Lezione 2 Ortopedia protesi ginocchio PDF

Title Lezione 2 Ortopedia protesi ginocchio
Author Vittorio Foroni
Course Scienze fisioterapiche in ortopedia e reumatologia
Institution Università degli Studi di Genova
Pages 14
File Size 337.6 KB
File Type PDF
Total Downloads 85
Total Views 144

Summary

Download Lezione 2 Ortopedia protesi ginocchio PDF


Description

LEZIONE 2 PROTESI GINOCCHIO Prima dell’introduzione della PTG vi erano vari interventi (faccio un riepilogo introduttivo) che andavano dalla resezione completa del ginocchio,fino a rivestimenti sempre più strutturati che sono iniziati dal 1861 fino ai primi anni ’60 con Charnley che ideò l’artrodesi erano interventi che miravano a bloccare la funzionalità del ginocchio. La protesica di ginocchio è iniziata negli anni ’60 con Insall che introdusse la prima protesi a scorrimento, a bassa frizione e venne chiamata TOTAL CONDYLAR PROSTHESIS. Le indicazioni per la PTG sono queste: -

Quadro di usura della cartilagine che può derivare da cause primarie o idiopatiche, oppure di tipo secondario ( es. l’artrite reumatoide, osteonecrosi dei condili, pregresse meniscectomie, pregressi traumi oppure osteonecrosi articolare)

Gli obiettivi di una PTG sono prima di tutto eliminare il dolore, poi ripristinare tutta la meccanica e la biologia del ginocchio, in particolare l’asse e la linea articolare per far sì che possa lavorare bene, ribilanciare tutti i tessuti molli e la biomeccanica permettendo così una migliore funzionalità. BIOMECCANICA Il ginocchio prevede dei movimenti di rotolamento e di scivolamento; inizialmente durante la flessione ha una fase di rotolamento, successivamente una fase combinata di entrambi per arrivare infine ad una fase di esclusivo scivolamento. La PTG mira al ripristino di alcuni di questi movimenti, anche se ancora oggi non tutte le protesi e in generale la struttura stessa protesica, non è in grado di ricostruire il movimento preciso dell’articolazione sana. A questo si aggiunge il fatto che vi sono varie strutture che possono essere sacrificate, ad esempio l’LCA e alcuni stabilizzatori di tipo statico che, assieme a quelli dinamici, sono fondamentali per la propriocezione e per la mobilità del ginocchio stesso. La slide ci mostra che il CENTRO DI ROTAZIONE DEL GINOCCHIO, ovvero il centro attorno a cui sostanzialmente la tibia si muove sul femore, è diverso ad ogni grado di flessione ( scenario diverso dall’anca in cui il centro di rotazione è sempre quello, ad ogni grado di movimento) : tutto ciò è ovviamente difficile da ricreare per una protesi standard. Tutti questi sono parametri che i chirurghi devono cercare di rispettare in sala operatoria, affinché la protesi funzioni bene e garantisca una buona qualità di vita. La tibia, dal punto di vista anatomico, ha un’inclinazione in senso antero-posteriore di circa 10° ed è definito SLOPE TIBIALE. In più abbiamo anche la rotula che è un’articolazione a sé stante ( femoro-rotulea): essa agisce dal punto di vista anatomico come stabilizzatore statico e dinamico ( poiché è all’interno dell’apparato estensore e ne aumenta il braccio di leva) ma agisce anche come stabilizzatore fisico perché la reazione che porta la rotula contro il femore, chiamata PATELLAR COMPRESSION FORCE, è uno dei meccanismi che ci permette di mantenere stabile la componente femorale.

Non va dimenticata la valutazione della biomeccanica dell’intero arto inferiore : l’angolo Q, l’ asse meccanico e l’asse femoro-tibiale dell’ arto inferiore, la stabilità della rotula in relazione alla linea articolare. Importante sottolineare che la biomeccanica e la stabilità dell’articolazione femoro-rotulea sono estremamente correlate all’angolo Q. Dal punto di vista clinico e radiologico classifichiamo l’artrosi tramite la classificazione di AHLBACK (studioso svedese) che è molto intuitiva e presenta 4 stadi ( dal meno grave al più grave): gli stadi 1 e 2 non hanno un’indicazione di tipo protesico ( anche se nel secondo stadio per pz particolarmente dolorosi si può prendere in considerazione la sostituzione parziale); gli stadi 3 e 4 presentano un contatto dell’osso subcondrale dato dal consumo della cartilagine articolare e sono le situazioni che vengono trattati chirurgicamente.

I– diminuzione interlinea < 50% II – diminuzione interlinea > 50% III – contatto IV – cupola interna Accanto a questa classificazione bisogna determinare la presenza o meno di ginocchio VARO ( l’asse meccanico passa nella parte interna del ginocchio) oppure VALGO, che è la situazione opposta ( l’asse di carico passa per la parte esterna dell’articolazione). Il ginocchio valgo può derivare da cause di tipo post-traumatico, degenerativo, idiopatico, genetico e presenta caratteristiche specifiche che devono essere riconosciute, pena una PTG non funzionale ( ipoplasia del condilo laterale, collasso dell’emipiatto laterale e ovviamente la lassità di strutture legamentose opposte rispetto a quelle che troviamo in un ginocchio varo). Il ginocchio valgo avrà una lassità del comparto mediale e una tensione di quello laterale ( ginocchio valgo artrosico). Questa presentazione incide sui passi da seguire durante la realizzazione della protesi: il fatto che sia valgo o varo condizionerà la procedura. Le protesi possono essere fissate all’osso: attualmente la fissazione con cemento all’ osso ( CEMENTAZIONE) sia esso femorale, tibiale o rotuleo è quella di scelta ( 90-95 %).

Alcune protesi tuttavia possono essere di tipo non- cementato, come nella protesi d’anca: nei pazienti giovani con qualità buona dell’osso. I risultati offerti dalla letteratura sono ancora troppo esigui per poter garantire un’affidabilità in tutti i pazienti delle protesi non cementate. Per quanto riguarda le dimensioni possiamo parlare di PROTESI TOTALE di ginocchio ( tutti e due/ tre i compartimenti; bi- o tricompartimentale), PROTESI MONOCOMPARTIMENTALE (comparto mediale o laterale tibiale) oppure PROTESI DI TIPO SOLO ROTULEO ( sostituzione del versante interno della rotula e della troclea femorale). La protesi totale è quella che più di tutte ci dà affidabilità sia dal punto di vista del follow-up che da quello dell’impianto. Immagine PTG:parte fondamentale della protesi è l’INSERTO che è costituito da polietilene che è un materiale ibrido, una sorta di plastica rigida, molto scorrevole ed è la parte che va infissa all’interno della tibia. Il polietilene può essere di 2 tipi: mobile o fisso, in relazione al fatto che questa componente si muova sul piatto tibiale a seconda dei gradi di flessione, oppure rimanga fisso. La protesi monocompartimentale invece ha un grosso vantaggio ma diversi svantaggi: richiede una tecnica più difficile con indicazioni limitate ( pz abbastanza giovane tra i 50 e i 70 aa, con un’artrosi esclusivamente del comparto mediale o laterale, magro, crociati e collaterali funzionanti), tollera meglio l’esecuzione di sport o di esercizi più pesanti, mantiene meglio la biomeccanica del ginocchio. Infatti spesso il pz riferisce di sentire come “suo” il ginocchio operato con protesi monocompartimentale. Inoltre il ROM deve essere molto ampio perché durante la tecnica operatoria non vi devono essere problemi di flesso-estensione. La protesi monocompartimentale può essere messa a confronto ( con le debite differenze) con l’osteotomia tibiale o del perone, la quale è un trattamento conservativo che è riservato prevalentemente per pz più giovani ( < 50 aa), attivi e non fumatori, perché si è visto che la guarigione dell’osteotomia è peggiore nei pazienti fumatori. L’osteotomia è la creazione di una frattura iatrogena, ovvero in sala operatoria, per riallineare l’asse meccanico dell’arto e far sì che si sposti maggiormente o mediale o laterale ( a seconda della deformità) e permettere una migliore distribuzione del carico. È un intervento abbastanza difficile e ha indicazioni selettive; si può fare in varo e in valgo ma con le debite differenze: in varo si ha una sottrazione a livello della tibia prossimale, in valgo si ha un intervento di addizione a livello del femore distale. La protesi femoro-rotulea ha indicazioni estremamente limitate: tipicamente i pz che ne beneficiano sono donne abbastanza grasse e basse (!?) con un dolore anteriore; questo morfotipo presenta un ginocchio valgo che ha un’iperpressione esterna rotulea che porta ad una condropatia più accellerata. Intraoperatoriamente i chirurghi devono fare dei tagli a livello degli epicondili e della tibia per alloggiare la protesi. Altro aspetto fondamentale della protesi è il VINCOLO, ovvero il grado di stabilità intrinseca della protesi; si può lasciare che il ginocchio si muova e che sia stabilizzato da strutture anatomiche proprie del nostro corpo oppure sacrificare strutture anatomiche del nostro corpo facendo sì che la protesi abbia dei vincoli interni,per cui si muova a seconda di determinate meccaniche.

A minor vincolo corrisponde minor stabilità intrinseca della protesi e quindi deve sopperire un miglior apparato capsulo-legamentoso e muscolare: se il pz non ha un adeguato grado di stabilità in antero-posteriore, varo-valgo e addirittura in rotazione, bisogna salire di vincolo, ovvero aumentare la stabilità intrinseca della protesi. Quali sono questi vincoli? Sono 4. A parte la monocompartimentale che non ha vincolo,le protesi totali si dividono in 4 vincoli: 1) CR CRUCIATE RETAINING, conservazione del legamento crociato posteriore 2) PS POSTERIOR STABILIZED, stabilizzata posteriormente: si sacrificano i crociati, vincolo in ant/post 3) CCK CONSTRAINED CONDYLAR KNEE, vincolo condilare: il vincolo è in ant/post che in varo/valgo perché si ha un’insufficienza anche dei leg. Collaterali. 4) RH ROTANING HINGE, vincolo in ant/post, varo/valgo e in rotazione: la protesi si muove esclusivamente in flesso/estensione POSTERIOR STABILIZED: si sacrificano i crociati ma la protesi viene stabilizzata da una protuberanza che deriva dal polietilene che,quando il femore scivola indietro,si blocca, su una barra che si trova all’interno della componente protesica femorale impedendo un ulteriore movimento posteriore; fa le feci del LCP ( post- cam). Ci sono protesi che presentano polietileni molto più scavati e si chiamano HIGH-FLEX, che conferiscono maggiore stabilità ai condili. CRUCIATE RETAINING: si mantiene il crociato posteriore che mantiene la stabilità in ant/post, si elimina l’LCA. Il problema è che in caso di rottura del LCP la protesi diventa instabile CONTRAINED CONDYLAR KNEE: ha un sistema di vincolo che oltre all’ant/ post col sistema post-cam ha una stabilità in varo/valgo poiché i pz presentano un’insufficienza dei collaterali; spesso utilizzate in caso di revisioni o plurimi interventi e associati a fittoni dentro il femore che danno ulteriore stabilità ROTANING HINGE: hanno anche stabilità rotazionale; è utilizzata come estrema ratio nelle revisioni e nel caso di difetti ossei importanti che vengono riempiti ulteriormente con sostituti metallici. La protesi rotulea presenta elevata selettività e porta con sé molti rischi quali rottura della rotula, mobilizzazione settica, clunk syndrome ( produzione di un nodulo fibroso che va poi ad incastrarsi nel meccanismo post-cam). È un procedimento complicato perché talvolta vi sono rotule spesse, altre volte sottili e il chirurgo non ha lo spazio per tagliare la rotula in maniera adeguata: vi deve essere almeno 1,5 cm residui di rotula per evitare di romperla. RADIOGRAFIA: COSA GUARDARE? Ossservare il posizionamento corretto, le aree di radiolucenza oppure di osteolisi (aree di rarefazione dell’osso) attorno alla protesi; l’ideale è avere radiografie lunghe di tutto l’arto per capire l’orientamento. Ci sono degli angoli fissi di varo e valgo in un ginocchio normale e le alterazioni di questi angoli entro un certo range possono portare ad alterazioni di sovraccarico anche su una protesi già posizionata e causare un’usura precoce del polietilene. Il corretto posizionamento sull’asse meccanico della protesi può essere valutato anche con RX corte, tramite piccoli accorgimenti: il perone ci fornisce l’asse meccanico e se il fittone protesico è parallelo al perone abbiamo un buon allineamento, sia in A/P che

lateralmente; in più è valutabile anche la linea articolare: si ottiene tracciando una perpendicolare all’asse meccanico della tibia, sia in AP che LAT ( su questa proiezione la PG dovrebbe essere inclinata di circa 10° post.) Domanda: cosa viene fatto in caso di ginocchio valgo bilaterale? Correzione? Si, vengono corretti entrambi con una protesi totale, spesso eseguita nello stesso intervento chirurgico. Se il pz presenta un ginocchio valgo artrosico con degenerazione in tutti e 3 i compartimenti viene scelta una protesi totale che permette una buona correzione; se invece, il consumo è solo nel compartimento laterale può essere scelta una monocompartimentale che, tuttavia, non permette di correggere la deviazione in valgo del ginocchio. È importante effettuare una correzione perché altrimenti se un ginocchio viene lasciato in valgo ( o in varo), si consumerà prima. Domanda: in quale direzione avviene maggiormente l’instabilità in un ginocchio protesizzato? In senso posteriore poiché anteriormente troviamo strutture anatomiche come la rotula e l’apparato estensore che ci danno un buon grado di stabilità. Per valutare invece la grandezza della protesi, se sia adeguata o meno, bisogna prima osservare se sia lateralizzata (maggiormente verso il perone) così da facilitare lo scorrimento rotuleo. Per la protesi monocompartimentale si può fare lo stesso discorso con alcune piccole differenze: il PEG (piolo) è utile nella definizione del buon posizionamento: deve essere orientato sulla corticale posteriore ( in proiezione lat). Per valutare in visione A/P il ripristino della linea articolare tracciamo una linea che passa per il centro dello scudo femorale e la sua perpendicolare ci darà il suo orientamento rispetto alla linea articolare restante ( devono essere parallele) ( SLIDES 43 e 44). TECNICA CHIRURGICA Ci sono due tecniche: la tecnica dei GAP ( spazi) e delle RESEZIONI MISURATE. La tecnica dei gap si basa sull’esecuzione di tagli a livello femorale e tibiale di due spazi uguali, due blocchetti rettangolari identici sia in flessione che in estensione: viene creato uno spazio all’interno del ginocchio che viene provato in sala operatoria più volte e deve risultare uguale ai due estremi del ROM; questo meccanismo ci permette di ripristinare la linea articolare e la tensione dei legamenti.

Solo dopo si possono eseguire dei releases correttivi. I tagli sono 5 a livello femorale (anteriore,distale, posteriore e due smussi) e uno a livello tibiale; alla fine dei tagli si dovrà avere uno spazio articolare fra tibia e femore che dovrà essere uguale sia in estensione che in flessione: se non fosse così saranno necessari releases legamentosi per farlo diventare possibile. Un altro parametro da tenere in considerazione è il RIFERIMENTO ANTERIORE E POSTERIORE. I tagli ant e post vengono fatti tramite mascherine adatte

per ogni tipo di protesi e sono a riferimento anteriore o posteriore: a riferimento anteriore significa che il punto fisso è preso anteriormente e la resezione varia posteriormente mentre nel riferimento posteriore il punto fisso viene preso sui condili e la resezione varia anteriormente. Se il chirurgo sbaglia il taglio anteriore si forma il NOTCHING: si intacca con il taglio la corticale anteriore e ciò può produrre l’indebolimento della metafisi femorale e possibili fratture periprotesiche (sovracondiloidea); se invece viene effettuato un errato taglio posteriore si abbassa il braccio di leva dei condili, impedendo una flessione completa del ginocchio. Domanda: in caso di stabilizzazione di frattura periprotesica come si agisce? Si cerca di riportare i condili nella posizione corretta e si stabilizza con mezzi di sintesi ( placca o viti) riducendo attraverso lo scarico prolungato, le forze di taglio sui mezzi di sintesi. Vi sono vari gradi di Notching (dal grado 1 al 4 in senso di gravità crescente). La tecnica delle resezioni misurate si basa su resezioni ossee che si basano su reperi anatomici intraoperatori che sono: -

L’asse transepicondilare La linea trocleare di Whiteside La linea dei condili posteriori

È meglio valutarle tutte e tre; una volta effettuati i tagli allora si valutano gli spazi ( in questo si differenzia dalla tecnica precedente). Bisogna ricordare che l’asse dei condili posteriori è fisiologicamente ruotato internamente di 3° rispetto alla linea transepicondilare quindi è necessario extraruotare di 3° la componente femorale per poterla allineare secondo questi reperi anatomici. APPROCCIO Ve ne sono di vari tipi: il più frequente in assoluto è il pararotuleo mediale (incisione medialmente alla rotula), con piccole variazioni possibili (midvastus, subvastus che sono mininvasivi). L’unico caso in cui si passa lateralmente alla rotula è quando si ha un ginocchio valgo non riducibile ( o non riducibile almeno del 20%), perché altrimenti non si avrebbe l’esposizione dei condili per eseguire i tagli. Talvolta l’approccio classico non basta al chirurgo per esporre il ginocchio ( es ginocchio rigido o post-traumatico), allora sono necessarie altre esposizioni, che sono fondamentalmente 3 (utilizzate raramente): -

SNIP del quadricipite (incisione del quadricipite): è una lesione tendinea e ha una guarigione più lenta Plastica V-Y del quadricipite Osteotomia della tuberosità tibiale anteriore, che è quella più utilizzata: si asporta tramite uno scalpello la TT per ribaltarla e far sì che l’apparato estensore si ribalti esternamente; deve essere fatta secondo criteri ben precisi (almeno 7-8 cm di lunghezza del segmento osseo con spessore di 2 mm, conservare l’apparato estensore per evitare la devascolarizzazione, fissazione con viti). È la procedura che guarisce meglio essendo osso su osso

IL RELEASE (rilascio delle strutture capsulo-legamentose) Il release di tipo mediale ( che ha tutta una serie di steps) va fatto sul ginocchio varo perché questo tipo di deformità presenta una contrazione dei legamenti interni e una lassità maggiore del comparto esterno; viceversa il release laterale (attraverso vari steps) va fatto soprattutto nel ginocchio valgo, dove poi successivamente si può passare al release mediale. Vi è inoltre, un terzo tipo di release, quello posteriore, che si riserva per i casi di grave contrattura della capsula posteriore: presenta dei rischi per la vicinanza con il fascio vascolo-nervoso della loggia poplitea Domanda: come viene attuato il release? Parlando, per esempio, di quello mediale, si inizia dalla porzione superficiale del legamento collaterale mediale, successivamente si passa al punto d’angolo postero-interno, poi è la volta del LCM profondo ed eventualmente poi alla capsula posteriore e infine al compartimento laterale. Il release laterale inizia dal legamento collaterale lat, poi dalla bendelletta ileo-tibiale e via dicendo. Si effettuano fino a che il ginocchio si riduce lungo l’asse meccanico secondo cui si vuole riallineare. Viene effettuato un distacco della struttura dall’osso, solitamente l’inserzione tibiale, oppure meno invasivamente, vengono fatti dei tagli in senso medio-laterale sulle strutture che si rilasciano.

COMPLICANZE

Quelle principali sono: -

-

Scollamento della protesi di tipo asettico ( per età, qualità ossea che si riduce, malallineamento, aumento di peso). Si identifica attraverso le linee di radiolucenza attorno alla protesi sull’RX (continue ed almeno di 2 mm) e spesso viene diagnosticato attraverso la scintigrafia ossea che identifica zone ad aumentato metabolismo osseo Infezione: seconda causa di revisione; aumenta il rischio ogni volta che si opera lo stesso ginocchio. Vi sono dei fattori predisponenti, quali obesità, fumo, diabete; il ginocchio si presenta gonfio, caldo arrossato, a volte con una fistola; la diagnosi viene fatta attraverso imaging ( RX) , esame ematochimico e batteriologico sul liquido prelevato. Il trattamento consiste di terapia antibiotica e la revisione attraverso due steps (tecnica “two stages”, attualmente il gold standard): prima si leva la protesi e si mette uno spaziatore che rilascia antibiotico ( consente

movimenti di flesso-estensione e il cammino con canadesi) e in un secondo tempo si inserisce una nuova protesi. Esiste anche una tecnica “one stage” in cui le due procedure prima evidenziate vengono fatte in un’unica operazione Domanda: quanto tempo passa tra le due fasi? Di solito è stabilito dai parametri di laboratorio (VES, PCR) e dalla negatività dell’esame colturale. I...


Similar Free PDFs