NEL MARE CI SONO I Coccodrilli PDF

Title NEL MARE CI SONO I Coccodrilli
Author Giorgia Finali
Course Migrazioni e sperimentazioni linguistiche e culturali nei servizi per l'infanzia e per le famiglie
Institution Università degli Studi di Bergamo
Pages 4
File Size 147 KB
File Type PDF
Total Downloads 9
Total Views 146

Summary

riassunto del libre: nel mare ci sono i coccodrilli...


Description

NEL MARE CI SONO I COCCODRILLI – Fabio Geda Storia vera di Enaiatollah Akbari Afghanistan

Pakistan

Iran

Turchia

Grecia

Italia

1. AFGHANISTAN Enaiat era un bambino afghano di circa 10 anni quando ha intrapreso il viaggio. La sua famiglia era composta da un fratello più piccolo, una sorella maggiore e sua madre. Il padre (Hazara) era morto perché obbligato dai Pashtun ad andare in Iran a rubare con un camion e poi riportare tutta la merce intatta a loro e se per caso qualcosa fosse andato storto avrebbero ucciso la sua famiglia. Il suo camion fu assalito e derubato e il padre fu ucciso. Da quel giorno i Pashtun sono andati a chiedere risarcimento prima allo zio e poi alla famiglia. Volevano prendere come schiavi i due figli (Enaiat e suo fratello minore) così scavarono una buca vicino a casa per nascondersi. Enaiat non voleva andare via dal suo paese, Nava in provincia di Ghazni, perché lo riteneva bellissimo anche se non tecnologico e senza energia elettrica. Un giorno la mamma gli disse che dovevano partire per lasciare l’Afghanistan senza suo fratello ne sua sorella che sarebbero rimasti con la zia. Arrivò un uomo, amico del padre, che fu la loro guida fino a Kandahar. Lì prese accordi con un pakistano per farci trasportare, con il suo camion carico di pali della luce rubati, fino in Pakistan a Quetta. A Quetta si sono fermati a dormire a Samavat (casa degli ospiti) per tre giorni. Una sera, prima di dormire, la madre prese la testa di Enaiat, la strinse forte e gli disse: “Tre cose non devi mai fare, promettimelo: Non usare le droghe, non usare le armi e non rubare. E devi sognare, desiderare qualcosa con tutto te stesso”. La mattina successiva la mamma non era più accanto a lui, era partita per tornare a casa dai suoi fratelli. (storia: talebani han chiuso la scuola) N.B. Afghani e talebani sono diversi. I talebani sono fondamentalisti islamici di tante nazionalità diverse tra cui anche afghani ma non solo. Hazara e Pashtun sono gruppi etnici 2. PAKISTAN A samavat c’erano altri hazara ma con loro Enaiat non riusciva a comunicare perché avevano un accento diverso. Enaiat chiese al gestore di samavat, Kaka Rahim, di poter restare li in cambio di un lavoro remunerato con denaro. Inizialmente gli disse di si ma solo per un giorno ma poi, vedendolo inconsapevole del mondo al di fuori, gli disse che poteva restare a dormire e mangiare in cambio di lavorare per lui, fare qualsiasi cosa gli chieda. Quando Kaka Rahim aveva visto che Enaiat si comportava bene, iniziò a fargli portare il Chay (te con il latte) nei negozi che lo richiedevano insegnandoli a comportarsi educatamente e a contare soldi. Andando n a consegnare si fermava davanti a una scuola durante l’intervallo ad ascoltare i rumori, le voci, i giochi ed immaginando di giocare con i suoi amici a Nava. Un giorno il proprietario di un negozio in cui consegnava abitualmente, Osta Sahib, gli offrì un lavoro: vedere merce per lui in cambio di soldi. Enaiat ci pensò preoccupato per dove dormire o mangiare ma Osta Sahib li convinse, andarono a comprare la merce da vendere. Una volta con se la scatola contente le merci, il posto dove vendere le merci (vicino a un bazar) e le raccomandazioni Enaiat andò. La sera del suo primo giorno non riuscì a vendere nulla e dei ragazzini gli rubarono un pacchetto di gomme. Enaiat essendo più piccolo di età e di numero rispetto ai quei ragazzini prepotenti si rassegnò ma ad un tratto iniziarono a venire in suo aiuto

dei ragazzini Hazara. Qui strinse amicizia con Gioma, detto Sufi, in modo particolare e iniziarono a vedersi. Il lavoro a Liaqat Bazar non piace ad Enaiat, le ingiustizie con poliziotti, le discriminazioni da parte di fondamentalisti, la difficoltà di vendere senza truffare, gli attacchi terroristici convinsero Enaiat a partire verso l’Iran in quanto si diceva che in Iran c’era lavoro e si stava meglio. Enaiat chiese consiglio a Kaka Rahim che gli disse di andare da un certo trafficante dicendo di essere suo amico. Enaiat salutò i suoi amici comunicando loro della sua decisione di partire e Sufi decise di andare con lui. I due amici incontrarono il trafficante e, non avendo abbastanza soldi, accettarono la proposta che il trafficante gli fece. Una volta arrivati in Iran dovevano lavorare dove il trafficante gli disse e per i primi mesi lo stipendio lo avrebbe preso il trafficante poi sarebbero stati liberi di restare o andare altrove. Il mattino seguente partirono a bordo di un pullman di linea (come le persone importanti), incontrarono altri gruppi di trafficanti e insieme salirono su un furgone con il cassone aperto. I trafficanti si sedettero davanti e i due ragazzi insieme agli altri andarono nel cassone, tutto stretti (erano in 16). Si fermarono in mezzo ad una montagna e si nascosero in una grotta perché l’ordine era di portare 5 persone alla volta. Arrivato il loro turno Enaiat e Sufi arrivarono a Kerman, una città dell’Iran. 3. IRAN Kerman era una casa confortevole che ospitava clandestini e trafficanti. Enaiat si ammalò così lui e Sufi rimasero più degli altri in quella casa. Una volta guarito andarono con un gruppo di clandestini e dei trafficanti in stazione e presero un treno per Qom (città sacra per i musulmani sciiti). Da Qom sono andati fino a Esfahan dove il trafficante portò Sufi ed Enaiat in un cantiere dove stavano costruendo un palazzo e li lasciò con il capocantiere. In quel posto lavoravano solo clandestini e il cantiere era la loro “casa” sicura, il loro mondo; al di fuori di esso si incorreva nel rischio di essere arrestati dalla polizia iraniana per poi essere portati ai centri di detenzione di Telisia e Sang Safid (= prigioni leggendarie). Passati i quattro mesi, iniziarono a dare lo stipendio a Sufi e Enaiat. Sufi dopo qualche mese decise di andare a Qom a lavorare le pietre e litigò per questo motivo con Enaiat. Enaiat si sentì solo perché Sufi era come la sua famiglia. Finito il palazzo si spostarono il cantiere in periferia (Baharestan) e Enaiat continuò a lavorare li. In periferia era meno pericolo perciò si poteva andare anche fuori dal cantiere. Enaiat si trovava bene lì. Un giorno chiamò il centro a Qom, parlò con Sufi e andò a trovarlo una settimana. Al suo rientro, dopo pochi giorni, il cantiere fu circondato e tutti furono rimpatriati (dopo aver pagato il viaggio ed essere passanti in una centro penitenziario in cui vennero rasati a zero). I poliziotti li portarono al confine, un posto pieno di trafficanti che aspettavano solo i rimpatriati per riportarli in Iran. Enaiat una volta tornato a cantiere della periferia pagò i trafficanti. Il giorno successivo saluto il suo gruppo e raggiunse Sufi in quanto il suo centro era tranquillo ed sicuro. Enaiat decise di viaggiare senza l’aiuto di trafficanti ma fu fermato dalla polizia e, dopo averlavaro una cucina con piatti incrostati, per tre giorni fu costretto (insieme ad altre 3 ragazzini) a caricare e scaricare i rimorchi sottoposti al controllo. Una volta rilasciato andò a Qom a piedi. Iniziò a lavorare le pietre in fabbrica ma questo lavoro era molto pericoloso. Un giorno Enaiat si ferì alla gamba e per questo lavorò in cucina per qualche mese. Uscito dalla fabbrica per fare la spesa vide un orologio (di gomma), il suo sogno e lo comprò.

Un giorno la polizzia accerchiò la fabbrica e tutti i clandestini furono rimpatriati. Enaiat pagò un trafficante per tornare in Iran ma le cose non andarono bene. Furono fermati dalla polizia corrotta alla quale non gli bastò prendere i soldi ma li derubò. A Enaiat fu portato via il suo orologio di poco valore. Successivamente una macchina di polizia li inseguì: i clandestini iniziarono a correre, scappare e i poliziotti iniziarono a sparare. Enaiat riuscì a schivare le pallottole e scappre via; li decise di tentare ad andare in Turchia. La scelta di emigrare nasce da bisogno di respirare. La speranza di una vita migliore è più forte di qualsiasi sentimento. 4. TURCHIA Enaiat era al punto di non ritorno, la sua memoria aveva smesso di tornare. Erano trascorsi più o meno 4 anni e mezzo da quando era partito di cui 3 anni in Iran. Partire per la Turchia costava parecchio, 7 mesi di lavoro in fabbrica senza spendere nulla. Enaiat accettò la proposta di altri ragazzini afghani (che giocavano al torneo di calcio) che gli avrebbero pagato il viaggio in nome della loro amicizia. Partirono in 4 ed contattarono il trafficante cugino di uno di loro. Il trafficante cugino pero era solo un intermediario che gli fece comprare scarpe e vestiti da montagna e un paio di vestiti puliti e belli da indossare arrivati ad Istambul. Presero prima un taxi poi un pullman che scaricò su una corriera fino a Salmas, l’ultima città dell’Iran. Iniziarono il viaggio in montagna che sarebbe dovuto durare 3 giorni ma che durò 27 giorni. Partirono in 77 persone ed arrivarono alla cima in 65, 12 morirono durante il tragitto. Una volta arrivati in cima iniziarono a scendere con i trafficanti turchi fino a Van dove li portarono in una specie di stalla. Una notte poi li fecero salire sul fondo di un camion rannicchiati e con il collo piegato, con due bottiglie di acqua, una piena e una vuota, dover rimasero per 3 giorni. Al termine di questi giorni i clandestini furono fatti rotolare giù dal camion (in quanto dopo tutto quel tempo non riuscivano più a muoversi) in una specie di garage. Enaiat quando riuscì a muoversi chiamò il trafficante contattato in Iran che avrebbe dato i soldi a i trafficanti Turchi. Una volta pagati, i Turchi lo portarono a Istambul. Qui cercò di trovare lavoro e dormì nei parchi per parecchio tempo. Non riuscendo a lavorare decise di partire con altri 3 ragazzi più piccoli di lui ingannandoli (inglese) per la Grecia. Il trafficante li portò vicino alle coste e gli diede un gommone, dei salvagenti, dei remi, dello scotch e gli indicò le coste della Grecia. Dopo due giorni partirono in mare. 5. GRECIA Il viaggio in mare è stato pericoloso ed un ragazzino è caduto in mare, risucchiato dalle onde di una grossa nave che non si fermò. Una volta arrivati in Grecia avevano bisogno di vestiti e di arrivare alla città marittima di Mitilene da dove partivano i traghetti per Atene. Enaiat e Hussein Alì furono arrestati all’uscita dal supermercato ma riuscirono ad uscire dalla caserma durante la notte grazie a dei polizziotti stanchi di loro senza farsi prendere le impronte digitali. Una volta usciti cercarono Soltan e Rahmat e una volta raggiunti iniziarono a camminare in sentieri in direzione di Mitilene. Enaiat stanco che dei tre ragazzi che volevano fare autostop si distacco dal gruppo e da una cabina telefonica vide che i tre furono arrestati. Enaiat entrò in un giardino di una grande casa e si nascose dietro l’albero per paura di un cane e si addormentò. Fu svegliato da una anziana che gli offri cibo, vestiti, gli fece fare la doccia, gli comprò un biglietto per Mitilene e gli diede 50 euro. Una volta giunto alla città comprò facilmente (rispetto agli altri clandestini) il biglietto del traghetto per Atene. Sul traghetto incontrò Jamal un amico del torneo

di calcio tra fabbriche. Una volta arrivati i due presero un treno e scendevano ad ogni fermata per vedere cosa c’era e poi risalire. Si fermarono ad un parco dove trovarono altri afghani e fecero amicizia con loro. Il parco era la loro casa e così diventò anche quella di Enaiat e Jamal. Per due mesi riuscirono a lavorare in quanto Atene era in cerca di manodopera in vista delle Olimpiadi del 2004. La paga era 45 € al giorno senza riposi. Non trovando lavoro Enaiat decise di partire per l’Italia. Andò a Corinto ma non riuscì, nemmeno con l’aiuto dei trafficanti, a passare il confine nascondendosi nei container, camion ecc. Decise di provarci da solo e ci provava anche più di 10 volte al giorno fino a quando un giorno riuscì a passare i controlli nascondendosi nel container di una nave senza sapere la sua direzione. Per 3 giorni Enaiat rimase nascosto senza cibo ne acqua e fortunatamente quando si fermò riuscì a scappare. La nave si era fermata a Venezia. 6. ITALIA Camminando incontrò due ciclisti che gli diedero 20 euro e arrivato ad una fermata di un bus chiese indicazioni per la stazione ad un ragazzo. Questo ragazzo lo portò con se sul pullman fino al centro di Venezia, gli comprò un panino, lo portò in una chiesa per farlo lavare e dargli vestiti puliti. Enaiat gli fece capire di voler andare a Roma e allora il ragazzino gli comprò un biglietto del treno per Roma e lo accompagnò a prenderlo. Una volta arrivati a Roma cercò altri afghani come lui e li trovò in fila per ricevere coperte e cibo dai monaci. Dopo aver chiesto a tantissime persone se conoscessero un suo amico di Nava che viveva in Italia. Per fortuna trovò il suo numero, lo chiamò e lo raggiunse a Torino. Un ragazzo afghano che conosceva abbastanza la lingua italiana lo accompagnò alla stazione e salì sul vagone e chiese a una signora se poteva assicurarsi di far scendere Enaiat alla stazione Porta Nuova di Torino. La signora chiese se alla fermata ci sarebbe stato qualcuno ad aspettarlo, Enaiat disse di no ma che aveva il numero del suo amico. La signora chiamò l’amico Payam per dirgli orario preciso di arrivo. Arrivati alla stazione i due si incontrarono. Payam chiese a Enaiat se si sarebbe fermato in Italia o sarebbe partito per qualche altro paese perché l’indecisione non è sana per chi è senza permesso di soggiorno. Enaiat decise di rimanere in Italia così Payam lo portò all’Ufficio minori stranieri. All’Ufficio ricevette brutte notizie, non c’era posto in nessuna comunità. Payam fece delle telefonate perché non voleva farlo dormire per strada e nella sua comunità non poteva andare. Andò per 3 giorni da un suo amico e poi andò per parecchio da Danila (donna che lavorava nei servizi sociali del comune). Appena si liberò un posto entrò in comunità ma, nonostante fosse accogliente, non stava bene. Danila e Payam saputo ciò lo aiutarono e una volta a settimana (sabato) un educatore lo portava da loro. Enaiat voleva studiare e lavorare. Danila gli chiese se gli sarebbe piaciuto tornare a vivere con la sua famiglia, ricevendo una risposta affermativa da Enaiat decise di prenderlo in affidamento. Iniziò una seconda vita. Ora doveva ottenere il permesso di soggiorno come rifugiato politico. Per sei mesi frequentò una scuola per imparare l’italiano superò l’esame di terza media da privatista. Dopo due anni si presentò a Roma davanti alla commissione che gli diede il permesso di soggiorno dopo aver insistito e portato un articolo di giornale sull’Afghanistan. Al terzo anno di superiore decise di provare a cercare la mamma, il fratello e la sorella a Nava. Aveva quasi perso le speranze quando ha avuto la notizia che la sua famiglia era viva e si era traferita in un villaggio dall’altra parte della valle. La chiamò dopo 8 anni. Sua mamma era viva....


Similar Free PDFs