Lutto e melanconia freud 1 PDF

Title Lutto e melanconia freud 1
Course Psicologia dinamica
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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LUTTO E MELANCONIA. In questo saggio, Freud analizza le distinzioni tra la melanconia confrontandola con il normale stato del lutto. La melanconia si presenta in forme cliniche differenti, alcune forme son più concentrate sul sintomo psichico e altre sul sintomo somatico. Freud si propone di associare il lutto e la melanconia per il quadro d’insieme dei due stati. Il lutto è la reazione alla perdita di una persona amata ma anche di un’astrazione che ne ha preso il posto –come la patria, la libertà, un ideale. La stessa situazione produce, in alcuni individui, la melanconia invece del lutto. È quindi importante ricordare che nonostante il lutto implichi uno scostamento dal modo normale di atteggiarsi nei confronti della vita, non è mai considerato uno stato patologico. La melanconia è caratterizzata da un profondo e doloroso scostamento, da un venir meno dell’interesse per il mondo esterno, dalla perdita della capacità di amare, dall’inibizione di fronte a qualsiasi attività e da un avvilimento del sentimento di sé che si esprime in auto rimproveri e auto ingiurie e culmina nell’attesa di una punizione. Il lutto presenta il medesimo quadro a parte l’avvilimento del sentimento di sé. Il lavoro svolto dal lutto è il seguente: l’oggetto amato non c’è più quindi tutta la libido connessa con esso deve essere ritirata. Contro questa richiesta si solleva un’ avversione: gli uomini non abbandonano mai volentieri una posizione libidica. La normalità è che il rispetto della realtà prenda il sopravvento. Questo compito non è realizzato immediatamente: esso può essere portato avanti solo poco per volta. Una volta portato avanti il lavoro, l’Io ridiventa libero e disinibito. Nel caso della melanconia, la perdita può essere un lutto ma può essere anche l’abbandono, oppure può essere qualcosa di cui non ci si rende conto. Spesso, infatti, il malato non riesce a dire cosa sia andato perduto, ma solo quando si è verificato questo stato melanconico. Il malato è come un enigma, perché non riusciamo a vedere da cosa l’ammalato sia assorbito in maniera così totale. Nel lutto il mondo si è impoverito a causa della perdita, nella melanconia è l’Io stesso a essersi svuotato. L’Io è descritto come indegno, spregevole. Questo delirio d’inferiorità è affiancato da insonnia, rifiuto del nutrimento e il superamento della pulsione che tiene legato ogni essere umano alla vita. Da ciò che il malato dichiara, si può comprendere che egli ha subito una perdita che riguarda il proprio Io, non l’oggetto come avviene nel lutto. Nel melanconico vediamo una parte dell’Io che si contrappone all’altra parte, la valuta criticamente e la assume quale suo oggetto. Grazie a ciò possiamo venire a conoscenza della coscienza morale. Nel quadro morboso della melanconia, emerge in primo piano il rimprovero morale nei confronti del proprio Io. Secondo alcuni studi, la melanconia può essere considerata come una regressione al narcisismo primario. Prende una parte dalle caratteristiche del lutto, dall’altra da una regressione che procede dalla scelta oggettuale di tipo narcisistico al narcisismo. Fra i presupposti della melanconia non va sottovalutata la presenza di un’ambivalenza che è un contrasto tra amore ed odio. La melanconia può essere considerata dunque un lutto senza fine, senza elaborazione. E’ come se nel malinconico si producesse una scissione dell’Io, per cui una parte di esso si rivolgesse contro l’altra parte, punendola, biasimandola, attaccandola violentemente, fino anche al suicidio del soggetto. Tutto ciò fa pensare che l’oggetto perduto, per il melanconico, sia l’Io stesso. Ciò succede perché l’Io si è identificato narcisisticamente con una persona verso la quale si è provato un sentimento ambivalente: sia amore, sia odio, mentre l’altra parte dell’Io regredisce fino allo stadio del sadismo. L’odio rimosso per qualcun altro (sia questi l’oggetto perduto o no) determina dunque gli autorimproveri, l’autoaggressività, ma anche l’irritabilità dei melanconici, che sono individui molesti, i quali si vittimizzano, quasi come se fossero sempre gli altri i responsabili di qualche ingiustizia nei loro confronti. La caratteristica della melanconia che necessita della spiegazione più accurata è la sua tendenza a convertirsi in mania, che avviene in questo modo: “in questi casi avviene qualcosa che fa sì che un grande spiegamento di energia psichica, sostenuto a lungo o trasformatosi in abitudine, a un certo momento diventi superfluo, talché questa energia è resa disponibile per molteplici impieghi e possibilità di scarica. Ciò si verifica ad esempio quando un povero diavolo è sollevato improvvisamente –perché gli piove addosso una grande quantità di denaro –dalla cronica preoccupazione per il pane quotidiano; o quando una lotta lunga e difficile è coronata infine dal successo; o

quando,d’un tratto, riusciamo a liberarci da una pesante costrizione o da una posizione falsa in cui avevamo indugiato a lungo; e così di seguito. Tutte queste situazioni sono caratterizzate da un umore allegro, dai segni di scarica dati da un affetto gioioso e da un’accresciuta disponibilità a compiere ogni sorta di at proprio come nella mania, e in assoluto contrasto con la depressione e l’inibizione tipiche della melanconia. Possiamo azzardarci a dire che la mania non è altro che un trionfo di questo genere, solo che anche questa volta l’Io ignora quali prove ha superato e perché sta cantando vittoria” Come si nota, la mania rappresenta una cambio di posizione psichica in termini economici: le risorse vengono spese, reindirizzate, altrove, spostandosi dall’Io verso l’esterno, e producendo un senso di trionfo e di alleggerimento. Freud, tuttavia, conclude il breve saggio rimandando ad ulteriori approfondimenti che possano chiarire perché alla melanconia segua spesso una fase di mania, e non così, invece, nella fase di risoluzione del semplice lutto....


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