica e Peppino Impastato fu riconosciuto vittima della mafia, che aveva combattuto con coraggio, creando un movimento di giovani a Cinisi e Terrasini deciso ad opporsi al potere criminale ed alle sue complicità politiche ed economiche. Infatti, il Centro Impastato pubblicò nel 1986 la storia della vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume “La mafia in casa mia e il dossier Notissimi ignoti”, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza connection. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decise l’archiviazione del caso Impastato, ribadendo la matrice mafiosa del delitto, ma escludendo di individuare i colpevoli. Due anni dopo però la madre, che mostrò sempre ostilità

nei confronti delle attività del marito, ed il fratello Giovanni, supportati da una petizione popolare, chiesero la riapertura del caso. La verità, come si seppe molti anni dopo, è che lo aveva ucciso la mafia, perché dalla sua radio libera prendeva in giro il capomafia Gaetano Badalamenti, uno dei boss storici dei clan siciliani, morto in un carcere americano dopo essere stato condannato all’ergastolo come mandante dell’uccisione di Peppino. Morto senza essersi pentito di ciò che aveva fatto durante la sua carriera criminale. Per lo straordinario simbolo che rappresenta, a Peppino Impastato son state dedicate diverse iniziative. Alla sua vita, in primo luogo, è stato dedicato il famoso film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana. Il film ricostruisce l’attivismo di Peppino; i cento passi sono di fatto la distanza che separava casa sua da quella del boss Tano Badalamenti. Ciò vuole sottolineare come in Sicilia e altrove il male si nasconda quasi sempre dietro l’angolo, anche quando le persone fanno finta di non vederlo. Peppino Impastato fu uno dei primi, in un clima di forte omertà, a denunciare apertamente la mafia e prendendo le distanze dalla sua famiglia, distruggendo così uno dei vincoli più importanti dell’organizzazione mafiosa. Dimostrò in questo modo una totale irriverenza nei confronti della mafia, con giudizi diretti e anche ironici, che esponeva al ridicolo gli altri elementi sui quali la mafia fondava il suo consenso: il rispetto e l’onore. La sua testimonianza è ancora oggi un esempio di coraggio per coloro che si propongono, a testa alta, di parlare, lottare, denunciare crimini e affari. Nubi di fiato rappreso S’addensano sugli occhi In uno stanco scorrere Di ombre e ricordi: una festa, un frusciare di gonne, uno sguardo, due occhi di rugiada, un sorriso, un nome di donna: Amore Non Ne Avremo (Peppino Impastato, Amore Non Ne Avremo, a cura di Guido Orlando e Salvo Vitale, Palermo, Navarra editore, 2008, p. 26)...


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