Lezioni di fantastica, storia di Gianni Rodari Vanessa Roghi riassunto PDF

Title Lezioni di fantastica, storia di Gianni Rodari Vanessa Roghi riassunto
Course Letteratura per l'infanzia
Institution Libera Università Maria Santissima Assunta
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Riassunto del libro Lezioni di fantastica di Vanessa Roghi con attenzione a tutti i passaggi della vita di Gianni Rodari tali da rendere comprensibile la sua vita dalla nascita fino alla sua morte....


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RIASSUNTO VANESSA ROGHI “Storia di Gianni Rodari”

INTRODUZIONE: Gianni Rodari è stato uno dei più grandi scrittori di favole e filastrocche del Novecento italiano. Egli ha scritto quotidiani, diretto periodici e lavorato con amministrazioni comunali promuovendo uno sviluppo democratico del paese fra gli sessanta e settanta. È stato un uomo attento ai suoi tempi dagli anni della guerra fredda allo sviluppo dei cartoni animati giapponesi e alla difesa dei fumetti. Egli ha sottolineato molto il potere dell’immaginazione che si fonda sull’uso della parola, strumento che potrebbe diventare mezzo di liberazione dell’uomo. Essa non deve essere rinchiusa solo nei libri o ristretto solo a una cerchia di lettori ma a tutti i lettori. Inoltre ha immaginato una nuova figura dell’insegnante all’interno di una scuola ripensata, ha lavorato su un modello di genitore più riflessivo e consapevole e vicino ai bambini. Ha lavorato e condiviso con gli altri scoperte sulla Fantasia in un libro che si chiama Grammatica della fantasia. È stato un intellettuale. Egli diventa scrittore per l’infanzia, nel momento in cui ha violato alcune convenzione del suo tempo come il fatto che la letteratura per bambini doveva trasmettere solo commozione, sacrificio e felicità. Si rompe l’idea che al bambino devono essere impartite lezioni dall’alto in virtù di pensiero che mira alla stessa parità tra adulto e bambino e che parlano la stessa lingua. Prima di scrivere per i bambini l’obiettivo di Rodari era quello di scrivere per tutti. In questo momento incontra una disciplina: Fantasia. Fu un periodo i cui egli insegnava l’italiano ai bambini tedeschi che sfuggivano alle persecuzioni raziali. In un libro trovò scritta una frase “Se avessimo anche una Fantasia, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare”. CAPITOLO 1: dove si parla di un forno, gatti e antifascismo Uno degli esercizi più noti di Rodari è il gioco degli insiemi. Ognuno di noi fa parte di un insieme. Ma Gianni Rodari a quale insieme appartiene? Rodari non ha letto tanti libri, e se lo avesse fatto non li avrebbe amati. Le storie della letteratura per l’infanzia hanno dimenticato di tener conto di un dato, l’infanzia storica non aveva mai letto nulla presa da altri problemi come la fame, il lavoro minorile, le emigrazioni. I libri per bambini erano destinati ai figli della media e alta borghesia. Una riflessione che Rodari riprende nel 1974, invitato al convegno su Pinocchio, negli anni in cui Collodi viene descritto, i bambini delle lassi povere non andassero a scuola ma a zappare la terra o lavoravano in fabbrica. Vi era una distinzione tra chi poteva emozionarsi leggendo Pinocchio e chi faticava l’età della fiaba. L’infanzia storica è nata in Italia e figlia di analfabeti, ricca di tradizione orale. È un’infanzia a cui appartiene anche Rodari. Egli racconta che non vi erano libri per bambini e neanche a casa di sua madre in quanto da bambini andò a lavorare in cartiera. Non era lei a raccontare le favole a Rodari ma la zia o la nonna perché non aveva tempo. Crebbe in una casa senza libri per poi diventare

scrittori. Egli afferma che è importante indagare il momento in cui un bambino legge un libro e se ne innamora. A maggior ragione se quel bambino da adulto diventerà uno scrittore per ragazzi. È dall’infanzia e dall’adolescenza che egli attinge e nascono le possibilità di dedicarsi a questo mestiere. È stato Marcello Argilli, biografo di Gianni Rodari, a raccontare da dove nasce questo scrittore dopo la sua morte. Il 14 aprile 1980. Anche se Rodari ha cosparso le sue filastrocche, articoli e libri d’indizi per raccontarci la sua storia. Il punto di partenza è una città, Omegna, circondata da un fiume e montagne. In una delle vie principali, Giuseppe Mazzini, vi era una bottega di Giuseppe Rodari sposato per la seconda volta con Maddalena Aricocchi, 1919. Sua madre viene descritta come una serva. Da questo matrimonio nasce Gianni Rodari e Cesare. Gianni era timido e introverso, piccolo magro e anemico. Di fronte casa loro vi era un lampione che Gianni utilizzava per leggere il “Corriere dei piccoli”. In quel periodo vi era il fascismo, periodo della sua terza elementare. Scrisse su una carta assorbente i suoi primi versi. Scrisse molte poesie su un quadernetto da disegno. La maestra le mostrò al direttore e vennero pubblicate sul giornale dei commercianti. Continua a scrivere non solo poesie. Faceva anche teatro. Fabbricava burattini. Inoltre descrive Omegna come l’oratorio dei padri lungo la Nigoglia. Ricorda che i bambini leggevano Verne. La famiglia di Rodari non era antifascita in quanto egli ricorda in un articolo del 1953 che il padre era disinteressato alla politica. I ricordi ritornano nelle filastrocche come la quella notte di tempesta in cui muore il padre per broncopolmonite e lui aveva solo 9 anni. Il padre tornerà spesso nelle composizioni. Da questo accaduto lui si trasferisce a Gavirate, comune lombardo. Qui Gianni scopre i treni che popoleranno le sue storie infatti il suo secondo libro sarà “Il treno delle filastrocche”. Gianni entra in seminario a Milano e ne esce a 13 anni. Torna a Gavirate e s’iscrive all’azione cattolica. Successivamente inizia a frequentare l’Istituto Magistrale a Varese e di questi anni gli amici sono il ricordo più caro e le letture. Viene chiamato nel 1950 dal PCI a scrivere un’autobiografia per tracciare il suo percorso politico e i suoi trascorsi durante il fascismo. Egli tralascia l’aspetto letterario per dedicarsi all’educazione politica. Lesse libri di Lenin e Stalin. Queste ebbero dei risvolti: da un lato la critica del corporativismo e dall’altro la curiosità sul marxismo come visione del mondo. Non frequenta di pensiero di Croce. Rodari alla politica arriverà attraverso l’incontro tra marxismo e surrealismo. Inizia a frequentare un gruppo di giovani comunisti. La svolta avvenne con la conoscenza dell’aggressione di Hitler all’Unione Sovietica. CAPITOLO 2: il maestro Rodari è stato un maestro per pochi anni anche se si pensa che sia stato il suo mestiere principale. È stato un lavoro fatto per povertà e per necessità di lavorare. Egli scrive che è stato maestro prima della guerra ma ammette che non era preparato e giovane con tante aspirazioni in mente. Aveva fretta di finire l’università e occuparsi di altro, in classe raccontava favole per fare stare in silenzio i bambini

e le sue letture sue futuristi, surrealisti divenivano strumento per divertire i bambini. Faceva diventare una favola ciò che aveva letto il giorno prima. Inoltre invitava i bambini a scrivere delle parole unirle casualmente. Da questo inventò un gioco chiamato duello di parole per far ridere i bambini. Duello di parole o binomio fantastico era una delle tecniche di creatività di Rodari. Egli unì l’uso della parole alla fantasia. Disciplina che aveva iniziato a utilizzare dopo aver letto una citazione di Novalis. Nel 1964 Rodari farà riferimento ad altri metodi sperimentati come i diari di San Gersolè, una piccola frazione vicino Firenze che diventa luogo di sperimentazione. I bambini scrivevano diari dove raccontavano un fatto per come era successo. Nel 1940 scoppio la guerra e Rodari s’iscrive al corso di laurea in lingue a Milano ma viene richiamato alle armi nel 1943 dopo l’arresto del fratello in periodo in cui l’Italia aveva affiancato la Germani nell’attacco all’Unione Sovietica. Nel 1944 si da alla clandestinità fra le file della Resistenza. Di questo periodo non si conoscono tante notizie solo un racconto di un pittore. Finita la guerra tiene un comizio antifascista a Gavirate dalla finestra di un avvocato. Qui viene notato dai comunisti lombardi e inizia a lavorare per il settimanale “L’ordine nuovo”. Pubblica alcune rubriche come I discorsi del cavalier Bianchi, tramite il quale critica i primi passi della democrazia. In questo impara a scrivere una pagine di giornale. Fu delegato di un congresso del partito comunista, scrittore anonimo, quindi ci si chiede quanti insieme racchiude? Scrittore surrealista e irriverente, cronista e funzionario di partito, intellettuale che traduce Brecht. La fine della guerra segna una rinascita della parola parlata nelle piazze, circoli e oratori. Rodari è tra questi perché parlava bene scherzando e rovesciando il senso dei proverbi, modi di dire. Nel 1947 lascia l’ordine nuovo per lavorare all’” Unità” di Milano. Scriverà un articolo dove parla delle sofferenze e durezze della vita della madre. Racconta della gioventù dura a cui era stata costretta la madre insieme al padre come operai. La mamma era cattolica credente e praticante, s’impegnava per i poveri e s’iscrisse all’età settant’anni al PCI di Gavirate. CAPITOLO 3: ll giornalista comunista Per comprendere il rilevante ruolo che aveva Rodari nelle biblioteche, nelle librerie e nei testi di lettura è necessario partire come operavano l’ambito dei comunisti italiani. Le famiglie comuniste sono famiglie felici nell’” Unità” e l’infanzia storica di cui spesso parla Rodati si tinge di un colore nuovo, il rosso infatti i bambini a cui si rivolge sono i comunisti. L’” Unità” si diffuse in Lombardia, Veneto e altre regioni. Tra il 1947 e 52 vengono creati elenchi d’iscritti che devono essere valutati per testare l’affidabilità politica per motivi psicologici, professionale e politici. Tra questi vi è Rodari. Nel suo caso vi è in questione l’abilità da giornalista, iene invitato a fare un corso per giornalista, qui incontrerà alcuni amici a cui resterà legato a vita. Viveva in una stanza in affitto, pedina della macchina informativa del partito.

CAPITOLO 4: tutto il mondo in filastrocca Iniziò a scrivere filastrocche quando ne compose una per una bambina, Susana. Successivamente su richiesta della mamma di un altro bambino malato e così via. Era l’inizio di un cammino che avrebbe arricchito i ragazzi. Invece di scrivere una rubrica umoristica, nasce una rubrica per bambini. Per scrivere si serve della Fantasia. Scrive per i bambini ma li conosce poco, per questo inizia a mettere a punto un’idea dell’infanzia. Nasce la rubrica il Libro dei perché, per la rivista Vie nuove dove crea un’altra rivista chiamata Piccolo mondo nuovo. Nel frattempo continua a fare il cronista e racconta storie di lotte contadine di bracciati emiliani. Scrive un testo sulla strage di Modena che poi scompare dalle raccolte negli anni 60. Egli vuole trovare un legame tra i bambini e impegno politico. Egli afferma che sono le emozioni e la commozione che educano e non il dolore. Ciò che forma un bambino è l’educazione ai sentimenti. Dopo il successo dei primi interventi il pci decide di trasferirlo a Roma a dirigere “il Pioniere” e inventò una serie di personaggi che conosceva bene dai tempi in cui aveva frequentato i mercati di Milano. Alle favole affianca anche il tema del gioco. Egli formula il metodo della ricerca secondo cui l’uomo deve conoscere il luogo in cui vive. Esso è cuore della costruzione della fantasia, la quale si appoggia sul reale. Infine vi è il pioniere che deve creare una biblioteca per tutti. Egli si batterà per la questione dei fumetti in vari dibattiti dicendo che il fumetto è un cinematografo tascabile, essenziale ed economico. Il suo linguaggio per immagini è integrato alla civiltà delle immagini. Egli afferma che è più utile illustrare un fumetto che scrivere un tema sulla festa della mamma in quanto comporta l’ideazione di una storia, il suo trattamento e l’organizzazione della struttura. I bambini si divertono soli a fare ciò. Attraverso la scrittura per l’infanzia egli esplora i confini del mondo politico. Egli diventa in poco tempo famoso nell’ambito dell’infanzia comunista italiana. Nel 1951 esce Libro delle filastrocche, uscite quasi per scherzo nei pomeriggi piovosi, 46 filastrocche divise in 4 capitoli. Rodari si avvicina al mondo della scrittura per l’infanzia per caso. CAPITOLO 5: il lavoro culturale Negli anni 50 i libri di ROdari stanno nelle camere dei bambini ma la critica letteraria non ne parla. Egli è consapevole di ciò, egli non è un intellettuale e non riceve investitura intellettuale nonostante sia impiegato nel lavoro culturale pci. Egli tiene i due ambiti separati quello della scrittura e quello del giornalista, quello dello scrittore per i loro figli. Infine costruisce un nuovo uomo di lettere capace di parlare a grandi e piccoli. Rodari non fa parte del mondo di Calvino, Arpini, Gatto anche se hanno scritto per i bambini. Se nei primi anni 50 è un semplice scrittore di Omegna che non gode di privilegi che lo distinguono da altri che fanno cultura, ma è anormale che sia assente niente assente dalle storie culturali del partito comunista. Egli fa parte di un fronte culturale compatto fino al 1956 e s’ispira

alla posizione di Gramsci di cultura integrale. Afferma che il bambino deve essere rivolto verso il futuro, profezia e utopia concreta. Negli anni della guerra fredda cambia il profilo d’intellettuale comunista in un periodo in cui si tendeva a tradurre un comportamento politico in termini di storia, filosofia, ecc. secondo la guerra fredda questo non era possibile. Tutto questo contesto è essenziale per capire Rodari giornalista, militante. Inoltre egli secondo BErmani è considerato colui ha egttato le basi della riverca sulla canzone popolare. Rodari indaga su folkore contadino. Rodari collabora anche con il periodico Pattuglia, dove dedica il primo articolo a Cesare Pavese dopo la sua morte. Vive a Roma con madre che ha fatto vivere con lii fino alla sua morte nel 1968. Sposa Maria Teresa Ferretti a cui dedica un racconto. CAPITOLO 6: dalla parte delle fate Per analizzare i primi anni 50 del 900 si può prendere come spunto il binomio fantastico accostando fiaba e Repubblica. Il fantastico è considerato un genere che offendeva la sensibilità. Quando viene pubblicato il romanzo di Elsa Morante, menzogna e sortilegio, suscita una disapprovazione. Le fiabe affondano le radici nella preistoria e sono l’unico racconto. L’etnografia di Propp rimette il fantastico in una prospettiva adulta, questo è un’occasione per Rodari si configura come un momento di confronto e di crescita. Egli è dentro ormai alla letteratura per l’infanzia riscopre la fiaba popolare, l’etnologia. Il dramma didattico o teatro di massa viene popolato di fate grazie a Rodari. Egli mette in scena un’opera teatrale: stanotte non dorme il cortile: storia di cento bambini di fronte a tutte le guerre che si sono abbattuti nei cortili. Una bambini entra in gioco nel bosco delle fate ma arrivano mostri a distruggere l’incanto. Nei primi anni 50 la questione del rapporto fiaba e realismo diventa il cuore della poetica rodariana, e, l’abbiamo visto, il senso di questo confronto oltreché poetico è politico. Il rovesciamento, l’assurdo, il fantastico sono utili strumenti per immaginare un mondo nuovo anche con fiabe e favole antiche che, offrendo tutti i tipi dell’umano, semmai possono essere rivisitate, diventando materia prima su cui costruire storie nuove. La fiaba serve per scrutare ogni possibilità, è rivolta al futuro e non al passato: è questo rovesciamento di prospettiva temporale che rende l’operazione culturale di Gianni Rodari davvero rivoluzionaria nel panorama italiano, comunista e non solo. Nel corso del 1955 una bambina di Genova si rivolge al periodico comunista con una lettera nella quale descrive i rimedi della madre nei confronti di una sorellina capricciosa: «la mia mamma per farla stare buona le dice ogni volta che un uomo nero e cattivo la porterà lontano se non sarà buona. Oppure le dice che un orso rosso la porterà in una caverna». Ecco la risposta di Per questo invita la piccola lettrice a raccomandare alla mamma di non raccontare più quelle storie. Ma, scriverà Rodari, il problema non è l’uomo nero o l’orso rosso, bensì la mamma che usa la fiaba per ricattare. Non sono le fate, gli orchi, le streghe, il problema per l’infanzia ma gli adulti che li usano per ribadire un buon senso ammantato di verità, astorico e consolatorio. Il 4 agosto 1952 Gianni

Rodari prende carta e penna e scrive a Italo Calvino, in questo momento ancora redattore della casa editrice Einaudi, per mettere insieme i suoi ragionamenti in un saggio su Pinocchio. Pinocchio, quando esce nel 1881, piace molto ai bambini, quelli che leggono si intende, che non sono molti ma ne decretano il successo, un successo reso tangibile dalle vendite del «Giornale dei bambini» dove il romanzo appare a puntate. Scriverà Rodari, infatti, molti anni dopo: «Il caso più curioso capitato al Collodi mi sembra però sia quello di avere scritto uno dei più bei libri per bambini di ogni tempo in un paese, e in un’epoca in cui la maggioranza dei bambini, anzi degli italiani non sapeva leggere né scrivere e neppure parlare o capire la lingua nazionale. Di Pinocchio, a Rodari, già piacciono moltissime cose: intanto il fatto che si comporta in modo contrario alla morale del suo tempo, degli adulti, mettendosi sempre in situazioni inopportune, compiendo il contrario di ogni pensiero da bambino buono che comunque ha. Quella di Collodi è “un’idea dell’infanzia” che mette insieme, come scrive Rodari, il meraviglioso fiabesco e il realismo del quotidiano. La miseria di una Toscana rurale, e la metamorfosi, che è un tema classico di ogni tradizione di fiaba che si rispetti. Pinocchio è anche il romanzo di formazione. C’è tutto in Pinocchio, anche la denuncia della violenza insita in ogni idea di educazione «che impone la rinuncia al desiderio originario di libertà assoluta per garantire la sopravvivenza in questo mondo». Per dirla con Benedetto Croce, «il legno, in cui è intagliato Pinocchio, è l’umanità». La guerra fredda ha poi trasformato anche la favola di Collodi in un campo di battaglia politico; in realtà, Pinocchio «veste la camicia nera e la divisa da balilla fra gli anni Venti e Trenta; nel dopoguerra diviene un personaggio che piega i suoi ammonimenti ora a favore dei comunisti, ora dei socialisti. E perfino dei democristiani». Pinocchio mi sembra un esempio perfetto di favola e un esempio perfetto di realismo: vedo in esso, personalmente, una strada della narrativa non solo infantile. È legittima? È ripetibile? Credo che la questione interessi anche te da vicino. Rodari, tuttavia, il suo saggio lo scriverà lo stesso, a pezzi, tornando su Pinocchio ancora e ancora; ormai affermato scrittore, scriverà sul burattino pagine bellissime. Per ora vale la pena riportare due appunti nei quali, parlando di Collodi, lo scrittore di Omegna si guarda allo specchio e si racconta. Se le sue filastrocche sono giocattoli, frutto di appunti, di anni di raccolta di materia prima così lo è anche Pinocchio: «Pinocchio, per l’autore, è un gioco: assolutamente libero. Ci butta dentro senza pensare quel che ha dentro, quel che gli viene in mente: ma per avere in mente quella parola, quel ghiribizzo della fantasia, ha vissuto cinquanta e più anni, ha letto, discusso, scritto tanta brutta roba, per i bambini e per i grandi, in prosa, per il teatro, eccetera; quando si è liberato della volontà, quando di tanti fiori diversi ha fatto il suo miele, eccolo partire senza tanti pensieri dietro il suo burattino e scappare via dal reale, però tirandoselo dietro tutto intero, anzi, trovando sulle nuvole, per così dire, la chiave di casa». E ancora: Pinocchio è il primo libro per ragazzi scritto in Italia in presa diretta con i ragazzi, liberati dalla loro uniforme di scolari. Lo è perché il Collodi, scrivendolo, mette tra parentesi

la sua esperienza precedente di scrittore al servizio della didattica: esperienza che gli è stata utile ma che ora sostanzialmente rifiuta. Lo è perché egli segue, come già dicevo, in piena libertà il suo oggetto fantastico, dunque anche in piena obbedienza a quell’oggetto, anziché alle esigenze della scuola, così come bambini e ragazzi, mentre giocano, obbediscono soltanto alle regole del gioco, impegnandovi la loro intera fantasia. Lo è, ancora, perché il Collodi non si pone di fronte ai ragazzi come un maestro, ma come un adulto, così com’è: un adulto che accetta le regole del gioco, ma come può accettarle un adulto quando gioca con i bambini, impegnando nel gioco la sua più vasta esperienza, la sua immaginazione che vede più lontano, ogni tanto giocando anche da solo. Un adulto di quel tempo, di quegli anni, con quella esperienza, con quelle idee, con le contraddizioni di cui lo ha caricato la vi...


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