Ombre rosse - riassunto di uno dei film analizzati PDF

Title Ombre rosse - riassunto di uno dei film analizzati
Course Cinema e televisione
Institution Università degli Studi di Bergamo
Pages 2
File Size 104.7 KB
File Type PDF
Total Downloads 59
Total Views 137

Summary

riassunto di uno dei film analizzati ...


Description

Ombre rosse Ombre rosse (Stagecoach) è un film del 1939 diretto da John Ford, con John Wayne, Claire Trevor, Thomas Mitchell e John Carradine. Considerato spesso il più celebre e celebrato film western della storia del cinema, è riconosciuto come il prototipo del cinema western classico, in quanto appaiono in questa pellicola molti degli elementi che sarebbero in seguito stati ripresi dai film successivi appartenenti a questo genere.La pellicola segna il ritorno del regista al genere western dopo 13 anni.

Trama 1880. Un dispaccio informa un'unità dell'esercito che gli Apache, comandati da Geronimo, sono sul piede di guerra. L'interruzione delle comunicazioni via telegrafo impedisce di avere maggiori informazioni, ma un gruppo di passeggeri, non valutando bene il pericolo e pensando di poter contare sulla scorta dell'esercito, decide ugualmente di mettersi in viaggio sulla diligenza che da Tonto va a Lordsburg. L'equipaggio è piuttosto eterogeneo (il medico ubriacone Boone, la prostituta Dallas, il giocatore d'azzardo Hatfield, il banchiere disonesto Gatewood, lo sceriffo Wilcox, il rappresentante di liquori Peacock e Lucy Mallory, moglie incinta di un ufficiale dell'esercito) e ad esso si unirà poi Ringo, evaso alla ricerca di vendetta (a Lordsburg si trovano i fratelli Plummer, gli assassini del padre e del fratello). I membri del gruppo, inizialmente diffidenti l'uno dell'altro e pieni di pregiudizi nei confronti dei "poco di buono", come Ringo e Dallas, imparano a collaborare grazie all'improvviso parto di Lucy e all'attacco indiano poco prima di raggiungere la meta (dove Hatfield perde la vita). Raggiunta Lordsburg, Ringo compie la sua vendetta uccidendo i Plummer e, con la complicità del medico e dello sceriffo, grande amico di suo padre, fugge verso la frontiera in compagnia di Dallas .

Idea centrale Atto d'accusa contro l'ipocrisia sociale e l'emarginazione dei "diversi". Il film è la metafora della nascita del popolo americano, generato dagli europei che erano stati emarginati nel vecchio continente.

Analisi L'impatto drammatico scaturisce dal l'aver messo assieme personaggi diversi, dotati ognuno di motivazioni, caratteristiche e pulsioni individuali, che si manifestano soprattutto nel momento del pericolo. All'arrivo della diligenza il ritmo si fa travolgente per l'uso intelligente del montaggio e di una colonna sonora che accresce il senso drammatico dell'azione. È il più celebre western della storia del cinema, quello che trasformò in monumenti viventi John Ford e John Wayne

Commento Ritengo che il punto di partenza ideale per iniziare a parlare del cinema western sia questo film. Non si tratta a mio parere del migliore mai girato ma è sicuramente il più importante. Sottolineo innanzitutto che stiamo analizzando una pellicola girata alla fine degli anni Trenta, quando il film era in produzione doveva ancora scoppiare la Seconda Guerra Mondiale! Le conseguenze del tempo sono inevitabili. E’ vero che il classico, in qualsiasi forma d’arte si manifesta, non invecchia mai, ma forse per il cinema bisogna fare un discorso a parte. Nel trascorrere del tempo, dove nelle arti si può parlare di evoluzione della sensibilità e dello stile, all’interno del cinema avviene anche un progresso tecnologico e di mercato. I film cercano sempre più di stupire e attrarre il pubblico e di conseguenza i mezzi e i metodi per esprimere concetti ed emozioni si raffinano. John Ford è stato forse il più grande regista americano, ha fatto scuola e ha creato ciò che noi definiamo cinema classico americano, Akira Kurosawa e Orson Welles lo ritenevano uno dei loro più grandi maestri. E’ anche vero che sicuramente Ford non faceva l’arte per l’arte, il suo scopo era riempire i cinema, far venire il pubblico a vedere e apprezzare i suoi film, in questa prospettiva un regista come lui oggi girerebbe questo film in modo ben diverso. Si tratta comunque di segni del tempo piuttosto minimi, forse l’unico vero e proprio difetto sta nel modo in cui è raccontata l’evoluzione del rapporto sentimentale tra i due protagonisti. Fatta questa premessa si possono cominciare alcune osservazioni. Che cos’è “Ombre rosse“? E’ il film western più famoso della storia del cinema. E’ il primo mai girato? Assolutamente no, anzi i produttori avevano delle diffidenze a finanziarlo in quanto non avevano intenzione di fare “…il solito western”. Erano trent’anni che il cinema americano dava in pasto questo genere al pubblico e si riteneva di aver raggiunto la saturazione. Tratto da “Stage to Lordsburg“, un racconto di Ernest Haycox

che colpì Ford per le potenzialità psicologiche dei personaggi, il film finì nelle mani del produttore indipendente Walter Wanger della United Artist che approvò il progetto. Il racconto di Haycox era ispirato a “Palla di Sego” (Boule de suif) di Guy de Maupassant, dove una prostituta in fuga dagli invasori prussiani si ritrova a viaggiare su di una carrozza nel disprezzo e nella diffidenza dei passeggeri. Da dove derivano allora le ombre del titolo? Sono un’invenzione tutta italiana, il titolo originale del film è infatti Stagecoach che tradotto significa diligenza, la carrozza per lunghi viaggi dove interagiscono i protagonisti della storia. Perché è stato cambiato il titolo? Forse all’epoca il termine diligenza non era molto comune in Italia o venne ritenuto inadatto e si preferì sottolineare la presenza degli indiani nel racconto. Più che di presenza però bisognerebbe parlare di assenza o meglio di continua non-presenza. Il titolo italiano infatti spinge a ritenere che la storia sia incentrata tutta sullo scontro con gli indiani, che in realtà rimangono praticamente solo una presenza minacciosa nei discorsi dei personaggi. Quasi ci si aspetta che il film sia una storia di tensione dove il mostro, il nemico, non appare mai ma è continuamente presente in qualche modo sulla scena. In realtà questa non è minimamente l’intenzione di Ford che ritarda semplicemente l’ingresso degli indiani per far salire la tensione. Questi a ben vedere non sono nemmeno i nemici principali del protagonista e costituiscono solo un ostacolo da superare prima della prova finale. Ford pone al centro della storia i personaggi. La diligenza, mezzo di trasporto tipico dell’iconografia western, è trasformato da Ford in un brulicante microcosmo, specchio di una società, al pari del saloon, della fattoria e del fortino. Luoghi questi dove si intrecciano storie e dove si incontrano tutti coloro che contribuiscono, nel bene e nel male, a creare un mondo nuovo. Il regista non è interessato al conflitto etnico tra bianchi e pellerossa ma al conflitto sociale: tra pregiudizi e necessità racconta l’America durante il New Deal roosveltiano. La diligenza è un’efficace metafora della società dell’epoca, un mondo variegato per ceto, origini e cultura, in cui solo l’unione delle forze può permettere di superare ogni ostacolo e dare a tutti una possibilità di riscatto. Il film è un atto di accusa verso l’epoca precedente a Roosvelt, contro l’ipocrisia sociale e l’emarginazione nei confronti dei più deboli, gli esclusi della società, che non a caso sono i veri protagonisti del racconto, sono persone disperate ed emarginate, outsiders segnati dalla vita o dalla giustizia degli uomini, che hanno avuto guai con la legge o finiranno per averne, persone che nel pericolo dimostreranno di non essere ciò che sembrano, e che alla fine vedranno attuarsi una vera e propria nemesi. Questa almeno è una delle possibili letture che si possono fare di un film d’azione stranamente attento alla definizione psicologica dei nove personaggi principali. La metafora della società americana è infatti tutt’altro che facile da leggere e i protagonisti rappresentano sicuramente un campionario umano ben più vasto del loro esiguo numero. Certi hanno visto nella diligenza di Ford l’America che per necessità deve mettere da parte le divisioni in vista dell’imminente conflitto mondiale, ma questa a mio parere è una lettura influenzata da una visione troppo attenta ad avvenimenti storici successivi che erano tutt’altro che scontati. Più plausibile ritenere la diligenza simbolo dell’America moderna che avanza e contrasta la natura selvaggia del West ma si tratta pur sempre di una lettura molto generica. Come tutti i classici insomma il film di Ford si presta a letture di ogni genere. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico Ford crea dinamismo senza muovere la macchina da presa, sono il tipo d’inquadrature e soprattutto i primi piani a fare la differenza. Diffuso infatti all’epoca era il piano medio americano che consisteva nel riprendere l’attore sempre dalle ginocchia in su per lasciare inquadrata la pistola. Ford ignora questa convenzione e si concentra sull’espressioni degli attori. Altra cosa a cui si affida molto sono le immagini prive di dialogo. Molte cose ci vengono comunicate dall’azione e dalle inquadrature più che dalle battute, che in certi casi sono addirittura superflue. Due sono i movimenti di macchina che rimangono impressi: lo zoom improvviso all’ingresso dell’ancora semi-sconosciuto John Wayne, volto a sottolineare l’importanza del personaggio, e la panoramica rapida dalla diligenza agli indiani, che esprime la minaccia improvvisa del nemico, entrambe apprezzabili solo nella versione restaurata. Ombre rosse è considerato( il 2001: odissea nello spazio del genere western), ossia il film fondamentale che ha nobilitato un genere portandolo definitivamente dalla serie B alla serie A. Ebbe un grande successo di pubblico e critica e vinse due premi oscar. Ford realizzò dal punto di vista dei contenuti e della tecnica un film fuori dall’ordinario, quasi visionario nel suo anticipare certe caratteristiche tipiche del cinema successivo (il duello di Leone). Non a caso è l’unico western degli anni Trenta che può rivaleggiare sotto tutti gli aspetti con la produzione di genere dei due decenni seguenti. Il film celebra virtù eroiche e valori familiari, adotta un uso plastico del paesaggio e una mirabile tecnica dell’azione fondando l’orizzonte narrativo e ideologico del western maturo. Trovo piuttosto stupido però ritenere, come fanno alcuni critici, che in Ombre rosse inizi e si esaurisca praticamente l’intero genere western. Il film è considerato degno di nota nella storia del cinema solo assieme a pochi altri, dal 1939 bisogna scorrere infatti al 1956, ossia fino a Sentieri selvaggi per avere una certa considerazione da parte della critica. Insomma tra il 1939 e il 1956 sarebbero stati girati tutti surrogati di Ombre rosse? Piuttosto difficile da credere…...


Similar Free PDFs