Parafrasi di Letteratura I PDF

Title Parafrasi di Letteratura I
Author Antonio Conte
Course Letteratura italiana i
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Summary

Alcune parafrasi dei testi richiesti dal professor Botti all'esame di Letteratura I, indirizzo lettere moderne....


Description

Giacomo da Lentini - Amore è un desio che ven da core TESTO

PARAFRASI

[1] Amore è uno desio che ven da core per abondanza di gran piacimento; e li occhi in prima generan l’amore e lo core li dà nutricamento.

[1] Amore è un desiderio (desio) che sgorga dal cuore e nasce dall’intensità del piacere (abondanza di gran piacimento), gli occhi per primi fanno nascere l’amore e poi viene nutrito (li dà nutricamento) dal cuore (lo core).

[5] Ben è alcuna fiata om amatore senza vedere so ’namoramento, ma quell’amor che stringe con furore da la vista de li occhi ha nascimento: [9] ché li occhi rapresentan a lo core d’onni cosa che veden bono e rio com’è formata naturalemente;

[5] E’ possibile (Ben è) che qualche volta (alcuna fiata) l’uomo (om - sicilianismo) ami senza aver visto la persona di cui è innamorato (so ’namoramento – metonimia - astratto al posto del concreto), ma l’amore vero, quello che avvince con l’impeto della passione (stringe con furore), nasce (ha nascimento) dalla vista dell’amata:

[12] e lo cor, che di zo è concepitore, imagina, e li piace quel desio: e questo amore regna fra la gente.

[9] Gli occhi presentano al cuore ogni cosa che vedono informandolo su ciò che in ciascuna vi è di naturalmente buono e cattivo (bono e rio - antitesi); [12] e il cuore che riceve il messaggio degli occhi (che di zo è concepitore – zo sta per ciò, è un sicilianismo), immagina [quella cosa] e prova piacere nel desiderarla: questo è l’amore che vive (regna) tra gli uomini (fra la gente).

G. Guinizzelli - Al cor gentil rempaira sempre amore TESTO

PARAFRASI

[1] Al cor gentil rempaira sempre amore come l’ausello in selva a la verdura; né fe’ amor anti che gentil core, né gentil core anti ch’amor, natura: ch’adesso con’ fu ’l sole, sì tosto lo splendore fu lucente, né fu davanti ’l sole; e prende amore in gentilezza loco così propïamente come calore in clarità di foco.

[1] In un cuore nobile (gentil) si trova (rempaira – gallicismo dal latino re-in-patria = ritorna in patria) sempre l'amore come un uccello (ausello) nella selva tra il fogliame (verdura); nè la natura ha creato l'amore prima del (anti che) cuore nobile, né il cuore nobile prima dell’amore: nè non appena fu creato il sole, il suo splendore fu subito (tosto) lucente e lo splendore non c'era prima del sole; e l'amore si insedia (prende…loco) nell’animo nobile (in gentilezza – sostituisce cor gentil per metonimia) in modo così naturale (propïamente) come il calore nella luminosità (in clarità) del fuoco.

[2] Foco d’amore in gentil cor s’aprende come vertute in petra prezïosa, che da la stella valor no i discende anti che ’l sol la faccia gentil cosa; poi che n’ha tratto fòre per sua forza lo sol ciò che lì è vile, stella li dà valore: così lo cor ch’è fatto da natura asletto, pur, gentile, donna a guisa di stella lo ’nnamora. [3] Amor per tal ragion sta ’n cor gentile per qual lo foco in cima del doplero: splendeli al su’ diletto, clar, sottile; no li stari’ altra guisa, tant’è fero. Così prava natura recontra amor come fa l’aigua il foco caldo, per la freddura.

[2] Il fuoco dell'amore si accende (s’aprende) nel cuore nobile (in gentil cor) come la virtù (vertute) nella pietra preziosa, poiché dalla stella non viene infusa (no i discende – non discende a lei, dal latino ei) alcuna proprietà (valor) prima che (anti che) il sole non l'abbia resa una cosa pura (la faccia gentil cosa); dopo che il sole ne ha estratto (n’ha tratto fòre) grazie alla sua forza (per sua forza) ciò che lì (lì – nella pietra) è impuro (vile), la stella le dà il valore: così la donna, come una stella (a guisa di stella), fa innamorare quel cuore che è creato dalla natura eletto (asletto), puro, nobile. [3] L'amore sta nel cuore nobile per la stessa ragione per la quale il fuoco sta in cima al candelabro (doplero – cero a due stoppini): vi risplende chiaro e

Amore in gentil cor prende rivera per suo consimel loco com’adamàs del ferro in la minera. [4] Fere lo sol lo fango tutto ’l giorno: vile reman, né ’l sol perde calore; dis’ omo alter: "Gentil per sclatta torno"; lui semblo al fango, al sol gentil valore: ché non dé dar om fé che gentilezza sia fòr di coraggio in degnità d’ere’ sed a vertute non ha gentil core, com’aigua porta raggio e ’l ciel riten le stelle e lo splendore. [5] Splende ’n la ’ntelligenzïa del cielo Deo crïator più che [’n] nostr’occhi ’l sole: ella intende suo fattor oltra ’l cielo, e ’l ciel volgiando, a Lui obedir tole; e con’ segue, al primero, del giusto Deo beato compimento, così dar dovria, al vero, la bella donna, poi che [’n] gli occhi splende del suo gentil, talento che mai di lei obedir non si disprende.

[6] Donna, Deo mi dirà: “Che presomisti?”, sïando l’alma mia a lui davanti. “Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti e desti in vano amor Me per semblanti: ch’a Me conven le laude e a la reina del regname degno, per cui cessa onne fraude”. Dir Li porò: “Tenne d’angel sembianza che fosse del Tuo regno; non me fu fallo, s’in lei posi amanza”.

sottile a suo piacere (al su’ diletto); non potrebbe starvi in altro modo (altra guisa), tanto è fiero. Così una natura malvagia (prava) respinge (recontra) l'amore come fa l'acqua (aigua – provenzalismo già presente nei Siciliani) perché è fredda di natura (per la freddura) col fuoco [che è] caldo. L'amore si insedia (prende rivera) nel cuore nobile perché è un luogo simile a sé (consimel loco – luogo a sé congeniale), [così] come il diamante (adamàs) nel minerale (in la minera) di ferro. [4] Il sole colpisce (Fere) il fango di continuo (tutto ’l giorno – francesismo toujours): esso rimane impuro (vile), né il sole perde il suo calore; l'uomo altezzoso (omo alter) dice (dis’): "Sono (torno) nobile per stirpe (per sclatta - schiatta)"; io paragono lui al fango (lui semblo al fango) e la gentilezza (gentil valore) al sole: perché (ché) non bisogna credere (non dé dar om fé – om è il sì impersonale) che la nobiltà sia fuori dell’animo (sia fòr di coraggio) in un privilegio ereditario (in degnità d’ere’ – indica la nobiltà per diritto ereditario sostenuta dalla tradizione feudale-cavalleresca mentre l’ideologia della borghesia comunale colta si basava invece sulla nobiltà quale merito individuale) se [l'erede] non ha il cuore nobile per virtù personale, come l'acqua (aigua) si lascia attraversare da un raggio (porta raggio) mentre il cielo contiene in sé (riten) le stelle e il loro splendore. [5] Dio creatore splende dinanzi alle intelligenze [angeliche] (’ntelligenzïa ha valore collettivo) del cielo più del sole ai nostri occhi: essa [l'intelligenza angelica] intuisce (intende) il suo creatore (fattor) oltre la sfera celeste (oltra ’l cielo) e, facendo ruotare il cielo (’l ciel volgiando), prende (tole latinismo da tollere) ad obbedirgli (a Lui obedir); e come a ciò segue, subito (al primero), la realizzazione della volontà beata del giusto disegno di Dio (del giusto Deo beato compimento), similmente (così), in verità (al vero), una bella donna dopo che risplende negli occhi del suo nobile innamorato (del suo gentil), dovrebbe suscitargli il desiderio (dar dovria… talento) di non smettere (non si disprende) mai di obbedirle. [6] Donna (apostrofe), Dio mi dirà: “Cosa presumesti (presomisti)?”, quando la mia anima (alma mia) sarà (sïando - essendo) davanti a Lui (a lui davanti) [dopo la morte]. “Hai oltrepassato il cielo e sei giunto sino a Me [con la tua poesia] e hai dato (desti) Me come paragone (per semblanti) per un amore terreno (vano): mentre a Me spettano (conven) le lodi, come alla Regina (la reina – la Madonna) del vero regno (regname degno – il Paradiso) per la quale viene meno ogni (cessa onne) inganno (fraude - latinismo)”. Gli potrò rispondere: “[La mia amata] aveva l'aspetto di un angelo (Tenne d’angel sembianza – metafora della donna-angelo) che appartiene al Tuo regno; non fu colpa mia (non me fu fallo) se posi in lei il mio amore (amanza)”.

G. Cavalcanti - Perch’i’ no spero di tornar giammai TESTO

PARAFRASI

Perch’i’ no spero di tornar giammai, ballatetta, in Toscana, va’ tu, leggera e piana, dritt’a la donna mia, che per sua cortesia ti farà molto onore.

Poiché io non spero di tornare più in Toscana, cara ballata, va' tu lieve e affabile, direttamente dalla mia donna, che per la sua cortesia ti accoglierà onorevolmente.

Tu porterai novelle di sospiri piene di dogli’ e di molta paura; ma guarda che persona non ti miri che sia nemica di gentil natura: ché certo per la mia disaventura tu saresti contesa, tanto da lei ripresa che mi sarebbe angoscia; dopo la morte, poscia, pianto e novel dolore.

Tu le porterai notizie di sospiri, piene di dolore e di molta paura; ma sta' attenta che non ti veda nessuno che sia nemico della nobiltà: infatti per la mia infelicità tu saresti certo incompresa e tanto criticata che ciò mi causerebbe angoscia; e poi, dopo la mia morte, [mi causerebbe] pianto e nuovo dolore.

Tu senti, ballatetta, che la morte mi stringe sì, che vita m’abbandona; e senti come ’l cor si sbatte forte per quel che ciascun spirito ragiona. Tanto è distrutta già la mia persona, ch’i’ non posso soffrire: se tu mi vuoi servire, mena l’anima teco (molto di ciò ti preco) quando uscirà del core.

Tu, cara ballata, senti che la morte mi stringe a tal punto che la vita mi abbandona; e senti come il cuore batte forte a causa di ciò che esprime ogni mia funzione vitale. La mia persona è già tanto sfatta che io non posso sopportare ulteriormente: se tu vuoi rendermi un servizio, porta con te la mia anima (te ne prego con tutto il cuore) quando uscirà dal mio cuore.

Deh, ballatetta, a la tu’ amistate quest’anima che trema raccomando: menala teco, nella sua pietate, a quella bella donna a cu’ ti mando. Deh, ballatetta, dille sospirando, quando le se’ presente: «Questa vostra servente vien per istar con voi, partita da colui che fu servo d’Amore».

Orsù, cara ballata, raccomando alla tua amicizia quest'anima che trema: portala con te, nella sua angoscia, a quella bella donna alla quale ti mando. Orsù, cara ballata, dille tra i sospiri quando sarai di fronte a lei: «Questa vostra serva viene per stare con voi, dopo aver lasciato colui che fu servo d'Amore».

Tu, voce sbigottita e deboletta ch’esci piangendo de lo cor dolente, coll’anima e con questa ballatetta va’ ragionando della strutta mente. Voi troverete una donna piacente, di sì dolce intelletto che vi sarà diletto starle davanti ognora. Anim’, e tu l’adora sempre, nel su’ valore.

Tu, voce sbigottita e flebile che esci piangendo dal mio cuore addolorato, parla [alla donna] con la mia anima e con questa cara ballata della mia anima distrutta. Voi troverete una piacevole donna, di carattere così dolce che sarà per voi una gioia starle sempre accanto. E tu, anima mia, adorala sempre nella sua virtù.

G. Cavalcanti - Voi che per li occhi mi passaste ‘l core TESTO

PARAFRASI

[1] Voi che per li occhi mi passaste ’l core e destaste la mente che dormia, guardate a l’angosciosa vita mia, che sospirando la distrugge Amore.

[1] Voi (Voi – la donna amata - apostrofe) che attraverso (per) gli (li) occhi mi avete trafitto (passaste - metonimia) il cuore e avete svegliato (destaste) la mente che dormiva, guardate la mia vita angosciosa, che Amore (Amore - personificazione) distrugge in sospiri.

[5] E’ vèn tagliando di sì gran valore, che’ deboletti spiriti van via: riman figura sol en segnoria e voce alquanta, che parla dolore. [9] Questa vertù d’amor che m’ha disfatto da’ vostr’ occhi gentil’ presta si mosse: un dardo mi gittò dentro dal fianco., [12] Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto, che l’anima tremando si riscosse veggendo morto ’l cor nel lato manco.

[5] Egli ( E’ – sta per ei e si riferisce al Amore) arriva (vèn) ferendo (tagliando) con così grande forza (valore) che il mio fragile spirito vitale (deboletti spiriti – si riferisce ai sensi e ai moti dell’animo) vengono meno (van via - allitterazione): rimane solo il mio aspetto esteriore (figura – il corpo, l’involucro esterno), in balia (en segnoria) [dell’amore], e un po’ di voce (voce alquanta) che esprime (parla) dolore.

[9] Questa forza/valore (vertù - metonimia) amorosa che mi ha distrutto (m’ha disfatto) è partita (si mosse) veloce (presta) dai vostri occhi nobili (gentil’): una freccia (dardo - metafora) mi ha lanciato (mi gittò) nel (dentro dal) fianco. [12] Il colpo mi raggiunse (giunse) così (Sì) centrato (ritto) al primo tentativo (primo tratto), che la mente (anima - sineddoche) tremando si svegliò (si riscosse) vedendo (veggendo) il cuore morto nel lato sinistro (lato manco).

Dante Alighieri - Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io TESTO Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento, e messi in un vasel ch’ad ogni vento per mare andasse al voler vostro e mio,

PARAFRASI

sì che fortuna od altro tempo rio non ci potesse dare impedimento, anzi, vivendo sempre in un talento, di stare insieme crescesse ’l disio.

in modo che la tempesta o altro tempo avverso non potessero esserci di intralcio, ma al contrario, vivendo noi sempre insieme in un’unica volontà, crescesse sempre più il desiderio di stare insieme.

E monna Vanna e monna Lagia poi con quella ch’è sul numer de le trenta con noi ponesse il buono incantatore:

E poi (vorrei che) madonna Vanna e madonna Alagia insieme con quella donna che occupa il trentesimo posto il buon mago mettesse insieme con noi:

e quivi ragionar sempre d’amore, e ciascuna di lor fosse contenta, sì come i’ credo che saremmo noi.

e qui (sul vascello) (vorrei) parlare sempre d’amore, e (vorrei che) ciascuna di loro fosse contenta, così come credo che lo saremmo noi.

Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io fossimo rapiti per incantesimo, e messi su un vascello che qualunque fosse il vento andasse per mare, obbedendo solo alla nostra volontà,

Dante Alighieri – Tanto gentile e tanto onesta pare TESTO Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ella altrui saluta, ch’ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare. Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d’umiltà vestuta; e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare. . . Mostrasi sì piacente a chi la mira, . che dà per li occhi una dolcezza al core, . che ‘ntender non la può chi no la prova; . . e par che de la sua labbia si mova . uno spirito soave pien d’amore, . che va dicendo a l’anima: Sospira.

PARAFRASI La mia donna (donna mia = la signora, la padrona del mio cuore) si mostra (pare) tanto (tanto/tanto – anafora) nobile (gentile = nobile d’animo, nobile in senso spirituale) e onesta (onesta = nobile nell’aspetto esteriore e del portamento. Degna d’onore), quando saluta la gente (altrui ha valore impersonale), tanto che tutti fanno silenzio (ogne lingua deven tremando muta) e gli occhi non osano (ardiscon) guardarla. Ella procede (si va), sentendosi lodare, rivestita di umiltà (d’umiltà vestuta – metafora/paronomasia), espressione di benevolenza, e pare sia una creatura (cosa qui ha il valore di creatura, indica l’intervento creatore di Dio) scesa dal cielo sulla terra per mostrare la potenza divina (miracol mostrare - similitudine). Si mostra (mostrasi) talmente bella (sì piacente) a chi la guarda (la mira), che infonde tramite gli occhi (per li occhi ) una dolcezza al cuore che può capire solo chi la sperimenta direttamente (che ‘ntender non la può chi no la prova) e sembra che dal suo volto (labbia - sineddoche) emani (si mova) un soave sentimento (spirito soave pien d’amore) che dice (va dicendo) all’anima: Sospira.

Dante Alighieri – Al Poco giorno e al gran cerchio d’ombra TESTO Al poco giorno e al gran cerchio d’ombra son giunto, lasso, ed al bianchir de’ colli, quando si perde lo color ne l’erba: e ’l mio disio però non cangia il verde, sì è barbato ne la dura petra che parla e sente come fosse donna. Similemente questa nova donna si sta gelata come neve a l’ombra: ché non la move, se non come petra, il dolce tempo che riscalda i colli, e che li fa tornar di bianco in verde perché li copre di fioretti e d’erba. Quand’ella ha in testa una ghirlanda d’erba, trae de la mente nostra ogn’altra donna: perché si mischia il crespo giallo e ’l verde sì bel, ch’Amor lì viene a stare a l’ombra, che m’ha serrato intra piccioli colli

PARAFRASI Alle brevi giornate e alle lunghe notti (invernali) sono giunto, ahimè, e all’imbiancarsi delle colline, quando l’erba perde il suo colore: ma tuttavia il mio desiderio non appassisce, tanto è radicato nella dura pietra (l’amata), che parla e sente come fa una donna. Così questa strana giovinetta si mantiene gelida come la neve all’ombra: non la commuove, più di quanto farebbe a una pietra, il tempo primaverile che riscalda le colline, e che da bianche le fa tornare verdi coprendole di fiori e d’erbe. Quando lei ha sul capo una ghirlanda d’erba, elimina dalla mia mente ogni altra donna: i riccioli biondi si mescolano con il verde con tanta grazia che in quest’ombra trova la sua

più forte assai che la calcina petra. La sua bellezza ha più vertù che petra, e ’l colpo suo non può sanar per erba: ch’io son fuggito per piani e per colli, per poter scampar da cotal donna; e dal suo lume non mi può far ombra poggio né muro mai né fronda verde. lo l’ho veduta già vestita a verde, sì fatta ch’ella avrebbe messo in petra l’amor ch’io porto pur a la sua ombra: ond’io l’ho chesta in un bel prato d’erba, innamorata com’anco fu donna, e chiuso intorno d’altissimi colli. Ma ben ritorneranno i fiumi a’ colli prima che questo legno molle e verde s’infiammi, come suol far bella donna, di me; che mi torrei dormire in petra tutto il mio tempo e gir pascendo l’erba, sol per veder do’ suoi panni fanno ombra. Quandunque i colli fanno più nera ombra, sotto un bel verde la giovane donna la fa sparer, com’uom petra sott’erba.

dimora Amore, che mi ha imprigionato fra due collinette molto più fortemente di quanto faccia la calcina con i mattoni. La sua bellezza ha più virtù (magiche) di una pietra preziosa, e le sue ferite non possono essere guarite con un’erba (medicamentosa); infatti sono fuggito per pianure e colline per potermi salvare da una donna come lei; ma dalla sua luce non può ripararmi né un colle, né un muro, né una siepe. L’ho vista, una volta, vestita di verde, così bella che avrebbe potuto far nascere in una pietra l’amore che provo anche solo per la sua ombra: perciò l’ho desiderata in un bel prato d’erba, circondato da altissimi colli, innamorata quanto può essere una donna. Ma i fiumi scorreranno verso i colli prima che questo legno umido e verde si accenda, come avviene alle belle donne, per me, che accetterei di dormire sempre sulla dura pietra e di cibarmi d’erba solo per guardare sotto la sua veste. Quando i colli fanno più scura l’ombra, sotto la bella veste verde la giovane la fa sparire, come si fa con una pietra sotto l’erba.

Francesco Petrarca - Canzoniere SONNETTO TESTO Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono 1 di quei sospiri ond'io nudriva 'l core in sul mio primo giovenile errore, quand'era in parte altr'uom da quel ch' i' sono, del vario stile in ch'io piango e ragiono, fra le vane speranze e 'l van dolore, ove sia chi per prova intenda amore, spero trovar pietà, non che perdono. Ma ben veggio or sí come al popol tutto favola fui gran tempo, onde sovente di me mesdesmo meco mi vergogno; e del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,

PARAFRASI [ 1 : Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono ] Voi che ascoltate in queste poesie il suono di quei sospiri con i quali io nutrivo il mio cuore al tempo del mio errore giovanile, quand'ero in parte un uomo diverso da quello che sono adesso, spero di trovare la compassione e il perdono tra coloro che capiscono l'amore perché lo hanno provato, perdono dello stile diseguale nel quale io rifletto piangendo fra la vana speranza e il vano dolore. Ma io vedo bene adesso, come per molto tempo io fui canzonato d...


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