LEVI - LA TREGUA PDF

Title LEVI - LA TREGUA
Author Sarha Fiorenza
Course Letteratura italiana contemporanea
Institution Università degli Studi di Catania
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Summary

RIASSUNTO E ANALISI ROMANZO LA TREGUA ...


Description

PRIMO LEVI - LA TREGUA - 1963 Negli ultimi anni della guerra e nel primo dopoguerra affiora una smania di raccontare e di testimoniare: un movimento spontaneo, caotico, animato da un impegno etico e politico e suggestionato dalla scrittura dei giornali partigiani, dai racconti orali e dall’esigenza di documentare avvenimenti importanti o tragici. Se questo è un uomo (1947) – Primo Levi appartiene al genere della memorialistica, nato dal bisogno di raccontare di quegli anni, da un impulso immediato e violento di fornire testimonianza all’accaduto. Nella prefazione a Se questo è un uomo Primo Levi ci dice che ciò che l’ha spinto a scrivere il libro è la ricerca di una liberazione interiore, il bisogno di raccontare la sua terribile esperienza. All'inizio non riscuote molto successo perché i fatti in esso narrati (l'Olocausto; viene subito etichettato come un libro di memorie) sono ancora troppo recenti; inoltre, proprio in quegli anni si sta svolgendo il Processo di Norimberga, che condanna a morte i gerarchi nazisti per aver costruito delle fabbriche di morte. Se questo è un uomo (1947), romanzo dello scrittore italiano Primo Levi, è uno dei testi più importanti per la cultura del '900. La sua rilevanza risiede in molti fattori, ma possiamo individuarne tre che sono fondamentali: 

È una testimonianza importante di un periodo centrale della storia del 900, ossia la Seconda Guerra Mondiale.



È il racconto in prima persona dell’esperienza in un campo di concentramento nazista.



Pone al centro l’importanza della memoria destinata a tramandarsi ai posteri. Questa memoria si carica inoltre di un significato e di una funzione importantissima: bisogna ricordare ciò che è stato affinché l’orrore non si ripeta, questo è il punto centrale del romanzo.

L'autore è Primo Levi, un chimico torinese di famiglia ebraica che è riuscito a laurearsi nonostante le leggi razziali del 1938, che escludevano gli ebrei da qualsiasi luogo o funzione pubblica. Il libro narra la storia dell’autore, ebreo e partigiano, che viene catturato dai fascisti il 13 dicembre 1943 e portato nel campo di internamento di Fossoli (Modena), dove gli viene annunciato che sarà deportato con gli altri ebrei verso una destinazione ignota. Partono su un treno e affrontano uno scomodo viaggio di 15 giorni. Arrivati alla stazione di destinazione i deportati vengono divisi in due gruppi: quelli validi per lavorare e quelli non validi per lavorare. Si lascia intendere che questi ultimi verranno subito uccisi. Gli altri vengono portati nel campo di concentramento di Auschwitz, dove leggono sopra al cancello d’entrata le parole: Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi). Nel campo i deportati vengono rasati, lavati, gli viene fatta indossare la divisa a righe dei prigionieri e gli viene tatuato il numero, avviando il processo di spersonalizzazione. Gli viene detto che si trovano in un campo di lavoro. Il narratore ha la sensazione che tutto sia fatto allo scopo di burlarsi di loro e che il loro destino sia segnato fin dall’inizio. Levi racconta di come l’esperienza fosse distruttiva e delle sue permanenze in infermeria. La sua laurea gli permette, dopo un apposito esame, di ottenere un impiego come chimico all’interno del campo. L’ultimo capitolo narra il ricovero di Levi colpito della scarlattina, che lo salva dall’uccisione di massa dei prigionieri messa in atto dai tedeschi quando si vedono ormai accerchiati dalle truppe russe. La storia termina con la fuga dei tedeschi e l’arrivo delle truppe russe, che liberano i prigionieri. La tregua (1961 - 1962) Con questa scena si chiude “Se questo è un uomo” e si apre “La tregua”, composto tra il 1961 e il 1962 ma in embrione già dal 1949. Nel giugno del 1945 Primo Levi è a Katowice, prima tappa del suo viaggio di ritorno e dal campo di “attesa” scrive una lunga lettera a Bianca Guidetti Serra per raccontarle quanto gli è accaduto negli ultimi mesi. È una lettera che colpisce per il tono e per la vitalità che Levi riesce a comunicare ed è molto importante il post-scriptum, che ha un andamento quasi narrativo e decisamente umoristico. Nel post-scriptum Levi racconterà che cosa ha “perso” e che cosa ha imparato di nuovo durante questa sua terribile esperienza. Nonostante ‘La tregua’ sia stata scritta tra il 1961 e il 1962, la sua concezione è precedente e già nel 1949 Levi annuncia l’intenzione di scrivere un libro sul suo viaggio di ritorno da Auschwitz. L’opera è la prosecuzione delle vicende narrate in “Se questo è un uomo” e descrive il rientro a casa del protagonista dopo la liberazione di Auschwitz, nel gennaio del 1945, fino all’ottobre dello stesso anno, in un viaggio dalla Polonia alla Bielorussia, dalla Romania all’Austria e fino a Torino. L’atmosfera generale è quella della liberazione dall’incubo nazista e, al tempo stesso, della sospensione del proprio destino (di “tregua”, appunto) in attesa di ricominciare una vita “normale”. Se, come affermato da Levi stesso, il libro del 1947 nasce da un urgente bisogno di racconto e di testimonianza, anche la Tregua condivide in parte questa necessità, tanto che i primi appunti e i primi capitoli del libro sono stati composti proprio nell’immediatezza del ritorno a casa, mentre Levi sta completando i capitoli del suo libro più noto e conosciuto. Tuttavia, per altro verso, La tregua si distanzia da Se questo è un uomo: se in quest’opera prevale la rappresentazione della perversa esperienza del campo di sterminio, ne La tregua i sentimenti del protagonista sono ambivalenti: da un lato, il senso della libertà riacquisita

e dell’attesa del rientro a casa; dall’altro, l’angoscioso ricordo dei dolori e delle sofferenze del lager, accompagnati dall’acuta percezione che, nonostante tutto, è impossibile tornare ad una vita davvero “normale”. La base di questo nuovo racconto, intrapreso nei primi mesi del 1961, è costituita da una traccia stesa già all’inizio del 1946 e la voglia di riprendere il racconto gli nasce dalla ripubblicazione di “Se questo è un uomo” presso Einaudi nel ’58. Levi aveva già raccontato questa storia ad amici, conoscenti, etc. per anni e quando finalmente ci fu il tempo decise che avrebbe scritto un capitolo al mese; così la sera dopo il lavoro da chimico, scriveva il nuovo libro. IL QUADERNO E IL DATTILOSCRITTO Primo Levi aveva fatto questo lavoro su un quaderno a quadretti verde oliva e aveva la consuetudine di segnare il giorno e il mese della stesura di ogni capitolo, così come aveva già fatto sul dattiloscritto (ovvero testo scritto a macchina) di “Se questo è un uomo”. Levi ha anche segnato il numero di righe di ogni capitolo e ha calcolato che una pagina del quaderno corrisponde a circa 170 parole. A sinistra di ogni titolo di capitolo è segnata la data della sua composizione e a destra, su due colonne, il numero delle righe e delle parole presenti in ogni capitolo, e il tutto è espresso anche in percentuale, confrontando i dati di La tregua con quelli dei capitoli di “Se questo è un uomo” Il quaderno contiene altri 3 racconti, due interi e uno a cui manca la parte iniziale; i due racconti completi sono indicati sulla copertina con i titoli, mentre il libro in fase di stesura è indicato con l'abbreviazione LT (sebbene non si abbiano notizie certe sul momento in cui Levi abbia pensato di dare questo titolo; nel quaderno non compare neanche la frase che suggerisce il titolo del romanzo); si pensa che Levi abbia usato un quaderno già avviato per scrivere il suo secondo libro. Struttura La poesia «La Tregua Sognavamo nelle notti feroci Sogni densi e violenti Sognati con anima e corpo: tornare; mangiare; raccontare. Finché suonava breve sommesso Il comando dell’alba; «Wstawać»; E si spezzava in petto il cuore. Ora abbiamo ritrovato la casa, il nostro ventre è sazio. Abbiamo finito di raccontare. È tempo. Presto udremo ancora Il comando straniero: «Wstawać».» (11 gennaio 1946)

La tregua è suddivisa in diciassette capitoli ed è preceduta - come Se questo è un uomo - da un testo in versi che introduce i temi principali del libro. La poesia fu scritta il 2 luglio 1946: Levi era da poco ritornato, con un lungo e tortuoso viaggio durato dal gennaio all'ottobre 1945. E fu scritta il giorno dopo Voi che vivete sicuri, la poesia che fa da introduzione a “Se questo è un uomo”. Dopo molti anni, Levi sceglie questa poesia per introdurre il secondo racconto, con l'intenzione di unire i due racconti facendone un solo libro. Nel libro vi è una carta geografica su cui è indicato il percorso dello scrittore da Auschwitz a Torino. Le mappe indicano il desiderio di rappresentare con differenti forme grafiche, gli aspetti visivi impliciti nel racconto. A Levi piace disegnare le proprie idee, è un modo per farsi capire dall’interlocutore. IL TITOLO In origine per La Tregua lo scrittore aveva pensato a un altro titolo, Vento Alto. Il nome originario del libro Levi lo trae da un passo del terzo capitolo, Il greco, che è il primo vero capitolo del nuovo libro, in quanto. Il disgelo e Il Campo Grande sono stati scritti subito dopo quelli confluiti in Se questo è un uomo, ne sono la coda. Nel capitolo Il greco, dedicato all’incontro con Mordo Nahum, Levi scrive: “In quei giorni e in quei luoghi, poco dopo il passaggio del fronte, un vento alto spirava sulla faccia della terra: il mondo intorno a noi sembrava ritornato al Caos primigenio”. Il vento ritorna nel libro come una presenza continua, ma non è tanto questo che giustifica l’ipotesi del titolo, quanto la interdipendenza tra il vento alto e il Caos primigenio: il vento alto è una sorta di spirito rigeneratore e rappresenta quindi l’immagine della ricreazione del mondo, come la pioggia manzoniana che segna la fine della peste.

L’adozione di Vento alto come titolo del libro avrebbe offerto una differente chiave di lettura del volume. Invece Levi dà la spiegazione titolo definitivo nel capitolo finale: Levi arriva a Verona il 17 ottobre, e a Torino il 19 ottobre, dopo 35 giorni di viaggio, ritrovando la propria casa e i familiari. Levi richiude il cerchio aperto nel 1945 e riporta il sogno ricorrente e terribile del lager e la descrizione del comando dell'alba: «Tutto è ora volto in caos: sono solo al centro di un nulla grigio e torbido, ed ecco, io so che cosa questo significa, ed anche so di averlo sempre saputo: sono di nuovo in Lager, e nulla era vero all'infuori del Lager. Il resto era breve vacanza, o inganno dei sensi, sogno: la famiglia, la natura in fiore, la casa. Ora questo sogno interno, il sogno di pace è finito, e nel sogno esterno, che prosegue gelido, odo risuonare una voce, ben nota; una sola parola, non imperiosa, anzi breve e sommessa. È il comando dell’alba in Auschwitz, una parola straniera, temuta e attesa: alzarsi, «Wstawać».» Nel sogno il lager diventa specchio della condizione umana e della morte, e così come nella vita del campo il riposo notturno è una “tregua”, anche la vita stessa, nei confronti della morte, è una pausa temporanea, che prima o poi verrà interrotta dal “comando dell'alba” (Wstawac, alzarsi) inatteso ma non inaspettato, da quella voce straniera, ma che tutti capiscono e obbediscono, che invita alla morte, e sommessa perché la morte è implicita nel destino umano e nessuno può opporvisi. La parola che dà origine al titolo definitivo compare in un passo dell'ultimo capitolo, che Levi spiega usando l'analogia con la scena del ritorno di Renzo Tramaglino al proprio orto (che trova incolto e pieno di erbacce) e dicendo che ad ogni assenza corrisponde un riassestamento, un'assuefazione (anche inconsapevole) di chi attende, e questo porta il reduce (o colui che ritorna) a cercare di ritrovare un equilibrio (→ la “tregua” dalle atrocità naziste sentita dai reduci del lager che cercano di tornare a casa); ma compare anche in un altro capitolo, Katowice, in cui si parla della guerra che sta per finire (e in questo caso la “tregua” è l'intervallo di tempo tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda), si parla di Ulisse e dei suoi compagni e si lodano i russi in contrapposizione ai tedeschi; Nell’ultimo capitolo del libro compare finalmente il termine La Tregua: “Sentivamo fluirci per le vene, insieme col sangue estenuato, il veleno di Auschwitz: dove avremmo attinto la forza per riprendere a vivere, per abbattere le barriere, le siepi che crescono spontanee durante tutte le assenze, intorno ad ogni cosa deserta, ad ogni covile vuoto? Presto, domani stesso, avremmo dovuto dare battaglia, contro nemici ancora ignoti, dentro e fuori di noi: con quali armi, con quali energie, con quale volontà? Ci sentivamo vecchi di secoli, oppressi da un anno di ricordi feroci, svuotati e inermi. I mesi or ora trascorsi, pur duri, di vagabondaggio ai margini della civiltà, ci apparivano adesso come una tregua, una parentesi di illimitata disponibilità, un dono provvidenziale ma irrepetibile del destino”. La parola Tregua figura anche in un altro capitolo del libro, Katowice, dove si parla della guerra che stava per finire: “Era la grande tregua: poiché non era ancora cominciata l’altra dura stagione che doveva seguire, né ancora stato pronunciato il nome nefasto della guerra fredda”. LA PUBBLICAZIONE Nell’autunno del 1962 Levi consegna il suo libro in lettura all’Einaudi. La Tregua esce nella collana di narrativa “I Coralli”, preceduto da un libro di Italo Calvino che descriverà il libro di Levi come il seguito di Se questo è un uomo ma che, a differenza di quest’ultimo, non sarà più caratterizzato da questo bisogno di repentina liberazione interiore, ma sarà scritto in un clima più pacato e disteso. Secondo Calvino questo volume è il diario del viaggio, che ha inizio dalle nebbie di Auschwitz e si dipana attraverso scenari inediti dell’Europa in tregua, l’uscita dall’incubo della guerra e dell’occupazione nazista, non ancora paralizzata dalle nuove angosce della Guerra Fredda. Appena pubblicato, il volume entra tra i finalisti del Premio Strega e arriva terzo; in settembre però risulta invece vincitore del Premio Campiello a Venezia. Il successo di vendite è immediato. Il totale delle copie stampate fino al 1989 è di 400.000 in edizione singola e di 414.000 fino al 1996 in edizione doppia. ALTRE VERSIONI Non appena pubblicato entra tra i finalisti per il Premio Strega (vinto da Lessico famigliare di Natalia Ginzburg) e arriva terzo; qualche mese dopo vince la prima edizione del premio Campiello a Venezia. Tra il 1963 e il 1989 sono state stampate 400.000 copie in edizione singola e 414.000 in edizione doppia (fino al 1996). Nel 1965 viene incluso nella collana di classici per la scuola – in quest'occasione Levi apporta alcuni tagli, ad esempio i riferimenti alle prostitute e agli incontri sessuali, e aggiunge una prefazione che lega questo libro e il precedente, in cui si presenta come uno “scrittore che non vive di scrittura ma che lo fa all'occasione” e teorizza il legame tra il lavoro di scrittore e quello di chimico - , nel 1978 se ne ricava un'edizione radiofonica - che conserva l'aspetto multilinguistico (infatti Levi decide di chiamare veri tedeschi, polacchi o russi per interpretare le parti in lingua straniera) - e nel 1997 ne viene tratto un film.

In questo periodo quel che gli sta a cuore è l’obbiettività della narrazione e questa stessa ragione lo porterà a rifiutare, dieci anni dopo, la definizione di “romanzo” data al suo primo libro e a considerare come prevalente l’aspetto documentale. In un’intervista Levi afferma: “ho scritto come un convalescente e come un testimone, usando uno stile medio, seguendo una sperimentazione che avevo fatto raccontando”. Nel 1978 Levi ricava da La Tregua una versione radiofonica che ovviamente deve subire un adattamento di cui Levi tutto sommato si dice soddisfatto anche se questa versione, così come il libro stesso, ha dovuto subire degli adattamenti e dei tagli. Secondo Levi, anzi, il mezzo radiofonico è estremamente sottile, più sottile della televisione e suggerisce all’ascoltatore emozioni e sentimenti attraverso canali impercettibili. E proprio sotto questo aspetto sopravvive il carattere fondamentale del libro, e cioè quello di un viaggio reale e insieme fantastico in un mondo talmente diverso da quello odierno da apparire quasi favoloso. Infine, possiamo dire che il fatto che La Tregua abbia un valore letterario, e che sia più una narrazione che una testimonianza, è evidente allo stesso Levi, che ne parla nell’introduzione all’edizione scolastica; in un’intervista invece insiste sull’aspetto testimoniale del proprio lavoro e si confronta con un altro ex deportato che invece aveva deciso di non condividere e raccontare la propria esperienza agli altri. Numerosi sono i lemmi chiave nelle opere di Primo Levi: ARGILLA/FANGO: Si parla di fango e di argilla in molti libri di Levi, a cominciare da “Se questo è un uomo”, i cui gli zoccoli dei deportati rischiano sempre di restare impigliati nel fango; ne La tregua assume il significato di caos primigenio da cui la Divinità ha tratto l'ordine, e al quale tutto può ritornare. Se il Lager e la banalità del male hanno stravolto e fatto regredire il mondo al fango primordiale, all’inferno, all’oscurità del caos, la rinascita della vita viene descritta come la ricerca di un equilibrio, di una sede, di una stabilità tra gli atomi. Il recupero di un ordine interiore, delle relazioni con gli altri e con l’ambiente circostante, si attuerebbe, dunque, attraverso l’esperienza del viaggio che, seppur costellato dai ricordi degli orrori passati, è contrassegnato dal vitalismo, dal movimento e dalla libertà d’azione. Si tratta, senza dubbio, di una lenta ascesa dal mondo degli inferi, in cui i protagonisti sembrano riacquistare la vista, l’udito, il gusto, ed in fondo il piacere dei sensi. TRENO: il treno nel primo libro di Levi ha un significato negativo, un'immagine ossessiva legata alla deportazione, che non lo abbandonerà nemmeno nel secondo libro, in cui invece ha una connotazione positiva; in alcune interviste Levi afferma di provare ancora angoscia alla vista del treno merci, e nelle sue pagine il treno, simbolo ottocentesco del progresso, diventa invece simbolo della bestializzazione → uso pratico dei carri bestiame usati per deportare gli ebrei. VIAGGIO: una delle componenti fondamentali della produzione letteraria di Levi; lo spostamento spaziale attiva in lui la curiosità e l'attenzione, il piacere dello spaesamento, sebbene sia per natura ritroso al viaggio, e forse è proprio questa reticenza a viaggiare, questa tendenza sedentaria che lo dispone all'attenzione; di sicuro il viaggio rivela la doppia natura di Levi, la tendenza sedentaria che dispone alla partenza ma innesca il bisogno impellente di tornare a casa → quest'ultimo aspetto prevale in tutto il periodo di Auschwitz, mentre in La tregua, vero diario di viaggio, oltre al piacere per il ritorno a casa c'è anche quello per la scoperta di nuovi ambienti e nuovi popoli, e l'abbandono ad un nomadismo “salutare” dopo la lunga prigionia; il viaggio contiene sia il desiderio di scoprire l'altro, di uscire da sé, che il rischio di perdere la propria identità. VIAGGI SPAZIALI: Levi si è occupato di viaggi spaziali, sia nella veste di scrittore di fantascienza che in quella di curioso; partendo dalla constatazione che l'uomo, tra le tante armi che la natura offriva, ha scelto di usare il cervello, sembra confidare nello spirito di competizione che spinge al progresso scientifico e tecnologico, e considera le missioni lunari come l' “anticamera” di successive imprese più coraggiose, necessarie alla sopravvivenza, magari contro la fame o la miseria; le esperienze dell'umanità (in questo caso le missioni lunari) sembrano regolate da un doppio meccanismo: l'autoconservazione (in questo caso perché favorevole alla colonizzazione su un altro territorio per garantire la sopravvivenza) e la necessità di accettare sempre continue sfide → i viaggi spaziali rispondono a quest'esigenza; Levi sembra preoccupato che questo tipo di viaggio non sviluppi una propria letteratura (com'era successo con i viaggi per mare o in aereo), perché sembrano troppo poco inclini a produrre spaesamento (che concorrerebbe allo sviluppo di una letteratura); inoltre reputa la credenza secondo cui esisterebbero forme di vita intelligenti nello spazio, e anche quella contraria, come “desideri in forma di credenza”, perché nello spazio...


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