Pubblicità sociale PDF

Title Pubblicità sociale
Course COMUNICAZIONE PUBBLICA
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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COMUNICAZIONE SOCIALE e pubblicità sociale – gadotti La pubblicità è una forma di comunicazione che si presta a molteplici usi e che costituisce un asset indispensabile nella moderna società dei consumi. La pubblicità sociale, a lungo ha collezionato esempi shoccanti, ma realizzati e/o pensati vuoi per inefficienze o per mancanze di fondi. Un caso a parte è quello di Pubblicità Progresso, fondazione cui nel tempo hanno aderito numerose agenzie e professionisti, che nel tempo ha realizzato numerose campagne di pubblicità sociale di estrema qualità ed efficacia. La pubblicità sociale vanta una lunga e ricca tradizione, ciò che oggi è cambiato, è il contesto culturale e sociale entro il quale si sviluppa. Inoltre sempre più frequentemente, nuovi soggetti privati che si affiancano a ministeri ed associazioni non profit. Fare pubblicità sociale significa posizionarsi, schierarsi non neutralmente rispetto una tematica. Pubblicità sociale e comunicazione sociale sono spesso usati come sinonimi, ma celano delle differenze. La comunicazione sociale è uno strumento della pubblicità sociale e viceversa quest’ultima rappresenta una leva della comunicazione sociale. La pubblicità sociale La pubblicità sociale è l’insieme dei messaggi e delle comunicazioni creati con i metodi e diffusi con i mezzi della pubblicità commerciale, ma che, contrariamente a questa, non sono finalizzati alla vendita di un prodotto o alla circolazione del nome di una marca, poiché perseguono scopi di utilità sociale e di interesse generale. La pubblicità sociale si avvale delle tecniche persuasorie dell’advertising commerciale, rimanendo comunque una comunicazione non ingannevole promossa nell’interesse di chi ascolta, volta ad accrescere e valorizzare il capitale sociale di un paese e la crescita della sua società civile. La comunicazione sociale è invece lo strumento per riattivare forme di relazionalità, spazio proattivo di promozione sociale. Chiama pubblicamente a riunirsi e rimotivarsi su certi valori etici e per un bene comune. Richiama ad una collettività, un’identità comune. La comunicazione è per definizione sociale, un fatto di relazione e ascolto, un tipo di comunicazione pubblica, legata a social problems, finalizzata a sensibilizzare le persone su tematiche di rilevante interesse generale e ad educare a cambiare comportamenti/orientamenti (Faccioli). Gadotti afferma che la comunicazione sociale è finalizzata a fornire “nell’interesse collettivo, un’informazione imparziale, su tematiche di interesse generale” – che facciano riferimento a universi valoriali largamente condivisi. Da un lato restituisce una rappresentazione di una realtà, dall’altro partecipa attivamente alla definizione dell’agenda di discussione pubblica. Proposta di articolazione complessa La comunicazione sociale è attivata dai soggetti pubblici, attivando iniziative per ricordare e ribadire l’adesione a particolari valori e comportamenti per la collettività e sanzionando chi non li condivide. La comunicazione sociale è anche detta di solidarietà, propria delle aree non profit. Fatta di iniziative promosse dal variegato mondo del non profit, con finalità e scelte dei temi spesso diverse da quelle degli enti pubblici, tese a creare un tessuto di solidarietà/condivisione/sostegno attorno a cause sociali. La comunicazione sociale è anche di responsabilità sociale propria delle aziende commerciali. Fatta di iniziative di promozione di prodotti o servizi che coinvolgono il consumatore in cause sociali rilevanti delle quali l’azienda si fa sponsor in adesione a logiche di profitto. Comunicazione sociale attivata dai soggetti pubblici Per la PA è un obbligo fare comunicazione sociale, il soggetto pubblico deve necessariamente affrontare temi relativamente controversi sui quali l’opinione pubblica non si dichiari divisa. La prospettiva di scelta dei temi dovrebbe essere improntata ad una neutralità possibile (Rolando). Enti Pubblici L’ente pubblico può prendere posizione, ma deve esplicitare la dimensione scelta nella rappresentazione del problema e lo deve fare più delle aziende. Il cittadino non può accettare che la PA faccia comunicazione senza esplicitare le ragioni della propria presa di posizione ed esplicitare la dimensione scelta nella rappresentazione del problema. Il soggetto pubblico ha il compito di garantire l’osservanza delle regole sociali nella tutela dell’interesse generale: l’approccio generalista ai problemi presentati nella loro dimensione più ampia, attenzione per fare conoscere il tema. L’ente pubblico si rivolge a tutti i cittadini e ha il dovere di illustrare le possibili soluzioni per risolvere il problema e dare indicazioni in merito a quali servizi sono disponibili per fare fronte alla situazione. La scelta dei temi è una questione rilevante per la PA: argomenti rispetto ai quali il soggetto pubblico abbia sviluppato o stia per sviluppare politiche coerenti (Gadotti). La scelta del registro e del tono espressivo è cruciale per l’attenzione e l’interesse dei destinatari, i vincoli che derivano dalla natura di ente pubblico riguardano l’uso di un linguaggio non troppo gergale, né troppo autoritario, terroristico o

colpevolizzante; il linguaggio deve essere sempre rispettoso della sensibilità del suo pubblico (ossia di tutti i cittadini). Rischio: campagna percepita come operazione di “facciata”; banalizzazione del discorso, renderlo noioso o appiattito su un linguaggio che incontra il favore di pochi. Vincoli: linguaggio non troppo gergale, né troppo autoritario o terroristico o colpevolizzante. Linguaggio rispettoso della sensibilità del suo pubblico che spesso coincide con quello di tutti i cittadini. Su questioni e temi emergenti: prendere la parola solo quando la sensibilità collettiva avrà raggiunto un accettabile grado di sensibilizzazione e omogeneità e saranno disponibili politiche di risposta adeguate (differenza rispetto ai privati, profit e non profit). Meglio comunicare quando il tema è maturo. Tono del messaggio promosso da enti pubblici: linguaggio semplice ed esplicativo, non aggressivo ma informativo, che generi consapevolezza sul comportamento più adeguato e responsabilizzato rispetto alle conseguenze sociali di un comportamento scorretto. Ciò non esclude a priori l’utilizzo di tono di richiamo all’allarme sociale per la ricaduta sulla collettività di comportamenti non corretti, ma attenzione perché spesso il ricorso a messaggi aggressivi è la via più facile ma non la più efficace; o anche il tono ironico, es Oliviero Toscani sull’uso del casco “non fare il pirla usa il casco” e ricaduta/rivolta delle associazioni di genitori vittime di incidenti stradali. L’urgenza di affrontare temi rilevanti per la collettività ha costretto la PA ad adeguarsi agli standard espressivi cui il pubblico è ormai abituato, pena l’insuccesso delle stesse campagne sociali. Universo della comunicazione mediatica = contesto unico, qualsiasi soggetto che comunica è in competizione con gli altri con cui si misura. Gli anni ’90 = anni di grandi campagne su grandi temi (tossicodipendenza, HIV, …). La PA si confronta con la comunicazione espressa dal mondo del non profit autorevole, innovando linguaggi e modalità di intervento, una stagione di rinnovamento ha investito l’apparato amministrativo e l’intera filiera della comunicazione pubblica, in termini di contenuti – canali – metodi di diffusione – linguaggi; il tutto nella concezione che la comunicazione di servizio istituzionale è volta a rendere il cittadino “ben informato”. È possibile osservare nel tempo, un progressivo miglioramento qualitativo e quantitativo: iniziative accattivanti, innovative, inconsuete e degne di nota. Enti non profit A differenza dalla PA, non hanno obbligo di comunicare: la comunicazione sociale è per loro un’opportunità da cogliere, una scelta. Intervenire su un determinato problema di rilevanza sociale è determinato in base alle finalità e al ruolo che si vuole o si può ricoprire in una determinata fase, tenendo conto delle attività che svolgono altri soggetti che possono essere coinvolti nel processo (enti pubblici). La realtà non profit è fatta da un mondo variegato (volontariato, associazioni, movimenti non organizzati in modo o di piccole dimensioni, iniziative civiche, ecc), di portatori di istanze vicini ai problemi vissuti nella sfera privata, attivano processi comunicativi che si affidano alla dinamica di una società civile emergente dal “mondo della vita”. Portavoce di questioni e temi ad alta “controversitalità”, ma di frequente valori, temi e problemi alla base della convivenza sociale (ambiante, salute), per offrire un servizio alla collettività. La comunicazione come strumento per convincere il pubblico dell’importanza o rilevanza del tema e di una sua specifica rappresentazione e/o soluzione, per imporla all’opinione pubblica, all’agenda politica.  la comunicazione del non profit è rilevante per qualificare il discorso pubblico ed esprimendo il pluralismo della società civile. Alla base della comunicazione sociale negli enti non profit, c’è il capitale sociale: bene immateriale generato da relazioni intersoggettive, la cui attivazione determina dei benefici per l’individuo e/o per la comunità di riferimento; generato da relazioni, ne genera delle altre. Le realtà non profit comunicano per… affermare la propria presenza, far conoscere l’organizzazione, la sua missione, le sue attività, … creare un’immagine o rafforzarla per predisporre un ambiente favorevole presso i destinatari dell’offerta, i volontari, i donatori, enti pubblici e media; interagire e valorizzare il lavoro dei volontari e ottenere consenso presso l’opinione pubblica.  un’opportunità, un vantaggio competitivo di grande efficacia che garantisce visibilità, legittimazione, sostegno. Rispetto alla PA, gli enti non profit: - Hanno meno vincoli istituzionali e una maggiore possibilità di scelta di temi/questioni/cause da poter promuovere e dei linguaggi da poter usare. - Attivano spesso campagne di sensibilizzazione e fund raising (i due obiettivi possono coincidere). - Ampia gamma di possibilità comunicative - Fund raising (eventi, cene, mercatini, banchetti) - Vendite di piazza: iniziative fondate sullo “scambio”, in occasione di feste - Maratone di raccolta fondi - Comunicazioni dirette/indirette (indirette personalizzate) - Marketing telefonico *(progressivamente in disuso) - Donazioni

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Collaborazioni fra onp e aziende

Rischi raccolta fondi: i media condizionano i pubblici canalizzando l’attenzione solo su alcuni argomenti e trascurandone altri. Inoltre…  incentivano la modalità partecipativa della delega, che rischia di allentare il senso critico verso le disuguaglianze e i problemi sociali/globali e rappresenta un surrogato della partecipazione visibile e attiva.  trappole e illusioni che si nascondono dietro alla retorica degli aiuti umanitari, nella prospettiva della solidarietà internazionale.  campagne troppo finalizzate al sostegno economico delle organizzazioni, a scapito della promozione della causa  sovraffollamento, rumore di fondo scarsamente incisivo in generale ci si interroga sulla reale efficacia delle campagne e dei diversi linguaggi utilizzati. Aziende profit oriented La comunicazione delle aziende che fa riferimento esplicito all’assunzione di una qualsivoglia responsabilità sociale da parte delle aziende. Un posizionamento sociale con cui l’azienda riscuote fiducia, sicuramente non privo di ambiguità e che si presenta sotto molteplici definizioni (comunicazione sociale delle imprese, company adverstising with a social dimension, social marketing, corporate philantropy). Si tratta di trend ormai stabilizzato, che abbraccia i cambiamenti della sfera del consumo e del comportamento del consumatore (un soggetto sempre più complesso, attento, sfaccettato e consapevole delle implicazioni sociali ed ecologiche delle proprie scelte). . Siamo in una nuova dimensione: quella di fare leva sulla fiducia e il consenso ad una social strategy trasparente e coerente, per l’azienda e/o la marca un formidabile vantaggio o un micidiale boomerang se le promesse non vengono mantenute (es. nike e sfruttamento del lavoro minorile). È aumentatala visibilità delle impese, ruolo dei mass media e la rete internet; esplodono siti che offrono informazioni dettagliate sulle attività delle imprese, pressioni di gruppi ambientalisti; di boicottaggio del consumo attivo in altri paesi. Il ruolo delle imprese Corporate Citizenship “idea allargata di altruismo”. L’importante è che non emerga l’assistenzialismo e la carità, bensì lo sforzo di comprensione e di interlocuzione verso la società e i suoi problemi. Relazione con un nuovo consumatore/cittadino. Alcune azioni e comunicazioni: - Corporate issue promotion: campagne che affrontano in odo esplicito temi e questioni di interesse collettivo. L’azienda si fa promotrice di una causa che viene incorporata come brand value principale (Es. avon – Stand for her - lotta al cancro al seno e lotta contro la violenza sulle donne); -

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Good corporate citizenship: campagne che fanno riferimento ad azioni intraprese dall’azienda nei vari settori del sociale, promettendo di sostenere una organizzazione non profit o un progetto ad hoc. Il consumatore non è coivolto nel sostegno della causa (es. omnitel e legambiente per la salvaguardia dei delfini). Cause related marketing: campagne in cui l’azienda associa il proprio marchio a quello di un’organizzazione non profit per dare vita a operazioni complesse e di lungo termine. Spesso è chiamato in causa il consumatore. Il prodotto o servizio offerte dall’azienda diventa veicolo della dimensione sociale e l’acquisto è il mezzo a disposizione del consumatore per sostenere la causa promossa (es. golia bianca e wwf per la protezione dell’orso polare; coop e i prodotti equosolidali con solidal coop).

Fattori cruciali per la buona riuscita della comunicazione sociale sono: serietà, coerenza dell’impegno dell’azienda. Pubblicità progresso È stata una grande protagonista della pubblicità sociale in Italia, riuscendo a diventare un punto di riferimento importante della comunicazione sociale. Nasce agli inizi degli anni ’70 per opera di alcuni pionieri appartenenti al mondo della comunicazione in un clima non troppo favorevole alla pubblicità: accuse di pubblicità occulta e persuasione, anni di contestazione, ma anche effervescenza e cambiamento della società civile. L’obiettivo era quello di introdurre nel tessuto sociale, temi e problemi di rilevanza pubblica attorno ai quali si riteneva, non vi fosse un’adeguata consapevolezza.

Oggi Pubblicità Progresso è un marchio che gode di una ottima reputazione, grazie alla sua capacità nel tempo, di aver saputo cogliere i segnali di cambiamento che investivano il paese e darne voce con un progresso “morale”. IL PROCESSO DI PRODUZIONE PUBBLICITARIO Il processo di produzione pubblicitario è il percorso che accompagna la realizzazione di una campagna pubblicitaria, dalla decisione di utilizzarla quale strumento di comunicazione per raggiungere gli obiettivi preposti, fino alla realizzazione tecnica, veicolazione sui media e valutazione. Il processo coinvolge i soggetti promotori (enti pubblici, enti non profit, aziende profit oriented) e i soggetti fornitori di servizi e di competenze specifiche in ambito pubblicitario (agenzie, studi grafici, professionisti, case di produzione). Le fasi che accompagnano la realizzazione di una campagna pubblicitaria, tanto commerciale quanto sociale, sono: 1. Momento promotore  costituisce l’avvio del processo, momento in cui il soggetto che procede lungo tale percorso (a fronte di valutazioni di efficacia), individua la pubblicità come strumento più adatto per perseguire i propri obiettivi di marketing e comunicazione (es. promozione di valore, di un tema, di condivisione di info, servire il bene comune). Spesso, il processo di produzione pubblicitario viene sviluppato a titolo gratuito dai fornitori coinvolti. 2. Momento amministrativo  fase in cui vengono stanziate le risorse, che devono essere proporzionali agli obiettivi definiti. Nel calcolo del budget, si tiene conto della soglia minima di visibilità, ossia ad un valore indicativo di investimento minimo sotto la cui soglia si rischia di non arrivare al pubblico prescelto (tale soglia è fortemente variabile). Se il soggetto promotore non possiede sufficienti risorse, si possono valutare strade alternative, meno costose ma di altrettanto impatto (es. guerrilla marketing e ambient marketing). 3. Momento organizzativo  le modalità organizzative sono principalmente tre, la produzione in economia (prevede che lo sviluppo dell’idea creativa e il coordinamento del processo siano svolti da professionalità appartenenti al soggetto promotore, e per la produzione, ciò che non sia presente internamente sia affidato a strutture di professionisti esterne); produzione esterna (prevede che anche lo sviluppo dell’idea creativa sia affidato all’esterno); produzione esterna senza capocommesssa (se non vi è un capocommessa, tutto viene esternalizzato ma il coordinamento dei fornitori è mantenuto dall’ente promotore). 4. Momento strategico generale  guidato dal committente e accompagnato dal comunicatore, in uno scambio mirato e approfondito. I contenuti che emergono nelle fasi di bief e debrief sono condivisi per costruire una strategia solida e condivisa. 5. Momento creativo  corrisponde alla creazione dell’idea che si trasformerà, al termine di tutto il processo di negoziazione, in una pubblicità. 6. Momento legale  prima di presentare le proposte creative al committente, è necessario verificarne la validità dal punto di vista legale e il rispetto del Codice di autodisciplina pubblicitaria (principio di onestà, verità e correttezza), specialmente per tutte le comunicazioni dirette ai bambini. Sul rispetto delle norme, vigila il Comitato di controllo, il Giurì e altri organismi di tutela. 7. Momento produttivo e tecnologico  fase di realizzazione vera e propria che prevede, in base al tipo di strumenti e canali scelti, differenti modalità di produzione e veicolazione, nonché di relazione tra committente e il realizzatore. È il momento in cui non c’è alcuna differenza tra pubblicità sociale e commerciale. 8. Momento media  percorso di studio, pianificazione e acquisto degli spazi sui mezzi di comunicazione, in cui la campagna verrà trasmessa. I prezzi variano a seconda di numerosi fattori (mezzo, canale, fascia oraria, popolarità del programma, periodo ecc). Spesso accade che gli spazi vengano concessi a titolo gratuito, cosa che tuttavia influisce nel tipo di spazio dato, generalmente meno rilevante (con meno visibilità). Un caso a parte è quello di pubblicità progresso che, vantando tra i suoi soci anche le principali concessionarie di pubblicità, gode di maggiori garanzie di visibilità e pianificazione. 9. Momento della trasmissione del messaggio  fase di attuazione del piano di trasmissione. 10.Momento della ricerca  fase posta non solo al termine della campagna di comunicazione, al fine di valutare risultati e l’efficacia del progetto realizzato (sia in termini quantitativi che qualitativi); ma che dovrebbe accompagnare l’intero processo di realizzazione, a partire dalla ricerca del pubblico, del tono ecc. Una campagna sociale mal costruita non solo può risultare inutile ma può, ancora peggio, essere causa di effetti negativi e contrari rispetto a quanto atteso dal comunicatore. PIANO DI COMUNICAZIONE (momento creativo) Strumento per la programmazione e governo delle azioni di comunicazione in un certo arco temporale. Ne consente la finalizzazione, ne individua gli attori (il chi comunica e a quali destinatari), determina gli strumenti e le risorse utilizzare. Strumento con cui definire (con modalità personalizzate rispetto gai vari interlocutori, obiettivi, strumenti tempi e modalità di verifica) la strategia di comunicazione e le relative delle attività. Serve a pianificare e coordinare, ascoltare e costruire relazioni. Lo strumento prevede 3 macro fasi, 7 passi metodologici, con uno schema preciso ma flessibile.

a. Analisi del sistema in atto e del contesto 1. Analisi situazionale: fase preliminare in cui vanno acquisite le informazioni specifiche sull’ambiente di riferimento, interno ed esterno, proprio al fine di delimitare il campo di azione. Dopo la definizion...


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