Parafrasi canti 1-24 dell\'Inferno, Divina Commedia di Dante Alighieri PDF

Title Parafrasi canti 1-24 dell\'Inferno, Divina Commedia di Dante Alighieri
Course Letteratura italiana
Institution Università di Bologna
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Parafrasi completa, terzina per terzina, dei primi 24 canti dell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. La parafrasi è tratta principalmente dal commento di Pasquini e Quaglio, in caso di passaggi ambigui sono riportate più possibili parafrasi....


Description

INFERNO - Divina Commedia PARAFRASI Canti 1-24 CANTO 1 A trentacinque anni (a metà della strada cui può essere assimilata la vita umana della durata media di 70 anni) mi ritrovai in una selva buia, poiché la via della rettitudine/del bene era smarrita. Ahi quanto è penoso/difficile descrivere com’era questa orrida, intricata e difficile a percorrersi, tanto che il solo ripensarci rinnova in me la paura! Tanto la selva è piena di angoscia che l’esperienza della morte è di poco più angosciante/tormentosa; ma per parlare anche del bene che vi trovai, racconterò anche delle altre cose che vi ho visto. Io non so ben riferire come vi entrai, tanto ero assonnato nel momento in cui abbandonai la retta via. Ma quando fui giunto ai piedi di un colle, là dove terminava la valle che mi aveva trafitto il cuore con la paura suscitami, guardai in alto e vidi il versante opposto già colpito dai raggi del sole (il pianeta che guida gli uomini nella giusta direzione lungo ogni sentiero). A quella vista diminuì un poco la paura, che a lungo aveva abitato/agitato il profondo del mio cuore nella notte che trascorsi con tanta angoscia. E come colui che con respiro affannato, una volta uscito dal mare sulla riva, si volge verso l’acqua pericolosa e la osserva con terrore, così io, nell’intimo ancora dominato dalla paura, mi volsi indietro a guardare il sentiero (selva) che non lasciò mai nessuna persona viva. Dopo che ebbi fatto riposare un po’ il corpo stanco ripresi il cammino per il solitario pendio fra la selva ed il colle, salendo così che il piede su cui poggiavo il peso era sempre quello più in basso (il piede che si protrae in avanti per primo è incerto e malfermo=insicurezze di D). Ed ecco, quasi all’inizio della salita, una lonza (felino) snella e molto agile, dal pelo maculato; e non si spostava da davanti a me, anzi ostacolava tanto il mio cammino che fui più volte tentato di tornare indietro. Mi apparve all’alba, quando il sole sorgeva con la costellazione (dell’ariete) che era con lui quando Dio con un atto d’amore impresse agli astri il primo moto (originò la vita=creazione); cosicché vista l’alba e la primavera (l’ora del giorno e la stagione dolce) per me c’era motivo di ben sperare per quella belva dal manto maculato; speranza sì ma non a tal punto da superare la paura causatami dall’aspetto del leone che apparve. Questo sembrava procedere verso di me a testa alta (sicuro) e con rabbiosa fame (atteggiamento minaccioso), tanto che l’aria pareva ne tremasse. Ed una lupa, che sembrava carica di ogni bramosia vista la sua magrezza e che fece vivere infelici/afflitte già molti uomini, mi portò tanto affanno con la paura che il suo aspetto generò in me, che io perdei ogni speranza di raggiungere la sommità del colle. E come colui che volentieri acquista (=l’avaro/il giocatore) se giunge il momento che gli fa perdere tutto ciò che aveva accumulato nei suoi pensieri si rattrista e piange, tale mi rese la belva irrequieta che venendomi incontro a poco a poco mi respingeva verso la selva buia (dove il sole non arriva). Mentre io precipitavo verso il fondo, mi apparve dinanzi una figura che per il prolungato silenzio pareva dai contorni indefiniti/muta. Quando vidi la figura in quel luogo solitario gli gridai “miserere me (abbi pietà), chiunque tu sia, ombra o uomo vero!”. Egli mi rispose “non sono un uomo, ma lo sono stato, i miei genitori erano lombardi, ambedue mantovani d’origine. Nacqui sotto il principato di Giulio Cesare, anche se troppo tardi (per essere apprezzato), e vissi a Roma sotto il valente Augusto nel tempo del paganesimo (degli dei falsi e

bugiardi). Fui un poeta, cantai le vicende del (Enea) giusto figlio di Anchise che venne da Troia, dopo che la superba Ilio fu data alle fiamme. Ma tu perché volgi di nuovo verso tanta angoscia? Perché non sali il dilettoso monte, che è principio e ragione della beatitudine/perfetta felicità?” Risposi a lui con la fronte umile (abbassandola) “Sei tu quel Virgilio e la sorgente che sparge un così ricco fiume di poesie/eloquenza? O tu che onori e illumini tutti gli altri poeti, mi giovi presso di te l’intenso studio e il fervido amore che mi ha fatto percorrere e esplorare tutta la tua opera. Tu sei il mio maestro e il mio autore prediletto, tu sei colui e il solo da cui ho appreso lo stile che mi ha procurato onore e fama. Vedi anche tu la belva per cui io tornai indietro; aiutami, famoso saggio, che lei mi fa tremare le vene e i polsi”. Quando mi vide piangere rispose: “Bisogna che prendi un'altra strada, se vuoi sopravvivere a questo luogo selvaggio; perché questa bestia, per cui tu gridi (aiuto), non lascia passare alcuno sulla sua via, ma tanto fa per impedirlo che arriva ad uccidere; e ha un’indole così malvagia e crudele, che non è mai sazia della sua bramosia, anzi dopo aver mangiato ha più fame di prima. Molti sono i viventi con cui si congiunge, e saranno tanti di più, fino a che non arriverà il segugio da caccia, che la farà morire fra i tormenti. Costui non si nutrirà di domini territoriali né di ricchezze (beni materiali), ma di sapienza, amore e virtù (beni morali) e la sa nascita avverrà fra umili panni/condizione sociali. Sarà salvezza dell’Italia decaduta/povera per cui morirono la vergine Camilla, Eurialo, Turno e Niso per le ferite. Questo la inseguirà per ogni villa/di luogo in luogo fino a che non l’avrà respinta all’inferno, da dove l’odio del demonio (invidia prima) la sprigionò contro il genere umano. Per questo io penso e giudico per il tuo meglio che tu mi segua, io sarò la tua guida e ti trarrò in salvo attraverso l’Inferno; lì udirai le grida disperate, vedrai gli spiriti dolenti fin dai tempi più antichi, (nella condizione che) tutti invocano la dannazione finale (annullamento, anima e corpo insieme); e vedrai coloro che sono contenti fra le fiamme (anime del Purgatorio) perché sperano di raggiungere le anime beate del Paradiso quando sarà il loro momento. Se poi tu vorrai salire fra le anime beate, ci sarà un’anima più degna di me: con lei ti lascerò quando me ne andrò; perché Dio (quell’imperatore che lassù regna), dato che fui pagano (incredulo alla sua legge) non vuole che io raggiunga il Paradiso (la sua città). Egli domina in tutto l’universo e da lì (paradiso) regna; lì è la sua città e il suo trono: oh felice colui a cui egli permette di risiedervi/colui che Dio vi destina!” E io a lui: “Poeta, per quel Dio che tu non conoscesti, affinché io fugga la schiavitù del peccato (il traviamento e la conseguente dannazione), io ti prego di condurmi là dove hai detto poco fa, così che io veda la porta di San Pietro e coloro che tu descrivi tanto in pena”. Allora si mosse, e io lo seguì. CANTO SECONDO Il giorno andava finendo e il cielo che si andava scurendo e toglieva animali e uomini dalle loro fatiche quotidiane; e io unico fra tutti i viventi mi accingevo ad affrontare le fatiche impostemi (i travagli causati) dal viaggio e dall’angoscia e che la memoria, che non sbaglia mai, riferirà qui. O muse, o ingegno che arrivi oltre il mondo sensibile (bontà d’animo), aiutatemi ora; o memoria che ti segnasti tutto ciò che io vidi, qui si manifesterà il tuo valore. Cominciai a dire “o poeta che mi guidi, guarda se la mia virtù è abbastanza potente/ sufficiente, prima che tu mi affidi a questo difficile passaggio. Tu dici (in Eneide) che il genitore di Silvio=Enea ancora vivo andò nell’aldilà, e ci andò sensibilmente/con il corpo.

Però se Dio/l’avversario di ogni male fu benevolo verso di lui, riflettendo sulle mirabili conseguenze che da lui dovevano procedere, sia Enea che le sue qualità non possono sembrare cose indegne alle persone intelligenti; poiché fu prescelto nel cielo dell’empireo come padre della nobile Roma e del suo impero:(i quali) quella Roma imperiale, a dir la verità, fu costituita come luogo santo dove ha sede il successore del pontefice (il più importante apostolo Pietro). Grazie a questo viaggio (nell’aldilà) con cui tu gli dai vanto/onore (lo privilegi), udì delle profezie che furono motivo della sua vittoria e anche del manto del papa (nascita di Santa Romana Chiesa). Vi andò poi il vaso d’elezione= San Paolo, per recare conforto/aiuto a quella fede che è il principio della via/strada verso la salvezza. Ma io perché dovrei venire in aldilà? O chi lo permette? Io non sono Enea e nemmeno Paolo; né io né gli altri mi credono degno di questo. Perché se io mi abbandono al venire temo che il mio viaggio sia folle. Tu sei saggio; tu comprendi il volere di Dio meglio di quanto possa far io con la mia ragione.” E come colui che non vuole più ciò che ha voluto prima e che per dei nuovi pensieri cambia idea, cosicché rinuncia del tutto al disegno iniziale, così divenni io (voleva girarsi e fuggire) in quella oscura costa (tra la selva e il colle), perché ripensandoci, io avevo esaurito l’impresa che all’inizio avevo intrapreso con tanta sicurezza/impulsività. L’ombra del magnanimo rispose: “se io ho capito bene il tuo discorso, il tuo animo è indebolito dalla viltà (paura); la quale molte volte ostacola l’uomo tanto da farlo desistere dal compiere un’impresa degna di onore, come la falsa vista di qualcosa fa imbizzarrire/spaventare una bestia. Affinché tu ti liberi da questa paura, ti dirò perché io venni e ciò che io intesi la prima volta che provai dolore per la tua condizione/pietà di te. Io ero tra coloro che sono sospesi= i limbicoli quando mi chiamò una donna tanto bella e beata che io stesso le chiesi di comandarmi. I suoi occhi splendevano più delle stelle; e cominciò a raccontarmi dolcemente e pacatamente, parlando con voce angelica: 《 O anima mantovana cortese/di eletti costumi, la cui fama ancora perdura nel mondo terreno e durerà per tutta la vita del mondo, il mio amico (sincero) e non di quelli che mutano secondo la sorte, sulla spiaggia solitaria è così ostacolato nel suo cammino che è respinto indietro dalla paura; e temo che egli sia già così smarrito/sgomento che io mi son mossa tardi in suo aiuto, secondo quanto ho udito su di lui nel cielo. Ora va e aiutalo, con la tua parola eloquente e con ciò che è necessario alla sua salvezza, sicché io ne sia confortata. Io che ti invito ad andare da lui sono Beatrice; vengo dal Paradiso/luogo in cui desidero tornare; l’amore mi portò quaggiù e mi fa parlare ora. Quando sarò davanti a Dio, ti loderò spesso presso di lui. 》 Lei tacque e io iniziai a parlare: “O donna, tu che possiedi quella virtù per la quale soltanto il genere umano supera ogni essere contenuto dal cielo della Luna (cielo che compie giri più piccoli), tanto mi fa piacere il suo comando che se già stessi obbedendo, mi sentirei in ritardo; non devi far altro che svelarmi il tuo desiderio. Ma dimmi il motivo per cui tu non temi di scendere quaggiù nel centro dell’universo=Inferno dall’ampio luogo dove desideri tornare=Empireo.” Mi rispose: “Poiché tu vuoi sapere così nel dettaglio, te lo dirò brevemente perché io non ho paura di entrare qui dentro. Bisogna aver paura solo di quelle cose che possono farci del male; delle altre no, perché non sono paurose. Io sono fatta da Dio, per sua grazia, tale che la vostra infelice condizione non mi tocca, né possono assalirmi le fiamme di questo incendio. Una donna che è nobile= la Madonna nel ciel si duole tanto di questo ostacolo che ti mando a rimuovere, che piega la severa sentenza/giustizia divina. Questa fatta chiamare S. Lucia le disse: 《 Ora colui che ti è devoto ha bisogno di te e io te lo raccomando 》 . S. Lucia nemica di ogni

crudeltà si mosse, raggiunse il luogo dove ero e sedevo con Rachele dell’A. Testamento. Disse: 《 Beatrice, tu che sei vera gloria di Dio, perché non soccorri colui che tanto t’amò e che grazie a te (x averti amata) si distinse dal volgo? Non senti l’angoscia del suo pianto? Non vedi la morte/dannazione contro cui combatte nel fiume del peccato, di cui nemmeno l’oceano può dirsi più pericoloso? 》 Al mondo non ci furono persone così rapide a fare ciò che per loro era vantaggioso o a fuggire un loro danno, come io fui (veloce) a venir qua giù dal mio beato seggio, dopo che tali parole furono pronunciate, fidandomi del tuo parlare saggio/nobile, che onora te e quelli che l’hanno udita (traendone insegnamenti)” Dopo che mi ebbe detto queste parole/ebbe fatto ragionare con questo, volse a me gli occhi splendenti pieni di lacrime, per la qual cosa mi rese più sollecito ad accorrere. E venni da te così come ella volle: ti tolsi da davanti quella fiera che ti tolse la possibilità di raggiungere il colle per la via più breve. Dunque: cosa c’è? Perché, perché indugi? perché accogli nel cuore tanta viltà? perché non hai coraggio e forza di liberarti (da vizi e paura)? Dal momento che hai in paradiso tre donne benedette che si curano di te e che le mie parole ti assicurano tanto bene/futuro positivo.” Come i piccoli fiori che chinati e chiusi dal gelo notturno poi illuminati dal sole si drizzano e si aprono sul loro stelo, così feci io ripartendo dalla mia virtù fiacca, e tanto coraggio/energia entrò nel mio animo/corse al mio cuore che io cominciai (a parlare) come persona franca=libera: “O misericordiosa/pietosa colei che mi soccorse! È cortese/pieno di nobiltà tu che hai ubbidito subito alle vere parole che ella ti rivolse. Tu con le tue parole, infondendomi l’ansia della salvezza, hai disposto l’animo mio a venire/al viaggio tanto che sono tornato al mio primo proposito. Ora va pure, che un’unica volontà è in ambedue: tu siimi guida, signore e maestro”. Così gli dissi; e dopo che iniziò a muoversi, mi avventurai nel viaggio arduo e selvaggio. CANTO TERZO -Attraverso di me si va nella città dolente, si va nel dolore eterno, si va tra la gente perduta=dannati. La giustizia ha mosso il mio creatore (Dio); mi hanno fatto (la divina potestate) il padre, (la somma sapienza) il figlio e (il primo amore) lo spirito santo. Prima di me non furono create cose non eterne ed io durerò in eterno. Lasciate ogni speranza voi che entrate. – Queste parole di colore nero vidi scritte sulla sommità di una porta; così io dissi: < maestro, il loro significato è difficile da comprendere >. Ed egli mi rispose, come persona saggia: < qui bisogna lasciare ogni dubbio, bisogna che la viltà sia morta. Noi siamo arrivati al luogo in cui ti ho detto vedrai i dannati che hanno perduto la suprema verità divina >. E poi avendo allungato la sua mano verso la mia con volto sereno/confortante, tanto che io mi rassicurai, mi fece entrare nell’inferno=dentro le cose inaccessibili alla conoscenza umana. Lì nell’aria buia=senza stelle risuonavano sospiri, pianti e lamenti, tanto che io al primo contatto (con quel mondo) /alla prima impressione piansi. Lingue strane/disumane, pronunce terribili, parole di dolore, espressioni d’ira, suoni striduli e fiochi insieme a rumori di mani producevano un rumore confuso, che si diffonde continuamente tutt’intorno in quell’aria buia per l’eternità, come fa la sabbia quando una tromba d’aria/ bufera di vento soffia.

Ed io che avevo la testa avvolta del dubbio/incapacità di comprendere dissi: “Maestro, cos’è questo rumore che sento? Chi sono questi che appaiono così annientati dal dolore?” Ed egli a me: “questa è la misera condizione delle anime spregevoli di coloro che vissero senza infamia e senza lode. Sono mischiati insieme a quella squallida schiera di angeli che non furono né ribelli né fedeli a Dio, ma stettero da parte/neutrali. I cieli li cacciano per non vedere ridotta la loro bellezza (a causa della loro presenza malvagia), né l’inferno più profondo li vuole, per evitare che i peccatori ne ricevano gloria/si glorino della loro presenza.” E io: “Maestro, che cosa li tormenta tanto da farli lamentare così forte?” Rispose V: “Te lo dirò brevemente. Questi non hanno speranza di morire (=terminare i loro dolori nella condanna finale), e la loro buia vita è tanto bassa che sono invidiosi di ogni altra punizione. Il mondo non lascia che resti fama di loro, la misericordia e la giustizia li disprezzano: non curiamoci di loro ma guarda e passa.” Ed io guardando meglio, vidi una bandiera che girando correva tanto rapida che di qualunque sosta sembrava essere incapace (destinata a non fermarsi mai); e dietro di essa veniva una così lunga fila di gente, che io non credevo che la morte ne aveva fatta perire così tanta. Dopo che io ebbi riconosciuto qualcuno, vidi e riconobbi l’ombra di colui che per viltà compì il gran rifiuto (papa Celestino V che si dimette). Subito compresi ed ebbi la certezza, che quella era schiera dei vili, spregevoli verso Dio e verso i suoi nemici (i demoni). Questi esseri inetti che non furono mai vivi, erano nudi e costantemente punti da mosconi e vespe che si trovavano lì. Le punture gli rigavano il volto di sangue, che mischiato alle lacrime, era divorato dai fastidiosi vermi ai loro piedi. E dopo che mi misi a guardare avanti, vidi gente presso la riva di un gran fiume; per cui io dissi: “Maestro, ora concedimi di saper che genere di anime sono e quale legge le fa sembrare così desiderose di attraversare il fiume, come mi pare di intravedere attraverso la luce fioca.” Ed egli a me: “Le cose ti saranno evidenti quando ci fermeremo sulla dolorosa/desolata sponda dell’Acheronte.” Allora con gli occhi bassi vergognandomi, temendo che le mie parole fossero inopportune, smisi di parlare fino a che non raggiungemmo il fiume. Ed ecco venire verso di noi, su un battello, un vecchio bianco per la canizie, gridando: 《 Guai a voi, anime malvagie! Non sperate mai di veder il cielo: io vengo per condurvi all’altra riva nelle tenebre eterne, nel caldo e nel gelo=tra le pene infernali. E tu che sei così, anima viva, allontanati da questi che sono morti. 》 Ma quando vide che non mi allontanavo, disse: 《 Per un'altra via, per altri imbarchi arriverai ad un’altra spiaggia, non attraverso l’Acheronte, conviene che per passare nel mondo dell’oltretomba tu sia trasportato da un’imbarcazione più leggera. 》 E il duca gli disse: “Caronte, non ti arrabbiare: così si vuole in quel luogo dove si può tutto ciò che si vuole=cielo, e ora smettila di fare domande.” Da quel momento furono acquietate le guance barbute del nocchiero della cupa palude, il quale aveva intorno aglio occhi cerchi di fiamma. Ma quelle anime che erano affrante e nude, cambiarono colore e iniziarono a battere i denti, non appena capirono le spietate parole (di Caronte). Maledicevano Dio e i loro genitori, la specie umana, il luogo e il tempo e il principio generativo (antenati) del loro concepimento e della loro nascita. Poi tutte insieme si raccolsero, piangendo forte, sulla riva intrisa di male che attende ciascun uomo che non teme Dio=dannati.

Il demone Caronte, con un solo cenno dei suoi occhi infuocati, le raccoglie tutte insieme; colpisce con il remo qualunque anima indugi. Come in autunno le foglie si staccano una dietro l’altra, fino a che il ramo vede a terra tutte le sue foglie morte, similmente i peccatori=i malvagi discendenti d’Adamo si gettano da quel lido ad uno ad uno secondo i cenni di Caronte, come spicca un uccello ad un segnale prestabilito. Così si spostano sull’acqua scura, e prima che siano scesi sull’altra sponda su questa già si raduna un nuovo gruppo. Il maestro cortese disse: “Figliolo mio, tutti quelli che muoiono nel peccato vengono qui da ogni paese; e sono desiderosi di attraversare il fiume, poiché la giustizia divina li sprona tanto che il timore si tramuta in desiderio. Di qui non passa mai un’anima buona/che sia in grazia di Dio; e perciò se Caronte si lamenta di te qui, ben puoi comprendere ormai quale significato abbiano le sue parole.” Finito questo discorso, la landa buia tremò così forte che per lo spavento provato il suo ricordo mi fa ancora sudare. La terra piena di lacrime sprigionò un vento/turbine, fece balenare una luce vermiglia/vampa di fuoco, la quale soverchiò ogni mio senso/capacità sensitive e caddi svenuto come chi è preso da un colpo di sonno. CANTO QUARTO Un cupo boato/tuono interruppe il sonno profondo nella mia testa, così che io mi ripresi come una persona che si sveglia bruscamente; guardandomi intorno con gli occhi riposati, alzatomi in piedi, osservai attentamente per riconoscere il luogo in cui mi trovavo. Sta di fatto/è vero che mi trovai sulla sponda della profonda cavità piena di dolore, che accoglie il frastuono degli infiniti lamenti. Era tanto oscura, profonda e nebbiosa che, per quanto guardassi con attenzione, io non vi vedevo nu...


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