Riassunto di \"Manuale di storia medievale\" di Andrea Zorzi PDF

Title Riassunto di \"Manuale di storia medievale\" di Andrea Zorzi
Course Storia medievale
Institution Università di Bologna
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Summary

MILLE ANNI DI di medioevo e le sue nozione di medioevo intellettuale moderna che stata continuamente rielaborata. formulata di un forte pregiudizio negativo, per poi essere rivalutata positivamente momenti. Per un millennio le popolazioni europee non svilupparono di vivere in e in diversi da quelli ...


Description

MILLE ANNI DI STORIA L'idea di medioevo e le sue interpretazioni La nozione di medioevo è un'invenzione intellettuale moderna che è stata continuamente rielaborata. Fu inizialmente formulata nell'ambito di un forte pregiudizio negativo, per poi essere rivalutata positivamente in più momenti. Per un millennio le popolazioni europee non svilupparono l'idea di vivere in un'età e in uno spazio diversi da quelli dell'impero romano: al contrario, erano convinte di vivere nella continuità ininterrotta di un quadro politico che dalla Roma pagana si era trasformato nell'universalismo cristiano e che era pertanto destinato a durare fino alla fine del mondo terreno. A percepire un distacco dall'età classica furono gli umanisti italiani del XIV e del XV secolo, i quali avevano assunto la cultura degli antichi come modello per una rinascita intellettuale. È in questo periodo che comincia a diffondersi l'espressione “età di mezzo”, intesa come un lungo periodo di decadenza culturale e artistica della civiltà. Nel 1966 Georg Horn pubblicò una storia universale che proponeva una periodizzazione inedita: l'evo antico (vetus) era separato da quello più recente ( recentior) da un intermedio medium aevum, che solo l'invenzione delle armi da fuoco e della stampa, le scoperte geografiche e la rinascita culturale (umanesimo) avevano definitivamente concluso. Horn fissò i termini cronologici di questo periodo tra la caduta dell'impero romano d'Occidente (476) e di quello d'Oriente (1453). Il movimento intellettuale dell'Illuminismo rielaborò a sua volta l'idea di medioevo. Voltaire, ad esempio, riteneva che le invasioni barbariche, il potere della Chiesa e il feudalesimo avessero promosso un'epoca di rozzezza, violenza, superstizione, autoritarismo e oppressione. La diffusione di un'immagine positiva del medioevo maturò nel clima culturale del Romanticismo (fine XVIII – inizio XIX secolo). L'accento fu posto sugli aspetti passionali e irrazionali del medioevo, ritenuto essere un'età di fede religiosa rassicurante e un'epoca in cui rintracciare le radici dello spirito nazionale. L'interpretazione nazionalistica del medioevo si basava sulla rivendicazione del predominio di una popolazione sulle altre e, quindi, della prevalenza di una nazione nella formazione e nell'identità dell'Europa. Nei decenni più recenti si è rinunciato alle interpretazioni organiche, privilegiando ricerche su singoli temi. In primo luogo la sottolineatura, di contro alle letture in chiave nazionalistica ed etnica, della natura di grande laboratorio di sintesi tra civiltà diverse, a cominciare da quelle latine e germaniche. Quadri generali La storia medievale prende origine da una serie di fecondi incontri tra civiltà (romana, araba, africana, germanica, ecc.), che generarono la trasformazione del mondo romano tra IV e VII secolo, dando forma all'Europa come area di civiltà originale che, a differenza di quella romana, spostò il proprio baricentro dal bacino del Mediterraneo alla regione continentale gravitante intorno al fiume Reno. I periodi non sono realtà storiche autonome, ma costituiscono l'esito di un'operazione intellettuale arbitraria. Ogni storiografia nazionale ha definito una propria cronologia (es. quella italiana riconosce l'inizio con l'arrivo dei longobardi nel 569 e la fine con lo sbarco nei Caraibi di Cristoforo Colombo nel 1492). Non è possibile, tuttavia, stabilire delle date precise: il medioevo dev'essere inteso come un ampio arco cronologico il cui inizio è collocabile in un periodo di almeno quattro secoli, dal IV al VII, durante il quale si verificarono: la crisi istituzionale ed economica dell'impero romano; la diffusione e istituzionalizzazione del cristianesimo; le invasioni barbariche; e la deposizione dell'ultimo imperatore romano d'Occidente (476). La fine del Medioevo, invece, si può collocare in un periodo di almeno un paio di secoli, tra il XIV e il XV, in cui si verificarono: la crisi demografica ed economica delle società europee; la perdita di prestigio delle istituzioni universalistiche (papato e impero); lo sviluppo dell'Umanesimo, movimento di rinascita culturale, artistica e letteraria; le esplorazioni geografiche. Primo medioevo Partizioni Secoli

Caratteristiche

Pieno medioevo/ Secoli centrali

Alto Medioevo (V sec.-X sec.)

Tardo medioevo

Basso Medioevo (XI sec.-XV sec.)

V-IX

X-XII

XIII-XV

Insediamento delle popolazioni germaniche nell'impero romano; predominio dei ceti militari; economia signorile; prime sintesi di civiltà fra tradizioni germaniche, cristiane e romane.

Affermazione di varie attività economiche; comparsa di nuove figure sociali (es. mercante, chierico); assorbimento della spiritualità cristiana nelle forme della vita laica; maggiore ricchezza economica distribuita tra le classi.

Complessa articolazione della società; distinzione in classi e gruppi diversi spesso contrapposti; crisi ecclesiastica e culturale dell'unità cattolica; depressione economica.

L'evoluzione della popolazione europea durante il medioevo può essere rappresentata come un ciclo demografico articolato in tre fasi: depressione-espansione-depressione, con le punte minime toccate nel VII secolo e nella seconda metà del XIV, e il picco raggiunto a metà del XIII. • L'inizio dell'età medievale coincise con una drastica riduzione della popolazione, che dal III secolo cominciò progressivamente a calare, dopo aver raggiunto il suo massimo intorno al 200 (circa 67 milioni di individui nelle regioni occidentali europee). Le aree abitate all'interno dei centri urbani si restrinsero e alcune città si estinsero. Anche le campagne furono abbandonate. Il raffreddamento climatico favorì l'eccesso di precipitazioni che portarono a carestie e conseguenti epidemie. Verso la fine di questa crisi, nel 700, la popolazione ammontava a non più di 27 milioni di persone. • Dall'VIII secolo la popolazione cominciò lentamente a crescere. Le terre furono messe a coltura e il traffico delle merci fu riavviato. Dal X secolo ci fu un ampliamento delle aree popolate in città e in campagna. La nuova fase climatica positiva favorì la crescita della produzione agricola e la durata media della vita iniziò ad aumentare. Nel 1300 la popolazione raggiunse circa 73 milioni di abitanti. • Nella seconda metà del XIII secolo, tuttavia, la popolazione cessò di aumentare, tornando a diminuire all'inizio del secolo successivo. Si determinò uno squilibrio tra il numero degli uomini e la disponibilità di risorse alimentari, che i limiti strutturali delle tecniche agrarie non riuscirono a incrementare ulteriormente. Il peggioramento delle condizioni climatiche, inoltre, provocò nuove carestie. A metà del XIV secolo il calo della popolazione fu reso drammatico dalla grande epidemia di peste bubbonica del 1347-1348. Il morbo si mantenne a lungo allo stato endemico nelle società europee, provocando epidemie ricorrenti che compromisero una possibilità di ripresa. Si stima che nel 1400 gli abitanti ammontassero a circa 45 milioni. I romani avevano costituito il più grande impero sedentario dell'Occidente euroasiatico unendo, attraverso una fitta rete di comunicazioni marittime e terrestri, le diverse popolazioni stanziate tra il nord Africa e l'Europa continentale. Al di là del confine segnato dal Reno e dal Danubio le popolazioni germaniche erano invece sparse in tribù insediate in villaggi provvisori e isolati e dedite a un semi-nomadismo di sfruttamento. La loro migrazione verso le prospere regioni del Mediterraneo riconfigurò l'assetto delle popolazioni sedentarie dell'impero: l'impatto fu inizialmente gestito da istituti come la foederatio (inquadramento militare) e l' hospitalitas (concessione di un terzo delle terre), che puntavano a stabilizzare le genti barbariche e a renderne stabile e pacifico l'insediamento, anche grazie all'acculturazione della memoria del seminomadismo alle tradizioni culturali e politiche territoriali romane. I primi secoli del medioevo furono caratterizzati da un pronunciato fenomeno di ruralizzazione, determinato principalmente dall'abbandono delle città da parte dei grandi proprietari fondiari per la crisi della vita pubblica cittadina seguita alla scomparsa delle istituzioni imperiali. Le città di tradizione romana di origine antica ereditarono la centralità di funzioni economiche (mercato), politiche (amministrazione) e religiose (sede vescovile) rispetto al territorio circostante e la mantennero anche durante la depressione demografica che ridusse l'estensione dell'abitato. Fino al II secolo l'impero romano si era retto su un sistema di autonomie locali gestito quasi senza sistemi burocratici. Raggiunta la massima estensione territoriale, tuttavia, l'organizzazione politica si diede un'apparato amministrativo e militare finanziato grazie all'introduzione di un pesante sistema fiscale. Con le invasioni germaniche (e la graduale perdita di controllo sul territorio da parte dell'impero) molte regioni smisero di versare le tasse e il mantenimento della burocrazia gravò su una quota di popolazione sempre più ridotta. Entro la metà del VI secolo in Occidente scomparve ogni forma di imposta pubblica, pertanto non fu più possibile sostenere le spese per le infrastrutture e per il mantenimento di una burocrazia di funzionari. La crisi delle strutture pubbliche garantite dal fisco comportò la contrazione dei commerci (es. scomparsa degli scambi a lunga distanza). Un elemento di continuità fu dato invece dall'economia agraria, che rimase sostanzialmente immutata (es. non cambiò il rapporto tra proprietari fondiari ritirati nelle villae di campagna e i loro affittuari). La minore opportunità di vendere i prodotti, tuttavia, condusse alla formazione di sistemi economici locali tra loro isolati. La ripresa del commercio nell'Europa medievale fu espressione dell'accresciuta ricchezza delle aristocrazie. Dal XI secolo i sistemi commerciali del Mare del Nord si collegarono a quelli del Mediterraneo. Successivamente, nel XIV secolo, il calo demografico portò a una contrazione della domanda di beni e servizi, riducendo i livelli globali della produzione e del commercio. Nonostante ciò il tenore di vita dei sopravvissuti migliorò, i salari urbani crebbero e si generò un aumento della ricchezza media che stimolò la domanda dei beni di consumo, che diede nuovo slancio alla produzione. I proprietari, inoltre, cercarono di alzare la rendita fondiaria favorendo il passaggio dalla servitù all'affitto. Si svilupparono nuove produzioni (es. seta, armi, stampa) e i mercanti svilupparono una serie di innovazioni tecniche che ridussero i costi di transizione (es. lettera di cambio). L'esito finale fu l'integrazione delle economie regionali europee nei circuiti commerciali ormai proiettati su scala mondiale (XIV-XV sec.).

Scomparso l'impero romano, per alcuni secoli le società dell'Occidente furono poco articolate al loro interno. La prevalenza dell'economia rurale configurò a lungo il predominio di una minoranza aristocratica (di origine senatoria romana o di stirpe germanica) su una larghissima maggioranza di contadini, tra cui: schiavi, servi, liberi affittuari, piccoli e medi proprietari, taluni in grado di inserirsi negli strati inferiori dell'aristocrazia (a lungo gruppo sociale permeabile). Tra X e XI secolo maturò un'immagine tripartita della società, organizzata intorno a coloro che pregavano per la sua salvezza ( oratores), coloro che combattevano per la sua difesa ( bellatores) e coloro che lavoravano per il suo sostentamento ( laboratores). La ripresa demografica e lo sviluppo di un'economia degli scambi (sopratutto nelle città) favorirono l'articolazione della società e la differenziazione di nuovi soggetti. Principali protagonisti furono i mercanti. A differenza delle altre città europee, dove l'élite era costituita da mercanti e banchieri, nelle città italiane comunali e signorili il predominio politico fu a lungo prerogativa di una rilevante componente aristocratica di lignaggi di milites: l'accesso alle magistrature cittadine rappresentò la base per l'affermazione, tra XIV e XVI secolo, di patriziati che tesero ad adottare uno stesso stile di vita nobiliare. Il termine patriziato, che nell'antica Roma designava la classe dirigente che sedeva in senato, fu ripreso nel tardo medioevo per indicare i gruppi ristretti di famiglie e individui che si imposero al governo delle città italiane. Sia la società romana sia le popolazioni germaniche praticarono la schiavitù (accettata dal pensiero cristiano in quanto esito della colpa degli uomini). Si poteva diventare schiavi perché catturati in guerra, per debiti e per sottomissione spontanea o coatta a un signore in cambio di protezione. Rispetto all'antichità, però, il servo non era più oggetto di proprietà del padrone. La servitù, inoltre, era una condizione ereditaria, che poteva essere riscattata solo grazie a un “affrancamento”. Ampiamente diffusi furono anche i legami di fedeltà personale (servigi in cambio di protezione senza perdere la liberà giuridica). I re, ad esempio, ne facevano uso per controllare vasti territori e poteri locali diffusi, demandando compiti di governo ai propri fideles, che affiancavano e talvolta controllavano i funzionari pubblici. Il legame di fedeltà che conobbe maggior fortuna fu quello vassallatico. Originato nel mondo franco, il vassallaggio fu alla base dell'affermazione della dinastia carolingia tra VIII e IX secolo: il vassus, inizialmente un aristocratico, giurava fedeltà al re, impegnandosi a prestare aiuto militare e consiglio politico in cambio di protezione e di un beneficium a titolo vitalizio (e in seguito ereditario) consistente perlopiù in beni fondiari. Il sistema si diffuse rapidamente a diversi livelli sociali. I signori che dal X secolo diedero vita a domini territoriali, spesso incentrati su un castello, si avvalsero comunemente di un seguito vassallatico di guerrieri ( milites) che costituiva un vero e proprio esercito privato. A partire dall'XI secolo nelle città i vescovi e le famiglie aristocratiche si circondarono di clientele vassallatiche che si resero protagoniste dei conflitti armati che segnarono, sopratutto in Italia, la vita politica urbana. Le società europee del medioevo furono dunque gerarchiche (dominio di ristrette aristocrazie). Solo nel basso medioevo cominciarono a essere avanzate posizioni che limitavano il potere regio (es. Magna charta libertatum, 1215) o che contestavano le pretese di intervento nelle questioni politiche da parte del papato. Il principio di autorità fu rafforzato dall'idea, di origine biblica, che il potere derivasse direttamente da Dio e fosse pertanto indipendente dal consenso dei soggetti. La sacralità dei sovrani fu certificata dal rito dell'unzione, rito amministrato dai vescovi e considerato come una sorta di sacramento che poneva il re al di sopra degli altri membri della società politica; allo stesso tempo attribuiva un ruolo centrale all'episcopato nel processo di legittimazione e controllo dei re. L'ordine politico del medioevo ereditò dal mondo tardo-antico l'idea del necessario dominio universale di un'autorità suprema. In continuità diretta con quello romano d'Oriente si pose l'impero bizantino che venne prendendo forma, tra V e VII secolo, nell'area tra i Balcani, l'Egeo e l'Anatolia, come sintesi della struttura statale romana, della cultura greca e della religione cristiana. In continuità ideale fu riproposto un impero anche in Occidente per iniziativa dei franchi: l'attribuzione del titolo di imperatore romano a Carlo Magno ad opera di papa Leone III nell'anno 800 significò la consacrazione del sovrano come protettore della Chiesa e il disconoscimento dell'autorità universalistica di Bisanzio sull'Occidente. L'investitura papale dell'imperatore suggeriva che il potere supremo ( imperium) fosse da ritenere una prerogativa dell'autorità del pontefice: la riforma del papato in senso monarchico nell'XI secolo rivendicò a sé l'egemonia universalistica sulla cristianità aprendo un durissimo conflitto con l'impero (lotta per le investiture). Le autorità universali cominciarono a declinare dal XIII secolo per effetto dell'affermazione di poteri sempre più autonomi (regni, comuni, signorie). L'autorità dell'impero riuniva entità regie e principesche (es. Carlo Magno unificò nella propria persona i titoli di re dei franchi e dei longobardi). Quando il papato riformato nell'XI secolo elaborò la teoria della translatio imperii, secondo la quale il potere imperiale non deriva direttamente da Dio ma dal pontefice, e cominciò a rivendicare il diritto di attribuirlo o revocarlo ai titolari, gli imperatori cercarono di svincolarsi dalla tutela papale (es. nel XII secolo Federico Barbarossa introdusse l'espressione sacrum imperium per rivendicarne la natura sacrale). L'autorità effettiva dell'imperatore si ridusse nel tardo medioevo al solo regno

di Germania e della concezione universalistica originaria rimase solo il riferimento alla sacralità del ruolo. Tra la dissoluzione dell'impero romano d'Occidente e la formazione di quello carolingio, l'organizzazione politica prevalente fu quella dei regni romani-barbarici (es. visigoto e franco). La tradizione barbarica del potere sulle persone si incontrò con la concezione romana dell'esercizio del potere su un territorio. Eletti in origine dai capi tribù per esercitare il comando militare, quando si insediarono nei territori dell'impero i re barbarici si trasformarono in re di tutte le popolazioni che vi risiedevano. Decisiva fu la conversione al cattolicesimo, che rese i re protetti dalle Chiese. Al tempo della sua massima estensione l'impero carolingio era amministrato da centinaia di conti, duchi e marchesi, posti a capo di circoscrizioni (“comitati”) coincidenti spesso con l'antico distretto di una città romana. Dalla fine del IX secolo, con l'indebolimento del potere centrale, tali ufficiali fecero delle proprie prerogative pubbliche la base per la costruzione, tra il X e il XII secolo, di autonomi poteri locali: le signorie. Al contempo famiglie aristocratiche, non detentrici di poteri pubblici ma forti anch'esse di clientele armate, costituirono a partire dai propri possessi fondiari degli analoghi poteri di dominio pubblico che estesero a territori più ampi, in genere centrati su singoli castelli: le signorie di banno o territoriali. La frammentazione signorile fu superata dalla ricomposizione territoriale avviata, tra XI e XII secolo, da poteri monarchici che vennero affermandosi a partire da nuclei politici di origine carolingia (che diedero poi forma ai regni di Germania, Francia e Italia) o post-carolingia (es. regni normanni, iberici e slavi). I re legittimarono la propria autorità ricorrendo ad elementi sacrali e stabilirono rapporti feudo-vassallatici come strumenti di dipendenza politica. L'espansione economica, inoltre, consentì alle autorità regie di incrementare le entrate fiscali e, di conseguenza, di stipendiare apparati sempre più ampi di ufficiali destinati all'amministrazione dei regni. Nel basso medioevo si affermarono anche forme di governo collegiale nelle campagne e nelle città. Tra XII e XIII secolo le comunità rurali ottennero dai propri signori il riconoscimento di forme elementari di autogoverno. Ciò fu reso possibile dal declino dei poteri signorili, per cui era vantaggioso riconoscere diritti alle comunità in cambio di riscatti monetari. Di maggiore portata fu l'affermazione dell'autogoverno cittadino. Tra XI e XII secolo, in molte regioni dell'Europa settentrionale, i mercanti e gli abitanti delle città cominciarono a ottenere dai re e dai principi territoriali delle carte di franchigia (o di comune) che ne riconoscevano lo status giuridico differenziato rispetto ai residenti nelle campagne e il diritto di partecipare, con le proprie magistrature, all'amministrazione urbana. Fu sopratutto nelle città del regno d'Italia che i comuni raggiunsero un grado pieno di autonomia politica, in virtù della presenza di una rilevante componente aristocratica militare nella società urbana e delle funzioni di organizzazione del territorio circostante che le città italiane svolgevano sin dall'età antica. Gli ultimi secoli del medioevo conobbero un generale orientamento verso forme di dominio caratterizzate da una sempre maggiore articolazione di apparati amministrat...


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