Riassunti economia agroalimentare PDF

Title Riassunti economia agroalimentare
Course Agrifood Economy
Institution Sapienza - Università di Roma
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Riassunti di economia agroalimentare...


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! 1 ECONOMIA AGROALIMENTARE L’ECONOMIA AGROALIMENTARE L’economia si occupa dell’uso di risorse limitate utilizzate per il soddisfacimento al meglio di bisogni individuali e collettivi. L’economia agroalimentare si occupa dell’uso di risorse limitate utilizzate per il soddisfacimento al meglio di bisogni alimentari; le attività portate avanti da un insieme di persone, organizzazioni e istituzioni costituiscono il sistema agroalimentare. Il sistema agroalimentare si basa ovviamente sul bisogno alimentare, il desiderio di disporre di un mezzo (alimento) reputato atto a far cessare, prevenire o conservare una sensazione (di fame). È quindi un bene alimentare (bene economico) qualsiasi mezzo atto o ritenuto atto a soddisfare un bisogno. Perché un mezzo sia un bene economico è necessario: 1. che esista un bisogno da soddisfare con quel mezzo;  2. che il mezzo sia atto o ritenuto atto a soddisfare il bisogno;  3. che il mezzo sia accessibile;  4. che sia disponibile in quantità limitata rispetto al gruppo di individui considerati. Ciascun bene economico ha un prezzo. Il valore di un bene è dato perciò dalla quantità di moneta con cui quel bene può essere scambiato. Tali beni economici possono essere classificati a seconda: ö della destinazione: beni di consumo (formaggio) e mezzi di produzione (latte); ö della durata: beni a fecondità semplice (acqua, gelato) e a fecondità ripetuta (frigorifero, cellulare); ö della natura: beni materiali, beni non materiali o servizi; ö della disponibilità: beni presenti e futuri; ö dei rapporti d’uso: beni indipendenti, succedanei (beni che vengono consumati alternativamente o l’uno o l’altro, ma non tutti e due, in quanto soddisfano entrambi il medesimo bisogno) e complementari (telefono e la SIM). COS’ È UN SISTEMA AGROALIMENTARE? Un insieme di settori economici caratterizzati da sequenzialità operativa: v industrie fornitrici di mezzi tecnici; v produzione Agricola (materia prima); v industria Alimentare (trasformazione); v distribuzione (ingrosso, dettaglio, ristorazione); v consumatori (domanda finale di beni alimentari). Oltre a questi, vi sono settori non economici che contribuiscono all’espletamento delle attività. Nel sistema agroalimentare possiamo distinguere due tipi di approcci: • approccio di filiera: presta attenzione alle sequenze di tipo tecnologico, organizzativo e commerciale dei processi di utilizzazione delle produzioni. La filiera indica l’insieme degli agenti economici, amministrativi e politici che operano lungo l’itinerario economico di un prodotto dallo stadio iniziale della produzione a quello finale dell’utilizzazione, nonché le interazioni. Si tratta comunque di un concetto astratto. Si differenzia dall’analisi per canali commerciali in funzione delle informazioni aggiuntive che consente di ottenere e degli obiettivi che con essa si tenta di perseguire. • analisi per canali commerciali: mette in evidenza il numero dei passaggi necessari al prodotto agricolo per arrivare al consumo e le qualità di prodotto che si canalizzano verso ciascun passaggio. I canali commerciali rappresentano la sequenza degli operatori (numero e funzioni) che rendono possibile il trasferimento dei prodotti dal produttore al consumatore. Tali operatori si distinguono in 4 tipologie: produttore, grossista, intermediario, dettagliante. La complessità del canale commerciale è in funzione del numero degli operatori coinvolti. GRADO DI CONCORRENZIALITÀ NEL SETTORE AGRICOLO L’allocazione delle produzioni si svolge tenuto conto del grado di concorrenzialità a livello di ogni singolo settore. Il settore agricolo è tendenzialmente concorrenziale (bassa concentrazione e assenza di barriere all’entrata). Tale struttura però cambia se parliamo del sistema di distribuzione e di trasformazione, caratterizzato da un forte potere

! 2 monopsonistico (situazione di mercato caratterizzata dall'accentramento della domanda da parte di un solo soggetto economico e dall'impossibilità per altri acquirenti di entrare sul mercato). È necessario comunque dire che il settore agroalimentare è l’unico settore che non ha subito forti oscillazioni nel periodo di crisi. Questo perché in tale settore vi sono grandi players internazionali (soggetti in grado di indirizzare il mercato) che hanno potuto sfruttare le economie di scala abbassando i prezzi (le prime 10 imprese alimentari controllano il 26% del mercato dei prodotti alimentari confezionati). Questa è una differenza fondamentale con i retailer che, avendo una dimensione e una quantità di prodotti inferiore e quindi un controllo del mercato quasi nullo, sono stati costretti a mantenere prezzi alti, uscendo, in gran parte, di scena dal mercato (il buyer tende ad eliminare dal mercato tutti coloro che non si adattano alle sue necessità: buyer power). MECCANISMO DEL GLOBAL FOOD CHAIN In tale meccanismo la fase di produzione agricola è spazialmente scollegata a quella del consumo. L’acquisizione di materia prima agricola su scala geografica è sempre più ampia e un ruolo chiave lo giocano i grandi players Internazionali. Vi è una concorrenza diretta e indiretta da parte di nuove imprese e bacini di produzione. Il buyer detta prezzi, condizioni di vendita e standard di qualità (buyer power). Ai produttori vengono richieste specifiche per entrare a far parte del parco fornitori della catena distributiva. Tra catene distributive e produttori non vi sono generalmente rapporti contrattuali; la catena distributiva non sottoscrive nessun impegno all’acquisto dei prodotti e scarica ogni rischio di prezzo e produzione sugli agricoltori. Il buyer power è esercitato anche nei confronti della produzione industriale soprattutto senza marchio. L’AGRICOLTURA L’agricoltura è un’attività che occupa un posto di grande rilievo nell’economia mondiale in quanto vi si dedica circa il 40% della popolazione attiva mondiale. È un settore caratterizzato da vincoli che influenzano le scelte degli agricoltori: § vincoli di natura fisica: produzione che si svolge all’aperto con andamenti produttivi solo in parte controllabili dall’azione umana. Inoltre la produzione varia a seconda del clima, del luogo e della stagionalità del prodotto; § vincoli di natura antropica: produzione soggetta al grado di antropizzazione del territorio da parte dell’uomo (paese molto industrializzato sottrae terreno all’agricoltura); § vincoli di natura demografica: se non vi sono agricoltori, non vi è produzione e viceversa con i consumatori. PRODUZIONE AGRICOLA ITALIANA La produzione agricola italiana è determinata dalla quantità dei prodotti agricoli realizzati che sono da moltiplicare per i relativi prezzi. Comprende: Ø prodotti delle coltivazioni agricole (54,5%): coltivazioni erbacee (cereali, legumi, patate), coltivazioni foraggere (foraggi da prati permanenti, pascoli), coltivazioni legnose (frutta, agrumi); Ø prodotti degli allevamenti zootecnici (32,3%): prodotti zootecnici alimentari (carni, latte) e prodotti zootecnici non alimentari (letame, lana); Ø servizi connessi (11,8%): contoterzismo e noleggio di macchine agricole; Ø attività secondarie (1,4%): trasformazione carne, frutta, latte o agriturismo. LE SCELTE DEL PRODUTTORE Le scelte fatte dal produttore sono dettate dalla quantità e dal prezzo. Il prezzo è ovviamente dipendente dalle dinamiche del mercato, quindi dal costo di produzione, dalla domanda (più elevata la domanda e più cresce il prezzo), dall’offerta (minore quantità di offerta più alto il prezzo) e dalla stagionalità (se un prodotto è coltivato durante il suo periodo ottimale avrà un valore inferiore). Da considerare, però, è anche il grado di differenziazione sul mercato: i prodotti con maggiore differenziazione hanno una domanda più elastica e sono quindi meno preposti a variazioni in aumento di prezzo. Se la domanda è rigida, ad un aumento di prezzo non corrisponderà una proporzionale riduzione della domanda rispetto al prezzo (converrà quindi aumentare i prezzi). Altra caratteristica da analizzare che influenza le scelte del produttore è il reddito: se questo aumento non cambia la quantità di

! 3 domanda, a cambiare sarà solamente la qualità della domanda (se ho più soldi non mangio di più ma mangio prodotti di maggiore qualità). Il produttore nel suo operato può scegliere tra due tipi di modelli produttivi: ö intensivo (suscettibile di alteramento ambientale): permette di sfruttare al massimo la capacità produttiva del terreno. Il maggiore sfruttamento è dato dall'utilizzo di innovazioni tecnologiche, nonché di macchinari adatti a rendere più rapidi i processi di lavorazione. Tra queste possiamo citare il terrazzamento, per esempio, e l’azotofissazione.; ö estensivo (non suscettibile di alteramento ambientale perché non utilizza mezzi tecnici): è l'insieme di tecniche agronomiche che tende ad ottenere il massimo di produzione per unità di persona impiegata. Per questo motivo le rese per unità possono essere basse, ma il profitto è assicurato dalla vastità dei terreni messi a coltura. Normalmente lo sviluppo agricolo di tipo intensivo è considerato più avanzato di quello estensivo perché implica l'utilizzo di nuove tecnologie: è tipico quindi delle piccole proprietà terriere che si affidano a questo metodo per produrre di più; la coltura estensiva è invece tipica del latifondo e delle grandi estensioni di coltivazioni. Inoltre L’agricoltura estensiva è più rispettosa e sostenibile per l'ambiente di quella intensiva. L'eccessiva immissione di input e di energia supera infatti la capacità di assorbimento del terreno e dell'ambiente, dando vita a fenomeni di inquinamento anche preoccupanti. Un esempio tipico è l'inquinamento delle falde acquifere dovuto all'utilizzo eccessivo di fertilizzanti. CARATTERISTICHE DELLA PRODUZIONE AGRICOLA La produzione agricola italiana è frazionata in numerosissime aziende agricole (800.000 circa) e tale produzione non è sufficiente all’intera copertura dei consumi. Essa comprende tutti i prodotti ad eccezione di quelli reimpiegati nel processo produttivo. Il livello unitario della produzione vendibile indica l’intensità del modello produttivo e la conoscenza della composizione del valore della produzione vendibile indica l’importanza economica delle singole produzioni all’interno dell’azienda o del territorio. La conoscenza della quota di produzione effettivamente venduta indica l’entità dei rapporti dell’azienda con il mercato e la relazione con la quota di autoconsumo. Il valore (quantità × prezzo) della produzione agricola italiana oscilla tra i 35/40 e i 50 miliardi di Euro. È necessario stabilire, per sfruttare al meglio il momento più favorevole di collocazione del prodotto, il prezzo in relazione a quantità disponibili e costi (le fragole a marzo costano molto perché non vi è una elevata disponibilità). D’altro canto il valore della produzione è poco influenzato dalla quantità prodotta. Possiamo dire comunque che vi è una variabilità in funzione dei prezzi divisa in: ö variabilità generale dei prezzi: dipendente dall’inflazione, diminuisce il potere d’acquisto della moneta e perciò la possibilità di acquistare moneta; ö variabilità specifica dei prezzi: per fattori contingenti alla produzione. Per quanto riguarda la destinazione della produzione agricola, invece, questa può essere per: o consumo diretto, quando la produzione viene autoconsumata; o reimpiego, quando viene riutilizzata in azienda come fattore produttivo (letame); o mercantile: quando parte notevole della produzione viene immessa sul mercato o lasciata in magazzino attendendo che il prezzo salga e metterla successivamente sul mercato quando per il produttore risulta più remunerativa; o prodotti industriali: quando i prodotti principali vengono successivamente utilizzati per trasformazioni industriali. EVOLUZIONE DEL VALORE DELLA PRODUZIONE AGRICOLA Il valore della produzione agricola è complessivamente cresciuto nel periodo 1980-2015. Nel 2000 è stato raggiunto il valore massimo della produzione agricola e dal 2000 il valore della produzione agricola è in uno stato stazionario o di leggero incremento. Il rapporto tra agricoltura e politiche (a livello comunitario) si instaura a partire dal 1962 (prima si faceva riferimento alle politiche nazionali). Con la politica agraria comunitaria (PAC) due erano gli obiettivi che si volevano raggiungere: tutela degli agricoltori in termini di redditi e soddisfacimento del bisogno alimentare dei consumatori.

! 4 Trent’anni dopo il varo della prima politica agricola, nel 1992 viene varata un’altra legge, cosiddetta MacSharry, e l’agricoltura subisce un periodo di stasi. Tale riforma, i cui risultati si riscontreranno solamente nel 2000, fu la prima che tentò una liberalizzazione dei prodotti agricoli. Essa aveva come obiettivo principale la riduzione dei livelli di sostegno concessi attraverso i prezzi e la sostituzione con aiuti disaccoppiati. Per la prima volta si mette in discussione il modello di sostegno “accoppiato”, riducendo i prezzi minimi garantiti e compensando gli agricoltori con pagamenti per ettaro (non legati a quanto producono, ma ancora legati a cosa producono). Ma i pagamenti sono calcolati come compensazione della riduzione dei prezzi, per cui è mantenuto lo status quo sul fronte distributivo: il 20% delle aziende continua a catturare l’80% del sostegno. Si voleva quindi con tale riforma vietare la concessione di aiuti diretti al prezzo e svincolare i sussidi agli agricoltori in maniera tale da evitare che essi continuassero a produrre per i sussidi e non per il mercato. Successivamente con il documento di Agenda 2000 vi è stata un’ulteriore riduzione del sostegno concesso attraverso i prezzi, compensato solo per metà dai nuovi aiuti disaccoppiati. Inoltre si è ottenuto un maggiore riordino delle misure di accompagnamento. Infine nel 2003, con la riforma Fischler, gli aiuti disaccoppiati sono stati concessi sulla base della eco condizionalità. I risultati di tutte queste riforme entrano a pieno regime nel 2005, dove si inizia a notare la piena attuazione del disaccoppiamento. I risultati di queste riforme sul territorio italiano sono stati una crescita generalizzata al Nord di tutte le produzioni agricole; al Centro la composizione del valore della produzione si è ancora più sbilanciata verso i prodotti agricoli; infine al Sud la composizione del valore della produzione ha visto prevalere la componente agricola mentre stentano a decollare le attività di servizio. Le attività connesse rappresentano una fonte di reddito extra-agricolo che non risente delle fluttuazioni riguardanti le produzioni agricole e quelle zootecniche. IL VAORE AGGIUNTO Il valore aggiunto del settore è rappresentato dalla differenza tra il valore della produzione agricola e quello dei consumi intermedi (consumi intermedi=input utilizzati). L’aumento del valore aggiunto è in funzione del ritmo di crescita del valore della produzione e dei consumi intermedi. Negli ultimi anni il maggior ritmo di crescita del valore dei consumi intermedi ha determinato un più basso incremento del valore aggiunto. Al Nord i valori dei consumi intermedi presentano ritmi di crescita più elevati di quelli della produzione (modello produttivo intensivo); al Centro i valori dei consumi intermedi e della produzione diminuiscono in modo non proporzionale (modello produttivo a basso input); al Sud vi è una tendenza meno accentuata a modelli produttivi meno intensivi. L’AZIENDA AGRARIA L’azienda agraria rappresenta la base territoriale della produzione agricola e il luogo di unione dei fattori della produzione. Tale azienda presenta tutti gli elementi necessari per dar vita alla produzione agricola e al processo agricolo. Si basa sulla presenza di 4 elementi: terra, lavoro, capitale e organizzazione. Essa fornisce attraverso l’azione dell’imprenditore un complesso di beni e servizi. Prima di parlare dell’azienda agricola dobbiamo differenziarla dall’impresa agricola: nel primo caso abbiamo l’unità tecnica per svolgere il processo produttivo (concetto tecnico), nel secondo caso vi è il luogo dove vengono compiute le scelte per attivare il processo produttivo (concetto economico). L’azienda agricola interagisce quindi con l’ambiente tramite le proprie strutture e attraverso la gestione delle risorse naturali e dei propri processi produttivi. La strutturazione è molto importante poiché un deficit strutturale potrebbe comportare delle ripercussioni negative su quello che è il reddito ritraibile dall’azienda. Un imprenditore può gestire più aziende o in un’azienda possono coesistere più imprenditori. La proprietà terriera è un concetto tipicamente giuridico: una proprietà può essere costituita di più aziende (es. aziende date in affitto da parte del proprietario) o un’azienda può essere costituita di più proprietà (es. azienda prese in affitto da più proprietari). Tuttavia l’ampiezza economica della proprietà non si misura in base alla superficie. L’ampiezza economica viene utilizzata come indice per capire di che tipo di impresa si sta parlando, serve quindi per indicare il denaro investito nell’azienda. È misurabile tramite: intensità degli investimenti e il lavoro. L’agricoltura svolge comunque altri ruoli fondamentali oltre quello di produzione di beni e servizi, quali: il presidio del territorio, la difesa dal dissesto idrogeologico e l’abbellimento del paesaggio agricolo (fondamentale per il turismo).

! 5 IL PROCESSO EVOLUTIVO DELLE AZIENDE AGRARIE Dal punto di vista evolutivo le aziende agricole si sono evolute parallelamente all’evoluzione dell’agricoltura italiana. C’è stato un trend negativo inarrestabile riguardante le aziende agricole. Quelle presenti sul territorio italiano nel 2010 erano 1,6 milioni, mentre nel 1990 erano di 3 milioni; c’è stato quindi un dimezzamento delle aziende agricole. Come spiegare però questo dimezzamento? In primo luogo con riferimento alla perdita di importanza dell’agricoltura come settore economico all’interno del nostro paese ma, con riferimento specifico alle aziende agricole, la perdita del numero di aziende è stata determinata da due questioni: ö diminuzione delle aggregazioni aziendali (creazioni di aziende più grandi); ö abbandono delle zone marginali (collinari e montane) che non erano in grado di produrre reddito sufficiente a garantire autosufficienza economica. A diminuire non è stato solo il numero di aziende ma anche la superficie delle aziende agricole. Dobbiamo comunque sottolineare che quelle che sono considerate integrazioni al reddito non sono state in grado di garantire un aiuto economico in un periodo di profonde trasformazioni e crisi, anche perché la nuova PAC non sembrava in grado di supportare il passaggio da aziende produttive a multifunzionali. Questo quadro appena descritto ci porta a dire che le aziende agricole italiane sono caratterizzate da 2 peculiarità: ∑ polverizzazione aziendale: numero elevatissimo di aziende di piccole e piccolissime dimensioni; ∑ frammentazione aziendale: molto spesso queste aziende non sono costituite da corpi unici aziendali, frutto soprattutto di processi di natura ereditaria. Questo ha portato a riscontri negativi dal punto di vista economico perché tali aziende hanno difficoltà ad autofinanziarsi per migliorare le proprie condizioni e sono quindi avviate verso un processo di marginalizzazione, incapaci di produrre un reddito sufficiente per la conduzione aziendale. MODELLO DUALE L’agricoltura si basa su un modello duale che vede la contrapposizione di 2 modelli organizzativi completamente opposti: da un lato quello rappresentato da piccole aziende (aziende con meno di 5 ettari che rappresentano oltre il 70% del totale delle aziende classificate ma meno del 12,5% del SAU, superficie agraria utilizzata) e all’estremo opposto abbiamo le aziende di grandi, grandissime dimensioni (aziende con più di 50 ettari: rappresentano il 44,3% del totale del SAU). La contrapposizione oltre che dal punto di vista dimensionale, si riflette anche sul modello organizzativo. Il modello organizzativo delle aziende di grandi dimensioni prevede un modello caratterizzato da diverse componenti: proprietario, imprenditore e lavoratori manuali e direttivi; nelle aziende di piccole dimensioni questo aspetto di complessità manca. Il modello organizzativo qui è semplicissimo: il proprietario è imprenditore, lavoratore direttivo e manuale. Per fare esempi più pratici, nel caso di grande imprese parliamo di imprese capitaliste dove il propr...


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