Psicopatologia e Psicologia Clinica - Capitolo 14 PDF

Title Psicopatologia e Psicologia Clinica - Capitolo 14
Author Gaia Niero
Course Psicologia clinica
Institution Università degli Studi di Trento
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Summary

Questo è il capitolo 14 del libro "Psicopatologia e Psicologia Clinica" presente solo ed unicamente nella versione digitale del libro, ma che comunque bisogna studiare ...


Description

DISTURBI CHE SI SVILUPPANO NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA (DISTURBI DEL NEUROSVILUPPO) Un caso di depressione e di tentato suicidio in adolescenza Amalia è una ragazza di origine latino-americana di 14 anni proveniente dalla classe economica media del Texas. La madre morì quando lei aveva 8 anni. Per Amalia il periodo della malattia e della morte di sua madre fu molto difficile, tanto che soffrì di gravi episodi di depressione con lunghi periodi di tristezza, anedonia, senso di inutilità e bassa autostima. Negli ultimi due anni, Amalia ha messo in atto di nascosto alcuni comportamenti di autolesionismo senza intento suicida (Non Suicidal Self-Injury - NSSI) quali tagliarsi le braccia e le gambe con un rasoio più volte durante la settimana. Di recente ha iniziato a rubare nei negozi e a marinare la scuola. Il padre di Amalia, molto preoccupato, ha tentato di parlarle diverse volte riguardo alle sue emozioni e ai suoi comportamenti fuori controllo che erano in aumento; tutta via questo è sfociato solo in liti che hanno incrementato la tensione tra i due. Inoltre, Amalia ha declinato la proposta del padre di andare insieme da uno psicologo. Durante un weekend, dopo una notte passata a bere alcol con i suoi amici, la ragazza è tornata a casa sentendosi molto triste, ha scritto un biglietto di addio e ha ingerito un intero flacone di pillole per dormire. Il padre l’ha trovata, ha chiamato i soccorsi e l’ha portata in ospedale. Qui Amalia ha negato sia di aver preso le pillole sia di desiderare di morire e anche di soffrire di qualsiasi sintomo depressivo. Lo staff medico ha deciso di tenerla in osservazione per 72 ore e durante questo periodo ha determinato che Amalia soffriva del disturbo depressivo maggiore. Amalia è stata ricoverata per una settimana e le sono stati poi prescritti una psicoterapia e dei farmaci antidepressivi

Prima del XX secolo, lo studio e il trattamento dei disturbi mentali si è focalizzato sugli adulti e poca attenzione è stata data ai bambini e agli adolescenti. Solamente nel 1920-1930, con l’avvento del movimento per la salute mentale e dei centri di orientamento per il bambino, i primi sforzi sono stati compiuti per valutare, trattare e comprendere gli schemi comportamentali maladattivi dei bambini e degli adolescenti. A oggi, i disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza rappresentano uno dei principali interessi dei ricercatori in ambito psicologico e dei medici. Le indagini a livello nazionale, che hanno lo scopo di stimare la prevalenza dei disturbi mentali tra i bambini e gli adolescenti, hanno evidenziato che essi si manifestano abbastanza frequentemente. Circa la metà (49,5%) di bambini e adolescenti soddisfano, all’età di 18 anni, i criteri diagnostici per almeno un disturbo mentale (si veda la Figura 14.1) (Merikangas et al., 2010). I disturbi d’ansia sono quelli con esordio più precoce (intorno ai 6 anni), seguiti dai disturbi comportamentali (11 anni) e dai disturbi da uso di sostanze (15 anni) (Merikangas et al.,2010). I pensieri e i comportamenti suicidari sono piuttosto rari nei bambini, ma a partire dai 12 anni incrementano in modo drammatico (Nock et al., 2013). Infatti, circa il 12 % degli adolescenti, all’età di 18 anni, riporta di avere pensieri suicidari e il 4% riferisce di aver tentato di suicidarsi (Nock et al.,2013). Date la prevalenza e la gravità di queste problematiche, si è cercato di comprendere sempre di più i disturbi de ll’infanzia e dell’adolescenza.

PREVALENZA (%)

A 60 50 40 30 20

* Esclusi i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione

10 0

DISTURBO

1

B 50

PREVALENZA (%)

40 30 20 10 0 Disturbi d'ansia

Disturbi Qualsiasi comportamentali disturbo DISTURBO

Disturbi dell'umore

Disturbi da uso di sostanze

Figura 14.1 Prevalenza e trattamento dei disturbi psicologici neo bambini e gli adolescenti Questi dati sono estratti dal National Comorbidity Survey-Adolescent Supplement e mostrano (A) la percentuale di adolescenti negli Stati Uniti che soddisfano i criteri diagnostici del DSM per i diversi tipi di disturbi mentali; (B) la percentuale di questi adolescenti che ha ricevuto un trattamento di qualsiasi tipo (Adattato da Merikangas et al., 2010; Merikangas, He et al., 2011)

Specifiche considerazioni sulla comprensione dei disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza 14.1 Descrivere quali sono le differenze nella comprensione dei disturbi che si sviluppano nell’infanzia e nell’adolescenza rispetto a quelli dell’età adulta. Come si può determinare quali siano i comportamenti infantili e adolescenziali non normativi o patologici? In sintesi, bisogna contestualizzare il comportamento all’interno di uno sviluppo infantile normale (Silk et al., 2000) perché non si può definire un comportamento come anormale senza chiedersi se questo sia in realtà appropriato per l’età del bambino. Per esempio, ci si aspetta che un bambino di due anni possa mangiare i sassi e avere scatti d’ira quando non ottiene quello che vuole, ma questi comportamenti sono patologici se presenti in una persona di 17 anni. Il campo della psicologia dello sviluppo si focalizza sul definire cosa sia anormale per ciascuno stadio dello sviluppo attraverso il confronto con i cambiamenti normali e attesi che si verificano durante la crescita È importante sottolineare che non esiste una netta linea di demarcazione tra gli schemi comportamentali disadattivi nell’infanzia e quelli che si sviluppano nell’adolescenza (per esempio non esiste un’età precisa in cui gli scatti d’ira vengono considerati ufficialmente “anormali”), nonché tra i comportamenti adolescenziali e quelli dell’età adulta. Di conseguenza, anche se questo capitolo si focalizzerà sui disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza sarà inevitabile estendere la riflessione a fasi di vita successive

Vulnerabilità psicologiche dei bambini piccoli I bambini piccoli sono particolarmente vulnerabili a sviluppare problemi psicologici (Ingram & Price, 2001). Nella valutazione della presenza e della gravità dei problemi di salute mentale nei bambini e negli adolescenti è necessario considerare i seguenti punti: -

Bambini e adolescenti non hanno una visione di sé e del mondo così complessa e realistica come avranno più avanti nella crescita e non hanno ancora sviluppato un senso di sé stabile e una comprensione delle aspettative altrui e delle risorse che possiedono per far fronte ai problemi;

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-

-

Le minacce percepite sono meno moderate da considerazioni legate alle esperienze passate o alle aspettative future e, di conseguenza, vengono considerate sproporzionalmente importanti. Come risultato, i bambini hanno spesso più difficoltà rispetto agli adulti nel far fronte a eventi stressanti (Mash & Barkley, 2006) La mancanza di esperienza dei bambini nell’affrontare le difficoltà fa sì che alcuni problemi risolvibili vengano invece visti come insormontabili (Scott et al., 2010). Per esempio, un autore di questo libro, quando non era potuto andare al ballo della scuola elementare si era convinto che il mondo sarebbe finito (nota dell’autore: questo non è successo!) I bambini sono anche più dipendenti di quanto dia un adulto. Se da un lato questa dipendenza è utile al bambino per respingere i pericoli dato che gli adulti vicini lo possono “proteggere” dagli eventi stressanti provenienti dall’ambiente, nello stesso tempo lo rende molto più vulnerabile all’abuso e al maltrattamento da parte degli altri.

La classificazione e i disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza Nessun sistema di classificazione dei disturbi emotivi e comportamentali dei bambini e degli adolescenti è stato disponibile fino al 1952, quando venne pubblicato il DSM-I. All’inizio la selezione relativa ai disturbi infantili era abbastanza limitata e includeva solo due disturbi: la schizofrenia infantile e i problemi di adattamento nell’infanzia. Nell 1966, una classificazione dei disturbi più dettagliata ed estesa venne proposta dal Gruppo per il Progresso della Psichiatria. Di conseguenza, molte categorie diagnostiche furono aggiunte nella revisione proposta dal DSM nel 1968 (DSM-II). Nonostante ciò sia i clinici, che tentavano di diagnosticare e cure i disturbi infantili, sia i ricercatori, che cercavano di arrivare a una comprensione estesa della psicopatologia infantile, consideravano la visione dei disturbi proposta come inappropriata e inaccurata per diversi motivi. Il problema più grande era lo stesso sistema di classificazione sviluppato per gli adulti veniva utilizzato nell’infanzia anche se molti disturbi infantili in realtà non avevano un corrispettivo nella psicopatologia adulta, come l’autismo, le difficoltà di apprendimento e le fobie scolastiche, inoltre, il primo sistema di classificazione ignorava il ruolo dei fattori ambientali nell’espressione dei sintomi caratteristici del disturbo. Infatti, i sintomi sono altamente influenzati dall’accettazione o dal rifiuto del comportamento infantile da parte degli altri membri familiari. Infine, i sintomi non venivano considerati in relazione al livello evolutivo del bambino. Alcuni comportamenti definiti dal DSM come problematici in realtà possono essere appropriati, in termini di sviluppo normale, in quella determinata fascia d’età (per esempio le paure, gli scatti d’ira, i capricci). Tutti questi limiti sono stati pienamente considerati dal DSM-5. Il DSM-5 include le diagnosi di un elevato numero di disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza. Purtroppo, in questo capitolo non ci è abbastanza spazio per poterli trattare tutti, di conseguenza ne sono stati selezionati alcuni che illustrano l’ampia gamma di disturbi che possono manifestarsi in queste fasi di vita. Come prima cosa, ci focalizzeremo su alcuni disturbi già descritti in questo libro, parlando degli adulti, e che possono colpire anche i bambini (per esempio, ansia e depressione). Successivamente, verrà posta attenzione a quei disturbi specifici che hanno il loro esordio nell’infanzia e nell’adolescenza, come il disturbo oppositivo provocatorio, i disturbi della condotta e i disturbi del neurosviluppo.

Ansia e depressione nei bambini e negli adolescenti 14.2 Distinzione tra lo sviluppo normale e quello caratterizzato da ansia e depressione I disturbi ansiosi e depressivi trattati precedentemente possono avere il loro esordio durante l’infanzia e l’adolescenza; in realtà ciascuno dei disturbi descritti i precedenza in questo libro può manifestarsi anche tra i giovani. Tuttavia bisogna determinare, per ciascun caso, se il comportamento del bambino riflette una patologia sottostante o se è normale per il suo livello di sviluppo. In questo paragrafo verranno discussi i disturbi d’ansia, i disturbi depressivi e i disturbi bipolari.

I disturbi d’ansia in infanzia e in adolescenza Molti bambini sono sensibili alla paura e all’incertezza e , per questo motivo, l’ansia è parte integrante del normale processo di crescita. Durante l’infanzia, infatti, diversi di noi hanno avuto paura di alcune cose come l’altezza, i temporali, il buio, i pagliacci ecc. Queste paure sono considerate come parte normale dello sviluppo umano, non patologiche per la maggior parte dei casi e si risolvono da sole con il passare del tempo. Tuttavia, in alcuni casi l’esperienza di paura e l’ansia sono estreme, persistenti, compromettono la qualità della vita e vanno ben oltre a ciò

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che ci si aspetta come normale. In questi casi, al bambino viene diagnosticato un disturbo d’ansia. I disturbi d’ansia dell’infanzia e dell’adolescenza sono classificati in modo simile ai disturbi d’ansia negli adulti e si presentano spesso in comorbilità con i disturbi depressivi, proprio come avviene in età adulta (Kendall et al., 2010; O’Neil et al., 2010) I disturbi d’ansia sono i disturbi mentali più diffusi tra i bambini e gli adolescenti con una prevalenza negli Stati Uniti di circa il 32% dei giovani (Merikangas et al., 2010). Essi si manifestano con un tasso più alto nelle femmine (38%) rispetto ai maschi (26%) e le forme più comuni sono le fobie specifiche (19%), il disturbo d’ansia sociale (9%), il disturbo d’ansia da separazione (8%) e il disturbo post-traumatico da stress (5%). Questi disturbi d’ansia sono stati descritti nei capitoli 5 e 6, a eccezione del disturbo d’ansia da separazione che verrà ora presentato in dettaglio. Disturbo d’ansia da separazione Il disturbo d’ansia da separazione, classificato nel DSM-5 tra i disturbi d’ansia, è caratterizzato da eccessiva ansia che riguarda la separazione dalle figure di attaccamento del bambino, come la madre e altri familiari vicini (Bernstein & Layne, 2006). I bambini con questo disturbo spesso sono poco sicuri di sé, provano apprensione nelle situazioni nuove e tendono a essere immaturi per la loro età. I genitori li descrivono come timidi, sensibili, nervosi, remissivi, che si scoraggiano facilmente, preoccupati e facili al pianto. In molti casi esiste un chiaro fattore causale di stress psicologico, quale la morte di un parente o dell’animale domestico. Il caso descritto di seguito mostra le caratteristiche cliniche del disturbo. Il grave disturbo di ansia da separazione di Johnny Johnny era un bambino di 6 anni particolarmente sensibile, con molte paure, soffriva di incubi notturni e aveva un’ansia cornica. Era terrorizzato dalla separazione, anche breve, da sua madre. Quando sua madre cercò di iscriverlo all’asilo Johnny, in seguito all’allontanamento della mamma, divenne così turbato che il responsabile concordò che lei rimanesse nell’aula. Tuttavia, dopo due settimane, questo accordo non poté più essere mantenuto e Johnny dovette lasciare l’asilo perché non riusciva a separarsi dalla madre neanche per pochi minuti. Successivamente, Johnny mostrò la stessa intensa ansia e lo stesso rifiutò di separarsi dalla madre anche quando fu iscritto alle scuole elementari. Seguendo il consiglio di una consulente scolastica, la madre di Johnny portò il figlio in una clinica per farsi aiutare a risolvere queste problematiche. Quando il terapeuta si presentò a Johnny e a sua madre indossava il camice bianco e ciò scatenò una relazione di panico nel bambino così grave che la madre dovette trattenerlo dallo scappare via. Inoltre, Johnny non si calmò finché il terapeuta non si tolse il camice. La madre riferì che il figlio era terrorizzato dai dottori e che era quasi impossibile che un medico riuscisse a visitarlo anche quando era malato.

Quando i bambin con disturbo d’ansia da separazione vengono separati dalle loro figure di attaccamento in genere iniziano a sviluppare paure morbose – per esempio temono che i loro genitori possano ammalarsi o morire – oltre ad aggrapparsi disperatamente agli adulti, avere disturbi del sonno e diventare estremamente capricciosi ponendo molte richieste ai genitori. Il disturbo da ansia di separazione è leggermente più comune tra le femmine (9%) rispetto ai maschi (6%) (Merikangas et al., 2010). Nella maggior parte dei casi il disturbo si risolve da solo con il passare del tempo (Cantwell & Baker, 1989), ma alcuno bambini mantengono dei problemi di rifiuto della scuola (hanno paura di lasciare la casa e i genitori per andare a scuola) e le conseguenti difficoltà di adattamento. Infine, un elevato numero di bambini con disturbo di ansia da separazione mostra anche altri disturbi d’ansia, come le fobie, o altri disturbi, come il disturbo ossessivo-compulsivo (Egger et al., 2003; Kearney et al., 2003). Fattori causali dei disturbi d’ansia Poca enfasi è stata posta sui diversi fattori causali dei disturbi d’ansia. Nonostante sia stato rilevato che i fattori genetici contribuiscano allo sviluppo dei disturbi d’ansia nei bambini (Nestadt et al., 2010), si ritiene che la maggiore influenza sia data dai fattori sociali e socio-culturali. Per esempio, i risultati di alcune ricerche, che hanno sottolineato un aumento del rischio di ansia e di depressione tra i giovani immigrati latino-americani (Potochnick & Perreira, 2010), hanno portato a considerare i comportamenti genitoriali e lo stress familiare, presente nelle minoranze, come potenziali fattori causali dell’esordio dei disturbi di ansia nei bambini, ma è necessario prendere in considerazione altri fattori culturali più estesi. I bambini ansiosi spesso hanno una sensibilità connaturata che li rende maggiormente condizionabili dagli stimoli avversi. Per esempio, essi possono essere facilmente sconvolti anche in seguito a piccole delusioni quali perdere un giocattolo o incontrare un cane. Inoltre, questi bambini hanno più difficoltà a calmarsi e ciò può causare un accumulo e una generalizzazione della paura.

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L’ansia del bambino può nascere in seguito ad alcune esperienze come le prime malattie, gli incidenti o le perdite che hanno determinato sensazioni di dolore e di disagio. L’effetto traumatico di alcune esperienze, come il ricovero ospedaliero, fa sì che questi bambini si sentano insicuri e inadeguati. Anche alcuni cambiamenti che si verificano nel corso della vita, come trasferirsi lontano dagli amici e dover quindi affrontare nuove situazioni, possono essere traumatici e avere conseguenze negative sull’adattamento del bambino. I bambini estremamente ansiosi spesso sono esposti all’effetto di modellamento he proviene da un genitore anch’esso molto ansioso e protettivo che sensibilizza il figlio verso tutti i pericoli e le minacce del mondo esterno. Questa iperprotettività del genitore spesso comunica al bambino una mancanza di fiducia nelle sue capacità di far fronte alle avversità, rafforzando quindi i suoi sentimenti di inadeguatezza (Woodruff-Borden et al., 2002). Anche genitori con comportamenti indifferenti o distaccati (Chartier et al., 2001) o rifiutanti (Hudson & Rapee, 2001) possono favorire lo sviluppo dei disturbi d’ansia nei loro figli. Infatti, il bambino non si sente adeguatamente sostenuto nel padroneggiare le competenze di base e nello sviluppare un concetto positivo di sé. Ciò porta a ripetute esperienze di fallimento, derivanti appunto dalle scarse capacità di apprendimento, che possono determinare un pattern di ansia o di ritiro in risposta alle situazioni “minacciose”. Invece, altri bambini possono svolgere i compiti in modo adeguato, ma essere supercritici con se stessi e sentirsi, di conseguenza, estremamente ansiosi e svalutati quando credono di non riuscire a fare le cose sufficientemente bene da guadagnarsi l’amore e il rispetto dei propri genitori. Non è ancora del tutto chiaro quale sia il ruolo dei fattori socio-ambientali nello sviluppo dei disturbi d’ansia. Uno studio cross-culturale sulle paure (Ollendick et al., 1996) ha trovato delle differenze significative tra i bambini e gli adolescenti americani, australiani, nigeriani e cinesi. Questi autori sostengono che i livelli di ansia riportati siano più elevati in culture che sostengono l’inibizione, il conformismo e l’obbedienza. In un ulteriore studio negli Stati Uniti, Last e Perrin (1993) hanno trovato alcune differenze rispetto al tipo di disturbo d’ansia tra i bambini afro-americani e i bambini bianchi, con una probabilità maggiore per questi ultimi di manifestare problemi fi rifiuto della scuola rispetto ai bambini afro-americani che, invece, presentavano maggiori sintomi del disturbo post-traumatico da stress (DPTS). Questa differenza potrebbe dipendere o dalle differenti modalità di invio per le famiglie afro-americane e per quelle bianche oppure potrebbe riflettere l’effetto sul bambino di alcune fonti di stress ambientale. Infatti, molti studi hanno rilevato una forte associazione tra l’esposizione alla violenza e la riduzione del senso di sicurezza e del benessere psicologico (Cooley-Quille et al.,2001). Inoltre, i bambini che hanno avuto esperienza di un minore controllo su alcuni fattori ambientali negativi possono diventare più vulnerabili a sviluppare ansia rispetto ai bambini che hanno acquisito la capacità di gestire gli eventi stressanti.

Prevalenza (%)

25 20 15 10 5 0

Disturbo Femmine

Maschi

Figura 14.2 Prevalenza dei disturbi d’ansia nelle femmine e nei maschi Come mostrato da questi dati provenienti dal National Comorbidity ...


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