2 - Consumo E Risparmio - Economia politica riassunti lezione PDF

Title 2 - Consumo E Risparmio - Economia politica riassunti lezione
Author Anonymous User
Course Economia politica
Institution Università degli Studi di Genova
Pages 7
File Size 318.8 KB
File Type PDF
Total Downloads 39
Total Views 135

Summary

Economia politica riassunti lezione ...


Description

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI CORSO DI LAUREA IN SERVIZI SOCIALI

APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 2 - LE TEORIE KEYNESIANE DEL CONSUMO E DEL RISPARMIO

“Divido la domanda effettiva in due termini: spesa per investimenti (…) e spesa per consumi. Ora, che cosa regola l’ammontare della spesa per consumi? Dipende soprattutto dal livello del reddito. La propensione della gente a consumare (come io la chiamo), è influenzata da molti fattori, quali la distribuzione del reddito, l’atteggiamento normale della gente verso il futuro, e, benché probabilmente in misura del tutto secondaria, il tasso d’interesse. Ma nel complesso, la legge psicologica prevalente sembra essere che, quando aumenta il reddito aggregato, la spesa per consumi aumenterà pure, ma in misura alquanto minore. Questa è una conclusione molto ovvia, ed equivale semplicemente a dire che un aumento del reddito verrà diviso in una proporzione più o meno precisa tra il consumo ed il risparmio, e che quando il nostro reddito aumenta è assai improbabile che ciò abbia l’effetto di farci spendere o risparmiare meno di prima. Questa legge psicologica è stata della massima importanza nello sviluppo del mio pensiero, ed è, credo, assolutamente fondamentale per la teoria della domanda effettiva come formulata nel mio libro”. J.M. Keynes, Da “La «teoria generale»: idee e concetti fondamentali”, in Keynes. Antologia di scritti economico-politici, a cura di Giacomo Costa, Bologna: Il Mulino, 1978 (p.171-172)



Il principio della domanda effettiva e le teorie della domanda effettiva.

Prima di iniziare ad approfondire le teorie della domanda effettiva converrà fissare le idee sul significato (e sull’importanza) del principio della domanda effettiva. Come si ricorderà, il principio della domanda effettiva consiste nel processo di aggiustamento, tramite la variazione delle scorte, dell’offerta aggregata sul valore della domanda aggregata. Esso assicura che alla fine del processo il livello del reddito dovrebbe assestarsi su quel valore in corrispondenza del quale la variazione dello scorte sarà nulla, vale a dire sul reddito di equilibrio. Sappiamo inoltre che in un grafico in cui sono rappresentati nelle ordinate la domanda aggregata e nelle ascisse l’offerta aggregata, la linea a 45° rappresenta tutti i possibili (infiniti) livelli del reddito di equilibrio. Ora, se si ipotizza che la domanda aggregata sia (totalmente) esogena, come accade, ad esempio, con la teoria della funzione di produzione aggregata che fa dipendere il (massimo) livello di reddito ottenibile dalla combinazione di una certa dotazione di fattori produttivi, data la quantità di fattori disponibile (ad esempio date le quantità di lavoro e di capitale) il valore del reddito di equilibrio risulterà univocamente determinato. Viceversa, se si ipotizza che la domanda aggregata sia, almeno in parte, endogena (vale dire che qualcuna delle sue componenti dipende dal reddito), il livello del reddito di equilibrio potrà essere individuato. Non necessariamente, tuttavia, esso coinciderà con quello potenzialmente ottenibile in base alla quantità data dei fattori produttivi: affinché ciò possa accadere occorrerebbe infatti che vi fosse una domanda aggregata di valore equivalente al reddito potenziale.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI CORSO DI LAUREA IN SERVIZI SOCIALI



Le teorie della domanda effettiva che andremo ad analizzare, le teorie keynesiane del consumo, degli investimenti e della liquidità, consentiranno di stabilire entro quali limiti la domanda aggregata potrà essere considerata endogena e riuscire così a determinare il valore del reddito di equilibrio. In estrema sintesi: in base al principio della domanda effettiva si può ipotizzare l’esistenza del reddito di equilibrio; le teorie della domanda effettiva consentiranno di calcolarne il valore, nonché di individuare, nel caso in cui esso non coincida con il reddito potenziale, con quali misure di politica economica (ed entro quali limiti) divenga possibile influire su di esso in modo da ridurre il gap di produzione e, conseguentemente, la disoccupazione strutturale.

A) LA FUNZIONE KEYNESIANA DEL CONSUMO 

La teoria keynesiana del consumo trae ispirazione dalla cosiddetta “Legge psicologica fondamentale” enunciata da Keynes. Secondo quella «legge», “di norma e in media, gli uomini sono disposti ad accrescere il loro consumo con l'aumentare del reddito, ma non tanto quanto è l’aumento del reddito” [J.M. Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell'interesse e della moneta, Torino: UTET, 1971, pagina 238].



Generalizzando questo principio, Keynes (Ibidem, pagina 232) ipotizza che la parte di reddito “che la collettività spende in consumi” dipenda sostanzialmente da tre fattori: a) dall’ammontare del suo reddito; b) da circostanze oggettive, quali ad esempio la ricchezza o le aspettative circa la relazione tra reddito corrente e reddito futuro, legate essenzialmente a “mutamenti in quei fattori che influiscono sul livello del consumo, ma dei quali non si è tenuto conto nelle previsioni circa il reddito corrente”; c) da circostanze soggettive, quali “(…) le abitudini formate dalla razza, dall’educazione, dalle convenzioni, dalla religione e dalla morale corrente; (…) le speranze presenti e l'esperienza passata, (…) le dimensioni e la tecnica dei beni capitali, (…) la distribuzione esistente della ricchezza e il tenore di vita vigente”, legate essenzialmente a fattori psicologici e istituzionali, che possono comportare mutamenti nei livelli di consumo, a parità di reddito complessivo e di circostanze oggettive.



Una relazione in grado di sintetizzare formalmente tutte le ipotesi previste dalla teoria keynesiana del consumo dovrebbe quindi possedere le seguenti caratteristiche: a) essere crescente, vale a dire prevedere il fatto che il consumo aumenti all’aumentare del reddito; b) prevedere che gli incrementi di consumo risultino inferiori ai corrispondenti incrementi del reddito; c) prevedere inoltre l’esistenza di un livello di reddito in corrispondenza del quale tutto il reddito sia destinato al consumo; d) prevedere, infine, che a successivi (uguali) incrementi di reddito, i corrispondenti incrementi del consumo siano via via sempre più piccoli.

La «legge psicologica fondamentale» di Keynes

Le determinanti il consumo aggregato nella Teoria Generale: 

Il reddito



Circostanze oggettive



Circostanze soggettive

Le caratteristiche della funzione keynesiana del consumo



Trascuriamo per semplicità quest’ultima ipotesi. 2

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI CORSO DI LAUREA IN SERVIZI SOCIALI



Indichiamo ora con C il livello del consumo; con Y il reddito corrente, con W la variabile che esprime lo stato delle circostanze oggettive (approssimato, ad esempio, dalla ricchezza complessiva, Wealth), e con i la variabile che esprime lo stato delle circostanze soggettive (approssimato, ad esempio, dal tasso d’interesse, oppure dal tasso d’inflazione, o ancora, da un indice di concentrazione della ricchezza, tale per cui quanto più la ricchezza è concentrata tanto minore sarà il livello complessivo del consumo). [Si ponga attenzione al fatto che se si sceglie di approssimare la variabile che esprime le condizioni soggettive con il tasso d’interesse si introduce la dipendenza di una variabile reale (il consumo aggregato) da una variabile tipicamente monetaria (il tasso d’interesse). Le implicazioni di questa ipotesi diverranno più evidenti quando verrà affrontata la teoria keynesiana dell’investimento].



La funzione keynesiana del consumo si potrà allora esprimere nella maniera seguente (il segno sottostante la variabile indica se essa influisce positivamente o negativamente sul livello del consumo):



C  f Y, W, i 

La funzione keynesiana del consumo









Per livelli noti dello stock di ricchezza complessiva e del tasso d’interesse, una rappresentazione grafica della funzione keynesiana del consumo che soddisfa le ipotesi illustrate in precedenza è riportata nel sottostante grafico 1. Si noti che, in corrispondenza di un certo livello di reddito, il livello del consumo eguaglierà quello del reddito (che ne sarà in tal caso del risparmio?). Grafico 2.1 – La rappresentazione grafica della funzione keynesiana del consumo

C Y

C

C  f Y , W , i    C  f Y, W, i





La rappresentazione grafica della funzione keynesiana del consumo Per questo livello di reddito il risparmio sarà nullo

C=Y



Y

Si noti come un aumento dello stato delle condizioni oggettive o di quelle soggettive comporterà un innalzamento della funzione del consumo, vale a dire che per ogni livello di reddito un aumento della ricchezza (o una riduzione del tasso d’interesse) comporterà un livello di consumo maggiore.

3

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI CORSO DI LAUREA IN SERVIZI SOCIALI

La propensione marginale al consumo misura quante lire addizionali di consumo sono attivate da una lira addizionale di reddito



PROPENSIONE MARGINALE AL CONSUMO



Definiamo la propensione marginale al consumo come il rapporto tra gli incrementi del consumo e i corrispondenti incrementi del reddito:

Pmac 

C Y

La propensione marginale al consumo indicherà pertanto di quanti euro aumenta il consumo in conseguenza di un aumento del reddito di un euro. Infatti, dalla relazione precedente otteniamo agevolmente

C  PmacY 

Nella versione lineare la propensione marginale al consumo è costante La funzione keynesiana del consumo in forma lineare

La funzione keynesiana del consumo in forma lineare. Alla funzione aggregata del consumo avente le caratteristiche di quella rappresentata nel grafico precedente viene spesso preferita una funzione in forma lineare. Questa forma, però, non possiede tutte le caratteristiche previste dalla teoria keynesiana del consumo (in particolare, la propensione marginale al consumo anziché variare al variare del reddito sarà costante). Essa presenta tuttavia alcuni vantaggi (principalmente quello di una maggiore maneggevolezza) che ne fanno preferire l’utilizzazione in questa sede. Una semplice funzione lineare del consumo che tenga conto delle determinanti del consumo previste dalla teoria keynesiana è la seguente:

C  b0Y  b1W  b2i 

Si noti come in questa formulazione le singole variabili che si ritiene possano influire sul livello del consumo aggregato compaiono moltiplicate per un numero (il cui segno sta ad indicare come quella variabile influisce sul consumo) e poi sommate tra di loro.



Passando dai livelli alle variazioni si avrà:

Come varia il consumo al variare delle sue determinanti

C  b0 Y  b1W  b2 i 

La funzione lineare del consumo di breve periodo

Le costanti (i parametri b0, b1 e b2) misurano quindi la sensibilità del consumo al variare delle rispettive variabili (a parità di tutte le altre). Qualora le condizioni oggettive e soggettive non variassero (vale a dire, per W = i = 0), e ponendo inoltre c1W-c2i = CA, si ricade nella tradizionale funzione lineare del consumo di breve periodo, sul tipo di quella considerata nel corso di Economia politica:

C  bY  Co 

b1W  b2 i



In questa relazione il parametro b indica la propensione marginale al consumo e il suo valore sarà un numero compreso tra zero e uno (ad esempio b = 0.8).

4

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI CORSO DI LAUREA IN SERVIZI SOCIALI

Grafico 2.2 - La funzione lineare del consumo nel breve periodo La rappresentazione grafica della funzione lineare del consumo di breve periodo

CY

C

C  Co  bY

Zona del risparmio negativo

Zona del risparmio positivo

CA C Y  S 0



La funzione keynesiana del risparmio

Y

Qualora poi le condizioni oggettive e soggettive rimanessero costanti (la qual cosa equivale a dire che il loro valore che si ipotizza non muti nel tempo viene assunto come noto ed esogenamente determinato), la componente autonoma del consumo verrebbe ad indicare quella parte del consumo che non dipende dalle variazioni reddito (ma, come sappiamo, dipende dagli altri argomenti considerati nella funzione keynesiana del consumo).

B) LA FUNZIONE KEYNESIANA DEL RISPARMIO

La funzione keynesiana del risparmio in forma lineare



Posto che, come previsto dalla teoria keynesiana del consumo, non tutto il reddito venga speso nell’acquisto di beni di consumo, ma una parte di esso venga risparmiata, è agevole derivare dalla funzione keynesiana del consumo la funzione keynesiana del risparmio. Assumiamo, per semplicità, la funzione keynesiana del consumo di breve periodo nella sua forma più semplice, quella lineare. Sappiamo che, in tal caso, l’espressione della funzione del consumo sarà: C  C0  bY .



Sappiamo inoltre, dalla contabilità nazionale, che il reddito nazionale verrà impiegato dalle famiglie, o nell’acquisto di beni di consumo, oppure risparmiato. Si avrà quindi che Y  C  S . Da questa relazione, con una semplice manipolazione, si ottiene agevolmente che il risparmio complessivo sarà uguale al reddito nazionale meno il consumo: S  Y  C . Ora, poiché dalla teoria del consumo sappiamo che quest’ultimo dipende (almeno in parte) dal reddito, sostituendo in quest’ultima relazione, al posto di C, l’espressione della funzione keynesiana del consumo di breve periodo nella sua semplice forma lineare, otterremo: la componente autonoma del risparmio è l 'opposto della componente autonoma del consumo

 S  Y  C 0  bY   1  bY  C0  sY  C0      funzione del consumo

5

funzione del risparmio

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI CORSO DI LAUREA IN SERVIZI SOCIALI



La rappresentazione grafica delle funzioni del consumo e del risparmio di breve periodo

Come si può notare, se il consumo dipende dal reddito, anche il risparmio viene a dipendere, almeno in parte, dal livello del reddito. Inoltre, osserviamo che la componente autonoma del risparmio è esattamente uguale a quella del consumo, ma con il segno opposto. Ciò sta ad indicare che le stesse componenti oggettive e soggettive che influiscono sul consumo aggregato, agiscono, ma in senso contrario, anche sul livello del risparmio aggregato. In altri termini, se si verifica un aumento nello stock della ricchezza, ciò farà aumentare il consumo a parità di reddito, ma comporterà anche, sempre a parità di reddito, una riduzione del risparmio. Questo fatto diviene maggiormente evidente se si considera il grafico della funzione keynesiana del risparmio, riportato più sotto. Grafico 2.3 – La funzione keynesiana del risparmio

C Y  S 0

C,S

C  C0  bY S  sY  C0 CA Il paradosso della parsimonia

Y

–CA



L’identità tra il prodotto nazionale e il reddito nazionale implica l’identità tra risparmio e investimento ex post

Il reddito di equilibrio è caratterizzato dall’uguaglianza tra l’investimento e il risparmio programmati







Il fatto di disporre di una funzione del risparmio che fa dipendere il risparmio aggregato dal livello del reddito consente, da un lato, di individuare il reddito di equilibrio in una maniera leggermente diversa da quella illustrata in precedenza, dall’altro, di evidenziare un paradosso divenuto noto come paradosso della parsimonia. Sappiamo, dalla contabilità nazionale, che dalla identità contabile tra il prodotto nazionale e il reddito nazionale discende una seconda identità fondamentale: quella tra il risparmio e l’investimento ex post. Il reddito di equilibrio, invece, è caratterizzato dal verificarsi della seguente condizione: che il risparmio ex ante sia uguale all’investimento ex ante. Si noti che mentre una identità è valida in virtù di definizione (dal punto di vista della contabilità nazionale il risparmio e l’investimento sono stati definiti in modo tale che il loro valore ex post non può che coincidere) l’uguaglianza tra il risparmio programmato (dall’operatore famiglie) e l’investimento programmato (dall’operatore imprese) potrà avvenire per puro caso. Pertanto, lungi dal verificarsi sempre, come nel caso dei valori ex post delle variabili, questa uguaglianza, qualora si verificasse, esprimerebbe una precisa condizione: quella che il livello di reddito per il quale essa risulta verificata, è proprio il reddito di equilibrio. Da un lato, infatti, i soggetti investitori (le imprese) sono diversi da quelli che risparmiano (le famiglie) e, dall’altro, le decisioni di investire o di risparmiare vengono prese con riguardo ad elementi differenti.

6

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI CORSO DI LAUREA IN SERVIZI SOCIALI



La determinazione del reddito di equilibrio mediante il risparmio e l’investimento ex ante

Supponiamo di conoscere il livello dell’investimento aggregato (la qual cosa significa considerare esogenamente dato il suo valore) e che esso sia pari a I = IA. Ora, poiché il livello del risparmio programmato (ex ante) dipende da quello del reddito, esisterà certamente un valore del reddito in grado di generare un livello di risparmio di valore esattamente equivalente a quello noto dell’investimento. Quel livello di reddito che genera un livello di risparmio esattamente uguale al livello dato dell’investimento è il reddito di equilibrio. Grafico 2.4 – La determinazione del reddito di equilibrio mediante il risparmio e l’investimento ex ante

S,I

S  sY

S  sY  C0 Il paradosso della parsimonia: un aumento del risparmio comporta una riduzione del reddito di equilibrio

IA

–C0 

Y2EQ <

Y1EQ

Y

Come si può osservare dal grafico sopra riportato, esiste quindi un unico livello del reddito che genera un livello di risparmio di valore corrispondente a quello dell’investimento dato. Ciò significa che qualunque sia il livello dell’investimento, il reddito di equilibrio genererà un livello di risparmio esattamente uguale a quello dell’investimento. In altre parole, il sistema economico è sempre in grado di generare il risparmio necessario a finanziare l’investimento dato. Ciò dà luogo ad un paradosso, noto con il nome di «paradosso della parsimonia»: un aumento del risparmio autonomo (vale a dire una diminuzione del consumo autonomo, che si tradurrà in una spostamento verso l’alto della funzione del risparmio), oppure un aumento della propensione al risparmio (che si tradurrà in aumento dell’inclinazione della funzione del risparmio), faranno sì che, a parità di investimento, il livello del reddito di equilibrio risulti inferiore rispetto a quello precedente (verificare graficamente). Paradossalmente, quindi, a parità di altre condizioni, un sistema economico in cui gli operatori di spesa risultassero più parsimoniosi sarebbe caratterizzato da un livello del reddito di equilibrio inferiore rispetto a quello in cui gli stessi risparmiassero di meno. La spiegazione di ciò è che il risparmio è stato definito come astensione dal consumo, vale a dir...


Similar Free PDFs