Legge Mammì,Gasparri,Meccanico PDF

Title Legge Mammì,Gasparri,Meccanico
Course Diritto Dell'informazione e Della Comunicazione
Institution Università degli Studi di Napoli Parthenope
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Appunti Legge Mammì fatti a lezione ...


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LEGGE MAMMì, LEGGE MECCANICO E LEGGE GASPARRI Con l’avvento della televisione, in Italia nacque il problema di garantire il pluralismo dell’informazione: nel 1960 la Corte Costituzionale difese il monopolio pubblico del regime televisivo, al fine di evitare che un’eventuale privatizzazione della televisione potesse dare vita ad un’informazione controllata e quindi distorta. Negli anni a seguire, con l’avvento delle nuove tecnologie, la Corte Costituzionale aprì il regime televisivo italiano ai ripetitori di trasmittenti estere e di trasmittenti televisive italiane di ambito locale. Dopo qualche anno, però, si venne a creare accanto al monopolio pubblico, un monopolio privato che assorbì la gran parte delle trasmittenti private. L’estensione a livello nazionale di tale monopolio privato creò un contrasto con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale e numerosi giudici intervennero per oscurare tale monopolio. Ma il governo emanò un decreto, il decreto Berlusconi ter, con cui venne legittimata una situazione di fatto illegittima. A tal proposito, la Corte Costituzionale intervenne sollecitando l’allora governo a modificare il decreto Berlusconi minacciando, in caso contrario, di dichiarare illegittimo il decreto stesso. La riforma giunse in tempi brevi e fu introdotta dalla “Legge Mammì (1990)” che legittimò il sistema misto pubblico-privato già istituitosi di fatto, stabilendo il numero massimo di concessioni radiotelevisive che possono essere assegnate ad un unico titolare ed altri limiti quantitativi alla concentrazione tra imprese radiotelevisive e imprese editoriali. Ma con la sentenza 420/1994, la Corte dichiarò incompatibile con il pluralismo la norma di legge che consente di assegnare ad un unico titolare tre delle 12 reti nazionali previste. Nel 1997 nasce la Legge Maccanico che aveva come obiettivo quello di superare il processo di quasi monopolio venutosi a creare. La legge stabilì la riduzione della percentuale di reti televisive affidabili ad un solo soggetto dal 25 al 20%; in questo modo entrambi gli operatori leader del mercato (Rai – pubblica- e Fininvest – privata) avrebbero dovuto liberare 1 delle 3 frequenze possedute, cosa che non accadde. Nel 2004 nasce la Legge Gasparri, che garantiva il pluralismo informativo alla luce delle nuove tecnologie. Essa fu respinta una prima volta dal Presidente della Repubblica; la legge tenta di aggirare l’ostacolo posto dalla Corte Costituzionale “diluendo” il sistema radiotelevisivo italiano in un paniere di mezzi di comunicazione in cui rientrano gli strumenti più vari, puntando sulla diffusione di nuove tecnologie (il digitale terrestre) e avviando la privatizzazione della RAI. La legge in sostanza permette di trasmettere in digitale solo agli operatori già attivi nell’analogico: pertanto potranno trasmettere in digitale solo RAI, Mediaset e Telecom Italia, che si spartiranno l’intera torta del digitale, escludendo l’entrata di nuovi operatori. Con ciò viene in sostanza preclusa ogni forma di pluralismo a favore di interessi di parte. Nella legge Gasparri era prevista anche la delega al Governo per l’emanazione del Testo Unico in materia radiotelevisiva, nel 2005 nasce così il Testo Unico. Esso prevede che tutte le emittenti esercitino attività di informazione soddisfacendo vari requisiti come presentazione veritiera dei fatti, trasmissione giornaliera di telegiornali. Ben presto però il Testo Unico mostra le sue prime lacune, a partire proprio dalla disciplina antitrust. Infatti prevede che i soggetti non debbano superare il 20% dei ricavi del SIC (sistema integrato delle comunicazioni); il SIC però non riguarda esclusivamente l’informazione, ma ha un campo d’azione ampio che varia dall’editoria alle sponsorizzazioni e per questo è un limite privo di significato ai fini del pluralismo, in quanto anche senza sfiorare il 20% dei ricavi totali, un soggetto può acquisire una posizione dominante nel mercato. Con il decreto legislativo N.44 del 2010 si ha una fusione tra disciplina delle telecomunicazioni e quella radiotelevisiva alla luce del processo di convergenza tecnologica, si parla adesso dei cosiddetti “servizi di media audiovisivi” superando il concetto ormai obsoleto di servizio radiotelevisivo. Nel panorama moderno, oltre alla presenza della classica programmazione televisiva standard, si afferma la possibilità di usufruire di questo servizio con una metodologia più flessibile grazie alla tecnologia on

demand e allo streaming. Da qui la distinzione tra servizi a carattere lineare (programmazione televisiva standard) e servizi non lineari. Vi è anche un differente peso regolativo sulle 2 diverse tipologie di servizi televisivi, infatti la maggior flessibilità garantita dai contenuti on demand consente all’utente di potersi tutelare meglio dalla visione di contenuti lesivi o potenzialmente dannosi. Negli ultimi anni il processo di convergenza tra televisione e servizi distribuiti via Internet è stato caratterizzato da una forte accelerazione, resa possibile anche grazie alla diffusione di nuove piattaforme trasmissive come smartphone, tablets e smart tv. In virtù di questo cambiamento si è resa necessaria una revisione delle norme applicabili, con particolare riferimento alla tutela dei minori e alla disciplina pubblicitaria. La proposta della commissione europea del 2016 ruota intorno a 4 pilastri fondamentali: 1. Inserimento all’interno della nozione di servizi di media audiovisivi, anche i servizi di piattaforma per condivi duine di video mediante la rete. 2. Allineamento delle norme a tutela dei minori per i servizi di media audiovisivi tradizionali e per quelli a richiesta (tali misure possono riguardare l’ora di trasmissione, gli strumenti per la verifica dell’età dell’utente..). 3. Ammodernamento della disciplina pubblicitaria (la nuova proposta pone un unico limite giornaliero complessivo del 20% che non deve essere superato quotidianamente tra le 7 e le ore 23). 4. Previsione dell’obbligo per i fornitori di servizi a richiesta di garantire che almeno il 20% dei contenuti offerti sia di origine europea....


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