oro nero. come l\'Arabia saudita e il golfo persico condizionano l\'occidente PDF

Title oro nero. come l\'Arabia saudita e il golfo persico condizionano l\'occidente
Author Ana Miha
Course politiche economiche locali e settoriali
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 21
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Summary

riassunto del libro oro nero, contenente lo sviluppo delle petro monarchie, un nuovo polo imperialista nato nel 1981....


Description

CAP 1 LUCIANO VASAPOLLO: ORA I BAMBINI DORMONO SUL FONDO DEL SAND CREEK: Durante il 900 abbiamo assistito all’affermarsi dei processi imperialistici, con un protagonista un’unica grande potenza: gli Stati Uniti.Negli ultimi anni questa guida unipolare, si è ridimensionata, accompagnandosi all’avanzata sul mercato globale di nuovi blocchi imperialisti che svolgono il ruolo di competitori. In un articolo del 1916 Lenin descrisse l’imperialismo come uno “stadio storico particolare del capitalismo” particolarità espressa in tre aspetti: 1. capitalismo parassitario e in decomposizione 2. capitalismo monopolista 3. capitalismo agonizzante Nell’attuale crisi sistemica si vanno delineando molte delle caratteristiche che Lenin attribuiva al capitalismo agonizzante. Gli imperialismi odierni sono caratterizzati non solo dallo svilupparsi progresso di concentrazioni tecniche, economiche-finanziarie quanto soprattutto dalla concentrazione territoriale. La suddetta concentrazione territoriale si caratterizza per la creazione di colonie interne allo stesso polo imperiale. La saturazione dei mercati nazionali, ha richiesto una nuova fase di mondializzazione dell’economia capitalista in senso imperialista. La nuova economia ha costante e continua necessità di valorizzare la catena del capitale; ciò alla lunga non può che proporre crisi e conflitti interimperialistici. in una fase come quella attuale, i poli imperialistici trovano necessario rilanciare il ciclo di accumulazione, ricorrendo alle dinamiche storiche dello scambio e sviluppo diseguale

un esempio lampante di scambio ineguale è dato dalla storia recente del Medio Oriente; in quest’area i monopoli estrattivi occidentali sono stati interessati a frenare lo sviluppo dei paesi dipendenti, poiché tale crescita avrebbe richiesto l’uso delle stesse materie prime, necessarie per le industrie nascenti.

James Petras ci sottolinea la continua ricerca di potere a livello mondiale da parte di Washington, che si concretizza nella perpetua e sistematica propaganda di guerra: ogni conflitto è stato preceduto,accompagnato, e seguito dalla propaganda governativa, il cui ruolo è quello di assicurarsi l'approvazione pubblica sfruttando le situazioni a proprio favore. Una tecnica molto comune è quella di accusare le vittime di essere artefici degli stessi crimini. In altri suoi articoli Petras ci sottolinea che negli ultimi due decenni Washington ha lanciato guerre militari ed economiche molto aggressive contro almeno 9 paesi, in modo diretto o servendosi dell’aiuto dei suoi alleati militari e commerciali. La guerra economica statunitense ha colpito non solo Medio oriente, America Latina e Asia Meridionale, ma anche grandi potenze situate in Asia Centrale e suoi alleati. Per le petromonarchie, la guerra economica è cominciata con le leggi anti-terrorismo contro gli islamici,soprattutto in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001, leggi che sono andate a violare la sovranità araba.

Quando si parla di Petromonarchie si è soliti far riferimento a un preciso blocco di paesi, quelli del Golfo Persico, che oltre a condividere un determinato spazio geografico hanno in comune vicissitudini

storico,politiche importanti, in cui la religione gioca un ruolo fondamentale nella cultura e sulla politica, ma anche una condizione economica identica: un bilancio statale dipendente in maniera consistente dall’estrazione, dalla lavorazione e la commercializzazione del petrolio. Il petrolio rappresenta la principale attività economica di questi paesi e influenza i più disparati aspetti della vita e della organizzazione sociale e statale.

Le attuali condizioni, interne e internazionali, hanno fatto sì che questi paesi iniziassero a mettere in discussione il proprio sistema economico ed energetico, basato quasi unicamente sulla rendita petrolifera. La loro partecipazione all'Opec garantisce a questi paesi un ruolo di prim'ordine nelle decisioni dell'organizzazione, benchè gli scontri interni stanno seriamente minando l'efficacia d'azione del cartello. Ancor più evidente è il caso del consiglio di cooperazione del Golfo, l'organismo regionale che regola le relazioni tra le monarchie arabe, che si sta trasformando sempre più velocemente nel punto di riferimento per molti paesi dell'area mediorientale. Sottovalutata è la questione urbana, cioè l'impetuoso e contraddittorio sviluppo delle metropoli saudite, e non solo, che diventano foriere di un percorso di modernizzazione che accelera l'orologio della storia dei rispettivi stati. Allo stesso modo, i prodromi di conflitti sociali ancora in luca sono riscontrabili anche nel gran numero di giovani sauditi, altamente scolarizzati a lungo parcheggiati nel settore pubblico e nell'area dei sussidi statali.

La fase attuale dell'imperialismo non è caratterizzata dall'aggressività militare, ma affonda le sue radici nello sviluppo stesso delle relazioni economiche, sociali, politiche e istituzionali del modo di produzione capitalistico. Il nuovo livello imperialistico richiede un maggiore sviluppo delle forze produttive. La differenziazione nei gradi di accumulazione capitalistica si eleva così a condizione necessaria e al tempo stesso dirompente contraddizione nello sviluppo capitalistico e nelle nuove dinamiche imperialistiche. Un secondo aspetto della nuova fase strettamente legato con il funzionamento stesso del mondo di produzione capitalistico è la liberalizzazione selvaggia dei movimenti dei capitali che hanno caratterizzato la formazione del modello neoliberista. Bisogna ben analizzare quale sia il ruolo delle Petromonarchie del Golfo; Uno dei casi più importanti e la sperimentazione in atto in ambito di energie da risorse rinnovabili, alcune delle quali rientranti nella categoria delle cosiddette "energie verdi". In passato il processo di integrazione commerciale aveva portato a uno scontro non tanto fra modelli di capitalismo, quanto un vero e proprio conflitto fra due poli imperialisti: Usa da un lato e Unione Europea dall'altro.

Negli ultimi anni la guerra non dichiarata sul petrolio ha reso chiaro come al fianco di questi due poli stia emergendo un terzo polo, quello delle Petromonarchie del Golfo. I 6 paesi che nel 1981 diedero vita al Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) costituiscono oggi un potenziale nuovo polo;

Il problema principale rimane l'approvvigionamento energetico, in una situazione di continua pressione al ribasso sul prezzo del barile da parte dei sauditi. La manovra dei sei paesi del Golfo, nell'ottica

monopolistica e imperialista di eliminare i competitors dal mercato globale, sta creando gravi problemi e gli Stati Uniti. A partire dalla guerra del Golfo e in particolare con l'arrivo sul mercato dei petrodollari, sono emersi in Medio Oriente gli interessi delle oligarchie locali che, contrapponendosi a quelli statunitensi, hanno generato veri e propri conflitti interimperialistici. A seguito delle crisi petrolifera degli anni 70 e dopo una lunga incubazione, i primi anni del XXI secolo hanno visto l'affermarsi sulla scena di un terzo polo costituendo, quello delle petromonarchie del Golfo. Per quanto riguarda l'energia, punto di forza del modello produttivo arabo, bisogna sottolineare come la tesi del costituendo polo imperialista sia corroborata dalla manovra economica assistito da luglio 2014 a febbraio 2016, con un crollo del prezzo del petrolio di oltre 80 dollari al barile. È stata causata dalla decisione unilaterale dei produttori arabi, mirante a eliminare tanto la concorrenza del polo statunitense quanto di altri competitori. La manovra ha mandato sul lastrico migliaia di imprese statunitensi, causando gravi problemi finanziari alla Russia e contribuendo alla crisi politica brasiliana. Negli ultimi tempi sei paesi sono stati spesso associati a "megaprogetti", a trasformazioni radicali eseguiti in un lasso di tempo incredibilmente corto. Analiticamente risulta fortemente limitante guardare i paesi arabi come serbatoi petroliferi; diventa altresì necessario analizzare criticamente il modello di accumulazione arabo come caratterizzato da un mercantilismo energetico, che in futuro potrà essere capace di sopravvivere nonostante il superamento delle fonti fossili. Bisogna approfondire anche il ruolo che gioca nell'attuale scacchiere internazionale la cosiddetta "Green Economy". L'economia verde altro non è che un modo come un altro per fare profitti, sfruttando le risorse energetiche la cui proprietà dovrebbe essere collocata nelle mani della collettività e non di pochissime corporations. Un altro aspetto che ci fa capire il perché i paesi arabi siano un terzo polo costituendo passa proprio per l'investimento in energie rinnovabili. L’Arabia Saudita mira a conquistare una posizione dominante nel settore della green economy. Le fonti energetiche green sono innumerevoli: Sì pensi all'eolico, al geotermico, all'idroelettrico, alle biomasse. Al momento l'Arabia Saudita sembra aver scommesso molto sull'energia solare. Sul piano prettamente geopolitico, le petromonarchie hanno come obiettivo strategico quello della destabilizzazione tanto in Oriente quanto in Europa, come si evince dalla strategia del terrore di cui l'Isis è espressione.

Nel parlare di Medio Oriente e stati petroliferi non possiamo fare a meno di citare l'Isis, una formazione terroristica che sta giocando in quelle aree un forte ruolo di destabilizzazione. Uno degli strumenti più efficaci in mano al popolo arabo é l'esercito fantasma del terrorismo islamico, di cui massima espressione proprio l'Isis.

Negli anni, II terrorismo islamico è sempre stato uno strumento nelle mani dell'imperialismo a guida statunitense. Rispetto all'organizzazione guidata da Osama Bin Laden, la peculiarità dell'Isis è quella di essere una struttura funzionale unicamente agli interessi delle petromonarchie, costituendone il principale braccio armato. I media spacciano nel terrorismo del Califfato come mero fondamentalismo islamico, invocando spesso lo scenario della "guerra di religione".

L'archeologia orientale nacque non in qualità di scienza,ma di ricerca pioneristica mirata a confermare la veridicità delle Sacre Scritture. In questi termini si può parlare di "colonialismo dell'occidente" nel mondo arabo, colonialismo che in forme più o meno simili si è susseguito nella storia, fino ad arrivare alla forma attuale di neocolonialismo.

Il mondo arabo ormai da secoli non viene più considerato dall'Occidente come cultura da scoprire, ma come luoghi con risorse da sfruttare. C'è chi ha parlato dell'Isis come di una riproposizione Al Qaeda quindici anni dopo l'attentato delle Torri Gemelle. In entrambi i casi si tratta di strumenti nelle mani di un polo imperialista, ma a distanza di 15 anni la situazione è mutata radicalmente.

Al Qaeda si configuro ai tempi come uno strumento nelle mani delle élite statunitensi: l'associazione terroristica costitui il pretesto per occupare militarmente il territorio afgano. Nella situazione attuale, l'Isis è invece uno strumento decisamente poco funzionale agli interessi statunitensi, configurandosi piuttosto come il braccio armato e spietato delle Petromonarchie del Golfo. L'Isis svolge un ruolo di rottura non solo sparigliando i primi americani e russi in Siria e Iraq, ma seminando terrore anche nel Centro dell'impero europeo.

Il terrorismo targato Isis ha costituito negli ultimi due anni uno dei principali strumenti in mano di quello che abbiamo già chiamato "Terzo polo arabo". Oltre a "calmierare" in maniera illegale il prezzo del greggio, sul fronte europeo lo Stato Islamico segue una strategia tanto coerente quanto sanguinaria, perseguendo una "geografia chirurgica" dei luoghi da colpire al verificarsi di particolari contingenze temporali, con forti effetti di propaganda; parallelamente si verifica il “grande affare economico” della distruzione di secolari siti archeologici. La motivazione ufficiale di tali devastazioni sarebbe l'accanimento dell'Isis contro tutte le bellezze create prima dell'avvento dell'islamismo. Il duplice obiettivo del terrore anche in Europa è quello di incrementare paura e odio razziale nei Paesi europei colpiti dagli attacchi, esercitando cosi una pressione che tende alla delegittimazione e alla crisi interna dell'ordine politico esistente.esistente lo riproporsi di conflitti diffusi ha ridato vigore alla discussione che ruota attorno alla dicotomia keynesismo militare-keynesismo sociale. Nelle crisi il keynesismo militare viene incontro alle esigenze del modo di produzione per due ordini di motivi: da un lato la necessità di mantenere lo sviluppo ineguale, dall'altra l'esigenza di pianificazione capitalistica. II key. militare, attraverso il sostenimento della domanda pubblica dell'apparato industriale militare e dell'indotto, aiuta a mantenere all'interno dei poli imperialisti situazioni di dipendenza e sfruttamento funzionali alla stessa accumulazione del capitale con le sue contraddizioni strutturali.

Nella fase attuale i capitali transnazionali non necessitano di forza lavoro e bassa specializzazione, in quanto i salari sono già spinti verso il basso, ma di forza lavoro specializzata e a basso salario, da cui estrarre valore, sfruttando la debolezza della contraddizione fra forze produttive e rapporti di produzione. Dunque, nell'attuale processo di ridefinizione delle aree di influenza dei poli geoeconomici, un'importanza fondamentale ha il controllo delle risorse materiali e l'egemonia sulle risorse rinnovabili. rinnovabili I nuovi imperialismi, per concludere, sono caratterizzati non solo e non tanto dallo svilupparsi progressivo di concentrazioni tecniche, economiche e finanziarie, quanto soprattutto dalla concentrazione territoriale. La nuova fase appare riassumibile con ciò che Lelin chiamava "capitalismo agonizzante", caratterizzato da lunghi periodi di crisi e continui conflitti interimperialistici. E ormai chiaro come la logica dell'imperialismo

stia ponendo le condizioni per l'annichilimento e il superamento stesso del modo di produzione capitalistico.

CAP 2 Dal petroliocentrismo all'economia di guerra. La transizione capitalista dei Paesi arabi del Golfo Inquadramento teorico e concetti di base Il termine Petromonarchia si riferisce ad una serie di Paesi con caratteristiche politico-economiche similari e che condividono una collocazione geografica precisa. Dal 25 maggio 1981 i paesi formano un'alleanza politica ed economica chiamata Consiglio di cooperazione dei Paesi arabi del Golfo, con il preciso scopo di formare un'area di libero mercato:

questi si contraddistinguono per un sistema politico basato su monarchie con diversi gradi di assolutismo e per famiglie reali ed emirati consociati, che gestiscono gli interessi multimiliardari derivanti dall'estrazione, dalla lavorazione e dal commercio del petrolio.

Il petrolio ha garantito a questi paesi di accumulare enormi capitali monetari e finanziari: le attuali condizioni interne e internazionali hanno fatto sì che questi paesi iniziassero a mettere in discussione il proprio sistema economico ed energetico, basato quasi unicamente sulla rendita petrolifera.

(con il grafico riportato a pag 51) stando a quanto riportato dal world oil outlook 2015 dell’opec, il prezzo medio del petrolio nel 2014 era intorno ai 100$ al barile, e nei primi del 2015 si e’ fermato introno ai 53$. questo ha avuto un forte impatto su entrambe le parti, sia domanda che offerta; lo stesso rapporto evidenzia che mentre la domanda e’ destinata a crescere a medio termine (2014-2020) successivamente inizierà a diminuire sempre più arrivando a 0,5 mb/g nel periodo 2035/40.

I sei Paesi della Cooperazione del Golfo: L'Arabia Saudita è il più grande stato arabo dell'Asia occidentale per superficie. Sin dalla sua nascita, il governo è una monarchia assoluta e segue le linee guida islamiche in materia di successione. L'Islam gioca un ruolo fondamentale in questo paese poiché ne è ritenuto il luogo di nascita: talvolta chiamato "la terra delle due sacre moschee", in riferimento alla Mecca e a Medina. Le norme fondamentali del regno si basano sulla legge islamica, Sharia, composta dal Corano e dalla Sunna del profeta Maometto. L’Arabia è meta di traffico di uomini e donne sottoposte a lavoro forzato e, in misura molto minore, la prostituzione forzata; alcuni lavoratori devono affrontare condizioni di servitù involontaria. A causa della necessità per i lavoratori

stranieri di ricevere dal loro datore di lavoro il permesso per ottenere un visto di uscita prima che sia in grado di lasciare il paese, alcuni lavoratori migranti riferiscono di essere stati costretti a lavorare per mesi o anni ulteriori rispetto alla durata del contratto. Il governo continua a non perseguire e punire un significativo numero di reati di tratta, né a migliorare in modo significativo i servizi di protezione delle vittime. Il Bahrein, in precedenza un emirato, è diventato un regno nel 2002, costituito come monarchia costituzionale. Il capo di stato è un sovrano che nomina anche i membri della Camera Alta, mentre i membri della Camera Bassa sono eletti a suffragio universale. Agli inizi di questo decennio ha conosciuto mesi di agitazioni e veri e propri momenti di guerra civile; qui gli sciiti, principali sostenitori della rivolta, rappresentano la netta maggioranza, circa il 70% della popolazione, ma hanno pochissimo potere. La minoranza sunnita è quella della Casa Reale. Le autorità hanno continuato a limitare la libertà di espressione, perseguire gli attivisti di alto profilo e rappresentanti dell'opposizione, per reati legati a discorsi che avrebbero pronunciato e sottoponendoli a processi iniqui. Gli Emirati Arabi Uniti sono uno stato composto da sette emirati, tra cui Abu Dhabi e Dubai. La forma di governo adottata è una monarchia assoluta con a capo il presidente della federazione. Tutti gli Emirati hanno tribunali secolari che si pronunciano su aspetti penali, civili e commerciali, e tribunali islamici che si pronunciano su controversie familiari e religiose. Gli Emirati Arabi Uniti hanno un'economia aperta, con il dodicesimo reddito pro capite del mondo. Le esportazioni di petrolio e di gas naturale svolgono un ruolo importante nell'economia dello Stato. Il petrolio è la principale fonte di reddito E l'emirato di Abu Dhabi può vantare riserve per altri 150 anni, sulla base del consumo attuale. L'emirato di Dubai ha risorse di petrolio che dovrebbero risultare produttive fino al 2025, per questa ragione il suddetto emirato ha già cominciato una politica di diversificazione della propria economia, puntando in particolar modo sul commercio,e su i servizi. Gli Emirati Arabi Uniti hanno approvato una legge contro la discriminazione che mette a repentaglio la libertà di parola ed è discriminatoria, ed hanno negato l’accesso ad attivisti che hanno criticato i maltrattamenti dei emirati sui lavoratori. Il Kuwait è una monarchia costituzionale con un sistema di governo parlamentare, il primo concesso nel Golfo. Possiede il 10% delle riserve petrolifere mondiali, dunque l'economia si basa per il 94% sui proventi della produzione e della vendita del petrolio greggio e dei suoi derivati. Questa ricchezza di risorse abbinata alla relativa scarsità della popolazione ne fa il decimo paese più ricco al mondo per il PIL pro capite. La guerra del Golfo danneggiò gravemente le infrastrutture del paese, che sono state ricostruite in meno di 3 anni. Dopo essere stata alleato dell'Iraq durante la guerra Iran-Iraq, il Kuwait fu invaso e annesso dall'Iraq il 2 agosto 1990; la monarchia fu deposta e fu insediato un governatore iracheno. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite autorizzò una coalizione di 34 paesi, guidata dagli Stati Uniti, a intervenire militarmente. Il 27 febbraio 1991 si è conclusa la guerra del Golfo con la liberazione del Kuwait. Il governo aggressivamente represse la libertà di parola per tutto il corso del 2015, con l'obiettivo di soffocare il dissenso politico. L'Oman è una monarchia assoluta governata dal sultano Qabus, ma il suo parlamento ha alcuni poteri legislativi e di controllo. La popolazione vive generalmente di buone condizioni ...


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