I giullari nel medioevo PDF

Title I giullari nel medioevo
Course Storia Del Teatro E Dello Spettacolo
Institution Università degli Studi di Pavia
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I GIULLARI I giullari medievali erano intrattenitori professionisti che guadagnavano denaro facendo degli spettacoli per il pubblico. Il ruolo del giullare è diverso da quello dell’attore, in quanto i giullari sono una varietà di performers di suonatori, danzatori, mimi, acrobati ecc.…Un giullare non usa i linguaggio del corpo per esprimere un contenuto drammatico, ma si esibisce in spettacoli di vario genere basati su delle prove d’abilità. Nel VII secolo, Isidoro da Siviglia, elenca nelle sue “Etymologiae” alcuni mestieri annessi al teatro ed è stato uno dei principali responsabili della trasmissione di idee erronee sul teatro antico: ad esempio il termine MIMUS alludeva ad una genere di spettacolo mentre ACTOR HISTRIO erano due termini generici. Nella seconda metà del XII secolo nel “Summa de arte prosandi” sono elencate persone che accorrono alle corti per carcare rifugio, includendo anche persone con qualche menominazione fisiche (zoppi …). I giullari vengono equiparati a queste persone, quindi vengono visti persone che come gli emarginati chiedono l’elemosina per vivere. Per la prima volta vengono menzionate anche le prostitute, donne che offrono il proprio corpo a chiunque dolci fino alla morte come delle sirene. Tra il XIII e XIV secolo nasce la figura del menestrello, ovvero una persona di corte che avevano il compito di intrattenere gli ospiti suonando uno strumento musicale, perciò, si differenziavano dagli acrobati. Nel 1274 Riquier, uno dei più importanti trovatori che si ritiene superiore ai giullari in quanto egli, come gli altri trovatori, esercita la nobile arte del comporre senza chiedere un compenso, pubblica il “Supplicatio” trattato in cui emerge l’esigenza di stabilire una gerarchia fra gli intrattenitori e una suddivisione per categorie. Inoltre, viene ribadita una differenza tra giullari e cantori di gesta o delle vite dei santi. Sempre in questi secoli nei romanzi vengono, per la prima volta, descritti i giullari che accorrono alle feste di corti per celebrare un evento importante: l’arrivo di un nobile o un matrimonio. Tra questi romanzi ricordiamo la “Flamenca”, “Bovo d’Antona”, “Daurel et Beton” e “Roman d’Alexandre” -> in tutti questi vediamo che gli intrattenitori cominciano un’opera di collaborazione tra di loro. Tale collaborazione tra trovatori e giullari poteva essere a tempo determinato, in occasione della festa, o permanente, ma presupponeva anche una distinzione dei ruoli: il trovatore era l’autore colui a cui doveva essere conferito il merito mentre il giullare era l’esecutore. Già nel XIII secolo possiamo assistere ad un divario tra giullari popolari e giullari di corte, processo già visibile nel trattato di Riquier. La professione di intrattenitore trovò una propria legittimazione sociale venne inserita all’interno di una struttura forte: il loro reinserimento nella piramide sociale passa attraverso l’integrazione in una categoria servile. Il XII secolo aveva visto nascere delle associazioni dirette dagli stessi giullari, esse rappresentavano un primo riconoscimento ufficiale della professione. Tra quelle più importanti ricordiamo la Confrérie des Ardents fondata nel 1194 che in origine era di assistenza funeraria diversa dalle successive francesi. I vari statuti stabilirono una sorta di codice di deontologia professionale che tutelasse sia i giullari sia gli interessi dei nobili, perciò il riconoscimento effettivo passa attraverso i nobili. Nel diventare giullari di corte gli intrattenitori finirono per perdere il loro carattere originario trasformandosi in figure sotto controllo dei potenti. Nei vari documenti letterari non si trovano notizie sui mimi e sui pantomimi, in quanto le loro performance mimiche facevano parte del repertorio dei giullari. Il termine “mimo” veniva utilizzato dai greci e dai latini per indicare un genere drammatico con una comicità scurrile. Questi generi, del mimo e del pantomimo, sopravvissero più a lungo e per questo motivo si formò un’immagine distorta del teatro antico. Sant’Agostino afferma nel “De magistro” che a teatro gli istrioni raccontavano delle storie senza parlare e li descrive come dei pantomimi. Nel VI secolo, Cassiodoro descrive la loro azione con la stessa ammirazione di Sant’Agostino: il suo riferimento alla scrittura sembra alludere all’esistenza di un testo e di un narratore che racconta la storia mimica. L’idea di raccontare una storia attraverso i gesti viene rilanciata solo più tardi. Nella prima metà del XII secolo Ugo di San Vittore include il teatro fra le arti meccaniche e lo definisce come scientia ludorum. Tale legittimazione del teatro presenta una sorta di scena depurata, da cui vengono

estromessi gli spettacoli giullareschi. L’immagine del teatro antico tramandata da Isidoro sarà poi ripresa dai letterati bassomedievali e sarà Nicola Trevet a descrivere il modo di rappresentare le opere antiche riproponendo l’immagine del poeta che legge il testo mentre i mimi lo esprimono danzando. Gli intellettuali rinascimentali ricostruirono la memoria del teatro antico a partire da alcune reminiscenze letterarie, unendo due immagini della sena antica: luogo ombreggiato e luogo isidoriano. La tecnica di contraffare mimicamente i tipi umani era una delle abilità possedute dai giullari che raccontavano storie. Prendevano, oltre al registro verbale, la paronomasia, il nonsense e un vasto repertorio di smorfie, ma questo loro prendere e mettere nei loro racconto ebbe un effetto negativo: iniziarono ad essere rivolti a loro delle accuse per i loro gesticolo eccessivi. Una tipologia frequente nell’arte romanica sono i rilievi scultorei che raffiguravano volti deformati dando loro il senso del comico e del grottesco, i famosi gargouille di solito collocati sopra alle facciate delle chiese. Alcuni di queste sculture tirano fuori la lingua o si aprono la bocca con le mani. L’esistenza di spettacolo mimici di vario genere è suffragata dalla letteratura giullaresca, cioè dai testi tramandati dalla cultura orale e giunti fino a noi in forma scritta. Nella narrazione in prima persona il grado di contraffazione del personaggio può oscillare da un livello minimo tendente a zero a un livello massimo. Alcune allusioni a performances mimiche si trovano nella letteratura italiana del XIV secolo, per esempio in una novella del Decameron di Boccaccio. Non solo ma si possono trovare anche nelle letteratura di altri paesi, come si vede in Spagna grazie ad un giullare lombardo a cui viene attribuito il termine di imitatore. All’inizio del XIII secolo, Geoffroi de Vinsauf scrive la “Poetria Nova”, un trattato di arte poetica e di retorica in cui fornisce anche alcuni consigli per la recitazione. Egli descrive il comportamento dell’attore o di un oratore in generale e raccomanda a chi recita di contraffare i segni naturali delle passioni, senza però immedesimarsi troppo nello stato d’animo del personaggio. Il recitante, perciò, non dovrà riprodurre interamente i segni esteriori che caratterizzano il personaggio, ma operare una scelta quella sui tratti essenziali e li riproponga in una sorta di riconoscibilità. A partire dalla fine del XIV secolo, il giullare di strada assunse la funzione di un cantastorie girovago, divulgatore dell’epica cavalleresca che intrattenevano il pubblico sulle piazze durante le feste e i mercati. Un’altra categoria di performers che si ricava dalle scritture letterarie sono gli imitatori dei versi degli animali. Se gli intrattenitori che davano spettacolo mostrando le proprie abilità hanno ispirato la fantasia di scultori e minatori, neppure i giullari affabulatori hanno lasciato tracce nell’iconografia medievale. Esisteva una specie di filo che collegava i cantori epici popolare al folclore moderno, così come le performances degli intrattenitori a quelle di Dario Fo, l’inventore del linguaggio mimico e verbale ispirato alla tradizione giullaresca. Uno spettacolo molto frequente nella vita pubblica erano gli imbonitori, coloro che con erbe e unguenti si vantavano di avere poteri miracolose. Erano per lo più ciarlatani che guadagnavano da vivere in questo modo. La vendita di oggetti miracolosi si sovrapponeva al commercio delle reliquie. Durante il basso Medioevo i ciarlatani divennero sempre più numerosi, finendo per confonderli con gli intrattenitori. Una tipologia di ciarlatani erano gli incantatori di serpenti, poiché le loro performance erano finalizzate alla vendita di antidoti o unguenti. Per la rendere le varie rappresentazioni vero simili alcuni venditori di antidoti si lasciassero mordere davvero dalle vipere. Nello “Speculum cerretanorum” c’è un capitolo dedicato agli attarantati, coloro che simulavano un avvelenamento causato dal morso di un serpente: la performance era quindi la finzione. Ciarlatani e venditori ricorrevano alla collaborazione di intrattenitori professionisti che pagavano per attirare gli spettatori, ovvero i clienti. In un documento del 1484 parla di un venditore di una polvere vermifuga assolda un cantore per circa un senese. Se i ciarlatani hanno una certa affinità con i giullari, i veri performers sono i prestigiatori che si esibiscono in giochi di magia e di vario genere. Maghi, illusionisti e giocolieri animavano le città medievali. In una novella di Franco Sacchetti si narra di un fiorentino che sbarcava il lunario con il gioco della gherminella, cioè cercava di raccogliere denaro ai passanti ingannandoli con la destrezza della mano.

A partire del XIV secolo un tipo particolare di giullare, i buffoni, iniziò a stabilirsi in modo permanente presso le famiglia reali. Il termine “buffone” allude, perciò, ai giullari di corte. I buffoni frequentano le corti e si fingono pazzi per questo motivo verranno chiamati dai loro nobili folli. Nell’Italia comunale del Trecento canterini, buffoni e araldi diventano intrattenitori assunti in modo permanente e avevano il compito di allietare la mensa dei signori recitando sonetti o cantando. Nelle arti figurative del secolo successivo le raffigurazioni dei buffoni nel suo costume tipico andarono a sostituire l’iconografia degli intrattenitori precedenti. Oltre al loro costume tipico, essi venivano raffigurati con in mano un bastone che finiva con la testa del buffone, perciò veniva usato come loro alter ego durante le performances. I vari documenti che raffigurano i buffoni di corte risalgono tutti al XV secolo. I giullari di corte di cui ci sono pervenuti notizie biografiche appartengono al XV e al XVI secolo. Grazie ai loro scherzi e azioni comiche movimentano la vita dei nobili ma erano anche oggetto di scherzi da parte di essi. Un esempio di buffone è quello di Gonnella -> uno studio di Schizzerotto ha dimostrato che nel famoso ritratto non si possono riconoscere le fattezze fisiche. Al di là delle ipotesi sull’identificazione del buffone si può osservare che l’iconografia del ritratto non qualifica l’immagine del giullare, ovvero non è informata al modello dominante e stereotipato del buffone. La maggior parte dei ritratti degli intrattenitori realmente esistiti presentano elementi eccentrici, che caratterizzano il personaggio del diverso. Un altro esempio è l’immagine del buffone del ritratto di Will Sommer -> fu immortalato nella miniatura di un salterio illustrato per il sovrano intorno al 1540. Sommer viene raffigurato nel suo abbigliamento quotidiano, una veste verde corta con cappuccio dello stesso colore. Queste nuove vesti si differenziano da quelli precedenti in quanto sono più eleganti e raffinati. All’ascesa economica dei buffoni di corte corrispose un riconoscimento sociale che potremmo definire degradato. I principi e gli aristocratici tardomedievale e rinascimentali amavano circondarsi di animali esotici, nani e buffoni, la cui differenza era segno di ricchezza. Il buffone aveva la licenza di trattare in modo familiare anche il re proprio in virtù della sua condizione di assoluta diversità. L’immagine stereotipata dal buffone di corta fa parte dell’iconografia tardomedievale e rinascimentale. Il costume bipartito è caratterizzato da tine vivaci come il rosso, il verde e il giallo. A partire dalla diffusione del dorato, il giallo subì un processo di svalutazione e cominciò ad essere utilizzato per rappresentare la falsità e il tradimento. Nel XIV secolo le vesti bipartire nel senso della lunghezza erano tipiche dei servitori presso una corte aristocratica. Il costume diventa una sorta di divisa, che rappresenta la loro condizione di persone subordinate. Nonostante queste rielaborazioni, il tema della follia come metafora del peccato e della cecità morale rimase nella cultura e nelle arti figurative. La condanna delle forme spettacolari è una lunga storia da far risalire ai Padri della Chiesa. Alle seduzioni del teatro e al divertimento profani gli scrittori cristiani contrappongono una scena spirituale. Tertulliano immagina il Giudizio Finale come una grandiosa rappresentazione, in cui i giusti potranno assistere ai tormenti inflitti ai peccatori. All’inizio del VII secolo Isidoro trasformerà l’associazione do Tertulliano in una sovrapposizioni di funzioni: teatro visto come bordello. Sant’Agostino racconta nelle Confessioni di essere stato irretito da giovane dagli spettacoli, pieni di immagini della sua misera. Il teatro è fatto di cose utili e vane a cui si contrappone la severa contemplazione della verità della fede. I divertimenti profani sono associati ai piaceri dei sensi che sono i principali allettamenti del diavolo, e anche della lussuria. Nel XII secolo Pietro Cantore dedica un capitolo del suo Verbum abbreviam a coloro che donano gli istrioni e ad altri personaggi, come le prostitute o i maghi. Sempre a partire da questo secolo si distinguono le voci tolleranti di alcuni scrittori cristiani, che accomunano i giullari ai bisognosi cui è buona norma cristiana fare carità. L’uso di fare ricchi doni a questi è confermato dalle varie fonti letterarie. I giullari vengono descritti come essere dediti al vizio ed accusati di essere senza fissa dimora o comunque difficilmente trovabili. Nella seconda metà del XII secolo iniziano ad essere distinti i giullari in base alle loro performance. Per questo l’elemento che fa la differenza è il riconoscimento della professionalità degli intrattenitori e del loro spirito. Si tratta di un divario che passa tra fare l’elemosina per pietà cristiana e retribuire lo svolgimento di un mestiere. I giullari vengono accusati di essere girovaghi e vani, cioè di passare in modo eccessivo a vanvera e di cose senza importanza. Non solo questo viene messo sotto accusa, ma anche la loro gestualità troppa eccessiva. La loro gestualità è artificiosa e non ha una funzione pratica né rituale: è semplicemente una gestualità sensuale e seducente. Gli scrittori cristiani e i predicatori sono consapevoli del carattere

spettacolare delle cerimonie religiose -> in questa prospettiva anche i chierici vengono visti come attori, nel senso che si esibiscono in canti e azioni. A differenza dei giullari sono visti come persone umili e dignitosi. L’immagine del giullare è evocata ogni volta che la mimica di un chierico appare eccesiva e scomposta e spettacolare. Proprio come il giullare, il predicatore doveva riuscire ad accattivarsi un pubblico, dalle cui elemosine e offerte dipendeva il suo sostentamento. Con l’avvento dei predicatori francescani, l’intento di sottrarre pubblico agli spettacoli dei giullari si combinò con la ricerca di nuove modalità espressive che siano capaci di sottolineare il pathos del discorso per coinvolgere emotivamente il pubblico. I francescani puntavano sulla retorica della comunicazione, cercando di commuovere il pubblico. A partire dal XIII secolo i domenicani e i francescani cominciarono ad attirare l’attenzione del pubblico. Vivacizzavano in particolare i loro sermoni con esempi, erano dei brevi racconti che illustravano il contenuto morale del discorso. Durante questo secolo iniziarono a proliferare sette di ordini mendicanti non ammesse dalla Chiesa e perciò iniziarono ad essere emarginati. Un’altra categoria emarginata erano i chierici ribaldi o vaganti, che abbandonavano il loro status per darsi ad una vita girovaga. I lusus sacerdotalis sono attestati fino al XI secolo quando vennero aboliti da Gregorio VII, ma fino dall’alto Medioevo erano diffuse le famose feste dei folli/degli innocenti/dell’asino/dell’episcopello . Le feste dei folli, oltre a proporre un’imitazione comica dei riti religiosi, comportavano un capovolgimento delle gerarchie: il più giovane dei partecipanti veniva vestito per burla con i paramenti vescovili e talvolta fatto sfilare attraverso la chiesa cavalcando un asino. I disordini e gli eccessi delle feste dei folli furono condannati dalla Chiesa. Nonostante le proibizioni le feste dei folli erano tollerate e continuarono per tutto il XV secolo. Erano considerati come una valvola di sfogo per liberare frustrazioni e risentimenti. Maria Corti ritiene che il capovolgimento dell’ordine tipico di questa feste sia in qualche modo speculare alla raffigurazione dei giullari a testa in giù nelle miniature. A partire dal XIII secolo emerse in ambito letterario una rivalutazione morale degli intrattenitori. Nel già citato romanzo provenzale Daurel et Beton il giullare è un personaggio eroico poiché si sacrifica suo figlio per salvare quello del signore che ha cresciuto come se fosse suo. Il gesto di tale abnegazione è qualcosa di eccezionale: il giullare può elevarsi moralmente fino a compiere gesti eroici e disinteressati, ma facendo ciò supera la sua moral e diviene una figura esemplare. Sembra una riabilitazione della figura del giullare, da negativa a positiva. Quest’accezione del giullare come qualcosa di positivo trova conferma nel fatto che spesso la riabilitazione fa parte di un miracolo, di un’azione che interrompe il normale corso degli eventi. La rivalutazione positiva dei giullari deve passare attraverso una promozione sociale, che non arriva per gli intrattenitori che usano il proprio corpo (acrobati) o per i cantastorie erranti. Ogni tipo di intrattenitori che usano il proprio corpo come strumento della performance, si possono assimilare gli uno agli altri. Nelle chiese o nelle cattedrali tali performance sono inserite nei momenti dedicati agli oggetti sacri. Le posizione acrobatiche più utilizzate e ricorrenti si possono far ricondurre ad una serie di esercizi e sono: il ponte , nelle chiesi francesi del XII secolo sono spesso accompagnati da uno o più suonatori; reggersi sulle mani; scorpione, appoggia la tesa sulle piante dei piedi. I contorsionisti che eseguono questo tipo di esercizio sono raffigurati di profilo e all’interno di spazi circolari. Gli acrobati e i contorsionisti raffigurati nella scultura romantica e gotica alterano il loro aspetto naturale per assumere una connotazione mostruosa, che viene spesso interpretata come una ricaduta nella concezione negativa originale. Per la cultura cristiana, stravolgere la propria immagine è un peccato poiché si ispira al demonio. Spesso la deformazione delle figure si sovrappone alla disarmonia e alla mancanza di proporzioni tipiche dell’arte romana, per cui è difficile stabilire se si tratti di uno stravolgimento estetico in funzione simbolica/compositiva. Per valutare il senso delle raffigurazioni profane bisogna tenere conto del programma iconografico complessivo, di ispirazione sacra in cui sono inserite. La postura circolare degli acrobati e animali mostruosi sembra dettata da esigenze di adeguamento alla struttura geometrica, ma da un’altra prospettiva rinvia alla circolarità del tempo e delle stagioni. Infatti, l’acrobata potrebbe rappresentare il corso dell’anno e dello Zodiaco, alludendo all’ordine cosmico di cui fanno parte gli essere mostruosi. Questa circolarità apre anche uno spirale alla vita reale, con una mescolanza di temi sacri e profani. Lo spazio esterno della chiesa rappresenta il confine fra il perimetro dell’edificio sacro, che è rassicurante, e le insidie della vita quotidiana minacciata da demoni del peccato. Gli ibridi che si trovano nell’ornamentazione

scultorea sembrano avere il compito di guardiani del regno degli inferi, quasi ambasciatori del diavolo. L’iconografia di questi acrobati spesso tende a sfumare in quella delle creature mostruose pronte a catturare chiunque oltrepassi i limiti del lecito. L’uso di decorare le misericordie con sculture satiriche e oscene, comincerà nel basso Medioevo, ment...


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